Pietro Calabrese

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Pietro Calabrese (1944 – 2010), scrittore e giornalista italiano.

L'albero dei Mille Anni[modifica]

Incipit[modifica]

Due parole e la vita deraglia. Bastano due parole a cambiare la nostra esistenza e stravolgerla per sempre. Non avevo mai immaginato potesse davvero accadere così.
È accaduto.
Ha ragione Woody Allen in quella battuta sulfurea di un suo vecchio film: «In questa nostra epoca le due parole più belle che si possono ascoltare non sono "Ti amo", ma "È benigno"».
Il mio cancro non è benigno. Si è incistato nel polmone destro e sta lì, secondo i medici, dal almeno quattro anni. Da come è messo e da come ha prodotto i linfonodi non deve starci neanche tanto male. È bello grosso, tra i cinque e i sette centimetri, e tutto intorno ha figliato i suoi orribili pipistrelli che hanno scelto i posti migliori della sala per godersi lo spettacolo.
È il 19 maggio del 2009, una giornata come tutte le altre. Fa un caldo torrido ma il cielo è di un azzurro intenso. L'estate è vicina, io ho già programmato per metà giugno il trasloco a Cozzo Capraro, nella mia casa di campagna siciliana sui monti delle Madonie, proprio sopra Cefalù. Non manca molto.
Il "Corriere della Sera" in prima pagina titola sulla battaglia tra studenti e polizia a Torino alla vigilia del G8 dei rettori. Il cardinal Martini apre su divorziati e celibato dei sacerdoti, e la Juve esonera Ranieri e chiama Ferrara in panchina per le ultime gare, poi, promette, arriverà Conte. Non andrà così.

Citazioni[modifica]

  • Mi fanno le lastre.
    Se ci ripenso oggi, quello è stato l'ultimo momento della mia vita in cui potevo ancora considerarmi una persona normale. Non per buttarla subito sul drammatico, ma ho dimenticato cosa vuol dire sentirsi "normali", cioè uguali a tutti gli altri.
    Non so esattamente cosa io sia oggi, ma so per certo che non sono una persona "normale", e questa è una sensazione spiacevole. Certi giorni, e soprattutto certe notti, mi sembra di pattinare sul ghiaccio della mia anima. I medici hanno voglia a dire che bisogna comportarsi normalmente e fare una vita normale, uguale a quella di prima. Balle. Loro per primi sanno che non è così, e non è possibile che sia così. Oggi dal cancro si può guarire, oppure si può imparare a convivere con la malattia, e molti ci riescono. Ma "normali" non si è mai più. Si è diversi, un'altra cosa, spesso migliori, più consapevoli, più dolci. Ma niente è più come prima.
  • Mi sdraio e finalmente i pensieri cominciano a fluire dentro di me. Mi sono svegliato. Ancora non so bene cosa mi aspetta, ma mi sono svegliato.
    Ora la sento, flessuosa e sottile, decisa come una donna che ha deciso di usarti, la paura farsi strada nelle mie ossa e nelle mie arterie. Che strano, penso, è come una sensazione fisica. Ma qui non c'è niente di fisico, è solo frutto della mia immaginazione. Sei tu la tua paura, mi ripeto come piccolo mantra consolatorio. Non devi avere paura della paura, altrimenti lei ti catturerà e non riuscirai più a liberartene.
  • Dall'altra parte del vetro ci sono altri corpi, altri visi, altri occhi. Tutti si muovono come dentro un acquario, con movimenti lenti e precisi, sono pesci-medici che nuotano e hanno in mano il mio destino e quindi il destino del mondo intero. Tutto il pianeta è fermo, sospeso da questa parte dell'acquario dove sto io e dove fa freddo, ma non voglio uscire dalla stanza della Tac e del golf virtuale. Non voglio stare fuori da queste quattro mura color perla dove posso sognare che la Tac non è ancora iniziata e il risultato non c'è o comunque non è certo. Tutto deve ancora accadere, tutto può ancora accadere. E la vita può cambiare di nuovo.
  • Sapete come sono i pensieri di notte, hanno un ritmo diverso da quelli del giorno. Vanno e vengono per i fatti loro, non riuscite a controllarli bene, vi scappano da una parte e dell'altra, e quando riuscite a imbrigliarli, o almeno così vi pare, vi accorgete che il tempo trascorso è molto più dilatato di quello che credevate. [...] Di notte il tempo con i suoi pensieri arruffati se ne va per i fatti suoi.
    La clessidra della notte non somiglia mai a quella del giorno, e durante il giorno la clessidra della mattina è diversa da quella del pomeriggio. Sono le magie dei granelli di sabbia, la grande magherìa dell'universo che ci circonda.
  • Ricordo che Barbara e io siamo tornati a casa tramortiti, lei più di me. Come medico, e come medico che diagnostica almeno una volta al giorno un tumore alla mammella e che deve preparare la paziente ad assorbire il colpo di quella notizia, lei sapeva bene a cosa saremmo andati incontro tutti e due.
    Sapeva quanto è vigliacco il cancro, quanto è tenace, come rode e corrode, come si nasconde per attaccare all'improvviso, come sparisce per poi riapparire e colpire. Sapeva che non dà tregua. Sapeva che è talmente stupido e feroce che accetta di morire pur di uccidere il suo ospite: perché le cellule tumorali smetteranno anche loro di mangiare e crescere e vivere non appena avranno ammazzato l'uomo che hanno scelto per il loro macabro festino.

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

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