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Caduta dell'Impero romano d'Occidente

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Thomas Cole, La distruzione dell'Impero romano, 1836

Citazioni sulla caduta dell'Impero romano d'Occidente.

  • Con la caduta dell'Impero romano e l'incrociarsi delle più varie culture e tradizioni nasce la nostra attuale civiltà. (Gianfranco Maselli)
  • Ecco una possibile soluzione dell'enigma [...]: la rovina dell'Impero di Occidente come effetto combinato della debolezza dell'autorità centrale e della reazione «separatista» dei gruppi sociali alla pretesa dei grandi imperatori del Dominato, di ricentralizzare il potere. Questa reazione disgregante provocò una condizione di anarchia endemica, che indebolì la resistenza dell'Impero alla rinnovata pressione esterna. (Giorgio Ruffolo)
  • In quest'anno di grazia 1959 è ancora possibile considerare verità storica il fatto che l'Impero romano declinò e cadde. Nessuno, a tutt'oggi, è disposto a negare la scomparsa dell'Impero romano. Ma qui comincia il disaccordo degli storici: quando si domanda perché l'Impero romano sia caduto, si ottiene una sconcertante varietà di risposte. Tanto più perché c'è la tendenza a identificare gli inizi del Medioevo con la fine dell'Impero romano: tendenza che sarebbe stata ragione di non poca sorpresa per gli uomini del Medioevo, i quali credevano fermamente nella continuità dell'Impero romano. (Arnaldo Momigliano)
  • L'Impero Romano è crollato, la sua corazza amministrativa non ha resistito all'enorme spinta delle invasioni, la sua facoltà di rinnovarsi si è consumata, le sue province si sono isolate in altrettanti regni, il mondo si è aperto di più verso terre allora sconosciute, che ne hanno rotto gli equilibri, ma l'idea stessa di Roma è sopravvissuta come un mito vivificante, quello di una patria umana che la storia ha dimostrato non essere solo un sogno impossibile. (Pierre Grimal)
  • Marx, Toynbee , Weber, Rostovčev, Ortega y Gasset hanno tracciato visioni interpretative grandiose e affascinanti della decadenza e rovina dell'Impero d'Occidente. È facile oggi criticarle e confutarle per le deformazioni che l'unilateralità dei loro rispettivi punti di vista fa subire alla realtà, sempre più complessa e problematica delle loro teorie. Tuttavia, quelle grandi visioni hanno il merito di aver drammatizzato aspetti essenziali di quella realtà: Marx, il modo di produzione schiavistico; Weber, la regressione dall'economia monetaria all'economia naturale; Toynbee, la crisi delle grandi opzioni etiche valutative della civiltà ellenistica; Rostovčev e Ortega y Gasset, pur da punti di vista diversi, la rebellion de las masas contadine alle élite cittadine. Aspetti di una crisi complessa che resiste a ogni tentativo di semplificazione, di riduzione monocasuale. (Giorgio Ruffolo)
  • Si può dire che nessuna interpretazione della decadenza dell'Impero romano può essere considerata soddisfacente, se non tiene conto anche del trionfo del cristianesimo. (Arnaldo Momigliano)
  • Le cause politiche della decadenza erano gravi e risalivano persino alla condotta dell'antica Repubblica. Gli statisti repubblicani, come quelli di tutti gli Stati moderni, troppo spesso si lasciarono sedurre oltre il limite della prudenza dall'istinto della conquista. Pochi ebbero il coraggio di Catone e di Scipione Nasica, che avevano additato i pericoli dell'espansione. Non si dice con questo che Roma sia stata selvaggiamente aggressiva. Piuttosto, come l'Inghilterra e l'America, essa combatté le sue guerre, comunque sorgessero, con una costanza ostinata fino alla vittoria e quindi, seguendo il naturale istinto umano, normalmente incorporò ciò che trovava a sua disposizione, non sempre valutando le lontane conseguenze del suo atto sulle future generazioni.
  • Roma si sviluppò troppo rapidamente, e troppo oltre il suo potere d'assimilazione. La prima dannosa conseguenza fu che dovette tenere i suoi sudditi per mezzo di eserciti permanenti che presto dominarono il governo e infine dovettero talmente ampliarsi che minarono la sua forza. Se Roma avesse avuto la saggezza, che nessun governo sembra abbia acquistato ancora, di rifiutare i vantaggi che le si offrivano, se, per esempio, avesse resistito alla tentazione di conquistare l'Asia, essa avrebbe potuto lentamente costruire un sano Stato occidentale con frontiere facilmente difendibili, ed avrebbe assimilato ed educato il suo popolo senza l'uso di eserciti permanenti pericolosamente grandi.
  • Sin dal momento della «decadenza e caduta» di Roma, l'unico «impero mondiale» che la storia europea abbia conosciuto, gli uomini hanno sempre tentato di spiegare il disastro. Gli statisti hanno cercato la risposta nella struttura politica di Roma, i moralisti nella condotta del suo popolo, gli economisti nell'«esaurimento del suolo» e nel fallimento del sistema monetario, e simili. Noi dobbiamo riconoscere che una risposta definitiva ed adeguata non si potrà mai dare; le scienze politiche, psicologiche ed economiche, a cui ci rivolgiamo per chiedere i dati, sono al più descrittive. Esse possono dirci come gli uomini e gli Stati si siano comportati, ma non possono fissare leggi invariabili di causa e di effetto in ogni campo dove agisca lo spirito umano.

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