Elena del Montenegro
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Elena del Montenegro, nota come Elena di Savoia (1871 – 1952), seconda regina d'Italia.
Citazioni su Elena del Montenegro
[modifica]- All'inizio del governo fascista la Regina fu diffidente e magari ostile. Ho già raccontato in un libro, «Mussolini com'era», l'incidente del Costanzi[1], in una serata di gala in onore dei Sovrani di Spagna, quando proprio la Regina Elena aveva tirato bruscamente per un lembo della mantiglia castigliana l'ospite Alfonso XII perché si era prontamente alzato in piedi alle prime note di «Giovinezza»[2], che non era ancora un inno ufficiale. L'indomani Mussolini era fuori di sé per il gesto notato dai palchi vicini ed aveva concluso con questa frase: «È inutile, questa gente non ci ama». (Cesare Rossi)
- Elena, che da ragazza dipingeva, suonava il violino, componeva poesie come suo padre[3], e amava il tennis e la danza, rinunziò a questi passatempi appena vide che lui [il futuro Vittorio Emanuele III] li detestava, anzi adottò come hobbies quelli di lui: la numismatica e l'archeologia. Per il resto fu soltanto una donna di casa, come lo era stata a Cettigne[4]. Sapendolo insofferente dei camerieri, era lei che lo serviva a tavola, e per farsi i vestiti si prese in casa una sartina. (Indro Montanelli)
- Era una donna robusta che dimostrava le sue origini montanare, sana, attaccatissima ai figli. «Una chioccia» l'ha definita un personaggio di corte parlando con me: nessuno avrebbe osato chiamare così la regina Margherita o Maria José. Parlava italiano con accento straniero che ricordava la sua origine slava. C'era, fra lei e il marito, concordanza di gusti: amavano l'economia, la tavola frugale come quella di una famiglia borghese, la campagna e il mare. (Domenico Bartoli)
- La regina Elena, conservò sempre il suo accento slavo e preferiva parlare francese. Era una donna di gusti semplici, che preferiva vivere in montagna, lontano da Roma – «mia cugina la pastora», la chiamava la duchessa d'Aosta. (Denis Mack Smith)
- Lei aveva ventitré anni, la pelle scura e il corpo colmo di quelle grazie che Goya amava ritrarre, e sebbene avesse imparato a nascondere la propria vitalità dietro quel rigido controllo che viene chiamato «maestà», attraverso i pori della sua pelle filtrava ancora l'aria fresca e vivificante delle sue cupe montagne. Non era proprio bellissima, forse per il suo naso un po' troppo volitivo e una soda floridezza che suscitava immagini di lavori campestri, ma aveva avuto la fortuna di venire affidata, fin dai primi anni di vita, alla tutela di Maria Fedorovna, imperatrice di Russia e moglie dello zar Alessandro III; la zarina aveva compiuto prodigi degni di Pigmalione sulla principessa di origine montanara. (Robert Katz)
Note
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