Colera

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Manifesto della Prima guerra mondiale

Citazioni sul colera.

Citazioni[modifica]

  • Conflitto relativo alla digestione provocato il più delle volte da cibo contaminato (vibrio colerae); paura che si dimostra con una forte diarrea ("farsela addosso dalla paura", essere un "cacone"); l'impoverimento dell'elemento spirituale (perdita di liquidi dovuta alla diarrea) minaccia la vita (collasso cardiocircolatorio). (Ruediger Dahlke)
  • I sintomi dell'amore sono gli stessi del colera. (Gabriel García Márquez)
  • «Il colèra», disse Luisa, «se avesse giudizio, potrebbe fare bellissime cose; ma non ne ha.» (Antonio Fogazzaro)
  • Innanzi tutto convien ricordare il colera, il quale può riguardarsi come morbo comune allo stomaco ed agl'intestini. Imperocché avvi contemporaneamente scioglimento di ventre e vomito, ed inoltre vi è rigonfiamento per i fiati, e tormini intestinali, la bile esce fuori con impeto dalla parte superiore e dall'inferiore, in sul principio simile all'acqua, indi come se in essa siesi lavata la carne, talvolta è bianca, non di rado nera, o anche di svariato colore. E perciò dalla bile appunto i Greci chiamarono questo morbo coléra. Oltre a' segni de' quali sopra ho discorso, spesso ancora si aggiungono le contrazioni alle gambe o alle braccia, una sete ardente, ed i deliquii: né sorprende se concorrendo questi segni tutti, l'infermo muore in breve tempo. (Aulo Cornelio Celso)
  • La saggezza della gente non innamorata a cui pare che un uomo di spirito dovrebbe essere infelice solo per una persona che lo meriti; pressappoco è come stupirsi che uno si degni di ammalarsi di colera a causa di un essere così piccolo come il bacillo virgola. (Marcel Proust)
  • – L'unico guaio che tu abbia avuto è stato il colera!
    – No mamma, tu confondi il colera con l'amore. (L'amore ai tempi del colera)

Areteo di Cappadocia[modifica]

  • Il colera è malattia acutissima nella quale le materie da tutto il corpo refluiscono nello interno canale della gola, del ventricolo e delle intestina. Quelle che al di sopra sono respinte cioè nel cardias e nella gola, erompono per vomito. Gli altri umori ristagnanti nel ventricolo e nelle intestina, si emettono per da basso. Dapprima le materie vomitate sono simili all'acqua, le deposte per secesso stercoracee, liquide e molto fetide. Perocché una diuturna crudità di tali umori eccitò cosiffatto profluvio; e se per clistere viene dall'ano provocato, prima pituitose, poi biliose sono le deiezioni.
  • [Sul decorso] La voce svanisce: i polsi si fanno minimi e frequentissimi: e [...] gli sforzi di vomito sono perpetui ma infruttuosi. La voglia di evacuare il ventre è vieppiù tormentosa, seguita da tenesmo, e da niuna materia evacuata. Infine s'affaccia la morte piena di dolori, miseranda tra le convulsioni, lo strangolamento, e gl'incessanti e vani conati per vomitare. Cosiffatto malore spesseggia nell'estate, meno frequente in autunno, meno ancora in primavera, rarissimo nell'inverno. Fra le eta le più soggette, sono a designarsi la gioventù, e quella che è congiunta a maggior robustezza. Ne' vecchi assai di rado lo vedrai. I fanciulli lo soffrono più de' vecchi; ma non è in loro pericoloso.
  • Nuoce nel choléra il sopprimere la emetocatarsi. Trattasi di umori crudi, ai quali bisogna sempre lasciare libera l'ultronea espulsione. Che anzi se penino ad escire conviene aiutarli, dando a bere acqua tepida, spesse volte, ma a sorsi, affinché gli sforzi infruttuosi dello stomaco non prendano forma di convulsione.

Giovanni Verga[modifica]

  • Dove avevano saputo far le cose bene era stato a Miraglia, un paesetto mangiato dal colèra e dalla fame, il giorno in cui s'erano viste lì pure certe facce nuove per la via dove da un mese non passava un cane, e la povera gente, senza pane e senza lavoro, aspettava il colèra colle mani in mano.
  • Il colèra mieteva la povera gente colla falce, a Regalbuto, a Leonforte, a San Filippo, a Centuripe, per tutto il contado – e anche dei ricchi: il parroco di Canzirrò, ch'era scappato ai primi casi, e veniva soltanto in paese per dir messa a sole alto, l'aveva pigliato nell'ostia consacrata: a don Pepè, il mercante di bestiame, gliel'aveva dato invece in una presa di tabacco, alla fiera di Muglia, un sensale forestiero – per conchiudere il negozio – diceva lui. Cose da far rizzare i capelli in testa! Avvelenata persino la fontana delle Quattro Vie; bestie e cristiani vi restavano, là!
  • Volevano morir piuttosto di una schioppettata, o d'altra morte che manda Dio. Ma il colèra, no, non lo volevano! Nonostante, lo scomunicato male andavasi avvicinando di giorno in giorno, tale e quale come una creatura col giudizio, che faccia le sue tappe di viaggio, senza badare a guardie e a fucilate.

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