August Wilhelm von Schlegel

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August Wilhelm von Schlegel

August Wilhelm von Schlegel (1767 – 1845), scrittore, traduttore e critico letterario tedesco.

Citazioni di August Wilhelm von Schlegel[modifica]

  • È bello ciò che è insieme eccitante e sublime. (da Frammenti)
  • Credo che siamo vicini a creare la vera arte della traduzione poetica, questa gloria era riservata ai tedeschi.[1]
  • La nostra lingua è rigida, tanto più noi siamo flessibili, è dura e grezza, perciò facciamo di tutto per cercare il beneficio di di suoni più miti e piacevoli.[1]
  • La poesia degli antichi era quella del possesso, la poesia dei moderni è quella dello struggimento. (citato in Corriere della sera, 24 dicembre 1995)
  • Un ortodosso critico del gusto crede di dir gran cosa quando dice che la Divina Commedia, il Giudizio universale e il Macbeth sono opere prive di gusto: e con ciò non dice altro se non che egli non comprende queste opere, perché oltrepassano l'orizzonte delle regole e convenzioni da lui apprese (Citato in Benedetto Croce, La poesia di Dante, Laterza, Bari, 1921, p. 183)

Corso di letteratura drammatica[modifica]

  • Il re Giovanni è il prologo, come l' Enrico VIII è l'epilogo degli otto drammi nazionali che succedendonsi l'uno all'altro, e formano, per così dire, la grande epopea della nazione britannica. Nel re Giovanni si cominciano a trattare tutti i soggetti politici e patrii che si svolgono poi così ampiamente; e vi si veggono guerre e negoziati colla Francia, una usurpazione e la tirannide che necessariamente ne deriva, l'influenza del clero e i litigi dei Grandi. È probabile che Shakespeare componesse questo dramma e l' Enrico VIII dopo tutti gli altri, ed abbia ciò fatto per meglio rannodarli insieme.
  • Gli avvenimenti politici militari sono presentati nel re Giovanni con tanta maggior pompa, quanta minore è la grandezza che in essi si riscontra. La doppiezza e l'avidità de' principi sono espresse in istile diplomatico, Il bastardo Faulconbridge è il vero interprete di questo genere di linguaggio.
  • La tenera vittima di una sfrenata ambizione, l'amabile Arturo, eccita profondissimo interesse. La pietà ch'egli inspira diverrebbe anzi troppo tormentosa nella scena ove Uberto si prepara a privarlo della vista con un ferro rovente, se l'incanto delle parole di quel garzone che commuove fino Uberto non si diffondesse sopra gli affetti che vengono in noi destati.
  • Shakespeare ne dipinge nel Riccardo II un'anima nobile che aveva incominciato ad abbandonarsi agli errori di una gioventù sfrenata, ma che viene detersa dalle sciagure, ed è adorna anche in questa vita di uno splendido immortale.
  • La serie degli avvenimenti politici, che cagionano la degradazione di Riccardo, è dipinta con meravigliosa cognizione del mondo. Vedesi la marea del favore che ritirandosi dall'una parte, e impetuosamente rivolgendosi all'altra, seco trascina tutto ciò che le pone ostacolo. Parimente si vede Bolingbroke che già impera qual re, e che è trattato come tale dai suoi fautori, mentre vuol far credere ancora di non esser giunto fuorché per sostenere, armata mano, il suo diritto d'eredità, e riformare gli abusi.
  • Il contrasto di due giovani eroi, il principe Enrico e Percy, detto Hotspur, sparge gran splendore sulle scene della prima parte dell'Enrico IV. Tutte le amabili e seducenti qualità son date, a dir il vero, al principe di Galles; egli mescola alle triste brigate, senza poterne mai far parte, e tutto ciò che è ignobile gli si appressa senza lederlo. Le sue più folli stravaganze non sembrano che celie del suo spirito attivo, ritenuto suo malgrado nell'ozio.
  • Nella seconda parte dell'Enrico IV, Shakespeare impiega maggior arte a fine di supplire alla mancanza di materia, quanto ch'egli non vuole mai adornare arbritariamente l'istoria più di quello che riechiegga la forma drammatica.
  • Falstaff è il carattere più comico che abbia creato la fertile immaginazione di Shakespeare. Egli introdusse quel personaggio in tre de' suoi drammi, e lo presentò sotto aspetti sempre nuovi, senza mai esaurirne l'effetto.
  • Falstaff è un tristo, ma il più gradito e più lepido uomo che sia mai vissuto.
  • Il re Enrico V è manifestatamente l'eroe prediletto di Shakespeare: ei lo adorna di tutte le virtù dei re e dei cavalieri; lo mostra prode, sincero, cortese, e, in mezzo alle sue luminose geste, sempre inchinato a quella innocente malizia che rammenta la sua gioventù. Non era facile il mettere sulla scena l'istoria della vita di questo principe dopo ch'egli ascese al trono.
  • Con tutto il desiderio che ebbe Shakespeare di far risaltare la gloria delle conquiste d'Enrico V, non lasciò di svelare, secondo il suo modo, i segreti motivi dell'impresa di quel re. Enrico aveva bosogno d'una guerra esteriore per francheggiarsi in trono.

[Wilhelm August von Schlegel, Corso di letteratura drammatica; citato in William Shakespeare, Teatro Completo, traduzione di Carlo Rusconi, UTET, Torino 1923]

Note[modifica]

  1. a b Dalla rivista Athenaeum, all'amico Ludwig Tieck traduttore del Don Chisciotte; citato in La nascita del concetto moderno di traduzione, a cura di Gabriella Catalano e Fabio Scotto, Armando Editore, Roma 2001.

Voci correlate[modifica]

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