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Cola di Rienzo

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Roma: busto di Cola di Rienzo al Pincio

Cola di Rienzo, al secolo Nicola di Lorenzo Gabrini o in romanesco medievale Cola de Rienzi (1313 – 1354), tribuno e studioso italiano.

Citazioni su Cola di Rienzo

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  • Cola di Rienzo, nato nel 1313, divenne sin dalla prima giovinezza un grande ammiratore degli autori classici romani, specialmente di Livio, Sallustio e Valerio Massimo. «Tutta dìe», dice il suo biografo, «se speculava nelli intagli de marmo li quali iaccio [giacciono] intorno a Roma. Non era aitri che esso, che sapesse leiere [leggere] li antiqui pataffii [epitaffi]». (Rodolfo Lanciani)
  • Cola sulle prime non amministrò male. Riordinò il fisco e fece funzionare la giustizia. Anche il principe Pietro Colonna dovette subire un processo e fu gettato in prigione. Ma questi successi ubriacarono il tribuno che cominciò a parlare di sé come del «Redentore del Sacro Impero Romano per volontà di Cristo». Il giorno di ferragosto si fece cingere in Santa Maria Maggiore di sei corone, alzò una palla d'argento come simbolo di potere mondiale, vietò a qualunque esercito straniero di porre piede sul suolo italiano, convocò tutti i sovrani della terra per eleggervi un imperatore, che naturalmente sarebbe stato lui, e cominciò a comportarsi come se lo fosse di già. (Indro Montanelli e Roberto Gervaso)
  • La manifestazione che più di ogni altra mostra il lato istrionico e megalomane di Cola è quella della sua incoronazione tribunizia, avvenuta il 15 agosto 1347 nella chiesa di Santa Maria Maggiore. [...] Dopo l'incoronazione che empie di disagio e di sospetti il vicario papale e i nobili romani ormai convinti della completa inaffidabilità del tribuno, ha luogo un nuovo roboante discorso in cui, privo di freni inibitori, egli si proclamerà simile a Cristo per avere, a trentadue anni, liberato Roma dai nemici. Segue, al termine, un pantagruelico banchetto offerto ai Romani, in San Giovanni. (Ludovico Gatto)
  • La rapida caduta di Cola attesta l'inconsistenza e l'inadeguatezza del suo programma non rispondente alle esigenze della penisola italiana del Trecento e meno che mai alla città di Roma che ha amato il tribuno, pensando di potersi risollevare con il suo intervento, mentre le sue incomprensibili posizioni politiche hanno ulteriormente indebolito e isolato l'Urbe, alla fine del tribunato molto più rissosa e confusa di quanto non fosse nell'anno precedente e oltretutto priva momentaneamente dell'appoggio del papa, pieno di risentimento per i Romani. (Ludovico Gatto)
  • Ne era oratore [di una delegazione inviata ad Avignone presso papa Clemente VI] un oscuro scrivano, tale Nicola di Lorenzo, detto al modo dialettale Cola di Rienzo, che, davanti al papa e al consesso dei cardinali, ripeté anch'egli il fervido appello per il ritorno a Roma e per la concessione del Giubileo, ed in più portò al papa le lamentele del popolo di Roma contro i baroni, «derobbatori de strada», e causa principale per cui la città giaceva desolata. Lo ascoltò il papa con interesse e diletto di conoscitore, perché Cola parlava assai bene, con copia di citazioni classiche e sacre, con mirabile oratoria. Ma nemmeno l'appassionata eloquenza di Cola poté convincere il papa al grande passo [del ritorno alla sede romana]. (Eugenio Dupré Theseider)
  • Solo pochi studiosi sanno che è Cola di Rienzo, il tribuno romano del XIV secolo, il vero fondatore della moderna scuola archeologica, e che a lui deve essere ascritto il merito della rinascita degli studi classici, primato che finora è stato attribuito esclusivamente a Dante Alighieri e Francesco Petrarca. Essi non lo meritano. (Rodolfo Lanciani)

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