Giacomo Agostini
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Giacomo Agostini (1942 – vivente), pilota motociclistico e dirigente sportivo italiano.
Citazioni di Giacomo Agostini
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- [Sull'ingaggio da parte della Yamaha] Mi hanno accolto dicendo che avevano programmi meravigliosi per me. Io li ho lasciati parlare, poi gli ho spiegato cosa si attende la gente da Agostini. Io debbo battere i più forti che siano in gara.[1]
- Se vuoi un giudizio su Read è presto fatto: sarebbe più facile essergli amici che a cucirgli la lingua; è una tale peste che credo riuscirebbe a essere caustico anche solo con gli occhi. Sul pilota Read me ne hanno fatte dire tante...[2]
- [Sugli scontri nelle gare motociclistiche] Se squalifichiamo ogni volta, allora non corriamo più, lasciamoli a casa tutti allora. Non riesci a calcolare benissimo il sorpasso, è difficile.[3]
- Mi piace pensare d'essere stato "il campione della gente". L'esempio che faccio è quello dei minatori belgi, che il giorno dopo una mia vittoria a Spa portavano il tricolore giù in miniera.[4]
- [Su Phil Read] Che pilota era? Sono sincero, non si faceva amare, era disposto a tutto, una volta mi ha spinto fuori pista di proposito, voleva vincere anche quando non era fattibile. Mai ci siamo tolti il saluto, però. Nonostante l'astio che si era creato anche nel team MV, ci rispettavamo a vicenda.[5]
- [Sul circuito del Mountain] [...] è una pista meravigliosa. Ti dà delle gioie che altre piste non te le danno, però purtroppo non devi pensare al pericolo.[6]
- Io non ho mai voluto nessuno ai box, né fidanzate, né parenti, perché vederli con la faccia triste prima della partenza non mi rendeva cattivo [...][6]
- Volevo fare un museo con i miei trofei a Bergamo, poi ho deciso di fare una sala trofei a casa perché se avessi fatto un museo non sarebbe stato più mio. Li ho tenuti tutti a casa, così quando sono triste vado lì e li guardo. Vedere le mie moto, le mie tute, i miei caschi e le mie medaglie per me è una gioia.[7]
- [«Ago lasciò la MV a fine 1973. [...] fu un cambio epocale»] Sì, ma cambiavo dalla MV alla Yamaha, che è la seconda casa più grande al mondo, poi la MV aveva finito il suo ciclo alla fine del 1973. Erano arrivati i motori a due tempi. Pensa che anche i miei meccanici mi dissero di cambiare. Me lo dissero loro, Mazza, Castelli, Carrano. Giacomo, lo facciamo con grande dispiacere, ma per te è meglio cambiare. Ti vogliamo vedere vincere ancora.[8]
- Hailwood correva con la Honda, e poi in Germania saliva su una MZ due tempi e vinceva. Se sei forte, se sei nato per andare in moto, la moto è quella. Certo ti devi adattare, ma come passi dal pilotare un Citation od un Lear Jet: devi imparare dove sono i pulsanti. Hai bisogno di qualche ora per capire dove sono i bottoni.[8]
Intervista di Giorgio Viglino, La Stampa, 23 maggio 1973, p. 17.
- [Sull'incidente al Gran Premio motociclistico delle Nazioni 1973 in cui persero la vita Pasolini e Saarinen] Cosa sono io? Un mostro diverso dagli altri? Di solito riesco a tenere per me le emozioni, ma oltre un certo limite non si va.
- [Sull'intervento alla Domenica Sportiva in difesa dell'organizzazione dei Gran Premi] Quando si è trattato di parlare, mi hanno reso le cose il più difficile possibile, e io, d'altro canto mangio, d'accordo non solo pane ma anche caviale, mangio con le corse, e non posso affossarle di colpo.
- Agostini è uno schermo che fa comodo a molti, arrivo a dire a tutti.
- No, nessuno creda di fare di Agostini il campione disumano, la macchina senza cervello. Ho sofferto domenica [al Gran Premio delle Nazioni, con le morti di Pasolini e Saarinen] come ho sofferto tante altre volte. Non ho paura per me, ma ogni volta che accade agli altri sento un vento gelido anch'io.
- Un soldato finché ha la divisa, deve combattere, non comanda lui. Certo, può smettere la divisa, però lo chiamano disertore.
Intervista di insella.it, 25 novembre 2015.
- Noi vogliamo vedere la bagarre, e la bagarre è quella che "io ti passo, tu mi passi, io ti passo, ci spingiamo, ci tocchiamo".
- Tutti vanno al limite in qualsiasi sport quando si lotta per la vittoria, altrimenti non si riuscirà mai a ottenere il successo.
- Vedo tanta gente che mi ammira, che capisce anche quel che ho fatto ai miei tempi, quando c'era tanto rischio in pista e a volte si moriva. Purtroppo non sempre lo facevo volentieri, non andavo al Tourist Trophy volentieri per morire, però ero obbligato. Dovevo andare, era la gara del campionato del mondo, non potevi mancare.
- Per essere un professionista devi usare tanta testa e capire che non viene tutto gratis, bisogna essere umili.
Intervista di Moreno Pisto, moto.it, 22 giugno 2018.
- [...] tutti abbiamo vinto delle gare difficili, in molti abbiamo vinto un campionato del mondo, ma la difficoltà è restare, ripetersi, mantenersi.
- Se qualcosa non ti ossessiona, trova un'altra ossessione. Perché il talento non basta, poi ti devi dedicare, lo devi coltivare questo dono, devi stargli dietro, devi prepararti, devi allenarti [...]
- [Sulla Trento-Bondone] Ho comprato una moto, ho preso un meccanico che poi era il panettiere del paese e ci sono andato. [«18 luglio 1961»] Sì, su quarantatré piloti arrivo secondo [...] con una moto privata che avevo appena comperato, che non aveva i freni Oldani, che aveva ancora il bauletto dei ferri. Quando ho vinto quella gara mi son detto: "Ehi, probabilmente so andare in moto".
- [«Che rapporto avevi con tuo padre?»] Un buon rapporto, ma lui non voleva che corressi in moto, e infatti io ho avuto un sacco di difficoltà per avere il permesso. Lui diceva sempre che non avrebbe firmato la morte di suo figlio. Ma poi un suo amico, un notaio, lo ha convinto. Solo che il notaio aveva capito che volessi correre in bici, non in moto. Si vede che era destino... Comunque adesso, pensandoci, mio padre aveva ragione. Ai miei tempi si moriva ogni domenica. D'altronde se volevi correre in moto era cosi. Diversamente non si poteva.
- Correre in moto era la cosa che desideravo più di tutte, quindi non c'era paragone tra i sacrifici che dovevo fare per vincere e la gioia che provavo vincendo. La gioia era immensamente maggiore. Pensa che io, mentre tutti i miei amici partivano per la vacanza, un'estate sono andato da solo all'Isola di Man in macchina per imparare ancora meglio il circuito del TT. Lì ho affittato una moto e tutti i giorni per quindici giorni mi alzavo al mattino, guidavo, mi fermavo a mangiare, il pomeriggio giravo ancora e poi andavo a letto. Lì pioveva, la sera c'era la nebbia. Mi veniva una tristezza, un magone...
- [...] il Tourist Trophy è una gara di 360 km [...] in mezzo a case, muri, piante. Un giro erano 60 km, tu immagina quanto serviva per impararlo, un giro di 60 km. Il TT era una gara durissima, toglievi i guanti e ti uscivano i pezzi di carne dalle mani, il sangue, era bestiale.
- [Sul Tourist Trophy] Avevamo le tute nere con le spalle bianche perché tutti [...] sfioravamo i muretti bianchi delle case a 250 km/h.
- [«Tu sei l'unico italiano ad aver vinto la duecento miglia di Daytona»] Quell'anno dovevo dimostrare che riuscivo a vincere anche se non guidavo la MV e per quella gara mi ero preparato abbastanza ma non a sufficienza perché non avevo pensato al caldo che c'era. Quando sono arrivato la General Motors mi ha dato una macchina, una Chevrolet bianca con su scritto: "Agostini 13 volte campione del mondo". Kenny Roberts quando l'ha vista ha rilasciato un'intervista dicendo che il vero campione del mondo era lui perché "L'America era il mondo". In prova ero quinto, ma pronti via, alla partenza, dopo il primo giro ero già primo. Alla fine della gara non ce la facevo più, ero disidratato, mi stavo quasi fermando, poi ho pensato a Kenny Roberts, agli amici che erano venuti dall'Italia, dall'Olanda, dal Belgio, dall'Inghilterra, è stata l'unica volta che Daytona si è riempita per le due ruote, l'unica volta. [...] E lì probabilmente è arrivata quella cattiveria, quell'orgoglio, ho superato questo attimo e son arrivato fino in fondo. Ero così stremato che andavo a cercare il sudore sulle labbra e lo leccavo per bere qualcosa. Alla fine non stavo più in piedi, mi hanno dovuto fare una flebo. Dopo, mentre stavo andando sul podio, ho incontrato Kenny Roberts e gli ho detto: "Kenny I'm sorry, forse adesso hai capito chi è il campione del mondo".
- [...] non sapevo come chiamare la mia prima figlia. Nico Cereghini mi disse: "Con tutto quello che hai vinto, chiamala Vittoria". E così ho fatto. Quando stava arrivando il secondo ho chiesto sempre consiglio a Nico, e lui, scherzando, mi fa: "Adesso chiamalo Presuntuoso". Be' l'ho chiamato come me, alla fine gli ho dato retta lo stesso!
- A me perdere costava molto, perché bastava che arrivassi secondo e dicevano: "Agostini è finito". Quindi mi toccavano l'orgoglio, capito? Ora quella cattiveria lì, quella fame, la rivedo in Marquez. Lui i suoi avversari non li vuole battere, li vuole umiliare.
Intervista di Gianfranco Gramola, intervisteromane.net, 11 ottobre 2021.
- [«L'ambiente delle moto era come te lo immaginavi?»] Non lo immaginavo e non ci pensavo nemmeno. Io pensavo alle gare, vedevo la pista e la gente intorno ed ero molto innamorato della moto quindi pensavo solo a correre. Quindi dell'ambiente non è che mi importasse più di tanto.
- [«Nei box si facevano dispetti?»] Una volta si facevano dei dispetti, ora è tutto sotto controllo. Si ritoccava il carburatore e ricordo che c'era gente che addirittura toglieva il carburatore e lo portava in camera la sera, per paura che lo manomettessero [risata, ndr].
- [«Ai tuoi tempi c'erano le belle ragazze con l'ombrellino?»] No, le avevamo dopo [risata, ndr], che forse era meglio.
- [«È vero che all'interno del tuo casco avevi la medaglietta della Madonna di Lourdes?»] Si, è vero. L'aveva messa lì mia mamma e io questa cosa non la sapevo neanche. L'aveva messa come protezione, perché lei era una donna di chiesa e aveva pensato a questo per proteggere suo figlio.
- Farsi male fa parte dei rischi di questo mestiere, perché in moto il rischio zero non esiste. Se non rischi fai un altro mestiere, fai l'impiegato di banca o vai a lavorare in farmacia.
- [«Nelle corse eri più metodico, spericolato o impulsivo?»] Ero molto metodico. Inoltre dopo ogni gara disegnavo su un taccuino i vari tracciati, le curve, dove staccare, le marce e tutte le modifiche da effettuare sulla mia moto.
Intervista di Luca Delli Carri, motociclismo.it, 18 agosto 2022.
- [«Qual è stato il segreto del successo della tua vita?»] Innanzi tutto il dono di natura, perché è la base per riuscire. Poi capire che il dono di natura da solo non basta, deve essere aiutato. Io ero un professionista, volevo la moto perfetta ma ero perfetto anche io, come cura del fisico, come nutrizione, come concentrazione. Io sono stato sempre molto pignolo, sono stato attento a tutto, non ho lasciato niente al caso. Volevo sapere sempre tutto. All'inizio i meccanici pensavano che il ragazzino volesse comandare, poi hanno capito che non era comandare, ma volere collaborare, perché quattro occhi sono meglio di due nell'individuare i problemi e trovare le soluzioni.
- [«Come hai fatto a rimanere sempre attuale, a non passare mai di moda? Prima come campione, poi come manager e infine come gloria dello sport?»] Perché ho dato tanto, al pubblico, ai miei tifosi. Io non mi sono mai tirato indietro per un autografo, come ho visto fare ad altri. Io anche se sono stanco, il sorriso lo regalo sempre, pure oggi. Nella vita bisogna dare per avere. Quando incontro gli appassionati, mi ringraziano ancora per le gioie che gli ho dato.
- [...] nella vita vorresti avere sempre qualcosa di più, ma io ho avuto tutto, forse più di quello che sognavo. Non sarei onesto, prima di tutto con me stesso, nel dire che avrei voluto di più. Ho avuto salute, successo, felicità, una famiglia. Devo ringraziare molte persone e ammettere di essere stato fortunato.
- Dire che esiste la fortuna è la forza che ti fa andare avanti, perché ti convince che a te non succederà mai niente. Io ho corso tanto al Tourist Trophy e sono caduto solo una volta, ma in una curva dove non potevi farti male. Perché sono caduto lì e non in un altro punto? Effettivamente, però, c'è qualcosa che va oltre questo discorso. Io sono stato sempre molto meticoloso. Al TT di notte giravo con la macchina per vedere gli avvallamenti della strada, che con i fari vedevo bene, mentre gli altri erano al bar a bere qualcosa e raccontarsela con gli amici. Io abitavo in un paese dove c'era un ponte. Mio padre mi raccontava la storia di uno spiritoso che tutte le sere lo attraversava camminando sul parapetto, una sera è caduto e ha detto: sono stato sfortunato. No, diceva mio padre: se avesse camminato sul ponte non sarebbe caduto nel fiume.
- [«Più passano gli anni e più il tuo record dei 15 titoli pare al sicuro [...]»] Io dico sempre che i record sono fatti per essere battuti. [...] Detto questo, se mi chiedi se sono contento che qualcuno possa battere il mio record, la risposta è no. Sarei bugiardo a dire il contrario. Ma se qualcuno ci riuscisse, la sera sarei a cena a festeggiare con lui.
- [...] un campione è costanza, non può lottare per la vittoria e il Gran Premio successivo arrivare ottavo. Il campione deve vincere tutte le domeniche.
Citazioni non datate
[modifica]- [Su Mike Hailwood] Di solito, tra colleghi non c'è mai un grande amore e nemmeno con lui c'era. Però, c'era un grande rispetto e io avevo riconosciuto che lui era uno grande, uno che in moto ci sapeva fare. Quando penso a lui mi viene in mente tanto affetto e tanta simpatia, più che per gli altri, perché è stato il mio primo grande avversario, perché all'inizio della mia carriera quello da battere era lui, cosa per altro molto difficile... è stato il mio primo incontro con un grande: ecco cosa penso quando mi viene in mente Mike![9]
- Il Tourist Trophy è una corsa particolare [...] non è facile da imparare. Sessantaquattro chilometri: ci volevano anni per imparare a girare lì; [...] in un circuito come quello è più importante la conoscenza dell'irruenza. Guarda anche adesso: vince gente di una certa età, non vince il ragazzino spericolato di vent'anni...[9]
- Nel 1967, al TT dell'isola di Man, fummo protagonisti io ed Hailwood di un duello strepitoso. Vincere a casa di Mike, perchè il TT era casa di Mike, era un qualcosa di impensabile. Arrivai all'ultimo giro, alla montagna, la parte finale del circuito, con 8 secondi di vantaggio su Mike, che aveva perso tempo in un rifornimento poco fortunato. Pensavo dentro di me "è fatta", ma poco dopo la catena della mia moto si ruppe e Mike vinse quell'edizione del TT. Ero a pezzi psicologicamente, avevo lottato tra muretti e pali della luce a 250km/h contro l'avversario più duro della mia intera carriera per 2 ore di fila e mi dovetti ritirare per la rottura della catena. Lui salì sul podio, ma era giù di morale. Scese e mi disse: "andiamo a festeggiare insieme, perchè il vero vincitore oggi sei tu".[10]
Citazioni su Giacomo Agostini
[modifica]- Il più grande in assoluto nel numero delle vittorie e certamente è stato il primo professionista della moto. Lui si è inventato il mestiere del pilota moderno: preparato, meticoloso, concentrato, durevole. Prima di Ago erano tutti meravigliosi dilettanti. [...] Era molto veloce, però non era acceso dal sacro fuoco dei motori. Era piuttosto appassionato di successi, di donne e di denaro. Mica poco, mica stupido, non dico di no, dico solo che Ago non dava la sensazione di mettere i motori davanti a tutto. (Nico Cereghini)
- [L']ho rivalutato con gli anni perché da giovane la tua valutazione non poteva essere obiettiva perché c'era la rabbia che offuscava le considerazioni: tu non avevi nulla e lui aveva tutto. Con gli anni poi comprendi che bisogna riconoscere ad Agostini di aver inventato il pilota moderno, fu il primo ad avere uno sponsor e una professionalità rara per i tempi, non è stato una meteora ma è sempre stato lì ai vertici, a rischiare la vita, per anni. (Marco Lucchinelli)
Note
[modifica]- ↑ Dall'intervista di Giorgio Viglino, Il padrone della Yamaha, La Stampa, 19 febbraio 1975, p. 13.
- ↑ Dall'intervista di Bruno De Prato, «Welcome Johnny!», Guerin Sportivo nº 37, 10-16 settembre 1975, pp. 61-62.
- ↑ Da un'intervista a Radio 24; citato in Agostini dà torto a Rossi: "Marquez non punta alle gambe", motociclismo.it, 9 aprile 2018.
- ↑ Da un'intervista a La Gazzetta dello Sport; citato in Francesco Friggi, Giacomo Agostini compie 80 anni: "Ero il campione della gente, non ho sogni da realizzare", eurosport.it, 16 giugno 2022.
- ↑ Citato in Nico Cereghini, È morto Phil Read, il grande campione britannico, moto.it, 6 ottobre 2022.
- ↑ a b Dall'intervista di Federico Aliverti a Motociclismo; citato in MotoGP, Agostini e Bagnaia: due mondi, un risultato, gpone.com, 31 dicembre 2022.
- ↑ Dall'intervento ai Caschi d'Oro 2022, 31 gennaio 2023; citato in Stefano Ollanu, Agostini: "Felice che Bagnaia abbia scelto il numero 1", formulapassion.it, 1º febbraio 2023.
- ↑ a b Dall'intervista di Paolo Scalera, MotoGP, Agostini: "Marquez che lascia la Honda è incredibile, capirei se andasse in KTM", gpone.com, 4 ottobre 2023.
- ↑ a b Citato in Andrea Tessieri, Mike the Bike: le eroiche gesta di Mike Hailwood, cuoredesmo.com, 10 marzo 2020.
- ↑ Citato in Agostini Vs. Hailwood al TT 1967: una delle gare più belle della storia, omnimoto.it, 9 ottobre 2016.
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