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Annibale

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Annibale conta gli anelli dei cavalieri romani uccisi a Canne (216 a.C.), statua di Sebastien Slodtz

Annibale Barca (247 a.C. – 182 a.C.), condottiero e politico cartaginese.

Citazioni di Annibale

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Attribuite

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  • Molti sono i problemi la cui soluzione trova ostacoli nella natura, ma che vengono risolti dall'intelligenza. (citato in Tito Livio, XXV, 11; 1997)
Multa, quae impedita natura sunt, consilio expediuntur.
Praeterita magis reprehendi possunt quam corrigi.
  • È difficile che rifletta sulle incertezze del caso, colui che mai è stato abbandonato dalla fortuna.[1] (citato in Tito Livio, XXX, 30; 1997)
Non temere incerta casuum reputat quem fortuna nunquam decepit.
Potest victoriam malle quam pacem animus.
  • È migliore e più sicura una pace certa che non una vittoria soltanto sperata.[1] (citato in Tito Livio, XXX, 30; 1997)
Melior tutiorque est certa pax quam sperata victoria.
  • Maximae cuique fortunae minime credendum est. (citato in Tito Livio, XXX, 30)
È proprio quando la fortuna si trova al suo apice che bisogna fidarsene meno![1][2] (1997)
Pochissimo deve fidarsi l'uomo quando è giunto al sommo di ogni fortuna. (2006)
Bisogna fidarsi pochissimo di una grandissima fortuna. (2011)

Citazioni su Annibale

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  • A Cosenza... tranne i gelati che mangiamo, per i quali (la città) gode di una giusta fama, non vediamo niente di straordinario. In effetti, Cosenza, la cui costruzione risale a un'epoca molto antica, non ha più monumenti, neanche il minimo rudere d'antichità da offrire ai curiosi. Essa fu costruita in mezzo a un territorio ricco e fertile sul Crati che nasce da queste parti ... i suoi primi abitanti ne furono scacciati dai Bruzi, popolo bellicoso, abituato alla guerra e alla vita rude e faticosa delle montagne della Sila e sempre in guerra sia con gli animali feroci di queste foreste, sia con i popoli dei dintorni. Essi chiamarono la nuova città Brettia, poi Consentia o Costantia, come alcuni la chiamano e le diedero ben presto una certa fama: Consentia urbs magna Bruttiorum dice Appiano. I Romani sottomisero in seguito i Bruttii, che, per il loro spirito d'indipendenza, mal sopportando il loro giogo, furono in perpetua ribellione e quando Annibale se n'impadronì, sostennero quest'ultimo contro i loro oppressori. (Horace de Rilliet)
  • Anche la partita a scacchi non finisce con una vincita o con una perdita. finisce quando i pezzi bianchi e quelli neri vengono tolti dalla scacchiera e rimessi nella scatola. Rimane allora qualcosa di diverso dalla vittoria o dalla sconfitta – rimane il ricordo di una trama che è stata tessuta, di una melodia che è stata suonata. Non rimane Scipione, rimangono Scipione e Annibale. Il primo non può e non potrà mai esistere senza il secondo. La vincita non sta nell'ultima mossa, sta nella somma finale. (Ernst Jünger)
  • Annibale sapeva come ottenere la vittoria, ma non come sfruttarla. (Rome: Total War)
  • Annibale scampò a stento, con grande pena, sull'unico elefante sopravvissuto, molto sofferente per una grave forma di oftalmia che lo aveva colpito, a causa della quale gli fu infine anche tolto un occhio... (Polibio)
  • Dopo le vittorie che la resero signora del mondo, Roma si riposava. – Roma la gran madre dei Scipioni e dei Gracchi il cui più bel giorno come soleva dire Catone, era quello in cui il sole rischiarava una battaglia!... – Superbo riposo però!... Nella città dove si festeggiava il trionfo di Zama e la sconfitta di Annibale cogli inni di Nevio, il cantore immortale della gloria dei Scipioni, agitavasi la divina lotta dell'arte! (Ulisse Barbieri)
  • Il gioco sulle fasce l'ha inventato Annibale: battaglia di Canne contro i romani, 216 a.C. (Sergio Buso)
  • Il nome d'Imera è legato soprattutto alla famosa battaglia che vide, nel 480 a. C., sconfitto un formidabile esercito punico. Trecentomila uomini, si disse allora; forse esagerando. Certo Cartagine fece, in quel giorno, uno sforzo immane, e tanto maggiore fu perciò la sua disfatta. La fama di questa vittoria riempie per decenni, e per secoli, l'isola intera. Neppure fu cancellata dalla riscossa punica quando settant'anni dopo, un Annibale Barca, nipote del primo Amilcare, assalì Imera e la distrusse. (Carlo Picchio)
  • Ma in un uomo di tali qualità e valore, la contropartita era data da vizi immensi: una crudeltà mai vista in altra persona, una slealtà che lo rendeva peggiore della sua stessa origine cartaginese, disprezzo per le cose più vere e più sacre, spregio assoluto per gli dèi, per i giuramenti, per i vincoli religiosi. (Tito Livio)
  • Mi viene in mente la conversazione che un mio amico ha avuto in Italia con un pescatore sul lago Trasimeno. Il pescatore raccontava cose terribili sulla sanguinosa battaglia che il grande generale Annibale aveva combattuto lì nei tempi andati e quando il mio amico gli chiese contro chi mai avesse combattuto Annibale, l'uomo divenne indeciso, ma poi ricordò, con una certa sicurezza, che s'era trattato di Garibaldi. (Hermann Hesse)
  • Quel giorno era per così dire l'ultimo pe' Romani, se Annibale non avesse avuto tanta fretta di godere i vantaggi della vittoria. Colui che aveva fatto far tanti errori agli altri, comincia a risentirsi in questo punto dell'esser uomo, e bisogna ch'ei ne faccia per sé. Mostratosi invincibile alle difficoltà maggiori, non sa resistere alle lusinghe della fortuna, quando ogni poco più d'operazione lo metteva in stato di poter dormire sicuramente tutti i suoi sonni per quanto ei viveva. Ma negli uomini tutto è limitato: la tolleranza, il coraggio, la fermezza sono virtù finite, e a lungo andare vengono meno. (Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Evremond)
  • Annibale, tu sai come si raggiunge una vittoria, ma non sai farne uso.
  • Anzi, perché tu sappia che risultato si sia ottenuto con questa battaglia, tra quattro giorni banchetterai vincitore sul Campidoglio. Sèguimi: io ti precederò con la cavalleria perché sappiano che sei arrivato prima che arriverai.
  • Gli dei evidentemente non hanno concesso alla stessa persona tutte le doti: tu sai vincere, Annibale, non sai approfittare della vittoria.

Note

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  1. a b c d e Queste parole sono di Annibale che parla con Scipione, nel celebre ampio discorso tra i due massimi comandanti dell'epoca e di quella che li aveva preceduti, dopo la sconfitta dei Cartaginesi nella battaglia presso Zama.
  2. Aforisma imparentato con: "Chi sale più in alto, cade più rovinosamente."

Bibliografia

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Altri progetti

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