Polibio

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Polibio

Polibio (ca 203 a.C. – 120 a.C.), storico greco.

Storie[modifica]

Incipit[modifica]

Fausto Brindesi[modifica]

Se coloro che prima di me hanno scritto di storia ne avessero per caso tralasciato l'elogio, sarebbe stato forse necessario incitare tutti allo studio proficuo e dilettevole di questa fonte di memorie, poiché per gli uomini non esiste un più sicuro mezzo di farsi migliori di quanto non lo sia la coscienza del passato.

Fabio Cannatà, Andrea Ercolani, Maurizio Sonnino[modifica]

Se a coloro che hanno esposto prima di noi fatti storici fosse avvenuto di tralasciare l'elogio della storia stessa, sarebbe forse necessario esortare tutti a scegliere e apprezzare tali opere, perché non c'è per gli uomini un mezzo di correzione più disponibile della conoscenza dei fatti passati.

Citazioni[modifica]

  • L'Erice è un monte presso il mare di Sicilia, sulla costa sita dalla parte dell'Italia, tra Drepana e Panormo, più vicino, anzi confinante con Drepana, in altezza di gran lunga superiore agli altri monti della Sicilia, eccetto l'Etna. Proprio sulla sommità, che è piana, si trova il santuario di Afrodite Ericina. (I, 55, 7-8; 2001)
  • Annibale scampò a stento, con grande pena, sull'unico elefante sopravvissuto, molto sofferente per una grave forma di oftalmia che lo aveva colpito, a causa della quale gli fu infine anche tolto un occhio... (III, 79, 12; 2001)
  • Una pace onorevole, fondata sulla giustizia, è certo la cosa più bella e vantaggiosa; ma una pace che nasce da viltà e disonore è la cosa più infamante e dannosa. (IV, 31, 8)[1]
  • Quella superstizione religiosa che presso gli altri uomini è oggetto di biasimo, serve in Roma a mantenere unito lo Stato: la religione è più profondamente radicata e le cerimonie pubbliche e private sono celebrate con maggior pompa che presso ogni altro popolo. Ciò potrebbe suscitare la meraviglia di molti; a me sembra che i Romani abbiano istituito questi usi pensando alla natura del volgo. In una nazione formata da soli sapienti, sarebbe infatti inutile ricorrere a mezzi come questi, ma poiché la moltitudine è per sua natura volubile e soggiace a passioni di ogni genere, a sfrenata avidità, ad ira violenta, non c'è che trattenerla con siffatti apparati e con misteriosi timori. Sono per questo del parere che gli antichi non abbiano introdotto senza ragione presso le moltitudini la fede religiosa e le superstizioni sull'Ade, ma che piuttosto siano stolti coloro che cercano di eliminarle ai nostri giorni. (VI, 56; 1970, vol. II, pp. 133-4)
  • [...] in quanto se non avesse accettato le sue condizioni, nessuno dei due sarebbe stato al sicuro: grandi orde di nomadi erano infatti molto vicini, rappresentando un pericolo per entrambi; e se avessero permesso loro di entrare nel paese, sarebbero certamente divenuti barbari. (XI, 34)
  • Il giorno dopo, Attalo, in gran pompa, salì in città insieme ai Romani e ai magistrati ateniesi. Erano andati loro incontro infatti non soltanto i magistrati insieme ai cavalieri, ma pure tutti i cittadini accompagnati dai figli e dalle mogli. Come essi si furono riuniti, fu tanto grande, nel corso dell'incontro, la benevolenza manifestata dalle folle nei confronti dei Romani e, ancor più, di Attalo, che più non si sarebbe potuto. Quando Attalo fece la sua entrata nel Dipylon, furono disposti, ad entrambi i lati, le sacerdotesse e i sacerdoti. Poi aprirono tutti i templi, e quando ebbero posto su tutti gli altari delle vittime, pregarono Attalo di compiere il sacrificio. Gli Ateniesi votarono poi in onore di Attalo tante di quelle onorificenze quante non ne avevano mai tributate, con tale velocità, per nessuno dei passati benefattori. Inoltre, crearono pure una tribù con lo stesso nome di Attalo, e lo inclusero così nella lista degli eroi eponimi tribali. (XVI, 25, 5-9; 1998, vol. III, p. 337)
  • Non c'è nessun testimone così terribile, nessun accusatore così implacabile come la coscienza che abita nel cuore di ogni uomo. (XVIII, 43)[1]
  • La rapida instabilità della Sorte la si può riconoscere soprattutto in alcuni momenti, quando ci si impegna in certe azioni pensando di farlo a proprio vantaggio, per scoprire poi, inaspettatamente, che si sta operando a vantaggio del nemico. (XXX, 10; 1998, vol. IV)
  • Avrebbero potuto constatare il livello di scandimento della società da questi fatti: che sul mercato i bei giovinetti valevano più delle terre e le anfore di pesce in salamoia più dei conduttori di buoi. (XXXI, 25, 5a; 1998, vol. IV)
  • Nella natura umana, a quanto sembra, agisce una tale forza che non solo gli eserciti e le città, ma anche le unioni nazionali e le più disparate etnie del mondo arrivano a conoscere, a causa della virtù o della malvagità di un solo uomo, ora le peggiori calamità ora il massimo della fortuna. (XXXII, 4; 1998, vol. IV)
  • [...] persone affette da malanni cronici. Costoro infatti, una volta che, seguendo tutte le prescrizioni della terapia e obbedendo ai medici, non abbiano riscontrato miglioramenti, scontenti dei risultati sono spesso costretti a desistere: alcuni allora si rivolgono a veggenti, mentre altri fanno ricorso ad ogni tipo di rito magico ed amuleto. Lo stesso avvenne ai Rodî. (XXXIII, 17; 1998, vol. IV)
  • Da tempo ognuno di loro aveva saldamente preso questa decisione, ma erano in cerca del momento opportuno, e di un pretesto plausibile per la pubblica opinione. I Romani, infatti, si preoccupavano molto di quest'ultimo aspetto, e facevano bene, perché un inizio di guerra che sembri giusto, come dice Demetrio, rende più grandi le vittorie e meno pericolosi gli insuccessi, mentre se è ignobile e da poco sortisce l'effetto contrario. (XXXVI, 2; 1998, vol. IV)
  • Non bisogna mai sfruttare superbamente i propri successi contro gli altri, sapendo che la funzione precipua della Sorte è appunto quella di far soggiacere i legislatori, ribaltando la situazione, alle leggi che essi stessi hanno concepito e stabilito. (XXXVI, 13; 1998, vol. IV)
  • Bisogna lasciare un resoconto storico dei fatti passati che sia privo di qualunque falsità, e che non sia finalizzato a procurare un momentaneo piacere alle orecchie dei lettori, ma a correggere le loro anime perché non cadano più volte negli stessi errori. (XXXVIII, 4; 1998, vol. IV)
  • [Scipione l'Emiliano nell'atto di distruggere Cartagine] distogliendosi da questa e prendendomi la mano destra disse: «Polibio, è un glorioso momento, è vero, ma, non so come, io ho paura, e già vedo il momento in cui un altro darà lo stesso ordine contro la nostra patria». Certo non è facile pronunciare una frase che abbia più forza e intelligenza di questa. Infatti riuscire, nel momento del proprio più grande trionfo e della sventura dei nemici, ad acquistare consapevolezza della propria condizione e della situazione contraria e insomma avere ben presente nelle circostanze favorevoli l'instabilità della Sorte, è proprio di un uomo grande e perfetto, e in una parola degno di essere ricordato. (XXXVIII, 21; 1998, vol. IV)

Citazioni su Polibio[modifica]

  • Con Polibio la Storia si rifà generale. Come Erodoto aveva abbracciato i popoli greci ed orientali per farne il vasto fondo di un quadro epopeico, nel quale spiccava al primo piano la guerra persiana; così Polibio fa a proposito delle guerre puniche: egli prende in mano le più lontane fila che s'intrecciano nel nodo punico. Ma tutto ciò reca ad atto con piena coscienza, e a leggerlo vi par di udire il linguaggio sviluppato di un filosofo della Storia. (Nicola Marselli)

Note[modifica]

  1. a b Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X

Bibliografia[modifica]

  • Polibio, Storie, traduzione di Fausto Brindesi, Rizzoli, 1961.
  • Polibio, Storie, Mondadori, Milano, 1970.
  • Polibio, Storie, traduzione di M. Mari, BUR. Milano, 2001.
  • Polibio, Storie, a cura di Roberto Nicolai, premesse, traduzioni e note di Fabio Cannatà, Andrea Ercolani, Maurizio Sonnino, Newton & Compton, 1998.

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