Angelo Panebianco
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Angelo Panebianco (1948 – vivente), giornalista, politologo e saggista italiano.
Citazioni di Angelo Panebianco
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- In generale, non ci si dovrebbe mai scandalizzare (o fingersi scandalizzati) se il passato, anche il meno commendevole, continua a pesare sul presente. Rimuoverlo, fare finta che non sia mai esistito, o che non abbia più nulla a che fare con noi, è, in genere, una pessima politica. Perché allora il passato si vendica e riemerge in forme impreviste creandoci serie difficoltà. Farci i conti, senza furbizie o rimozioni, è certamente più difficile ma, alla lunga, produce i migliori risultati.[1]
- La politica democratica è strutturalmente vincolata a un orizzonte di breve periodo. La natura del sistema democratico spinge gli uomini politici ad occuparsi solo dei problemi che agitano il presente. Le altre grane, quelle che già si intravedono ma che ci arriveranno addosso solo domani o dopodomani non possono essere prese in considerazione. A differenza di ciò che fa la migliore medicina, la politica democratica non si occupa di prevenzione.[2]
- Le guerre asimmetriche, ossia le guerre nelle quali eserciti convenzionali si scontrano con movimenti di guerriglia che possono contare sul consenso di una parte della popolazione, sono difficilissime da vincere. Quando la vittoria appare tutt'altro che certa, le opinioni pubbliche democratiche si ritraggono, cercano una via di fuga.[3]
- In politica quelli che tengono il piede in due staffe rischiano molto: rischiano di essere considerati da chi li osserva «né carne né pesce». È la condizione peggiore che si possa immaginare quando si tratta di andare a chiedere ai cittadini consensi e voti.[4]
- Scordatevi la possibilità di avere nel Sud partiti puliti e lustri se la realtà meridionale, per tante parti, resta quella che è. Anche se una certa, diffusa mentalità legalistico-formalistica porta tanti a non comprenderlo, una nuova «regola», quale che essa sia, per esempio in materia di composizione delle liste, se cade in un ambiente con essa incompatibile, verrà necessariamente aggirata o stravolta. Passata l'emergenza, tutto ricomincerà più o meno come prima.[5]
- [...] se non fosse per la faziosità che acceca tanti professori, essi dovrebbero riconoscere che la riforma universitaria Gelmini, pur con i compromessi che sono stati necessari per vararla, è decisamente migliore delle pessime riforme fatte in passato dalla sinistra. Stante che il miglioramento del capitale umano è essenziale allo sviluppo, si capisce anche perché è meglio, in genere, che scuola e università siano in mano alla destra (sempre che essa sia capace, come è stato questo il caso, di scegliere un buon ministro) piuttosto che alla sinistra: a differenza della sinistra, la destra non è «ostaggio» delle corporazioni che dominano il settore dell'istruzione (capaci solo di protestare per i «tagli» mettendo la sordina sulle proprie inefficienze), è più libera di agire. È probabilmente la stessa ragione per cui Roberto Maroni, esponente di un partito privo di legami clientelari con il Sud, è risultato un ministro degli Interni più efficiente di altri nella lotta contro la criminalità organizzata.[6]
- La funzione fondamentale della politica è tutelare l'ordine sociale, quella particolare qualità dei rapporti interindividuali che consente a persone diverse, con differenti idee, interessi, eccetera, di convivere, e di competere, pacificamente, senza ammazzarsi a vicenda. La funzione fondamentale della politica è impedire la rottura violenta dell'ordine sociale.[7]
- [...] la politica ha un aspetto sicuramente spietato: fa sì che coloro che non ne capiscono la logica e che tuttavia si ostinano a occuparsene siano sempre destinati a essere strumentalizzati, usati, da quelli che la praticano al servizio dei propri scopi. In politica, gli uomini più sprovveduti sono sempre manovrati, sono "mezzi", strumenti inconsapevoli, delle manovre altrui. Questo discorso significa forse che la politica non ha rapporti con l'etica, l'economia eccetera? Certo che li ha. [...] Ma le influenze fra politica e morale si capiscono solo se si rispettano le specificità di ciascuna.[8]
- La guerra in Ucraina si rivela apertamente per ciò che è sempre stata: posta in gioco in una partita triangolare fra Stati Uniti, Cina e Russia. [...] Il mondo è diventato multipolare ma [...] c'è poco da stare allegri. I sistemi internazionali multipolari del passato non erano pacifici: le grandi potenze venivano coinvolte con grande frequenza in guerre locali e, periodicamente, entravano in conflitto (armato) fra loro. La differenza — e che differenza — è che oggi le grandi potenze (e anche qualche media potenza) dispongono di armi nucleari. L'unico modo che abbiamo noi occidentali per arginare il caos montante in età multipolare, e per difendere i beni di cui abbiamo fin qui goduto (pace, libertà, prosperità) è mantenere, oggi e in futuro, unità e coesione. Proprio ciò che russi e cinesi pensano che non saremo in grado di mantenere a lungo. Le due grandi potenze autoritarie, come recita un antico detto cinese, sono sedute sul greto del fiume e aspettano che passi davanti a loro il cadavere del nemico, del mondo occidentale. E non mancano le ragioni che rendono l'attesa russa e cinese tutt'altro che campata in aria. [...] Un elemento che indebolisce l'Europa è dato dal fatto che una parte dell'opinione pubblica europea [...] è impreparata a fronteggiare i rischi crescenti connessi alla nascita di un mondo multipolare. Possiamo distinguere due categorie: quelli che non hanno capito niente e quelli che hanno capito fin troppo. I primi credono di vivere nel Paese dei balocchi, pensano che Zelensky sia un rompiscatole, pensano che se anche in Ucraina vincessero i russi niente cambierebbe nelle loro vite e in quelle dei loro cari. Credono che la pace di cui godono sia una sorta di condizione naturale che nessuno potrà loro sottrarre, pensano che guerra, oppressione e violenza riguardino altri, che non possano esserne neanche sfiorati. Non hanno mai capito che la loro pace e la loro libertà è stata garantita, dal '45 ad oggi, dalla Nato. In più, sono quelli che «Franza o Spagna», quelli che pensano che nulla di cattivo potrebbe loro succedere se, vincitore Putin in Ucraina, e in ritirata l'America, la Russia estendesse la sua influenza su un'Europa occidentale fragile, divisa, manipolabile. Né pensano che, se andasse in pezzi la Nato, l'insicurezza collettiva crescerebbe ovunque, anche nei Balcani e nel Mediterraneo. [...] Poi ci sono quelli che hanno invece capito tutto. Sono i nemici occidentali della società occidentale. Detestano, e hanno sempre detestato, il capitalismo, l'individualismo [...] Sono quelli che sperano che russi e cinesi abbiano ragione, che sia cominciato davvero il conto alla rovescia, che l'Europa riuscirà finalmente, prima o poi, a sbarazzarsi della tutela americana. Si ostinano a non chiedersi come sarebbe stata la loro personale esistenza se anziché vivere nella «falsa democrazia» occidentale, ove il potere del governo è limitato e bilanciato da altri poteri, fosse loro toccato in sorte di sottostare al potere illimitato e concentrato di un despota e della sua cricca. [...] Nel pericoloso mondo multipolare in cui siamo ormai immersi, non può essere stabilito a priori chi abbia più filo da tessere, chi alla fine uscirà vincente nel braccio di ferro fra le democrazie occidentali e le potenze autoritarie. Le nostre scelte e le nostre azioni decideranno del nostro futuro. Decideranno se saremo noi, come è auspicabile, quelli seduti sul greto del fiume.[9]
La fermezza e l'ipocrisia
Corriere della Sera, 8 gennaio 2010.
- Che cosa è [...] il reato di clandestinità? Nient'altro che la rivendicazione da parte di uno Stato del suo diritto sovrano al pieno controllo del territorio e dei suoi confini, della sua prerogativa a decidere chi può starci legalmente sopra e chi no. Se risultasse che una legge, regolarmente votata dal Parlamento, che stabilisce il reato di clandestinità, è incostituzionale, ne conseguirebbe che la Costituzione repubblicana nega allo Stato italiano il tratto fondante della statualità: la prerogativa del controllo territoriale.
- Ci sono educatori (è inappropriato definirli diseducatori?) che hanno scelto di abolire il presepe e gli altri simboli natalizi, lanciando così agli immigrati non cristiani (ma anche ai piccoli italiani) il seguente messaggio: noi siamo un popolo senza tradizioni o, se le abbiamo, esse contano così poco ai nostri occhi che non abbiamo difficoltà a metterle da parte per rispetto delle vostre tradizioni. Intendendo così il rispetto reciproco e la «politica dell'integrazione», quegli educatori contribuiscono a preparare il terreno per futuri, probabilmente feroci, scontri di civiltà.
- La questione dell'immigrazione ricorda quella del debito pubblico. Il debito venne accumulato durante la Prima Repubblica da una classe politica che sapeva benissimo di scaricare un peso immenso sulle spalle delle generazioni successive. In materia di immigrazione accade la stessa cosa: esiste un folto assortimento di politici superficiali, di xenofobi, di educatori scolastici, di intellettuali liberal, di preti (troppo) accoglienti, di magistrati democratici, e di altri, intento a fabbricare guai. Fatta salva la buona fede di alcuni, molti, probabilmente, pensano che se quei guai, come nel caso del debito, si manifestassero in tutta la loro gravità solo dopo un certo lasso di tempo, non avrebbe più senso prendersela con i responsabili.
Citazioni su Angelo Panebianco
[modifica]- Angelo Panebianco ha ragione, quando sul Corriere [Corriere della sera] punta il dito, più che sulla corruzione dei partiti, sull'infezione mafiosa in vaste zone della comunità meridionale. Un'infezione che investe pesantemente l'economia, la società e le istituzioni del Mezzogiorno. (Giuseppe Pisanu)
- Il federalismo richiede amministrazioni locali efficaci e trasparenti; se invece sono fragili, il potere decentrato sarà più democratico, ma anche più vulnerabile. Quando Panebianco propone di commissariare tutto, un po' esagera, ma esprime un contenuto di verità. (Giuseppe Pisanu)
Note
[modifica]- ↑ Da Una campagna a colpi di storia, Corriere della Sera, 31 agosto 2000.
- ↑ Da Se l'Islam diventa partito; citato in Corriere della Sera, 18 novembre 2009.
- ↑ Citato in Corriere della Sera, 27 dicembre 2009.
- ↑ Citato in Corriere della Sera, 30 dicembre 2009.
- ↑ Citato in Corriere della Sera, 26 febbraio 2010.
- ↑ Da Anatomia di un declino, corriere.it, 28 maggio 2011.
- ↑ Da Il tessuto che ci unisce è delicato, corriere.it, 30 aprile 2013.
- ↑ Da La morale della politica, corriere.it, 15 maggio 2013.
- ↑ Da L'Europa costretta a rischiare, corriere.it, 1º marzo 2023.
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