Oṃ

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L'Oṃ in scrittura devanāgari

Citazioni sull'Oṃ, trascritto anche come Oṁ o AUM (devanāgari: ), detto anche Praṇava o Oṃkāra.

  • Con l'aiuto del praṇava [Oṃ], Lallā si è raccolta in sé unendosi alla Luce. Così ha scacciato la paura della morte. (Lalla)
  • Con la recitazione di Oṁ possa l'ātman essere unificato! | Questo in verità è il grande insegnamento, | il mistero degli Dei. Colui che conosce questo | ottiene la grandezza di Brahman! (Mahānārāyaṇa Upaniṣad)
  • Egli[1] deve sempre pronunciare "Oṃ!" alla fine e all'inizio della recitazione dei Veda, perché se non c'è prima, [la recitazione dei Veda] si perde, se non c'è dopo, questa si dissolve. (Manusmṛti)
  • Grazie a oṃ il suono fugge verso l'alto e si riassorbe nel non suono. Ecco invero la via: ecco l'immortalità, ecco l'unione <suprema>, ecco la beatitudine. (Maitrī Upaniṣad)
  • «Il suono Oṁ in verità è sia il Brahman superiore che quello inferiore. Pertanto colui che conosce, se prende questo come suo sostegno, ottiene l'uno e l'altro.» (Praśna Upaniṣad)
  • Invero questa [sillaba Om] è una sillaba di assenso. Infatti, qualsiasi cosa uno approvi, quegli pronuncia soltanto: Om. Questa stessa [sillaba Om], che esprime assenso, è prosperità. (Chāndogya Upaniṣad)
  • L'OM senza misura è il Quarto[2], di là da ogni sviluppo di manifestazione, benefico, non duale. Così la sillaba OM è l'ātman. Colui che conosce ciò, immerge l'atmā [manifesto] nell'ātman [supremo]. (Māṇḍūkya Upaniṣad)
  • Ma se si medita sulla Suprema Persona coi tre elementi, A, U e M di quella sillaba Oṁ, egli ottiene la luce, il Sole. Come un serpente si libera dalla sua pelle, così sarà liberato dal male. Sarà condotto dai canti al mondo di Brahman. (Praśna Upaniṣad)
  • Ora, altrove è stato detto anche questo: se un uomo ha i sensi ritratti, come nel sonno, e un cuore perfettamente puro, egli vede come in sogno nel vuoto dei sensi il praṇava [Oṁ], la guida la cui forma è luce, che è al di là del sonno, della vecchiaia, della morte e del dolore. Allora egli stesso diviene quello che è chiamato praṇava, la guida la cui forma è luce, che è al di là del sonno, della vecchiaia, della morte e del dolore. (Maitrī Upaniṣad)
  • Oṁ è l'arco, l'ātman è la freccia; | il Brahman, dicono, è il bersaglio, da colpire | con la concentrazione; così di diviene | uniti con Brahman come una freccia col bersaglio. (Muṇḍaka Upaniṣad)
  • Oṁ è Brahman. (Taittirīya Upaniṣad)
  • Oṁ è la prima Parola, il primo simbolo di tutto l'universo, la prima manifestazione, la realtà concentrata fatta parola, cioè suono, concetto, forma, materia, spirito. È la Parola che precede il mondo, è la Parola in conformità alla quale il mondo si è formato. (Raimon Panikkar)
  • Om. Om è tutto questo. Di ciò [si dà ora] una chiara spiegazione: [ciò che è] il passato, il presente e il futuro è soltanto l'oṁkāra. E ciò che oltrepassa il triplice tempo è ancora la sillaba Om. (Māṇḍūkya Upaniṣad)
  • Om: questa è la sillaba su cui si deve meditare come l'Udgītha[3]. Poiché si intona l'Udgītha cominciano con Om, [si procede a dare] una spiegazione di quella [Sillaba]. (Chāndogya Upaniṣad)
  • Quando si proferisce il praṇava, ecc., meditando, alla fine della prolata, il vuoto, si raggiunge, o Bhairavī, in virtù della vuota suprema Potenza, la vacuità. (Vijñānabhairava Tantra)
  • Quella parola che tutti i Veda testimoniano e alla quale tutte le pratiche ascetiche fanno riferimento, mirando alla quale [gli uomini] intraprendono il brahmacarya[4], quella parola ti esporrò sinteticamente: essa è Oṁ. (Kaṭha Upaniṣad)

Note[modifica]

  1. L'officiante.
  2. Il quarto stato della coscienza (turīya), oltre quelli della veglia, sonno con sogni, sonno profondo.
  3. È il canto (sāman) nel rituale vedico del somayāga.
  4. Il seminario da brahmano.

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