Nico Cereghini

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Nico Cereghini, 2011

Enrico Cereghini, detto Nico (1948 – vivente), giornalista e pilota motociclistico italiano.

Citazioni di Nico Cereghini[modifica]

Moto.it[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Claudio Castiglioni era un artista, uno che riusciva a vedere come sarebbe stata la "sua" moto prima ancora di iniziare il lavoro con i progettisti. Una specie di Michelangelo Buonarroti, che dicono fosse capace di vedere la sua opera finita ancor prima di toccare con lo scalpello il blocco del marmo bianco di Carrara. Travolgente Claudio, esuberante, qualche volta anche sopra le righe ma sempre generoso, sincero, contagioso nel suo naturale ottimismo. Uno di quelli che "se una cosa la vuoi veramente allora puoi ottenerla". Le moto più belle, quelle che fanno ancora venire i brividi a molti di noi, sono quelle che ha fatto lui [...]. Moto perfette, che parlano direttamente al cuore dei motociclisti.[1]
  • [Su Jarno Saarinen] Guidava fortissimo ogni cilindrata, anche sul bagnato, lavorava personalmente sulla sua moto, era per di più simpatico e comunicativo.[2]
  • [Sul Gran Premio motociclistico delle Nazioni 1973] La gara delle 250 vede in pole il finlandese Jarno Saarinen, campione del mondo in carica della 250 e vice campione nella 350 sempre nel 1972, mentre Renzo Pasolini, che nel 1972 è stato secondo nel mondiale 250 e terzo nella classe 350, porta al debutto la H-D raffreddata ad acqua. Una manciata di secondi e il dramma si consuma alla prima curva dopo il via. La moto di Pasolini perde aderenza all'ingresso della Curva Grande, il Curvone appunto, il campione romagnolo cade e nella carambola che ne segue cadono altri tredici piloti. Ad averne la peggio sono lo stesso Pasolini, 34 anni, e Jarno Saarinen, 27. Su che cosa provocò la caduta di Paolini si sono fatte diverse ipotesi: olio in pista non segnalato, grippaggio del motore H-D di Pasolini, contatto fra piloti, asfalto rovinato. La perizia richiesta dal tribunale di Monza [...] rivelerà il grippaggio dei pistoni Yamaha nei cilindri H-D; cilindri che furono modificati dal raffreddamento ad aria a quello ad acqua. Sarà il grippaggio l'innesco della caduta secondo l'inchiesta della Magistratura. Di sicuro la gravità del bilancio è da attribuirsi all'inesistente spazio di fuga e alla presenza del guard rail, all'epoca vicinissimo alla pista.[3]
  • [Su Doriano Romboni] Era veloce, era molto competitivo, non mollava mai anche se la fortuna lo guardava spesso di traverso. Mai stato tanto fortunato, Doriano, e tutto quello che ha ottenuto gli è costato un prezzo alto. Il suo limite è stato molto personale: io credo che non credesse abbastanza in se stesso, aveva le motivazioni giuste, ma raramente si sentiva a posto.[4]
  • [Sul Gran Premio motociclistico di Gran Bretagna 1979] Mi spinsi fin lassù con il camper e un paio di amici, apposta per vedere l'annunciato e storico trionfo della Honda; invece assistetti allo storico tonfo. Era il 1979, Roberts vinse la volata con Sheene, e la favolosa Honda NR 500 non finì nemmeno il primo giro. Dopo il ritiro alla fine del '67 – tutte le classi dominate, tranne la 500 per un pelo, in sette favolose stagioni – la Honda era sparita. In tutti gli anni Settanta non trovi una Honda nei libri FIM del mondiale velocità, ogni energia era concentrata sulla crescente e sempre più valida produzione stradale. Per il ritorno ai GP si decise di investire una cifra mai vista prima. Si parlò di dieci miliardi di lire dell'epoca, per una quattro cilindri che funzionava come un otto. Dal '75 erano le due tempi a dominare la scena, in 500 Suzuki e Yamaha. Honda volle umiliare la concorrenza: un centinaio di ingegneri coinvolti nel progetto, fedeltà assoluta al quattro tempi, mezzi e tecnologia senza uguali, telaio monoscocca in lamiera sottile e soprattutto un motore pazzesco che girava, si disse, fino a 22.000 giri. Con i pistoni ovali, due bielle, due candele, otto valvole e due carburatori per ogni cilindro. Il regolamento limitava a quattro i cilindri, HRC trovò una soluzione che pareva vincente. Piloti: Takazumi Katayama e Mick Grant. L'esordio venerdì 10 agosto, appunto, a Silverstone. In prova, Katayama è tra gli ultimi e Grant fuori dai tempi di qualificazione. Poi domenica 12, i primi sette piloti esclusi rinunciano gentilmente a partire per motivi vari, chi il mal di gola chi la moto rotta, e l'inglese è ammesso all'ultima casella. Partenza a spinta sotto un bel sole caldo: sfiga, un motore così non è facile da avviare a spinta, e i due hondisti partono in grave ritardo sul gruppo. In tribuna, alla Stowe, noi non vedremo passare nemmeno una Honda. Grant è caduto alla prima curva, dicono per un fotografo che ha attraversato la pista convinto che non ci fosse più nessuno da aspettare; Katayama è andato a fuoco la curva dopo. Un naufragio mai visto, sui giornali si fece il paragone con il Titanic. [...] Oggi si fatica a capire come la dominatrice Honda [...] possa aver fatto una figura del genere.[5]
  • A Barcellona c'era una prova del campionato mondiale anche negli anni Settanta, fino al '76 per essere precisi; ma non esisteva un autodromo, si girava nelle stradine del parco del Montjuich, [...] una delle principali attrattive turistiche della città catalana, su una "pista" di quasi quattro chilometri. Era bello e caliente correre da quelle parti, ma del tutto folle. Immaginatevi saliscendi, tre tornanti tipo strada di montagna e un paio di curvoni veloci tra gli alberi e i palazzi storici. Una specie di piccolo TT. [...] Il Gran Premio al Montjuich fu abolito per l'eccessiva pericolosità, le 500 e i sidecar già da anni non ci correvano, e tristemente famosa è rimasta l'edizione del 1974: il giapponese Takazumi Katayama, a metà gara della 250, investì un pompiere che tentava di attraversare la strada per rimuovere i detriti di una caduta precedente. Con gli spazi così ridotti, le ambulanze non potevano raggiungere il luogo dell'incidente senza occupare la pista e creare maggiori pericoli, e così il pilota e il pompiere rimasero venti minuti senza assistenza medica. Quando la gara fu finalmente interrotta, per l'investito era già tardi mentre il pilota giapponese sopravvisse per miracolo, con gravissime fatture.[6]
  • Silverstone è un pezzo di storia [...] proprio a Silverstone si svolse la prima gara mondiale della F1, maggio 1950. Ripetutamente modificata [...] È una pista velocissima, una delle più veloci del mondiale [...] Le curve dai nomi leggendari – Copse, Stowe, Brooklands – sono state rallentate nel tempo, non sono esattamente quelle degli anni ruggenti, ma la storia è lì, su quell'altopiano spazzato dai venti dove si passa rapidamente dal sole alla pioggia. [...] Questa è una pista che piace a tutti i piloti e che si presta alle battaglie furibonde.[7]
  • Stagione 1998, una delle più incredibili della storia del motociclismo e certamente la più tosta per Capirossi e Biaggi: Loris che nell'ultima gara dell'anno conquista il suo contestato titolo della duemmezzo, Max che vince all'esordio in 500 come aveva fatto soltanto Saarinen, eppure non gli basta. [...] A quell'epoca, pare una favola, i piloti spagnoli contavano poco e l'Aprilia dominava due classi: Valentino Rossi aveva già vinto il titolo della 125, e conquistò all'esordio in 250 cinque successi come Harada; mentre Sakata ("Kazuto di nome e di fatto" specificai nella telecronaca) tra le piccole suonava con l'Aprilia un nugolo di Honda. Katoh (Honda) vinse la 250 in Giappone [...], poi l'Aprilia si prese tutte le gare: con i tre ufficiali (Harada, Rossi e Capirossi), e al Mugello con il mitico collaudatore Marcellino Lucchi. Si arrivò all'ultima prova in Argentina con Capirossi a quota 204 e Harada a 200. Loris iniziò in testa l'ultimo giro, ma fece due errori e fu passato sia da Valentino (che vinse) sia da Tetsuya. Speronò o non speronò volontariamente il giapponese a due curve dall'arrivo? Per Harada sì, per l'Aprilia pure, per la FIM prima sì e poi no. Ma alla fine il campione del 1998 fu Capirex: licenziato dall'Aprilia [...], riabilitato da un tribunale, indennizzato con un mucchio di soldi, un gran casino che a distanza di tempo è giusto definitivamente archiviare, considerando che Loris ha chiuso una splendida carriera ed è comunque tra i grandi. Perfino Harada ha messo una pietra su tutto e gli è amico, dunque faccenda chiusa. Resta invece ancora aperta la ferita di Biaggi in 500 (su V4 Honda del team Kanemoto), che a Barcellona, terzultima gara della stagione 1998, si presentava con quattro punti più di Doohan: 189 a 185. In quel GP di Catalunya Max era secondo nella scia di Barros, quando in fondo al dritto spuntò una bandiera gialla che il romano non poteva vedere. Barros rallentò, Biaggi lo sorpassò sullo slancio, Barros passò di nuovo e la direzione gara ordinò un ride through ad entrambi; Max non obbedì, allora uscì anche la bandiera nera ma lui niente: pur squalificato, chiuse davanti a Doohan. Difficile accettare che un campionato magnifico come quello, col titolo ancora tutto da giocare, finisse così male; e allora si parlò di complotto [...], e certo la penalità era sproporzionata all'infrazione, ma il regolamento era quello. Le ultime due gare furono vinte da Mick Doohan, campione per la quinta volta consecutiva; Max fu vice-campione [...].[8]
  • [...] nasce la 750 SS del 1973 che è la prima vera supersportiva della Ducati. Ed è con una evoluzione di questo modello, portato a 900 e preparato dalla NCR di Bologna, che il mitico Mike Hailwood, da sempre affezionato alla Ducati, trionfa nella F1 al TT del 1978. La 900 SS, l'isola di Man, il nove volte iridato già trentottenne e che aveva lasciato il motomondiale dieci anni prima: una delle più belle imprese del motociclismo.[9]
  • [Sulla Ducati 999] Discussa dal pubblico, ma vincente nel mondiale prima con Hodgson e poi anche con Toseland, e di nuovo, a fine carriera, con Bayliss. Veloce e vincente anche nelle mani di Haga e McCoy, che corrono da privati ma con moto altrettanto efficaci.[9]
  • Era la stagione 1993, Cadalora aveva appena conquistato due titoli mondiali in dueemmezzo con la Honda di Kanemoto e passava in 500 nel team Roberts, sulle Yamaha ufficiali di fianco a Rainey. Luca scoprì immediatamente che la YZR, perfetta per lo stile di guida di Wayne, per lui era semplicemente inguidabile. Allora un pilota dei nostri non poteva nemmeno concepire che una moto si potesse guidare con la derapata del posteriore: per noi della scuola europea era la ruota davanti, erano la precisione e il feeling con l'anteriore che contavano. Luca chiese delle modifiche alla geometria della moto, Kenny Roberts gli rispose "non se ne parla", quella moto vinceva il titolo dal 1990 e non si sarebbe toccata. [...] Cadalora aveva trent'anni, tre titoli in tasca, esperienza, grande passione per la tecnica e molta ambizione. Fu dura per lui prendere paga in 500 e non potersi difendere. Fino a che, a metà stagione, ebbe l'occasione di confrontarsi con Warren Willing, ingegnere australiano ed ex pilota che in quel 1993 guidava per Kenny il team sviluppo. Warren [...] trovò intelligenti le osservazioni di Luca e disse a Roberts che valeva la pena di provarci e lavorare sulla 500. In pochi GP tutto cambiò: Cadalora vinse a Donington, poi a Misano, e si prese altri due podi in quel finale di stagione.[10]
  • Era un grande pilota e dotato di un stile stupendo, Phil [Read]. Era un osso duro, molto motivato e ostico per tutti i suoi compagni di squadra [...][11]
  • Doriano [Romboni] è stato un grande protagonista dei primi anni Novanta. [...] Era veloce, motivato, generoso. Un ragazzo di animo buono, amato da tutti. In carriera si è trovato spesso tra due rivali molto scomodi come Max Biaggi e Loris Capirossi, piloti ruvidi che non facevano sconti. E una cosa si può certamente dire: quando Doriano ha vinto non ha fatto arrabbiare nessuno. La sua guida era aggressiva, ma sempre pulita.[12]
  • Lo sapevate che la legge sul casco obbligatorio per la moto, qui in Italia, arrivò sulla spinta di Maurizio Costanzo? [...] Fino alla metà degli anni Ottanta – gli anzianotti come me lo ricordano bene – l'obbligo ancora non c'era. Ultimi in Europa, ci saremmo arrivati soltanto nell'86: quando i minorenni dovettero forzatamente indossarlo per la nuova legge [...]. E fu proprio Costanzo ad agitare le acque: ospitò nel suo show un professionista genovese, mi pare fosse un medico, che da poco aveva drammaticamente perso la figlia quindicenne in un incidente stradale. La ragazza era senza casco alla guida di un cinquantino, fu travolta da un'auto. Quell'ospite si vide più di una volta e la sua sofferenza colpì: chiedeva che si pensasse ai più giovani, che il casco diventasse un obbligo almeno per loro. Furono gli spettatori e poi l'opinione pubblica a spingere la politica verso l'obbligo del casco. Arrivammo ultimi in Europa per le resistenze dei costruttori, naturalmente, che temevano un calo delle vendite se fosse passato l'obbligo. Una miopia colpevole, ma i tempi erano quelli: invece di mandare un messaggio sulla bellezza del casco, invece di regalarne uno coloratissimo a chi comprava la Vespa 50, la Piaggio aveva commissionato a non so più quale Politecnico uno studio sulla pericolosità del casco: che riduce la visibilità laterale e toglie i suoni dalle orecchie. Molti di noi già allora espressero qualche perplessità. Io naturalmente non so se Maurizio Costanzo volesse fare servizio pubblico, oppure se inseguisse soltanto la visibilità, o il potere, o magari tutte e tre le cose insieme. Ma posso facilmente immaginare che, all'epoca, qualche pressione perché si fermasse ci sia stata. E forte. Non ho mai conosciuto Costanzo, ma di questa sua battaglia gli sono sempre stato grato.[13]
  • È bello rivivere e condividere pezzetti del proprio passato. [...] Ma c'è chi travisa e per esaltare il passato getta fango sul presente. La tesi di molti è: "I piloti di ieri erano dei veri eroi, in loro vedevi passione e talento, quelli di oggi sono soltanto divi". Io comprendo come il passato possa apparire bellissimo e la nostalgia della nostra giovinezza possa esaltare i ricordi. Ma vorrei chiarire che dalle imprese di miti come Hailwood o Saarinen è passato più di mezzo secolo: allora il professionismo quasi non esisteva, in pista c'erano pochi piloti "veri" e tanti appassionati di meccanica. E poi delle moto parlavano pochi media, si andava in tribuna a Imola o a Monza senza conoscere la maggioranza di quei piloti, erano semplicemente altri tempi. È facile vedere la passione nelle foto di Jarno Saarinen con Soili sorridente in bikini che gli mostra il cartello dai box, o in quelle dei meccanici giapponesi della Honda che smontano impavidi i motori sul prato. Ma che senso ha concludere che hanno meno passione per la moto Bagnaia o Bastianini soltanto perché li vedi spesso in tivù, o i meccanici dell'Aprilia soltanto perché sono vestiti tutti uguali in un box tirato a lucido? E il talento. Vorrei ricordare che i piloti di oggi hanno iniziato a correre in moto da bambini e per salire di categoria hanno superato una selezione fortissima: quelli con poco talento sono rimasti esclusi insieme a quelli (purtroppo) che avevano pochi mezzi. Se proprio volete si può magari discutere di giustizia sociale [...] ma non si può certo discutere del talento: tutti i piloti di oggi, ripeto tutti, sono dotati di un talento straordinario.[14]
  • Oggi la televisione spesso si sofferma, indugia, insiste non sulle emozioni – che pure nel nostro sport sono tante – ma piuttosto sulla loro rappresentazione. Sono in tanti che lo avvertono: forse per il timore di perdere pathos lo si a va costruire, spostando sempre di più la cronaca verso il reality. È un trend generale, non è colpa della televisione. Si chiama spettacolarizzazione. Ma quelle esagerate manifestazioni di gioia che quasi tutte le domeniche vediamo rappresentate nel garage della squadra che ha vinto il GP. E i sorrisi, le urla, i canti, le docce di prosecco che neanche avessero vinto lì per lì il campionato mondiale inseguito da vent'anni: alla lunga queste scene perdono la loro carica emotiva, stancano, sanno di teatro costruito a tavolino.[15]

"Piloti e passione"

moto.it, 9 dicembre 2009.

  • [Su Mike Hailwood] [...] ha fatto delle cose talmente belle che per me rappresenta la passione allo stato puro per tutto ciò che ha un motore: le cose gli venivano bene, anche in F1 era fortissimo e in F2 ha vinto il titolo europeo, poi è tornato sulla moto, la Ducati, e ha vinto al TT quando aveva 38 anni. Per pura passione.
  • [Su Giacomo Agostini] [...] il più grande in assoluto nel numero delle vittorie e certamente è stato il primo professionista della moto. Lui si è inventato il mestiere del pilota moderno: preparato, meticoloso, concentrato, durevole. Prima di Ago erano tutti meravigliosi dilettanti. [...] Era molto veloce, però non era acceso dal sacro fuoco dei motori. Era piuttosto appassionato di successi, di donne e di denaro. Mica poco, mica stupido, non dico di no, dico solo che Ago non dava la sensazione di mettere i motori davanti a tutto.
  • [Su Max Biaggi] [...] è stato un fuoriclasse della 250, guida pulitissima e intelligente, ma a me sembrava più attratto dal diventare famoso. A 17 anni sognava di fare il calciatore, mica il pilota.

"Le 5 moto che ho amato di più"

moto.it, 13 gennaio 2010.

  • [Sulla Kawasaki GPZ 900R] È la prima supersportiva completa della storia (quattro cilindri, 115 cavalli, 245 all'ora), fu anche la prima giapponese veramente a posto nella ciclistica, e quando ci misi il sedere sopra, nella presentazione internazionale a Laguna Seca, mi parve addirittura perfetta. Sulle nostre strade era magnifica.
  • [Sulla Honda VFR 750F] Il suo motore V4, con la distribuzione a cascata di ingranaggi, resta per me una meraviglia della tecnica e un riferimento assoluto per la qualità della erogazione. E per il sound. Era una moto completa, ottima per il turismo ma anche nella guida sportiva. Per me, la miglior Honda di sempre.
  • [Sulla Ducati 1198] [...] un simbolo della nostra creatività, una meraviglia che [...] mi ha impressionato su strada e anche in circuito. [...] E la 1198 (magari la S) supera, almeno nel mio personale giudizio, tutti i "pomponi" bicilindrici che l'hanno preceduta.
  • [Sulla BMW R1100 GS] [...] subito mi sembrò bruttina e invece oggi è bella ed era uno spettacolo da guidare su tutte le strade.
  • [Sulla Yamaha YZF-R1] La prima edizione [...] mi eccitò per la sua tremenda esuberanza, una bomba da guidare; quella del 2009 invece per la sua assoluta originalità tecnica: la prima supersportiva di serie con gli scoppi irregolari come sulle MotoGP.

Storia. Vent'anni fa nasceva la MotoGP

moto.it, 27 marzo 2022.

  • [...] a fine marzo 2002, il motociclismo cambiava radicalmente: dopo ben cinquantatré stagioni con la cilindrata ferma a 500 centimetri cubi (dal 1949!), la classe regina prendeva il nome di MotoGP e sperimentava una formula inedita: cilindrata 990, ciclo a quattro tempi, sei cilindri al massimo, pesi diversi secondo il frazionamento. Per la prima stagione, tuttavia, le 500 a due tempi sarebbero sopravvissute: senza di loro griglia miserrima. Lo scenario. La Honda schiera Valentino Rossi e Toru Ukawa sulle RC211V, le formidabili cinque cilindri a V; la Yamaha affida a Max Biaggi e Carlos Checa la nuova M1 quattro cilindri in linea (con cilindrata limitata a 900...); la Suzuki prepara la V4 XRE0 per Kenny Roberts jr e Sete Gibernau, l'Aprilia la RS Cube tre cilindri per Regis Laconi. Le altre moto sulla griglia sono tutte 500.
  • [...] il campionato mondiale scatta ufficialmente a Suzuka, GP del Giappone, 7 aprile. Quella prima gara del 2002 resta nella storia per tante ragioni. Intanto, nella 250 vince una wild card: Osamu Miyazaki con una Yamaha TZ standard. C'era stato un solo precedente nel '98: Daijiro Kato sulla Honda. [...] E la MotoGP va subito a Valentino, che precede il giapponese Ryo sulla Suzuki e Checa con la Yamaha. Un motore a quattro tempi non vinceva dal 29 agosto del 1976, quando Ago aveva portato la MV Agusta all’ultimo successo del Nurburging, con il bagnato, davanti alle 500 due tempi. Dunque sono i due grandi piloti italiani a passarsi il testimone. Da notare che la Honda è la casa che con i motori a quattro tempi aveva già vinto nel mondiale negli anni Sessanta. La superiorità tecnologica della prima marca motociclistica del mondo è sotto i riflettori. La prima 500 due tempi al traguardo di Suzuka 2002 è quella di Nori Abe, quinta e staccata di 20 secondi.
  • Tante le curiosità che ricordo di quella stagione [...]. A Jerez Jorge Lorenzo, ufficiale Derbi, salta i primi due turni di prove: ha meno di 15 anni, in gara è il più giovane pilota della storia. In quel primo GP di Spagna Biaggi è squalificato per non aver ubbidito alla richiesta dello stop and go dopo la partenza anticipata. Le bandiere nere lo perseguitano. Al Mugello la Ducati presenta la bellissima Desmosedici di Filippo Preziosi [...] che scenderà in pista nel 2003, Melandri vince in 250 con la moto di Spiderman, Rossi conquista la quarta MotoGP dell'anno dopo un gran duello con Max mentre Poggiali trionfa in 125: questo è il primo dei nostri quattro en plein (con Barcellona, poi Brno e Australia). Ancora, ad Assen la prima vittoria del giovane Dani Pedrosa in 125, a Donington centesima gara di Vale che vince (per la 46esima volta!) nonostante un pollice rotto in una caduta in prova. Al Sachsenring Melandri porta a casa il successo della 250 dopo... una caduta: la gara per sua fortuna è sospesa subito dopo, causa temporale.
  • Dopo Rio, dove Valentino è campione con quattro gare di anticipo, c'è il GP del Pacifico a Motegi e ad Alex Barros (team Pons) viene affidata l'unica V5 concessa alla squadra. Perché al brasiliano e non a Capirossi? Perché Loris andrà in Ducati l'anno successivo. E si scatena il cosiddetto mondialino: Rossi contro Barros che con la 500 aveva fatto un paio di podi. Ebbene, a Motegi (pole di Kato) vince Barros e Rossi è secondo a 1"6, con Capirossi terzo e staccato. Poi la Malesia a Sepang, dove vince Max Biaggi in volata su Rossi e terzo è Barros a 1"6. In Australia, a Philip Island, domina Valentino che precede proprio Barros di quasi dieci secondi. Infine, nell'ultima gara di Valencia, è Barros che vince in volata su Rossi con Biaggi terzo e staccato. Per un punto, 86 a 85 in quattro gare, Alex Barros si aggiudica quello che passa alla storia come il mondialino. Gli appassionati lo ricordano ancora perché accese il finale di una stagione piuttosto scontata – la superiorità della Honda e di Rossi era stata subito schiacciante – mentre a Valentino deve bruciare ancora "abbastanza", come direbbe lui stesso. Probabilmente la conquista del primo titolo della storia in MotoGP lo aveva appagato, ma la motivazione c'era.

Citazioni non datate[modifica]

  • Casco in testa ben allacciato, luci accese anche di giorno, e prudenza. Sempre![16]

Note[modifica]

  1. Citato in L'ultimo saluto dei motociclisti a Claudio Castiglioni, moto.it, 17 agosto 2011.
  2. Da "Saarinen, Spencer, Biaggi e Marquez. Che poker!", moto.it, 23 aprile 2013.
  3. Da "Pasolini e Saarinen morirono così", moto.it, 16 maggio 2013.
  4. Da Doriano Romboni, la fortuna lo guardava spesso di traverso, moto.it, 30 novembre 2013.
  5. Da "Quando la Honda sbagliò tutto", moto.it, 2 settembre 2014.
  6. Da "Barcellona delle battaglie", moto.it, 8 giugno 2017.
  7. Da "Silverstone, l'attesa sale", moto.it, 24 agosto 2017.
  8. Da "Biaggi, Capirex e sembra ieri", moto.it, 9 gennaio 2018.
  9. a b Da Ducati: le bicilindriche della leggenda Superbike, moto.it, 9 febbraio 2019.
  10. Da "Lorenzo è disperato, come lo era Cadalora", moto.it, 13 agosto 2019.
  11. Da È morto Phil Read, il grande campione britannico, moto.it, 6 ottobre 2022.
  12. Da Doriano Romboni oggi avrebbe 54 anni, moto.it, 8 dicembre 2022.
  13. Da "Il casco diventò obbligatorio grazie a Maurizio Costanzo", moto.it, 28 febbraio 2023.
  14. Da "Piloti veri e di talento, altro che divi!", moto.it, 20 marzo 2023.
  15. Da Nico Cereghini: "Quella carezza di Davide Tardozzi rimette a posto le cose", moto.it, 4 settembre 2023.
  16. Da Grand Prix, Italia 1, ricorrente; citato in Casco ben allacciato, nicocereghini.it.

Bibliografia[modifica]

  • Nico Cereghini, Casco ben allacciato. Da Ago a Valentino – Storie di moto e segreti di guida, Xenia, 2011. ISBN 9788872737255

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