Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad

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Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad.

Citazioni[modifica]

  • In principio questo [universo] era solamente Quello in forma di Puruṣa. Egli si guardò intorno ma non vide altro che se stesso. Così per prima cosa disse: "Io sono Quello". Perciò 'Io' divenne il suo nome. (2010; I.4.10)
  • Egli[1] non trovava felicità; così ancora oggi, chi è solo non trova felicità. Egli desiderava ardentemente un altro. Egli divenne grande come un uomo e una donna stretti in un forte abbraccio. Egli separò questo sé in due; da qui sorsero lo sposo e la sposa. Perciò, come ha detto Yājñavalkya: «Ognuno di noi è come la metà di un pisello spaccato.» Per questo motivo questo vuoto è riempito dalla donna. Egli si congiunse con lei e di qui nacquero gli esseri umani. (2001, I.4.3)
  • In verità, all'inizio il mondo non era differenziato. Si differenziò con il nome e la forma, di modo che ogni cosa ha un nome e una forma. Anche oggi, le cose si differenziano semplicemente grazie al nome e alla forma, così che noi diciamo: questa cosa ha il tal nome, la tale forma. (2008, I.4.7)
  • In principio questo [universo], invero, era solo il Brahman. Quello conobbe soltanto sé stesso come: "Io sono Brahman", perciò Esso divenne la totalità. (2010, I.4.10)
  • Chiunque adori una divinità diversa dall'Immensità, pensando 'Essa è uno, io sono un altro', non sa. È come un capo di bestiame per gli dèi. (2008, I.4.10)
  • Colui che dimora nella terra, eppure è altro dalla terra, colui che la terra non conosce, il cui corpo è la terra, che controlla la terra dall'interno – egli è l'ātman dentro di te, il Controllore interiore, l'immortale. (2001, III.7.3)
  • Questo è inafferrabile perché non può essere ghermito, indistruttibile perché non può essere distrutto, inattaccabile perché a nulla attaccato. (2008, III.9.26)
  • Brahman è coscienza e gioia, | la suprema ricompensa di colui che offre doni | e di colui che sta zitto e conosce. (2001, III.9.28.7)
Conoscenza e beatitudine è il brahman, | premio per chi dona, sublime meta | per chi persevera, ciò conoscendo. (2007, III.9.28.7)
  • Colui che è attaccato, accompagnatao dal suo karman, | va là dove la mente desiosa lo sospinge; | una volta esaurito il <frutto del> karman, | qualunque cosa abbia potuto compiere, | da quel mondo, di nuovo, ritorna | a questo mondo, dell'azione. (2007, IV.4.4)
  • Questo ātman è in verità Brahman, che consiste di coscienza, mente, vita, occhio, terra e acqua, aria, atmosfera, luce e non luce, di desiderio e mancanza di desiderio, di collera e libertà dalla collera, di rettitudine e non rettitudine, che consiste di tutto ciò. Perciò è detto: consiste di questo, consiste di quello. A seconda delle proprie opere, a seconda del proprio comportamento, così si diventa. Colui che fa del bene diviene buono, colui che fa del male diviene malvagio. (2001, IV.4.5)
  • Possano i saggi, i conoscitori di Brahman, realizzando Lui praticare la saggezza. Possano essi non meditare su molte parole, poiché nel linguaggio vi è solo debolezza. (2001, IV.4.21)
"Il saggio, conoscitore di Brahman, avendolo conosciuto, perseveri nella conoscenza [acquisita], non tenendo più in considerazione la moltitudine dele parole, infatti, il suo organo vocale rimane estenuato." (2010, IV.4.21)
  • Laddove vi è dualità, si vede un altro, si annusa un altro, si gusta un altro, si parla a un altro, si ode un altro, si conosce un altro; ma laddove tutto è divenuto il proprio Sé, con che cosa si dovrebbe vedere e chi, con che cosa si dovrebbe annusare e chi, con che cosa si dovrebbe gustare e chi, con che cosa si dovrebbe parlare e a chi, con che cosa si dovrebbe udire e chi, con che cosa si dovrebbe pensare e a chi, con che cosa si dovrebbe toccare e chi, con che cosa si dovrebbe conoscere e chi? Come può essere conosciuto Colui dal quale tutto questo è fatto conoscere? Egli, il Sé, non è questo, non è questo. Egli è inafferrabile poiché Egli non può essere afferrato. (2001, IV.5.15)
  • Il mondo di là in verità è Fuoco, o Gautama; il sole è il suo combustibile, i raggi il suo fumo, il giorno la sua fiamma, le regioni celesti le sue braci, le regioni intermedie le sue scintille. In questo Fuoco gli Dei offrono la fede come libagione. Da quell'offerta sorge il re Soma. (2001, VI.2.9)
  • In verità, o Gautama, la donna è fuoco: di quella, l'alvo è il combustibile, i peli sono il fumo, la vulva la fiamma, l'atto che si consuma al suo interno è la cenere, il godimento è le scintille. In questo fuoco gli Dei sacrificano il seme. Da quell'offerta sorge l'essere umano. (2013, VI.2.13)
  • Quindi Prajāpati considerò: «Bisogna che io doni a costui [l'uomo] un sostegno», e creò la donna. Avendola creata la venerò dal di sotto. Per questo motivo la donna deve venir considerata dal di sotto. Da se stesso allora trasse quella pietra prominente <con la quale si spreme il soma> e con essa si fece sopra a lei. (2007, VI.4.2)

Note[modifica]

  1. Il Sé, o ātman nella forma di puruṣa, l'uomo cosmico primordiale.

Bibliografia[modifica]

  • Raimon Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, a cura di Milena Carrara Pavan, traduzioni di Alessandra Consolaro, Jolanda Guardi, Milena Carrara Pavan, BUR, Milano, 2001.
  • Upaniṣad antiche e medie, a cura di Pio Filippani-Ronconi, prefazione di Mario Piantelli, Universale Bollati Boringhieri, 2007.
  • Alain Daniélou, Miti e dèi dell'India, traduzione di Verena Hefti, BUR, 2008.
  • Upaniṣad, a cura e traduzione di Raphael, Bompiani, 2010.

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