Francesco Milizia

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Francesco Milizia

Francesco Milizia (1725 – 1798), teorico dell'architettura, storico dell'arte e critico d'arte italiano.

Dell'arte di vedere nelle belle arti del disegno[modifica]

  • Ma poiché l'architettura è fondata sul necessario segue chiaramente [...]: che tutto il suo bello prenda carattere dalla necessità stessa [...] che gli ornati hanno da derivare dalla natura stessa dell'edificio e risultare dal suo bisogno [...], niente perciò è da vedersi in una fabbrica che non abbia il suo ufficio e che non sia parte integrante della fabbrica stessa. (p. 176)
  • Non si ha mai da far cosa di cui non si possano rendere buone ragioni. (p. 176)
  • Quanto è in rappresentazione deve essere in funzione. (p.176)

Dizionario delle belle arti del disegno[modifica]

Incipit[modifica]

Il germe delle belle arti è nella natura dell'uomo. Tutti abbiamo una necessità indispensabile d'esprimere. di disegnare, e una inclinazione ugualmente d'imitare quel che ci colpisce i sensi.
Le nostre sensazioni, il nostro sentimento, l'amor di conservarci, e di cercar il nostro maggior bene, ci spingono a esprimere, a disegnare, ad imitare.

Citazioni[modifica]

  • Fra le magnificenze più celebri di Roma fu il foro di Traiano con quella superba colonna nel mezzo, con arco trionfale, con odeo[1], con un collegio, colla basilica Ulpia e con una famosa biblioteca. (p. 60)
  • Il più considerabile e il meglio conservato [tra gli archi a tre fornici] è quello di Costantino. Offre un miscuglio ben singolare di due tempi ben lontani l'uno dall'altro, del buono e del cattivo gusto. Per costruirsi quest'arco fu spogliato quello di Traiano che era nel suo gran foro; onde questo monumento, come la Cornacchia della favola, non è bello che per le bellezze altrui. Il bello è tutto di Traiano, il brutto è di Costantino. (p. 54)
  • Barocco è il superlativo del bizzarro, l'eccesso del ridicolo. Il Borromini diede in deliri, ma il Guarino, il Pozzi, il Marchione nella sagrestia di s. Pietro ec. in barocco. (p. 131)
  • Il Borromini portò la bizzarria al più alto grado del delirio. Deformò ogni forma, mutilò frontespizi, rovesciò volute, tagliò angoli, ondulò architravi e cornicioni, e profuse cartocci, lumache, mensole, zigzag, e meschinità d'ogni sorta. L'architettura borrominesca è un'architettura alla rovescia. Non è architettura, è una scarabattoleria d'ebanista fantastico. (p. 164)
  • Il Borromini in architettura, il Bernini in scultura, Pietro da Cortona in pittura, il cavalier Marini in poesia, sono peste del gusto. Peste ch'ha appestato un gran numero di artisti. Non v'è male, da cui non si possa trarre del bene. È bene veder quelle loro opere e abbominarle. Servono per sapere quel che non si deve fare. Vanno riguardate come i delinquenti che soffrono le pene delle loro iniquità per istruzione de' ragionevoli. (pp. 164-165)
  • L'orgoglioso Buonarroti non valutò gli antichi, né fece niente di bello. (p. 178)
  • Il Buonarroti non volle trar profitto da' monumenti di Roma, e stava in Roma, e diede in strambalatezze. Fu il precursore delle follie del Borromini, il quale anche architettò in Roma, o vi disarchitettò. Il Borromini non fu che una conseguenza di Michelangelo. (p. 179)
  • I traviamenti di Michelangelo nell'architettura portano impresso il suo carattere della fierezza. In s. Pietro egli spiegò anche ardire e grandiosità. Il Panteon alzato e sospeso in aria è lo stupore della cupola di s. Pietro. Ma il Panteon in terra è più stupendo, perché stupisce meno. (p. 179)
  • Le sculture di Bernini sono tutte contorte in un fracasso di panni volanti, e a forza di moto non hanno né moto, né vita. (p. 231)
  • [Sulle copie fedeli e facili] Si vuole per certo che Giulio Romano nel veder la copia che Andrea del Sarto avea fatto del ritratto di Leon X[2] disegnato e dipinto da Giulio Romano stesso sotto la direzione di Raffaello, la prendesse per il suo proprio originale. (p. 308)
  • Andrea Vannucci del Sarto fiorentino, [...] fu a Roma e migliorò nell'osservare Raffaello. Il suo colorito è passabile, benché dia nel rosso, e le mezze tinte sieno d'un grigio verdastro o nerastro. Il suo pennello ha del morbido, il disegno è grandioso senza bellezza ideale. È talvolta un po' ammanierato: buoni panneggiamenti, ma composizione fredda e poco legata. (pp. 313-314)
  • [Tintoretto] Fu gran disegnatore e gran colorista. Soleva dire che il colore si vende nelle botteghe, e che il disegno è nella testa degli uomini grandi. Diceva altresì che col bianco e col nero si fa qualunque cosa ben rilevata. (p. 319)
  • [Tintoretto] Fu maravigliosa la sua celerità nel lavorare; e più maravigliosa ancora l'inuguaglianza delle sue produzioni; alcune buone e belle, altre pessime e scorrette in tutte le parti. (p. 319)
  • [Carlo Maratta] Discepolo eterno di Andrea Sacchi studiò per molti anni Raffaello. Fu laboriososissimo fino alla decrepitezza. Con tutto ciò egli non è che un buon pittore, piacevole sì ma non interessa punto né per l'invenzione, né per l'espressione, né per il disegno, né per il colorito, né per l'effetto generale. In veder le cose sue, si resta freddo. Egli fu pittore non per talento, ma per fatica. (p. 350)
  • Andrea Pozzo da Trento, n. nel 1642 m. nel 1709. Pittore e architetto: né l'uno né l'altro. Non fu che Gesuita. (p. 355)
  • [Michele Sanmicheli] Egli fu l'inventore di quella architettura militare, promossa dal Vauban[3], e su questo nuovo metodo costruì in Verona cinque bastioni, fece altre fortificazioni altrove, e specialmente a Zara, a Corfù, a Sebenico, per tutte le isole venete, ora turche, e per altre città di terra ferma. Il mirabile di queste fabbriche è la solidità: e questa spicca soprattutto nella fortezza di Lio alla bocca del porto di Venezia, sito tanto paludoso. (p. 414)
  • [Michele Sanmicheli] Egli intese assai bene l'architettura in tutte le sue parti, e la eseguì con unità, con armonia, con convenienza. Fu troppo amante de' piedestalli. Quanto egli fu eccellente artista, altrettanto fu galantuomo davvero, e perciò stimato da tutti. (p. 414)
  • Andrea Verrocchio scultore e pittore dipinse con durezza, ma con disegno corretto, diede grazia alla testa delle donne, fu il primo a formare in gesso i visi delle persone per far ritratti somiglianti, [...]. (p. 470)

Memorie degli architetti antichi e moderni[modifica]

Tomo I[modifica]

  • Vitruvio loda moltissimo Ermogene per questa invenzione di porticato, e con ragione, poiché si risparmia così la spesa, e la fatica, resta un largo spazio da passeggiare, e l'aspetto resta maestoso, come se i lati fossero con due file di colonne per parte. (p. 15)
  • Ermogene [oltre al pseudodiptero e al porticato] inventò ancora altre cose in Architettura, e ne fece un Trattato, che esisteva fin a tempo d'Augusto, e gli aveva acquistato una riputazione del più celebre Architetto dell'Antichità. (p. 15)
  • [Filone di Atene] Uno de' più celebri Architetti del suo tempo, ebbe l'incombenza da Demetrio di Falero[4] [...] d'ingrandire il Porto, e l'Arsenale del Pireo; e soddisfece al suo impegno con tal riuscita, che nel renderne conto alla pubblica Adunanza descrisse quanto egli aveva operato con tal eloquenza, purità, e precisione, che il Popolo d'Atene, buon giudice in quella materia, lo trovò ugualmente facondo Oratore, e valente Architetto. (p. 49)
  • Dunque io mi arrossisco di quanto io avea papagallescamente esposto sopra il sogno di Polifilo[5] di un certo Fra Francesco Colonna. Egli non è stato né Architetto, né Scrittore d'Architettura. Vi è di suo un libraccio[5], che non è fatto per esser letto, e molto meno studiato. Chi ha perduto il suo tempo a comentarlo, lo fa passare per un Architettone Vitruviano. Dunque rallegriamoci col Tasso, coll'Ariosto, col Ricciardetto, che sono anche essi Architettoni fantasticati: tutto il Parnaso è Architettura. Che superbi edifizj non vi sono! (p. 179)

Tomo II[modifica]

  • Porta del Popolo dalla parte di fuori, che da alcuni vien attribuita a Michelangelo, da altri al Vignola, non è d'una felice Architettura. Piccole sono quelle sue quattro colonne di marmo, e perciò troppo alti son riusciti i piedestalli per scamillos impares, cioè sporti a guisa di scannelli risaltati: mediocre è il vano della porta: le colonne fan poca funzione; e l'attico è troppo alto, avendo più del terzo dell'ordine. I piedritti dell'arcata troppo larghi, l'imposta troppo aggettata, e inutilmente continuata tra le colonne e dietro. Povero è l'archivolto. E perché que' barbacani sotto il cornicione? II finale, che corona l'attico, è a cartocci, magro, e d'una forma trinciata e senza legame. (p. 24)
  • Michelangelo diede il disegno ed il modello di questa doppia cupola di San Pietro, riunendovi la bellezza, la grandezza, e lo straordinario; i tre pregi di tutte le belle Arti. Sisto V, che tendeva alla celebrità, particolarmente con abbellir Roma, diede l'incombenza a Giacomo della Porta primo Architetto, ed a Domenico Fontana di voltar la cupola. In 22 mesi, lavorandovi continuamente 600 persone, e talvolta anche di notte, fu compita l'opera; ed il Mondo non ha finora avuta l'uguale. (p. 100)
  • Questi due Architetti [Giacomo della Porta e Domenico Fontana] accrebbero più sesto di quel ch'era nel disegno di Michelangelo, tanto nello interiore, come nell'esteriore della cupola [di san Pietro], e l'han fatta un tantino più acuta; ma non alteraron già il disegno della lanterna, o sia pergamena. Né serve il dire, che il Bonarroti si era protestato non saperne fare più vaga di quella posta dal Brunelleschi su la cupola di Firenze[6], e che questa lanterna di San Pietro è tanto poco svelta, e d'una proporzione tanto poco adequata, particolarmente per quella corona di candelieri posta sul cornicione, che non si può credere disegno Bonarrotesco. Tale qual è questa lanterna in opera, così esiste nel modello fatto fare da Michelangelo, e che si conserva diligentemente entro la Fabbrica di San Pietro. Il maggior difetto di essa lanterna è in quelle colonne, che posano su la parte più debole della cupola. (p. 100)
  • Lo Scamozzi è stato un eccellente Architetto e di un merito singolare. Le sue opere sono semplici, maestose, e corrette. Fosse stato anche così corretto il suo cuore dal disprezzo, e dall'orgoglio. La vanità fu il suo carattere morale, e la vanità lo portò ad infrascare il suo Trattato Idea dell'Architettura universale di tanta affettata erudizione mal digerita, e mal a proposito disposta. Il sesto libro però, in cui si tratta degli Ordini d'Architettura, è un capo d'opera, e fa ben conoscere, che lo Scamozzi era ben profondo nella sua professione. (p. 109)
  • [...] giunse il Maderno ad essere Architetto di San Pietro, ed Architetto principale, per compire il capo d'opera de' più eccellenti Artisti, che l'Architettura risorta abbia mai vantato. Non restava altro da fare in quell'augusto Tempio se non che terminare la parte anteriore, e farla tal qual era la parte posteriore dalla tribuna alla cattedra, affinché fosse compita la croce greca, com'era stata con sommo giudizio concepita da Bramante, da Peruzzi, da Michelangelo. Restava dunque da far poco. Le tre braccia eran già fatte; non restava da fare che il quarto. Maderno volle far assai, e guastò tutto. Per darle maggior grandezza, come se la grandezza e la bellezza fossero gemelle, da croce greca la ridusse a croce latina, e ne scappò un diluvio di stroppiature. (p. 153)
  • Dall'aver trasmutata la croce greca in latina [nella basilica di San Pietro] n'è nato, che quella superba cupola, che doveva quasi andar a perpendicolo alla facciata, non ha piazza sufficiente (e ne ha una sterminata ) per iscoprirsi tutta. La sua parte più bella, ch'è il tamburo, resta invisibile in una giusta distanza. Questa cupola, che si scuopre maestosa nelle maggiori lontananze di Roma, si entra in Chiesa, e non si vede più; e bisogna camminar un pezzo prima di ritrovarla. (p. 155)
  • La più bella opera del Ponzio è la facciata del Palazzo di Sciarra Colonna. La divisione degli appartamenti proporzionata, le finestre giustamente disposte, gli ornamenti semplici e necessarj; tutto d'una semplicità e maestà, che innamora. Vi si vede la gran maniera corretta, e depurata d'abusi, e l'unità. Senza cornici frammezzo, senza spezzature e risalti, un cornicione in cima. Il solo portone, che il volgo tanto decanta, perché lo crede di un solo pezzo, fa stacco dall'edifizio. Esso portone è del Dorico il più ornato, e discorda sensibilmente dal Palazzo, ch'è semplice. (p. 159)
  • Il delirio maggiore del Borromini è la Chiesa di San Carlino alle Quattro Fontane. Tanti retti, concavi, e convessi, con tante colonne sopra colonne di diversa sagoma, e finestre e nicchie e sculture in sì poca facciatina, son cose che fan pietà. (p. 206)
  • L'Oratorio de' Padri della Chiesa Nuova ha anche la facciata mista d'orbicolato e di retto: qui è tutto sconvolto, e alla rovescia, com'era il cervel del povero Architetto [Borromini], che per far cose nuove impazzì in gocciolatoi ondulanti, i quali in vece di facilitar lo scolo dell'acqua la ritengono; in modanature delicate sotto un grave peso, in modanature di strana e nuova forma, in risaltar il solo architrave del soprornato, in prominenze, in contorsioni, in delirj d'ogni fatta. Ciò nondimeno in questa bizzarría traluce un non so che di armonioso, e di vago, conveniente per altro, come disse il Bernini, piuttosto ad un Casino di Villa che ad un sacro edifizio di Città. (p. 206)
  • La miglior opera del Borromini è la facciata di Sant'Agnese a Piazza Navona. Sopra un'ampia scalinata s'erge un sol ordine Corintio, che in mezzo fa una retta, e di qua e di là due concavi. Sopra è una balaustrata, che lascia campeggiare la cupola, fatta dallo stesso Borromini un po' più acuta del dovere. Da una parte e l'altra sono due campanili abbastanza vaghi. Quel frontone di mezzo è impertinente, e le porte e le finestre non son ornate con grazia. (p. 207)

Incipit di Principj di architettura civile[modifica]

L'Architettura è l'Arte di fabbricare: e prende denominazioni differenti secondo le diversità de' suoi oggetti. Si chiama Architettura Civile, se il suo oggetto si raggira intorno alla costruzione delle fabbriche destinate al comodo, ed ai varj usi degli uomini raccolti in Civil Società. Se lo scopo è di fabbricare nell'acqua, e di renderne per mezzo di macchine l'uso più facile, dicesi allora Architettura Idraulica. Quando il suo oggetto è la costruzione di vascelli, e di altre macchine galleggianti, si chiama Architettura Navale. Finalmente vien detta Architettura Militare, se s'impiega a fortificare i luoghi, per difenderli con solide costruzioni dagli insulti dei nemici, e dagli sforzi degli strumenti marziali.

Note[modifica]

  1. Odéon, edificio dedicato agli esercizi di canto, alle rappresentazioni musicali, ai concorsi di poesia e di musica.
  2. Papa Leone X, nato Giovanni di Lorenzo de' Medici.
  3. Sébastien Le Prestre, marchese di Vauban (1633 – 1707), militare e ingegnere militare francese.
  4. Demetrio Falereo (345 a.C. – 282 a.C. circa), oratore, politico e filosofo greco antico, governò Atene per dieci anni.
  5. a b L'opera allegorica Hypnerotomachia Poliphili.
  6. Santa Maria del Fiore.

Bibliografia[modifica]

Altri progetti[modifica]