Ali Ansari

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Ansari nel 2012

Ali Massoud Ansari (1967 – vivente), storico iraniano.

Citazioni di Ali Ansari[modifica]

Da I Taleban non sono imbattibili

Intervista di Gabriel Bertinetto, L'Unità, 8 febbraio 2000

  • I Taleban cercano di accreditarsi presso l’opinione pubblica internazionale come forza pienamente in controllo del paese, ma la realtà è diversa.
  • Gli uomini di Massud godono dell’appoggio di molti Stati vicini. Le varie Repubbliche centroasiatiche ex-sovietiche, l’Iran, la stessa Russia, tutti sono assolutamente avversi al regime dei Taleban. Direi anzi che per quei governi essi rappresentano un incubo. Farebbero di tutto per liberarsene. Massud può non costituire una minaccia immediata, ma è un rischio latente, una carta che in futuro può essere giocata e diventare molto importante nello scontro con i Taleban.
  • I meno oltranzisti dei Taleban sono pur sempre degli estremisti, rispetto ad esempio agli standard iraniani. Ed è Teheran la principale fonte di preoccupazione per i Taleban. A mano a mano che l’Iran si riavvicina all’Occidente, iTalebanvedonoscemare la ragione stessa della loro nascita e dell’appoggio di cui avevano goduto in una fase iniziale. I Taleban temono di essere abbandonati a se stessi, perché non servono più

Conversazione con Francesco de Leo

da Francesco de Leo, L'ultimo scià d'Iran, Guerino e Associati, 2019, pp. 91-101, ISBN 978-88-6250-738-7

  • Credo che Reza Scià sia stato molto importante per l'Iran, in termini di modernizzazione del Paese e dello Stato. Ovviamente, ha una reputazione contrastante in riferimento ad alcuni metodi adottati. Credo che abbia usato il pugno duro per portare a termine i suoi obiettivi, ma anche che abbia ottenuto molto in un regno dalla durata relativamente breve.
  • [Sull'Invasione anglo-sovietica dell'Iran] Da un lato, il motivo dell'occupazione degli Alleati risiedeva nel rischio reale che l'Iran potesse diventare un Paese nazista, anche se non credo che ci siano mai state prove di questo, qualcosa che giustificasse ciò. Non credo che Reza Scià, il padre dell'ultimo Scià, fosse minimamente interessato al nazismo; tuttavia, c'erano numerosi tedeschi che vivevano nel Paese e sostanzialmente gli alleati non li volevano lì. Dobbiamo ricordare che i britannici avevano un grande interesse nel petrolio del Sud dell'Iran, ad Abadan, e volevano proteggere queste zone. Dall'altro lato, credo che in realtà il motivo principale a quel tempo fosse la creazione di una via di rifornimento sicura per l'Unione Sovietica.
  • Credo che Mossadeq sia stato un uomo della Rivoluzione costituzionale, che credeva nel costituzionalismo, che pensava che lo Scià dovesse regnare e non comandare. Voleva nuovi rapporti a livello nazionale e vide che, in realtà, definire nuovi rapporti con il Regno Unito lo avrebbe aiutato a questo proposito.
    Ma penso che alla fine si sia spinto troppo oltre, in quanto sentiva di poter dividere e allontanare i britannici dagli americani.
  • Credo che la grande debolezza dello Scià fu legata alla sua personalità, a una mancanza di fiducia in se stesso. Quando il Paese fu attraversato da diverse crisi, non riuscì a gestirle: nel 1963, nel 1964 durante la crisi iniziale prima della Rivoluzione Bianca e infine ovviamente alla fine del 1978 durante l'inizio della Rivoluzione islamica. Ma definire lo Scià come un "cliente" è troppo. Ritengo che fondamentalmente fu più forte dagli anni Settanta in poi, con l'aumento del prezzo del petrolio. Quella fu veramente la sua prova più grande, alla fine del 1973, quando assunse il controllo delle risorse petrolifere iraniane in una maniera piuttosto drammatica, mandando sostanzialmente le economie occidentali sotto shock, in una situazione di recessione. Dal 1973, lo Scià fu in una posizione di comando, in una posizione di assoluto potere; gli americani, in termini di rapporti, vedevano sempre più lo Scià come un partner, non come un cliente. Credo che siano stati i suoi nemici a screditarlo in questo modo.
  • Uno dei problemi [...] è che gli Stati Uniti e il Regno Unito, più di ogni altra potenza occidentale, credevano nella figura dello Scià più di quanto lo Scià stesso credesse in se stesso, per così dire. Iniziarono a vederlo come colui che veramente era padrone del proprio destino. Quindi lo trattarono come un 'giocatore alla pari' e di conseguenza le loro politiche furono mal interpretate, se così possiamo dire. Non gestirono queste politiche nel modo migliore possibile, sopravvalutarono il potere dello Scià, la durata del regime, ma soprattutto sopravvalutarono la sua stessa capacità di gestire la crisi politica. In un certo senso, credevano in questa immagine del "Shahanshah/Re dei Re".
  • Quando lo Scià orchestrò l'aumento del prezzo del petrolio alla fine del 1973, trasformò completamente la natura dei rapporti con i suoi alleati occidentali. Fece il suo ingresso nel club, entrò a far parte di diritto di questo club di potenze emergenti estremamente ricche. Credo che quello fosse il momento opportuno in cui lo Scià, al massimo del potere, avrebbe potuto e dovuto iniziare un processo di democratizzazione sistematica del sistema politico. Lo Scià, proseguendo l'opera di suo padre, aveva continuato il processo di educazione di massa del Paese. Non vi erano mai stati tanti investimenti nel campo dell'istruzione universitaria e secondaria generale. Si stava formando una popolazione giovane e istruita, nella quale in tanti desideravano essere anche politicamente attivi, e non venne data loro l'opportunità di esserlo. Invece lo Scià si mosse in una direzione molto più autocratica di quanto perfino i suoi successori si aspettassero. Anche se consideriamo che avesse le migliori intenzioni per ottenere i suoi obbiettivi, è anche vero che molte politiche vennero ottenute utilizzando metodi che non sarebbero stati considerati accettabili in nessun Paese occidentale; praticamente, abusò dei diritti umani in vari modi. Quindi, in quel periodo, invece di muoversi verso una situazione di maggior democrazia e rispetto per i diritti umani, in realtà utilizzò questo suo immenso potere per limitare la libertà politica ed esercitare pressioni sugli oppositori, quelli che considerava i "neri" e i "rossi", ovvero i reazionari e i comunisti, questi due gruppi essenzialmente. Non ci sono dubbi che perse un'occasione facendo una serie di errori molto gravi a quel tempo.
  • Dopo quarant'anni di Repubblica islamica, gli iraniani iniziano a mettere a confronto i risultati raggiunti con quelli ottenuti dai Pahlavi, rendendosi conto delle differenze. Che lo Scià e suo padre possano aver commesso degli errori è un conto, ma che la loro amministrazione sia stata decisamente superiore a quella attuale è cosa certa. Considerando il contesto storico a lungo termine, sono convinto che la storia avrà un giudizio molto più positivo dei Pahlavi rispetto a quello scaturito per l'immediatezza dei tempi della politica e per gli interessi legati alla Rivoluzione islamica.
  • Si può dire dei Pahlavi che abbiano investito molto sulle infrastrutture economiche, ma che abbiano trascurato quelle politiche e la conseguenza è stata appunto la rivoluzione. La Repubblica islamica invece ha trascurato investimenti sia in infrastrutture economiche sia politiche. Ne stanno pagando il prezzo.
  • [Su Farah Pahlavi] In quanto Imperatrice, era ovviamente molto influente, credo fosse molto popolare e continua tuttora a esserlo tra molte persone in Iran. Nel complesso, credo che abbia esercitato un'influenza positiva.

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