Nico Cereghini
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Enrico Cereghini, detto Nico (1948 – vivente), giornalista e pilota motociclistico italiano.
Citazioni di Nico Cereghini
[modifica]- Casco in testa ben allacciato, luci accese anche di giorno, e prudenza. Sempre![1]
- [«[...] cosa manca alla narrazione di oggi rispetto ai tempi in cui tu raccontavi le corse?»] È cambiata la tecnica ed è cambiato il linguaggio, le immagini erano meno ricche e la voce era centrale, senza necessità di alzare i toni in maniera particolare. Oggi invece funziona una cosa diversa ed è così in tutti i settori, dai titoli di giornale fino alle telecronache... se non strilli non ti sentono. Probabilmente è inevitabile che sia così, eppure secondo me al tempo era più facile. Io ho sempre pensato che la radio fosse più affascinante della televisione, penso ad esempio alla Parigi-Dakar: quando c'era solo la voce, senza immagini, era più facile sognare. Con le immagini si è capita di più la difficoltà, a volte il dramma e la fatica, però tutto questo ha un po' svilito la cosa. [«Che intendi?»] Penso a Franco Picco ad esempio, quando correva la Dakar. Ricordo che era secondo in gara quando si prese una botta terribile al ginocchio e fu costretto al ritiro. Lo sponsor – che era suo, ma anche nostro – pretendeva che facesse una diretta nella stanza d'albergo, pieno di polvere, afflitto e distrutto ma col cappellino lindo della Chersterfield. Queste cose in televisione succedono e sono brutte, distruggono un po' il fascino che c'è in una corsa. Alla fine, quando Poltronieri faceva le telecronache negli anni Sessanta, c'erano due telecamere [...], il resto te lo immaginavi. Era ancora più carico di pathos, perché quando li vedevi passare e pensavi a chissà che cavolo sarebbe successo passata la telecamera. Poi è chiaro che la direzione è giusta e inevitabile, ma un po' di magia se n'è andata e non tornerà più.[2]
- [Su Massimo Tamburini] [La] figura più amata e rappresentativa della moto Made in Italy [...][3]
Intervista di Emanuele Pieroni, mowmag.com, 15 marzo 2021.
- Avevo più o meno nove anni quando Guzzi si ritirò dalle corse nel 1957 e si chiuse, quindi, la prima parte di quella grande storia che aveva contato anche le vittorie al Tourist Trophy come prima moto non inglese a trionfare sul Mountain. Una storia che era stata anche capacità di scrivere il futuro delle due ruote anche dal punto di vista dell'innovazione tecnologica. Vincevano nelle corse e, contestualmente, facevano moto per tutti che hanno accompagnato un Paese sia durante gli anni bui della guerra, sia in quelli di rinascita del Dopoguerra. [...] Poi, dopo un periodo difficile, l'aquila è tornata a volare. Moto bellissime, con la particolarità straordinaria di richiamarsi ai nomi degli uccelli. La Lodola, il Cardellino, Lo Stornello, il Falcone, bellissimi. Dai rapaci a quelli più piccoli e innocui, una grande idea di libertà, tipica delle moto, che attraverso quei nomi riusciva anche a sostanziarsi. [...] Erano bellissime, e diverse profondamente tra di loro. C'era la moto per andare a lavorare e quella che invece trionfava nelle corse. Il Falcone della Polizia dava l'idea di essere qualcosa di indistruttibile. Moto Guzzi è stata, in qualche modo, simbolo di un Paese, conservando sempre una particolarità rara: mantenere una sorta di taglio artigianale nonostante la capacità di essere pionieri nell'innovazione e nei progressi tecnologici.
- [...] quando si dice Moto Guzzi si pensa ad un luogo preciso, a Mandello e a quei monti che, pur non avendo le caratteristiche di aree più industrializzate, hanno saputo generare futuro e liberare opportunità.
- [Sulla Moto Guzzi V7 Sport] Quando le moto grosse stavano diventando un mercato importante, la Guzzi era partita con il piede sbagliato, poi ha recuperato tirando fuori questa moto che era straordinaria, soprattutto per quanto riguarda la ciclistica.
Moto.it
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Sentite, le 500 erano spettacolari ed aggressive, in quel periodo erano anche vicine tra loro nelle prestazioni. Però erano difficilissime da guidare e certamente molto pericolose. Schwantz ha chiuso la carriera in anticipo per le troppe fratture, Doohan ha rischiato di perdere una gamba e purtroppo Rainey è sulla sedia a rotelle. Gli high side erano brutali e terribili, non sapevi se il pilota si sarebbe rialzato oppure no. Questa è la verità. Oggi non tutto è bello e perfetto. E l'elettronica ha invaso anche troppo il terreno dove si esprime il talento del pilota. Però è dieci volte meglio di allora. Questa almeno è la mia opinione.[4]
- Claudio Castiglioni era un artista, uno che riusciva a vedere come sarebbe stata la "sua" moto prima ancora di iniziare il lavoro con i progettisti. Una specie di Michelangelo Buonarroti, che dicono fosse capace di vedere la sua opera finita ancor prima di toccare con lo scalpello il blocco del marmo bianco di Carrara. Travolgente Claudio, esuberante, qualche volta anche sopra le righe ma sempre generoso, sincero, contagioso nel suo naturale ottimismo. Uno di quelli che "se una cosa la vuoi veramente allora puoi ottenerla". Le moto più belle, quelle che fanno ancora venire i brividi a molti di noi, sono quelle che ha fatto lui [...]. Moto perfette, che parlano direttamente al cuore dei motociclisti.[5]
- [Sul Gran Premio motociclistico di Gran Bretagna 1979] Mi spinsi fin lassù con il camper e un paio di amici, apposta per vedere l'annunciato e storico trionfo della Honda; invece assistetti allo storico tonfo. Era il 1979, Roberts vinse la volata con Sheene, e la favolosa Honda NR 500 non finì nemmeno il primo giro. Dopo il ritiro alla fine del '67 – tutte le classi dominate, tranne la 500 per un pelo, in sette favolose stagioni – la Honda era sparita. In tutti gli anni Settanta non trovi una Honda nei libri FIM del mondiale velocità, ogni energia era concentrata sulla crescente e sempre più valida produzione stradale. Per il ritorno ai GP si decise di investire una cifra mai vista prima. Si parlò di dieci miliardi di lire dell'epoca, per una quattro cilindri che funzionava come un otto. Dal '75 erano le due tempi a dominare la scena, in 500 Suzuki e Yamaha. Honda volle umiliare la concorrenza: un centinaio di ingegneri coinvolti nel progetto, fedeltà assoluta al quattro tempi, mezzi e tecnologia senza uguali, telaio monoscocca in lamiera sottile e soprattutto un motore pazzesco che girava, si disse, fino a 22.000 giri. Con i pistoni ovali, due bielle, due candele, otto valvole e due carburatori per ogni cilindro. Il regolamento limitava a quattro i cilindri, HRC trovò una soluzione che pareva vincente. Piloti: Takazumi Katayama e Mick Grant. L'esordio venerdì 10 agosto, appunto, a Silverstone. In prova, Katayama è tra gli ultimi e Grant fuori dai tempi di qualificazione. Poi domenica 12, i primi sette piloti esclusi rinunciano gentilmente a partire per motivi vari, chi il mal di gola chi la moto rotta, e l'inglese è ammesso all'ultima casella. Partenza a spinta sotto un bel sole caldo: sfiga, un motore così non è facile da avviare a spinta, e i due hondisti partono in grave ritardo sul gruppo. In tribuna, alla Stowe, noi non vedremo passare nemmeno una Honda. Grant è caduto alla prima curva, dicono per un fotografo che ha attraversato la pista convinto che non ci fosse più nessuno da aspettare; Katayama è andato a fuoco la curva dopo. Un naufragio mai visto, sui giornali si fece il paragone con il Titanic. [...] Oggi si fatica a capire come la dominatrice Honda [...] possa aver fatto una figura del genere.[6]
- A Barcellona c'era una prova del campionato mondiale anche negli anni Settanta, fino al '76 per essere precisi; ma non esisteva un autodromo, si girava nelle stradine del parco del Montjuich, [...] una delle principali attrattive turistiche della città catalana, su una "pista" di quasi quattro chilometri. Era bello e caliente correre da quelle parti, ma del tutto folle. Immaginatevi saliscendi, tre tornanti tipo strada di montagna e un paio di curvoni veloci tra gli alberi e i palazzi storici. Una specie di piccolo TT. [...] Il Gran Premio al Montjuich fu abolito per l'eccessiva pericolosità, le 500 e i sidecar già da anni non ci correvano, e tristemente famosa è rimasta l'edizione del 1974: il giapponese Takazumi Katayama, a metà gara della 250, investì un pompiere che tentava di attraversare la strada per rimuovere i detriti di una caduta precedente. Con gli spazi così ridotti, le ambulanze non potevano raggiungere il luogo dell'incidente senza occupare la pista e creare maggiori pericoli, e così il pilota e il pompiere rimasero venti minuti senza assistenza medica. Quando la gara fu finalmente interrotta, per l'investito era già tardi mentre il pilota giapponese sopravvisse per miracolo, con gravissime fatture.[7]
- Silverstone è un pezzo di storia [...] proprio a Silverstone si svolse la prima gara mondiale della F1, maggio 1950. Ripetutamente modificata [...] È una pista velocissima, una delle più veloci del mondiale [...] Le curve dai nomi leggendari – Copse, Stowe, Brooklands – sono state rallentate nel tempo, non sono esattamente quelle degli anni ruggenti, ma la storia è lì, su quell'altopiano spazzato dai venti dove si passa rapidamente dal sole alla pioggia. [...] Questa è una pista che piace a tutti i piloti e che si presta alle battaglie furibonde.[8]
- [...] nasce la 750 SS del 1973 che è la prima vera supersportiva della Ducati. Ed è con una evoluzione di questo modello, portato a 900 e preparato dalla NCR di Bologna, che il mitico Mike Hailwood, da sempre affezionato alla Ducati, trionfa nella F1 al TT del 1978. La 900 SS, l'isola di Man, il nove volte iridato già trentottenne e che aveva lasciato il motomondiale dieci anni prima: una delle più belle imprese del motociclismo.[9]
- [Sulla Ducati 999] Discussa dal pubblico, ma vincente nel mondiale prima con Hodgson e poi anche con Toseland, e di nuovo, a fine carriera, con Bayliss. Veloce e vincente anche nelle mani di Haga e McCoy, che corrono da privati ma con moto altrettanto efficaci.[9]
- Era la stagione 1993, Cadalora aveva appena conquistato due titoli mondiali in dueemmezzo con la Honda di Kanemoto e passava in 500 nel team Roberts, sulle Yamaha ufficiali di fianco a Rainey. Luca scoprì immediatamente che la YZR, perfetta per lo stile di guida di Wayne, per lui era semplicemente inguidabile. Allora un pilota dei nostri non poteva nemmeno concepire che una moto si potesse guidare con la derapata del posteriore: per noi della scuola europea era la ruota davanti, erano la precisione e il feeling con l'anteriore che contavano. Luca chiese delle modifiche alla geometria della moto, Kenny Roberts gli rispose "non se ne parla", quella moto vinceva il titolo dal 1990 e non si sarebbe toccata. [...] Cadalora aveva trent'anni, tre titoli in tasca, esperienza, grande passione per la tecnica e molta ambizione. Fu dura per lui prendere paga in 500 e non potersi difendere. Fino a che, a metà stagione, ebbe l'occasione di confrontarsi con Warren Willing, ingegnere australiano ed ex pilota che in quel 1993 guidava per Kenny il team sviluppo. Warren [...] trovò intelligenti le osservazioni di Luca e disse a Roberts che valeva la pena di provarci e lavorare sulla 500. In pochi GP tutto cambiò: Cadalora vinse a Donington, poi a Misano, e si prese altri due podi in quel finale di stagione.[10]
2009
[modifica]moto.it, 9 dicembre 2009.
- [Su Mike Hailwood] [...] ha fatto delle cose talmente belle che per me rappresenta la passione allo stato puro per tutto ciò che ha un motore: le cose gli venivano bene, anche in F1 era fortissimo e in F2 ha vinto il titolo europeo, poi è tornato sulla moto, la Ducati, e ha vinto al TT quando aveva 38 anni. Per pura passione.
- [Su Giacomo Agostini] [...] il più grande in assoluto nel numero delle vittorie e certamente è stato il primo professionista della moto. Lui si è inventato il mestiere del pilota moderno: preparato, meticoloso, concentrato, durevole. Prima di Ago erano tutti meravigliosi dilettanti. [...] Era molto veloce, però non era acceso dal sacro fuoco dei motori. Era piuttosto appassionato di successi, di donne e di denaro. Mica poco, mica stupido, non dico di no, dico solo che Ago non dava la sensazione di mettere i motori davanti a tutto.
- [Su Max Biaggi] [...] è stato un fuoriclasse della 250, guida pulitissima e intelligente, ma a me sembrava più attratto dal diventare famoso. A 17 anni sognava di fare il calciatore, mica il pilota.
2010
[modifica]moto.it, 13 gennaio 2010.
- [Sulla Kawasaki GPZ 900R] È la prima supersportiva completa della storia (quattro cilindri, 115 cavalli, 245 all'ora), fu anche la prima giapponese veramente a posto nella ciclistica, e quando ci misi il sedere sopra, nella presentazione internazionale a Laguna Seca, mi parve addirittura perfetta. Sulle nostre strade era magnifica.
- [Sulla Honda VFR 750F] Il suo motore V4, con la distribuzione a cascata di ingranaggi, resta per me una meraviglia della tecnica e un riferimento assoluto per la qualità della erogazione. E per il sound. Era una moto completa, ottima per il turismo ma anche nella guida sportiva. Per me, la miglior Honda di sempre.
- [Sulla Ducati 1198] [...] un simbolo della nostra creatività, una meraviglia che [...] mi ha impressionato su strada e anche in circuito. [...] E la 1198 (magari la S) supera, almeno nel mio personale giudizio, tutti i "pomponi" bicilindrici che l'hanno preceduta.
- [Sulla BMW R1100 GS] [...] subito mi sembrò bruttina e invece oggi è bella ed era uno spettacolo da guidare su tutte le strade.
- [Sulla Yamaha YZF-R1] La prima edizione [...] mi eccitò per la sua tremenda esuberanza, una bomba da guidare; quella del 2009 invece per la sua assoluta originalità tecnica: la prima supersportiva di serie con gli scoppi irregolari come sulle MotoGP.
2013
[modifica]- Le moto di una volta avevano tutto in vista. Motore, telaio, ammortizzatori, fanale, parafanghi. Mica erano tutte belle, c'erano naturalmente anche le brutte. Quando ti capitava sotto gli occhi quella giusta, allora restavi a bocca aperta sul dettaglio spettacolare – che fosse la forma del serbatoio o la potenza della testata o la purezza della linea del carter – e lo trovavi ben inserito nell'equilibrio generale. Noi, che siamo quelli oltre i cinquanta, così abbiamo formato il nostro gusto: sull'armonia di elementi nettamente separati e molto diversi tra loro. Oggi tutto è cambiato [...][11]
- Una volta ho giudicato inguardabile la BMW K1 e addio, non potevo immaginare che persino quell'esercizio stilistico molto tedesco, che a Milano chiamavamo il "suppostone", avesse in realtà diversi estimatori. Certo era di importanza storica, era la prima BMW con le 16 valvole, con l'elettronica delle auto e l'ABS; ma quando apparve a Colonia nell'88, e la casa parlò di design rivoluzionario, io fui tra gli increduli. Ho saputo addirittura che qualcuno si è sentito danneggiato economicamente e meditava di chiedermi i danni: aveva conservato il suo K1 e temeva che i giudizi negativi facessero perdere valore al suo capitale.[12]
- [Su Jarno Saarinen] Guidava fortissimo ogni cilindrata, anche sul bagnato, lavorava personalmente sulla sua moto, era per di più simpatico e comunicativo.[13]
- [Sul Gran Premio motociclistico delle Nazioni 1973] La gara delle 250 vede in pole il finlandese Jarno Saarinen, campione del mondo in carica della 250 e vice campione nella 350 sempre nel 1972, mentre Renzo Pasolini, che nel 1972 è stato secondo nel mondiale 250 e terzo nella classe 350, porta al debutto la H-D raffreddata ad acqua. Una manciata di secondi e il dramma si consuma alla prima curva dopo il via. La moto di Pasolini perde aderenza all'ingresso della Curva Grande, il Curvone appunto, il campione romagnolo cade e nella carambola che ne segue cadono altri tredici piloti. Ad averne la peggio sono lo stesso Pasolini, 34 anni, e Jarno Saarinen, 27. Su che cosa provocò la caduta di Paolini si sono fatte diverse ipotesi: olio in pista non segnalato, grippaggio del motore H-D di Pasolini, contatto fra piloti, asfalto rovinato. La perizia richiesta dal tribunale di Monza [...] rivelerà il grippaggio dei pistoni Yamaha nei cilindri H-D; cilindri che furono modificati dal raffreddamento ad aria a quello ad acqua. Sarà il grippaggio l'innesco della caduta secondo l'inchiesta della Magistratura. Di sicuro la gravità del bilancio è da attribuirsi all'inesistente spazio di fuga e alla presenza del guard rail, all'epoca vicinissimo alla pista.[14]
- [Su Doriano Romboni] Era veloce, era molto competitivo, non mollava mai anche se la fortuna lo guardava spesso di traverso. Mai stato tanto fortunato, Doriano, e tutto quello che ha ottenuto gli è costato un prezzo alto. Il suo limite è stato molto personale: io credo che non credesse abbastanza in se stesso, aveva le motivazioni giuste, ma raramente si sentiva a posto.[15]
moto.it, 16 marzo 2013.
- Omobono Tenni fu il primo "straniero" a vincere il Tourist Trophy, nel '37, naturalmente con la Guzzi, 250. Tenni era un fenomeno che parlava poco e andava fortissimo, il suo coraggio e il suo stile di guida erano famosi; morì a Berna [...] il 1º luglio 1948. Mai più circuiti in Svizzera, dopo quella immensa tragedia; il pilota della Guzzi toccò l'asfalto con una pedana, high-side e si ruppe la testa contro un albero.
- [Su Tazio Nuvolari] [...] il "mantovano volante", che iniziò a vincere nel 1921 con la moto e smise nel 1950 sulle auto, quando già aveva 58 anni. Nel 1925, in un test con l'Alfa P2 sulla pista di Monza, andò a sbattere, si ferì gravemente, e dodici giorni dopo (issato a forza, tutto imbottito di feltro e fasciato, sulla sua Bianchi 350 Freccia Celeste) vinceva il GP delle Nazioni. Imprese così lo hanno reso leggendario.
- La Saturno 500 del '46, la più bella monocilindrica Gilera: dotata di forcella telescopica nel '51, fu costruita in 6.000 esemplari tra Turismo, Sport, Competizione, Cross e addirittura Regolarità. Alla fine arrivò anche una versione per i piloti privati, bialbero e leggerissima, la splendida "Piuma".
- La raffinata Gambalunga della Guzzi, la monocilindrica 500 da competizione costruita dal '46 al '51 per i piloti ufficiali come Lorenzetti e gli assistiti; il motore era un corsa-lunga famoso per la sua coppia, la forcella era originalissima, tanti componenti in lega di magnesio. Un gioiello.
- [...] la regina: la MV Agusta 500 tre cilindri, la preferita di Agostini, quella con cui Mino vinse 7 titoli su 8. Esordì come 350 nel '65 vincendo subito, e dal '66 salì gradualmente di cilindrata fino al mezzo litro. Sostituiva la più pesante 4 cilindri, era la moto ideale per esaltare le doti del fine Agostini. Una meraviglia da 118 chili a secco e 270 all'ora.
2015
[modifica]- [Sul Gran Premio motociclistico di San Marino 1993] Di tutte le edizioni, resta fotografata nella mia memoria quella del '93 al Mugello. [...] In 250 Capirex con la Honda bruciò in volata Reggiani con l'Aprilia; e lì qualcuno del suo team, chissà chi..., alla San Donato mise in mano a Loris per il giro d'onore un bandierone della Marlboro. Non era una prima assoluta, già ad Assen Schwantz aveva festeggiato con doppia bandiera: USA e Lucky Strike sulla stessa asta. Diciamo che le compagnie del tabacco erano ricche ma piuttosto invadenti, e se le avessero lasciate fare avrebbero messo le stecche di sigarette sul podio al posto delle coppe. Ero il telecronista di Telepiù, osai commentare che quel bandierone del tabaccaio era un brutto vedere. Avevo ragione? Direi di sì, tanto che la FIM provvide subito con un divieto bello chiaro, niente più bandiere dello sponsor nel giro d'onore. Ma li ebbi addosso tutti: team Pileri, Philip Morris, Telepiù. Che tempi![16]
moto.it, 25 agosto 2015.
- Intendiamoci, tutte le moto sono impegnative quando si tratta di portarle al limite: togliere l'ultimo secondo é sempre, in assoluto, un mestiere difficile e riservato a pochi abili. Ma la mia RG del '76 era una quattro cilindri da 100 cavalli che chiunque poteva portare a spasso dentro un circuito. Bastava usare il gas con dolcezza, a Monza feci girare degli amici che non erano mai entrati in pista in vita loro [...]
- La RG 500 è passata alla storia non per la sua difficoltà di guida, ma perché rilanciò una classe che era regina soltanto di nome: pochi piloti ufficiali da una parte e tanti privati dall'altra con le bicilindriche Yamaha 350 maggiorate o con varie realizzazioni artigianali, doppiati regolarmente sul traguardo di uno o due giri. Poi il miracolo del '76, sessanta esemplari che replicavano la moto ufficiale di Barry Sheene. Un giornalista-collaudatore come ero io [...] si poteva permettere di arrivare alla prima prova del mondiale, GP di Francia a Le Mans, e qualificarsi in seconda fila di fianco al campione del mondo Phil Read sulla stessa moto.
- La Suzuki ufficiale di Sheene aveva il cambio estraibile, noi privati potevamo soltanto agire sulla trasmissione finale, pignone e corona. La forcella non aveva regolazioni e per la coppia degli ammortizzatori posteriori soltanto tre tacche di precarico molla. Non c'era che da concentrarsi sulla guida, e litigare con l'unico problema: la spiccata tendenza ad impennare fuori dalle curve da prima e da seconda. Divertimento massimo, difficoltà media, affidabilità purtroppo vicina allo zero.
2018
[modifica]- Stagione 1998, una delle più incredibili della storia del motociclismo e certamente la più tosta per Capirossi e Biaggi: Loris che nell'ultima gara dell'anno conquista il suo contestato titolo della duemmezzo, Max che vince all'esordio in 500 come aveva fatto soltanto Saarinen, eppure non gli basta. [...] A quell'epoca [...] i piloti spagnoli contavano poco e l'Aprilia dominava due classi: Valentino Rossi aveva già vinto il titolo della 125, e conquistò all'esordio in 250 cinque successi come Harada; mentre Sakata ("Kazuto di nome e di fatto" specificai nella telecronaca) tra le piccole suonava con l'Aprilia un nugolo di Honda. Katoh (Honda) vinse la 250 in Giappone [...], poi l'Aprilia si prese tutte le gare: con i tre ufficiali (Harada, Rossi e Capirossi), e al Mugello con il mitico collaudatore Marcellino Lucchi. Si arrivò all'ultima prova in Argentina con Capirossi a quota 204 e Harada a 200. Loris iniziò in testa l'ultimo giro, ma fece due errori e fu passato sia da Valentino (che vinse) sia da Tetsuya. Speronò o non speronò volontariamente il giapponese a due curve dall'arrivo? Per Harada sì, per l'Aprilia pure, per la FIM prima sì e poi no. Ma alla fine il campione del 1998 fu Capirex: licenziato dall'Aprilia [...], riabilitato da un tribunale, indennizzato con un mucchio di soldi, un gran casino che a distanza di tempo è giusto definitivamente archiviare, considerando che Loris [...] è comunque tra i grandi. Perfino Harada ha messo una pietra su tutto e gli è amico, dunque faccenda chiusa. Resta invece ancora aperta la ferita di Biaggi in 500 (su V4 Honda del team Kanemoto), che a Barcellona, terzultima gara della stagione [...], si presentava con quattro punti più di Doohan [...]. In quel GP di Catalunya Max era secondo nella scia di Barros, quando in fondo al dritto spuntò una bandiera gialla che il romano non poteva vedere. Barros rallentò, Biaggi lo sorpassò sullo slancio, Barros passò di nuovo e la direzione gara ordinò un ride through ad entrambi; Max non obbedì, allora uscì anche la bandiera nera ma lui niente: pur squalificato, chiuse davanti a Doohan. Difficile accettare che un campionato magnifico come quello, col titolo ancora tutto da giocare, finisse così male; e allora si parlò di complotto [...], e certo la penalità era sproporzionata all'infrazione, ma il regolamento era quello. Le ultime due gare furono vinte da Mick Doohan, campione per la quinta volta consecutiva; Max fu vice-campione [...][17]
moto.it, 22 giugno 2018.
- Le prove di Motociclismo (a firma Patrignani, Perelli, Colombo) io le imparavo a memoria [...]
- [Sul Sessantotto] C'erano tanti ragazzi come me, senza una appartenenza politica ma pieni di una nuova energia, che volevano cambiare la società, e c'erano le ragazze che volevano il ruolo paritario della donna. Sarebbe cambiato molto il costume, quasi niente la politica, e all'inizio si mossero tutti i giovani, a sinistra come a destra; poi negli anni successivi le forme di opposizione si sarebbero trasformate per alcuni in qualcosa di molto più estremo, fino al terrorismo. Ma nel 68 a muoverci era soltanto il nuovo spirito del tempo, controculturale e anticonformista. E si respirava una magnifica aria di libertà.
- Dormivo con due poster sopra il letto, due meravigliosi soggetti inglesi: la modella Jean Shrimpton e la BSA Spitfire MK II [...]
- [Sul Gran Premio motociclistico delle Nazioni 1968] [...] Hailwood – che era pagato dalla Honda per stare fermo – volle fare la sua ultima gara a Monza, il 15 settembre. Pioveva [...]. La MV, spinta dagli organizzatori, aveva deciso di prestargli una 500 per le prove, poi forse Mike si rifiutò di fare il secondo a Mino e andò a cercare alla Benelli un muletto di Pasolini e il riminese accettò. Hailwood partì male, ma a Lesmo era già in testa superando nel curvone sia Agostini sia il Paso: sul bagnato una marcia in più, me lo avrebbe detto Renzo Pasolini in persona qualche anno dopo. Ma dopo un paio di giri Mike the bike cadde alla Parabolica quando era in scia ad Ago: in frenata gli partì la ruota davanti, scivolò via a tutta velocità e non si fermava più. Finì sotto la tribuna, si rialzò tutto coperto di fango e noi lo applaudimmo a lungo.
2020
[modifica]- [Su John Kocinski] Benché abbia dovuto confrontarsi con i giganti degli anni Novanta, soprattutto con i suoi connazionali e con gli australiani, nel motociclismo ha lasciato un segno profondo. Sulla moto era un gatto [...]. Giù dalla moto però era difficile da gestire.[18]
- Barry [Sheene] è nell'albo d'oro per i suoi due titoli mondiali della classe 500 con la Suzuki, 1976 e '77, ma ha conquistato vittorie in tutte le cilindrate, dalla 50 (Kreidler, 1971) fino alla 750: è stato il primo vincitore della Formula 750 nel '73. Un grande innovatore in tante cose: il numero fisso (tenne il suo 7 anche se si era conquistato l'1), le tute colorate, il paraschiena, l'opposizione al TT per la sua pericolosità quando era nel calendario del mondiale. Sheene è stato anche un maestro di leggerezza, a lui si è ispirato Valentino. Alcune cadute rovinose, come a Daytona a 280 all'ora, e le troppe fatture lo hanno piegato nel fisico, ma certamente non nel carattere, guascone e irriverente. Indimenticabili la sua allegria, le sue battute e gli scherzi.[19]
- Lui spigolava le linee e tirava delle gran staccate puntando alla corda: un po' alla Freddie Spencer, il primo spigolatore della 500, ma ancora più estremo. La Suzuki non era particolarmente maneggevole, ma la guida acrobatica del texano la rendeva anche svelta. Schwantz, il mitico 34, ha corso [...] sempre sulla Suzuki 500, campione di fedeltà alla marca giapponese. Ha vinto venticinque GP e il titolo mondiale della mezzo litro nel '93. Aveva esordito nel cross, da ragazzino, e si portava dietro uno stile di guida inconfondibile. Se soltanto fosse caduto un po' meno...[20]
- [Sul Rally Dakar 1987] Hubert Auriol con la Cagiva aveva già vinto quattro speciali e ormai era fatta: l'ultima tappa del giorno dopo, quella fino al lago Rosa, sarebbe stata poco più di una formalità. E invece a 20 km dall'arrivo centrò una radice sporgente. All'arrivo Cyril Neveu, che era secondo, guardava l'orologio e Auriol non arrivava mai. Quando finalmente la Cagiva comparve, il pilota urlava dal dolore; e quando lo tirarono giù di sella e gli sfilarono gli stivali da cross, vidi con i miei occhi pezzi di radice infilati nella carne... pazzesco![21]
2021
[modifica]moto.it, 27 maggio 2021.
- [Sul Gran Premio motociclistico d'Italia 2000] Loris Capirossi, Valentino Rossi e Max Biaggi furono i protagonisti di una delle più belle gare viste sul circuito toscano. Molti la ricorderanno. Il terzetto fece il vuoto in 500 e diede vita a una serie di sorpassi e controsorpassi da antologia. Fino a che, all'ultimo giro, Valentino che era secondo tentò di passare Capirex ma volò nell'area di fuga, quasi subito imitato da Max. Per Loris fu una delle più sofferte ma gratificanti vittorie in carriera [...]
- Per vincere al Mugello occorre sentirsi perfettamente bene con la propria moto. È una pista tecnica, dove si può fare la differenza, ma ci sono le staccate sull'angolo, le uscite di curva che non si vedono e le contropendenze: bisogna essere a posto con il mezzo e conoscere altrettanto bene dove mettere le ruote.
- [Sul Gran Premio motociclistico d'Italia 1998] [...] Marcellino Lucchi, lo storico collaudatore dell'Aprilia anni Novanta [...] nel maggio del '98 [...] si prese la grande soddisfazione di vincere la 250 mondiale davanti ai piloti ufficiali di Noale. Dopo la pole di Tetsuya Harada, mise dietro (e a distanza) Valentino, il giapponese e Capirossi stabilendo anche il giro più veloce. Sul podio della duemmezzo Marcellino ci saliva regolarmente dal '95, per i collaudi della bicilindrica di Witteveen lui avrà fatto cinquantamila chilometri sul circuito toscano, ma quel giorno del suo unico successo iridato aveva già quarantun anni e [...] Rossi, diciannove anni appena, tanto felice non era.
2022
[modifica]- [Su John Kocinski] [...] aveva delle palesi stranezze caratteriali, fu licenziato a metà stagione dalla Suzuki nel '93 dopo aver rotto apposta un motore per stizza, era terrorizzato dalla polvere e dal fumo delle sigarette, guai a sfiorarlo anche soltanto per sbaglio. Rainey raccontava che nel motorhome di John, parcheggiato nel paddock vicino al suo, non era raro sentir ronzare l'aspirapolvere alle tre o alle quattro del mattino. Maniaco della pulizia, Kocinski lasciava fuori dal suo supercamper le valigie che avevano viaggiato nella stiva dell'aereo, perché potevano essere contaminate...[22]
- Era un grande pilota e dotato di un stile stupendo, Phil [Read]. Era un osso duro, molto motivato e ostico per tutti i suoi compagni di squadra [...][23]
- Doriano [Romboni] è stato un grande protagonista dei primi anni Novanta. [...] Era veloce, motivato, generoso. Un ragazzo di animo buono, amato da tutti. In carriera si è trovato spesso tra due rivali molto scomodi come Max Biaggi e Loris Capirossi, piloti ruvidi che non facevano sconti. E una cosa si può certamente dire: quando Doriano ha vinto non ha fatto arrabbiare nessuno. La sua guida era aggressiva, ma sempre pulita.[24]
moto.it, 27 marzo 2022.
- [...] a fine marzo 2002, il motociclismo cambiava radicalmente: dopo ben cinquantatré stagioni con la cilindrata ferma a 500 centimetri cubi (dal 1949!), la classe regina prendeva il nome di MotoGP e sperimentava una formula inedita: cilindrata 990, ciclo a quattro tempi, sei cilindri al massimo, pesi diversi secondo il frazionamento. Per la prima stagione, tuttavia, le 500 a due tempi sarebbero sopravvissute: senza di loro griglia miserrima. Lo scenario. La Honda schiera Valentino Rossi e Toru Ukawa sulle RC211V, le formidabili cinque cilindri a V; la Yamaha affida a Max Biaggi e Carlos Checa la nuova M1 quattro cilindri in linea (con cilindrata limitata a 900...); la Suzuki prepara la V4 XRE0 per Kenny Roberts jr e Sete Gibernau, l'Aprilia la RS Cube tre cilindri per Regis Laconi. Le altre moto sulla griglia sono tutte 500.
- [...] il campionato mondiale scatta ufficialmente a Suzuka, GP del Giappone, 7 aprile. Quella prima gara del 2002 resta nella storia per tante ragioni. Intanto, nella 250 vince una wild card: Osamu Miyazaki con una Yamaha TZ standard. C'era stato un solo precedente nel '98: Daijiro Kato sulla Honda. [...] E la MotoGP va subito a Valentino, che precede il giapponese Ryo sulla Suzuki e Checa con la Yamaha. Un motore a quattro tempi non vinceva dal 29 agosto del 1976, quando Ago aveva portato la MV Agusta all'ultimo successo del Nurburging, con il bagnato, davanti alle 500 due tempi. Dunque sono i due grandi piloti italiani a passarsi il testimone. Da notare che la Honda è la casa che con i motori a quattro tempi aveva già vinto nel mondiale negli anni Sessanta. La superiorità tecnologica della prima marca motociclistica del mondo è sotto i riflettori. La prima 500 due tempi al traguardo di Suzuka 2002 è quella di Nori Abe, quinta e staccata di 20 secondi.
- Tante le curiosità che ricordo di quella stagione [...]. A Jerez Jorge Lorenzo, ufficiale Derbi, salta i primi due turni di prove: ha meno di 15 anni, in gara è il più giovane pilota della storia. In quel primo GP di Spagna Biaggi è squalificato per non aver ubbidito alla richiesta dello stop and go dopo la partenza anticipata. Le bandiere nere lo perseguitano. Al Mugello la Ducati presenta la bellissima Desmosedici di Filippo Preziosi [...] che scenderà in pista nel 2003, Melandri vince in 250 con la moto di Spiderman, Rossi conquista la quarta MotoGP dell'anno dopo un gran duello con Max mentre Poggiali trionfa in 125: questo è il primo dei nostri quattro en plein (con Barcellona, poi Brno e Australia). Ancora, ad Assen la prima vittoria del giovane Dani Pedrosa in 125, a Donington centesima gara di Vale che vince (per la 46esima volta!) nonostante un pollice rotto in una caduta in prova. Al Sachsenring Melandri porta a casa il successo della 250 dopo... una caduta: la gara per sua fortuna è sospesa subito dopo, causa temporale.
- Dopo Rio, dove Valentino è campione con quattro gare di anticipo, c'è il GP del Pacifico a Motegi e ad Alex Barros (team Pons) viene affidata l'unica V5 concessa alla squadra. Perché al brasiliano e non a Capirossi? Perché Loris andrà in Ducati l'anno successivo. E si scatena il cosiddetto mondialino: Rossi contro Barros che con la 500 aveva fatto un paio di podi. Ebbene, a Motegi (pole di Kato) vince Barros e Rossi è secondo a 1"6, con Capirossi terzo e staccato. Poi la Malesia a Sepang, dove vince Max Biaggi in volata su Rossi e terzo è Barros a 1"6. In Australia, a Philip Island, domina Valentino che precede proprio Barros di quasi dieci secondi. Infine, nell'ultima gara di Valencia, è Barros che vince in volata su Rossi con Biaggi terzo e staccato. Per un punto, 86 a 85 in quattro gare, Alex Barros si aggiudica quello che passa alla storia come il mondialino. Gli appassionati lo ricordano ancora perché accese il finale di una stagione piuttosto scontata – la superiorità della Honda e di Rossi era stata subito schiacciante – mentre a Valentino deve bruciare ancora "abbastanza", come direbbe lui stesso. Probabilmente la conquista del primo titolo della storia in MotoGP lo aveva appagato, ma la motivazione c'era.
moto.it, 1º agosto 2022.
- [...] a Silverstone nel 1979, all'esordio della NR500 quattro tempi, molto probabilmente Honda barò. Accadde che le due moto di Grant e Katayama, in grave ritardo di preparazione, mancarono la qualificazione. Sui fogli dei tempi le due NR a pistoni ovali erano fuori di quattro o cinque posti, oltre la trentacinquesima posizione. Però, misteriosamente, quei quattro o cinque piloti che le precedevano diedero forfait la domenica mattina. Chi per un guasto tecnico chi per il mal di testa. Le Honda presero il via per fermarsi quasi subito.
- [...] nel '61 [...] la Suzuki [...] offrì molti soldi al tedesco dell'Est Degner per trafugare le informazioni essenziali della dominante MZ e scappare in Occidente. Una vera spy story. In quegli anni la casa motociclistica della Germania Est aveva sviluppato un rivoluzionario motore a due tempi capace di arrivare ai 200 cv/litro. La squadra otteneva vittorie a raffica contro case più grandi e più ricche nelle classi 50, 125 e 250, in particolare con Ernst Degner. Che accettò di tradire e fuggì con la famiglia e i disegni, concedendo a Suzuki e Yamaha di sviluppare finalmente dei motori due tempi efficienti.
- [...] non posso tacere dei sospetti che tuttora circondano il primo titolo mondiale della classe 500. 1949: è Leslie Graham (AJS) il leader finale, per un solo punto precede in classifica Nello Pagani con la Gilera. Prima degli scarti la situazione vedeva Nello primo: 40 a 31. Dopo gli scarti c'era perfetta parità come per le vittorie, due a due; ma per un cavillo regolamentare, "scoperto" successivamente dalla FIM e mai chiarito del tutto, il campionato andò all'inglese.
2023
[modifica]- Lo sapevate che la legge sul casco obbligatorio per la moto, qui in Italia, arrivò sulla spinta di Maurizio Costanzo? [...] Fino alla metà degli anni Ottanta – gli anzianotti come me lo ricordano bene – l'obbligo ancora non c'era. Ultimi in Europa, ci saremmo arrivati soltanto nell'86: quando i minorenni dovettero forzatamente indossarlo per la nuova legge [...]. E fu proprio Costanzo ad agitare le acque: ospitò nel suo show un professionista genovese, mi pare fosse un medico, che da poco aveva drammaticamente perso la figlia quindicenne in un incidente stradale. La ragazza era senza casco alla guida di un cinquantino, fu travolta da un'auto. Quell'ospite si vide più di una volta e la sua sofferenza colpì: chiedeva che si pensasse ai più giovani, che il casco diventasse un obbligo almeno per loro. Furono gli spettatori e poi l'opinione pubblica a spingere la politica verso l'obbligo del casco. Arrivammo ultimi in Europa per le resistenze dei costruttori, naturalmente, che temevano un calo delle vendite se fosse passato l'obbligo. Una miopia colpevole, ma i tempi erano quelli: invece di mandare un messaggio sulla bellezza del casco, invece di regalarne uno coloratissimo a chi comprava la Vespa 50, la Piaggio aveva commissionato a non so più quale Politecnico uno studio sulla pericolosità del casco: che riduce la visibilità laterale e toglie i suoni dalle orecchie. Molti di noi già allora espressero qualche perplessità. Io naturalmente non so se Maurizio Costanzo volesse fare servizio pubblico, oppure se inseguisse soltanto la visibilità, o il potere, o magari tutte e tre le cose insieme. Ma posso facilmente immaginare che, all'epoca, qualche pressione perché si fermasse ci sia stata. E forte. Non ho mai conosciuto Costanzo, ma di questa sua battaglia gli sono sempre stato grato.[25]
- È bello rivivere e condividere pezzetti del proprio passato. [...] Ma c'è chi travisa e per esaltare il passato getta fango sul presente. La tesi di molti è: "I piloti di ieri erano dei veri eroi, in loro vedevi passione e talento, quelli di oggi sono soltanto divi". Io comprendo come il passato possa apparire bellissimo e la nostalgia della nostra giovinezza possa esaltare i ricordi. Ma vorrei chiarire che dalle imprese di miti come Hailwood o Saarinen è passato più di mezzo secolo: allora il professionismo quasi non esisteva, in pista c'erano pochi piloti "veri" e tanti appassionati di meccanica. E poi delle moto parlavano pochi media, si andava in tribuna a Imola o a Monza senza conoscere la maggioranza di quei piloti, erano semplicemente altri tempi. È facile vedere la passione nelle foto di Jarno Saarinen con Soili sorridente in bikini che gli mostra il cartello dai box, o in quelle dei meccanici giapponesi della Honda che smontano impavidi i motori sul prato. Ma che senso ha concludere che hanno meno passione per la moto Bagnaia o Bastianini soltanto perché li vedi spesso in tivù, o i meccanici dell'Aprilia soltanto perché sono vestiti tutti uguali in un box tirato a lucido? E il talento. Vorrei ricordare che i piloti di oggi hanno iniziato a correre in moto da bambini e per salire di categoria hanno superato una selezione fortissima: quelli con poco talento sono rimasti esclusi insieme a quelli (purtroppo) che avevano pochi mezzi. Se proprio volete si può magari discutere di giustizia sociale [...] ma non si può certo discutere del talento: tutti i piloti di oggi, ripeto tutti, sono dotati di un talento straordinario.[26]
- Oggi la televisione spesso si sofferma, indugia, insiste non sulle emozioni – che pure nel nostro sport sono tante – ma piuttosto sulla loro rappresentazione. Sono in tanti che lo avvertono: forse per il timore di perdere pathos lo si a va costruire, spostando sempre di più la cronaca verso il reality. È un trend generale, non è colpa della televisione. Si chiama spettacolarizzazione. Ma quelle esagerate manifestazioni di gioia che quasi tutte le domeniche vediamo rappresentate nel garage della squadra che ha vinto il GP. E i sorrisi, le urla, i canti, le docce di prosecco che neanche avessero vinto lì per lì il campionato mondiale inseguito da vent'anni: alla lunga queste scene perdono la loro carica emotiva, stancano, sanno di teatro costruito a tavolino.[27]
- Sito è sempre stato un personaggio molto calmo e signorile, anche da giovane. Posato, imperturbabile, apparentemente freddo. E [...] gli facemmo uno scherzo memorabile. Era la fine dell'89, Pons aveva appena conquistato il secondo titolo mondiale consecutivo della classe 250 e annunciato il passaggio in 500 [...]. Naturalmente nessun pilota spagnolo aveva vinto il titolo della mezzo litro, il primo sarebbe stato Alex Crivillè dieci anni dopo. Non era un momento così favorevole, nella top class: Pons avrebbe trovato piloti del calibro di Lawson, Rainey, Schwantz, Gardner, Doohan, Mamola, Barros, Sarron... C'era poco da essere ottimisti e una cosa era sicura: Sito, per vincere, avrebbe dovuto avere in particolare una qualità, molta ma molta pazienza... Si trattava di verificare quanta pazienza avesse e preparammo la trappola. Intervista: Pons ed io su due seggioline, Gigi Soldano accucciato con la Betacam in spalla. Partii con una domanda interminabile, una di quelle con lunghissima premessa, un primo inciso, poi un secondo e un terzo e dopo tre o quattro minuti non si capisce ancora dove si va a parare... Lo spagnolo serio, in attesa, e all'improvviso Soldano che si blocca, appoggia la telecamera a terra e dice "batteria!". Cambio di batteria e si ricomincia dall'inizio: domanda infinita, minuti che passano, Sito sempre paziente e Gigi che si blocca ancora, "cassetta!". Cambio di cassetta, Pons un po' meno calmo ma ancora serio e si riparte con la tiritera. "scusate, ancora la batteria!". Soltanto a quel punto Sito Pons perse la calma e rosso in viso disse soltanto "voi me schersate!".[28]
2024
[modifica]- È stata l'evoluzione delle GP a determinare nuove tecniche di guida: prima i pneumatici sempre più larghi hanno richiesto gli spostamenti sulla sella con le 500, poi il peso elevato delle [...] 1000 e il baricentro alto hanno preteso di più: oggi il pilota deve sporgersi moltissimo all'interno della curva. [...] In parte anche lo stile di alcuni piloti (come Spencer, Schwantz, Pedrosa, Marquez) ha aperto nuove "scuole" e i costruttori si sono adeguati. Ma è chiaro che il passaggio dai 115 chili e 160 cavalli delle 500 due tempi anni Novanta ai 160 chili e 300 cavalli delle [...] MotoGP ha cambiato tutto. È vero, oggi il pilota ha le assistenze elettroniche ed è meno impegnato nel controllo della moto, ma deve essere un vero atleta ed è chiamato a un lavoro mentale senza precedenti.[29]
moto.it, 22 novembre 2024.
- [...] sono tra i pochi che hanno conosciuto la Edisport degli anni Sessanta, che stava in centro a Milano a due passi da piazza Missori; quella di Arturo Coerezza, Carlo Perelli, Mario Colombo, Roberto Patrignani e tutti gli altri. [...] A diciassette anni Adalberto Falletta e io, amici e autodidatti sulle 125, avevamo un dubbio: in quale punto della curva si riapre il gas, alla corda o quando vedi l'uscita? Ci presentammo in corso Italia 8, primo piano, convinti di trovare Patrignani che era un pilota e quindi guru di riferimento. Roberto non c'era, non era redattore fisso, e avvertito dal centralino arrivò il notissimo Carlo Perelli al quale, con un po' di soggezione, gli presentammo il quesito. Perelli era un tipo da basco piuttosto che da casco; imperturbabile decretò: "alla corda" e per noi bastò. Quello fu il primo contatto diretto con la redazione di Motociclismo.
- Roberto Patrignani era un mito: aveva una facilità di scrivere unica e la sua penna ci ha incantato per anni, ma a me interessava soprattutto il Patrignani pilota: convinsi Perelli [Carlo, direttore di Motociclismo] a portarmi in pista come aiutante di campo e il battesimo avvenne in occasione della Mototemporada, non ricordo se a Rimini o Riccione, anno 1970. Portavo la borsa delle macchine fotografiche del capo [...]. Ebbene, fu una grande delusione perché poco prima del via della gara venne già uno scroscio di pioggia, il mio eroe prese regolarmente la partenza perché era un tipo pragmatico (se non partivi niente diaria dell'organizzatore), ma dopo il primo giro si fermò. Pensavo avesse rotto la moto, invece lui mi disse con candore: con la pioggia non corro, non sono mica matto.
- [Su Motociclismo] Tante ore passate in redazione (per lo più in allegria), tanti sabati alla famosa pista Pirelli di Vizzola Ticino. Si andava una volta al mese, con tutti i collaboratori disponibili e tante moto. Prima Carlo Perelli faceva tutta la serie delle foto da fermo con il campanile sullo sfondo, poi per noi i rilevamenti alle fotocellule e le foto "in movimento". Qualche volta si faceva in tempo ad andare a pranzo in trattoria. Per fare il record sui 400 metri da fermo si provava a rubacchiare qualche centimetro alla prima fotocellula, ma al direttore della pista, che non a caso si chiamava Pier Diddìo, non scappava niente.
Citazioni su Nico Cereghini
[modifica]- Non sapevo come chiamare la mia prima figlia. Nico Cereghini mi disse: "Con tutto quello che hai vinto, chiamala Vittoria". E così ho fatto. Quando stava arrivando il secondo ho chiesto sempre consiglio a Nico, e lui, scherzando, mi fa: "Adesso chiamalo Presuntuoso". Be' l'ho chiamato come me, alla fine gli ho dato retta lo stesso! (Giacomo Agostini)
Note
[modifica]- ↑ Da Grand Prix, Italia 1, ricorrente; citato in Casco ben allacciato, nicocereghini.it.
- ↑ Dall'intervista di Cosimo Curatola, Nico Cereghini racconta a MOW il suo libro su Valentino Rossi: "Oggi non si può dire più niente, sarei politicamente scorretto", mowmag.com, 29 maggio 2023.
- ↑ Citato in Cosimo Curatola, Nico Cereghini racconta Tamburini proprio nei giorni dell'Eicma: il suo ricordo è strepitoso e i social volano, mowmag.com, 12 novembre 2022.
- ↑ Da Nico Cereghini: "La classe 500 era meravigliosa? Mica tanto", moto.it, 31 maggio 2011.
- ↑ Citato in L'ultimo saluto dei motociclisti a Claudio Castiglioni, moto.it, 17 agosto 2011.
- ↑ Da "Quando la Honda sbagliò tutto", moto.it, 2 settembre 2014.
- ↑ Da "Barcellona delle battaglie", moto.it, 8 giugno 2017.
- ↑ Da "Silverstone, l'attesa sale", moto.it, 24 agosto 2017.
- ↑ a b Da Ducati: le bicilindriche della leggenda Superbike, moto.it, 9 febbraio 2019.
- ↑ Da "Lorenzo è disperato, come lo era Cadalora", moto.it, 13 agosto 2019.
- ↑ Da Nico Cereghini: "La moto bella e la moto brutta", moto.it, 19 febbraio 2013.
- ↑ Da Nico Cereghini: "Belle e brutte 2, argomento appassionante", moto.it, 26 febbraio 2013.
- ↑ Da "Saarinen, Spencer, Biaggi e Marquez. Che poker!", moto.it, 23 aprile 2013.
- ↑ Da "Pasolini e Saarinen morirono così", moto.it, 16 maggio 2013.
- ↑ Da Doriano Romboni, la fortuna lo guardava spesso di traverso, moto.it, 30 novembre 2013.
- ↑ Da Nico Cereghini: "Il mio San Marino dei tempi bui", moto.it, 8 settembre 2015.
- ↑ Da "Biaggi, Capirex e sembra ieri", moto.it, 9 gennaio 2018.
- ↑ Da Le storie di Nico: John Kocinski sembrava un po' matto, moto.it, 25 marzo 2020.
- ↑ Da Le storie di Nico: Barry Sheene scherzava anche in gara, moto.it, 30 marzo 2020.
- ↑ Da Le storie di Nico: Kevin Schwantz e i segreti della sua guida, moto.it, 15 aprile 2020.
- ↑ Da Le storie di Nico: Auriol, la Cagiva, il dramma alla Dakar dell'87, moto.it, 25 aprile 2020.
- ↑ Da John Kocinski, immobiliarista di successo , moto.it, 20 gennaio 2022.
- ↑ Da È morto Phil Read, il grande campione britannico, moto.it, 6 ottobre 2022.
- ↑ Da Doriano Romboni oggi avrebbe 54 anni, moto.it, 8 dicembre 2022.
- ↑ Da "Il casco diventò obbligatorio grazie a Maurizio Costanzo", moto.it, 28 febbraio 2023.
- ↑ Da "Piloti veri e di talento, altro che divi!", moto.it, 20 marzo 2023.
- ↑ Da Nico Cereghini: "Quella carezza di Davide Tardozzi rimette a posto le cose", moto.it, 4 settembre 2023.
- ↑ Da Sito Pons, un ritratto inedito di Nico, moto.it, 6 settembre 2023.
- ↑ Da Come cambia la tecnica di guida dalla 500 alla MotoGP? Con l'Ing Bernardelle e Nico Cereghini, moto.it, 13 maggio 2024.
Bibliografia
[modifica]- Nico Cereghini, Casco ben allacciato. Da Ago a Valentino – Storie di moto e segreti di guida, Xenia, 2011. ISBN 9788872737255
Altri progetti
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