Dino Formaggio

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Dino Formaggio (1914 – 2008), filosofo e critico d'arte italiano.

Il Barocco in Italia[modifica]

Incipit[modifica]

"Barocco" rimane ancor oggi, dopo un'annosissima questione sul modo d'intenderne il significato, un termine sfuggente, un termine da gran disputa.
Sono ormai quasi due secoli che se ne parla; e la questione ha toccato anche punte di oziosissimo discorso, fino ad apparire tutta dilatata e gonfia, inturgidita, contorta e piena di svolazzi, come per l'appunto è il peggior Barocco, anzi il Barocco più falso e più vuoto di significato. Così è avvenuto che la disputa sul Barocco, snervata da eccessi di eleganza e di paradossalità, si dovesse offrire come una costruzione incredibilmente falso-barocca. (I, L'idea di Barocco)

Citazioni[modifica]

  • Sia nel caso del Milizia che nel caso del Croce è l'adesione a una poetica classicista che conduce, più o meno consapevolmente, ad una repugnanza verso l'arte barocca. Si tratta, nell'un caso come nell'altro, di un atto fondamentale di rifiuto che proviene da una "certa ragione", vale a dire una certa concezione della ragione come ordine ideale ed ideale proporzione ed equilibrio di parti distinte; in definitiva, è il rifiuto che l'intellettualismo illuminista oppone all'anarchica contraddittorietà e paradossalità del vivente. (I, L'idea di Barocco, p. 8)
  • Tintoretto, Caravaggio, Rembrandt: dalla crisi del Rinascimento all'età del Barocco, ecco le tre maggiori variazioni e dimostrazioni del nuovo significato assunto dal problema della luce come essenza di artisticità. Si tratta, in tre direzioni diverse, della medesima ricerca di fondo: il tentativo di dar vita, sull'ormai sopravvenuta stanchezza degli schemi classici, ad una nuova arte più viva, più potentemente espressiva, infine più propriamente e liberamente arte. (I, L'idea di Barocco, p. 14)
  • Esso [il Barocco] non è solo un ideale d'arte, ma anche un ideale di vita. Per questo, in esso, la riscoperta funzionalità dell'arte appare così strettamente legata con l'infinita dinamicità e con l'irrazionale contraddittorietà della vita. (I, L'idea di Barocco, p. 18)
  • Quando il Barocco scoppia nella Roma papale del Seicento, tutta l'Italia langue ormai da più di mezzo secolo sotto l'egemonia diretta o indiretta della Spagna e dovrà averne ancora per quasi un altro secolo. Il dominio spagnolo è lugubremente famoso per aver seminato miseria, tristezza, servilismo nelle classi popolari, e gran boria, fastosi e vuoti cerimoniali, ozio tronfio e stupidi duelli, nei ceti nobiliari. (II, L'età del Barocco in Italia, p. 20)
  • L'arte barocca italiana è nata, quasi per un'improvvisa esplosione (come chiaramente han detto da tempo noti storici italiani dell'arte), dalla generazione artistica del 1630: cioè a dire, da un gruppo di audaci e geniali giovani, allora sui trent'anni, che facevan capo a Bernini, a Borromini e a Pietro da Cortona. (III, L'arte del Barocco italiano, p. 30)
  • Sullo sfondo, un non inutile sfondo per comprendere appieno il sorgere del Barocco, il Manierismo: questo movimento così vasto e così prezioso, così difficile ad essere inteso, da dover giungere fino a i sensi ed al pensiero della critica contemporanea per poter trovare una sua prima pienezza di significato. [...]
    Non v'è dubbio che vi è per lo meno tanto stacco tra il Barocco e il Manierismo quanto ve n'è tra il Manierismo e il Rinascimento. Sembran piuttosto, l'uno rispetto all'altro, movimenti di negazione e di contraddizione che non di prosecuzione e di sviluppo. (III, L'arte del Barocco italiano, p. 31)
  • Il Manierismo è stato dunque tante cose insieme. Nella ricchezza e nella novità delle sue manifestazioni, esso contiene potenzialmente non soltanto il Barocco, ma già alcuni elementi del Rococò e del Neoclassicismo. Alcune esigenze fondamentali, di coscienza o di stile, del Barocco, del Rococò e del Neoclassicismo, sono indubbiamente già vive e presenti nel Manierismo. (III, L'arte del Barocco italiano, p. 33)
  • Ai modi a ai moduli spesso stancati del Manierismo reagì pure il vero genio dell'architettura barocca: il ticinese Francesco Borromini.
    Egli non possiede la ricca e duttile versatilità né la mondana capacità di organizzazione e di sintesi culturale del Bernini; tuttavia è in lui una genialità più lineare e profonda, più diretta e radicale, come pure la sua religiosità è meno politica e accomodata al mondo, che non quella del Bernini e di molti suoi altolocati contemporanei, ed è più interiormente ardente e consumata. (III, L'arte del Barocco italiano, p. 39)
  • Architetto e decoratore, come architetto egli [Pietro da Cortona] contrappone alla grandiosa e libera innovazione del Bernini una più modesta e più elaborata misura, in cui il gusto scenografico si compone dentro uno spazio più plasticamente equilibrato, come si vede nelle chiese di San Luca (ultimata nel 1650) e di Santa Maria della Pace (1656-57). (III, L'arte del Barocco italiano, p. 41)
  • Ma è soprattutto come decoratore e come frescante di grandi soffitti – [...] – che egli [Pietro da Cortona] opera profondamente nel gusto dei grandi decoratori barocchi, dando per primo luogo, in quella sua tumultuosa Gloria dei Barberini, di Palazzo Barberini, ad un vasto sfondamento del soffitto verso l'infinità aperta dei cieli. (III, L'arte del Barocco italiano, p. 41)
  • Dopo aver fatto esplodere il Barocco in Roma nella sua giovinezza, il Bernini, insieme al raccoglimento religioso della tarda età, matura anche un più esplicito e pacato ritorno al suo non mai sopito ideale classicistico. (Tav. 23, Gian Lorenzo Bernini, Sant'Andrea al Quirinale. Roma)

Explicit[modifica]

Il potente respiro de Barocco italiano investe ormai in mille modi diversi e diversamente si riflette nelle corti e nelle società borghesi d'Europa; finché l'originario e vigorosamente paradossale suo fuoco logico, così modernamente vivo di controsignificanze, verrà a spegnersi quasi del tutto tra le lievi grazie dorate del Rococò.

Bibliografia[modifica]

  • Dino Formaggio, Il Barocco in Italia, edizione fuori commercio, Arnoldo Mondadori Editore, 1960.

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