Harald Høffding

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Harald Høffding (circa 1915)

Harald Høffding (1843 – 1931), filosofo danese.

Storia della filosofia moderna[modifica]

Incipit[modifica]

Quel periodo della vita intellettuale d'Europa che chiamasi Rinascimento distinguesi in parte per il distacco dalla servile, sconnessa e limitata concezione medioevale della vita, ed in parte per l'aprirsi dello sguardo a nuovi orizzonti e lo spiegarsi di nuove forze spirituali. Ad ogni rinascita entrano contemporaneamente in azione due fatti: lo staccarsi dall'antico e lo svolgersi di una nuova vita. Ma nella vita dello spirito umano è certamente unico il fatto, che ambo gli aspetti del passaggio ad una nuova epoca risaltino in così ricca misura come qui. In altri periodi di transizione abbiamo generalmente il sopravvento dell'uno di essi sull'altro, o della critica negativa o del nuovo contenuto positivo. Il Rinascimento ha invece questo di particolare che in esso la vita nuova porta essenzialmente con sé la critica dell'antico. Qui stanno la sua salute e la sua forza.

Citazioni[modifica]

  • Sarebbe falso considerare il Medioevo come l'età delle pure tenebre. Non soltanto si dispiegò sotto la signoria ufficiale della chiesa o fuori di essa una serena e fresca vita popolare, che ha lasciato monumenti nelle nuove letterature nazionali allora nascenti, ma anche nel mondo erudito sarebbe molto difficile segnare un confine preciso fra il Medioevo ed il Rinascimento. Specialmente nei paesi latini, e più che altrove in Italia, il legame coll'antichità non venne mai spezzato interamente. (vol. 1, libro primo, cap. 1, p. 4)
  • Il pensiero del Medioevo fu teologico. La teologia di una religione monoteistica parte del pensiero fondamentale che vi sia una causa unica di tutte le cose. Astrazion fatta delle grandi difficoltà che suscita questo pensiero, esso offre il grande vantaggio di avvezzare a guardare oltre alle differenze e particolarità, e di preparare il concetto di una regolare connessione di tutte le cose. All'unità della causa deve corrispondere l'unità della legge. Il Medioevo ha preparato questo pensiero, verso il quale l'uomo naturale sopraffatto dalla molteplicità dei fenomeni ed inclinato al politeismo, non sentesi attratto. Con questo veniva così aperta la via ad una concezione del mondo determinata dalla scienza. Poiché ogni scienza si sforza di ricondurre i fenomeni ad un numero minimo di principi, quand'anche essa debba effettivamente riconoscere che il pensiero di una legge unica e suprema è un ideale inarrivabile.
    Per lo sviluppo delle sue idee in particolare, il pensiero del Medioevo disponeva, come già venne notato, di uno scarso materiale. Ma fu tanto più grande il lavoro che vi venne impiegato. La povertà delle realtà doveva venir compensata dalla ricchezza delle formalità. Il pensiero spiegò un acume formale, un'abilità nel fare delle distinzioni e delle argomentazioni, che è assolutamente senza paragone. Certo si vorrebbe un miglior impiego di questa abilità; ma essa fu pur sempre un'abilità, ed ha avuto una grande importanza nello sviluppo spirituale. Essa ha formato organi che in campi fecondi poterono esplicare la loro funzione. In processo di tempo essa doveva condurre alla critica appunto di quelle presupposizioni le quali da lungo tempo eransi mantenute come i capisaldi che nessuno aveva l'ardire di sottoporre ad esame. (vol. 1, libro primo, cap. 1, p. 5)
  • Non fu per caso che l'Italia divenne la patria del Rinascimento e perciò la culla del pensiero moderno. In Italia meglio che in ogni altro luogo si era mantenuto il legame coll'antichità, ed allorché venne di nuovo tratta alla luce la letteratura antica, poterono gli Italiani appropriarsela in modo autonomo e tutto loro proprio, poiché essa era l'opera della loro stessa antichità, carne della loro carne, ossa delle loro ossa. (vol. 1, libro primo, cap. 2, p. 10)
  • [...] con grande zelo [Christian Thomasius] aveva tentato di abbattere le barriere, fino allora insuperabili, che separavano il mondo erudito dal profano. Egli incominciò fra il resto a tener lezioni ed a pubblicare opere filosofiche in lingua tedesca, ciò che provocò un grave scandalo, tanto che la censura gli ritornò una delle sue opere decretando che non si potesse sottoporre ad essa nessun scritto nel quale venissero trattate materie filosofiche in lingua tedesca. Soprattutto Thomasius molto contribuì con la parola e con gli scritti a promuovere in una più vasta cerchia la trattazione libera ed illuminata di argomenti morali e sociali. (vol. 2, libro sesto, cap. 1, p. 1)
  • La vita di Kant non offre nulla di notevole, nulla di interessante o di curioso. Essa fu una vita calma, intellettuale, tutta dedita allo studio. Egli visse come un semplice cittadino a cui non mancava una discreta tinta della più prosaica pedanteria. E tuttavia dalle profondità intime della sua vita esteriore modesta e tranquilla si levò un regno grandioso di pensieri che illuminò di luce viva la conoscenza e la vita umana. (vol. 2, libro settimo, cap. 1, p. 28)
  • Johann Gottlieb Fichte, il più grande discepolo di Kant, non possedette soltanto la facoltà di immergersi in se stesso, il senso mistico che conduce fino alle profondità della vita interiore, ma altresì l'inflessibile volontà ed il forte sentimento di sé, senza di cui la convinzione del diritto eterno della vita interiore e della sua superiorità su tuttociò che è esteriore non può né affermarsi né svolgersi. (vol. 2, libro ottavo, cap. 2, pp. 133-134)
  • La filosofia idealistica ha in Lotze il suo più importante rappresentante nella seconda meta del secolo [diciannovesimo]. Per la sua individualità e per il corso del suo svolgimento, egli appare come un uomo che abbia in sé accolto in modo interessante così i motivi ideali su cui costruì la filosofia del romanticismo, come il rigoroso svolgimento della concezione meccanica della natura che verso la metà del secolo si era a poco a poco affermata nella scienza. (vol. 2, libro decimo, cap. 3, p. 490)
  • Lotze è maestro nello svolgere i concetti, nell'approfondire un pensiero in modo da porre in rilevo tutte le sfumature, nell'esaminare senza posa un problema trattandolo sotto i più vari punti di vista. Il suo ideale fu, in ultima analisi, quello medesimo vagheggiato dalla filosofia del romanticismo: di derivare, cioè, ogni evoluzione ed ogni concatenazione del mondo da un'unica idea eterna, la quale in sé contenga la ragione ultima di tutto ciò che accade, come pure del valore che questo possiede. (vol. 2, libro decimo, cap. 3, pp. 490-491)
  • [...] l'interesse speculativo di Lotze si riconnette alla sua tendenza realistica. Per lui si tratta anzitutto di comprendere i fenomeni nella loro natura concreta e nella loro determinata e regolare connessione; poscia sorge al pensiero filosofico il compito di ricercare le presupposizioni su cui riposa questa connessione reale. L'elemento poetico, quello scientifico e quello filosofico sono dunque in Lotze strettamente uniti l'uno all'altro, ed egli era, come ben pochi altri, preparato alla trattazione del problema che si era proposto e che le condizioni intellettuali del tempo gli avevano posto innanzi, ossia: tentare la ricostruzione di una filosofia idealistica su di una base realistica. (vol. 2, libro decimo, cap. 3, p. 491)

Explicit[modifica]

Qualunque sia la sorte riservata alla filosofia, la storia di essa mai non cesserà dall'offrirci un duplice interesse: quello cioè di presentarci nelle idee filosofiche i sintomi della direzione seguita dallo svolgimento spirituale dell'epoca e di esporci nello stesso tempo i tentativi che mirano a risolvere i grandi problemi i quali hanno radice nel rapporto teorico e pratico che esiste fra l'uomo e la realtà della quale egli è parte. A questo duplice interesse la presente opera ha cercato di rispondere nel miglior modo possibile. (vol. 2, libro decimo, cap. 4, p. 546)-->

Bibliografia[modifica]

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