Piero Martinetti

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Piero Martinetti

Pier Federico Giuseppe Celestino Mario Martinetti (1872 – 1943), scrittore e filosofo italiano.

Citazioni di Piero Martinetti[modifica]

  • Anche quando io potessi trovare un attributo, una qualità del mio io-soggetto, essa apparterrebbe per ciò stesso che da me è conosciuta all'io-oggetto e l'io-soggetto rimarrebbe come prima nella sua unità inconoscibile.[1]
  • Comprendendo la realtà noi la trasformiamo; penetrando con l'intelligenza il male, noi lo dissolviamo.[2]
  • Il problema dell'avvenire spirituale si riferisce a tutti i principi senzienti che sono nel mondo sensibile; il riferire all'uomo questo privilegio è un grossolano antropocentrismo. [...] sotto l'aspetto morale la rassegnazione e la mitezza con cui l'animale sopporta il suo destino può stare a pari di qualunque valore morale umano. [...] Se le sofferenze inique e crudeli a cui una gran parte degli animali è soggetta non avessero alcun senso, ciò sarebbe nel più alto grado inconciliabile con la giustizia e la bontà divina. [...] Questo solo sappiamo; che ciò che era degno di vivere, vivrà.[3]
  • Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione in Italia.[4]
  • La forza con cui Loisy seppe attraversare tante vicende e tante delusioni, la decisione con cui pose al disopra di tutto i diritti della verità e della coscienza meriteranno sempre il riconoscimento e l'ammirazione degli spiriti religiosi. Nell'opera sua non hanno vissuto soltanto le aspirazioni di una generazione; essa esprime qualche cosa che è di tutti i tempi e che vive anche nelle età più morte, nel secreto dello spirito, attendendo il risveglio.[5]
  • [Commentando l'Etica di Nicolai Hartmann] [...] la tendenza dell'A. alle classificazioni e costruzioni schematiche gli fa perdere qualche volta di vista la realtà concreta: ma quale è il filosofo che sia al tutto mondo da questo peccato?[6]
  • La vera grandezza di Loisy non è nella sua esegesi, né nella sua filosofia; ma in qualche cosa che vale ben più di ogni esegesi e di ogni filosofia: nella sua alta personalità, che attraverso tutta la vita e l'opera sua ha incarnato una volontà insopprimibile di libertà e sincerità nella vita religiosa.[7]
  • Ogni atto della vita non è che un lento processo di unificazione.[8]
  • Qual è il contenuto essenziale della religione filosofica? Essa è la conoscenza di Dio e delle sue leggi eterne: la nostra massima perfezione e il nostro bene supremo stanno nella conoscenza e nell'amore intellettuale di Dio. [...] Finché l'uomo non ha una conoscenza intellettiva di Dio, egli apprende le sue volontà come precetti; ma quando ne ha penetrato la natura, l'obbedienza fa posto all'amore che nasce dalla conoscenza vera così necessariamente come la luce nasce dal sole.[9]
  • Rigorosamente parlando, anche ciò che a noi appare inanimato e materiale è un'esistenza che si partecipa della nostra esistenza, un modo di coscienza che si partecipa della nostra coscienza, un soggetto che comunica col nostro soggetto.[10]

Breviario spirituale[modifica]

Incipit[modifica]

Gettando uno sguardo sull'agire degli uomini in generale e considerandolo con animo perfettamente spassionato, come si considererebbero dei puri fenomeni fisici, senza quella simpatia per cui, senza volerlo, ci associamo ai fini ed agli sforzi dei nostri simili partecipando così un poco alla loro vita interiore, sarebbe difficile persuadersi che noi abbiamo dinnanzi degli esseri dotati di volontà e di ragione.

Citazioni[modifica]

  • Le riflessioni d’un antico imperatore romano non hanno per noi tanto valore se non perché in Marco Aurelio non troviamo soltanto il romano od il filosofo stoico, ma uno spirito universalmente umano: è la ragione che si solleva sopra le differenze di luogo e di tempo e parla a noi con un linguaggio eterno. (Introduzione, cap. VI, Fondamento trascendente della ragione; p. 16)
  • [...] il suicidio non deve essere giudicato per sé ma in rapporto al motivo che lo ispira e che da questo attinge il suo carattere. Come giudicheremo allora quei casi nei quali l'uomo, travolto dalla violenza delle circostanze od oppresso da un isolamento sconsolato, persuaso della vanità d'ogni suo sforzo e dell'inutilità, per sé e per gli altri, della sua vita, mette fine ad un'esistenza inutile e tediosa? Per me confesso che non so trovare dinnanzi a questi casi altro sentimento che quello di una profonda pietà. Il suicidio non è in questi casi una viltà: l'affrontare la morte volontariamente non è mai per sé una viltà ed esige una risoluzione disperata, alla quale un animo veramente vile non si ridurrà mai. È vero che generalmente il suicidio è la conclusione disperata di una vita anormale, alla quale hanno concorso forse anche la leggerezza e la colpa: ma il suicidio è anche l'espressione d'una condanna della vita condotta, la dimostrazione che non era spento nel cuore del suicida ogni buon sentimento: la morte disperata di Giuda prova che egli non era completamente perverso ed era capace ancora del più tormentoso rimorso. (parte prima, La forza, cap. VII, La pazienza, § B, Il suicidio; p. 92)
  • Ad acquistare questo dominio stabile sopra gli impulsi, giova in primo luogo il fare ogni sforzo per rendere la nostra vita indipendente dalle altre cose e ridurre al minimo l'influenza che queste possono esercitare sulla nostra tranquillità interiore. Nel manuale di Epitteto, come nei Ricordi di Marco Aurelio vi sono cose eccellenti a questo riguardo. Soltanto il consiglio, per sé ottimo, assume in essi un aspetto paradossale, perché essi vogliono ricondurre in tutto e per tutto l'azione che le cose esercitano sopra di noi all'opinione che noi ne abbiamo. Ora bisogna, riconoscere che la vita nostra dipende realmente da molte cose e che non è in potere nostro di annullare tale dipendenza: tuttavia è vero che molte dipendenze sono artificiose ed inutili: sono creazioni dell'abitudine, della mollezza di volontà, da cui la ragione può liberarci. (parte prima, La forza, cap. IX, La stabilità interiore; p. 106)

Explicit[modifica]

In tutti i tempi, ma specialmente nelle età come la nostra, la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili che ci offrono il triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione invisibile di tutte le anime sincere che si sono purificate dall'egoismo naturale e nel culto della carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione della verità e la promessa della vita eterna.

L'educazione della volontà[modifica]

Incipit[modifica]

Le più gravi difficoltà che rendono ardua una disciplina sistematica della volontà nascono anzitutto dalla scarsa precisione del concetto stesso di volontà. Che cosa si deve intendere per volontà? Genericamente sotto questo nome s'intende una facoltà, una potenza astratta sussistente indipendentemente dai suoi atti, una specie di forza misteriosa presente nell'animo, che ora entra in azione, ora è restia e che si vorrebbe appunto render docile e pronta al nostro comando.

Citazioni[modifica]

  • La volontà non può dunque venir concepita se non come un aspetto di quella corrente viva che è la coscienza: questo è un punto sul quale la psicologia recente è abbastanza concorde. (p. 42)
  • Noi possiamo dunque, se non mutare improvvisamente il corso delle nostre volontà e delle nostre tendenze, ciò che sarebbe un miracolo, introdurre in noi il germe di nuove energie e nuovi orientamenti e, facendo convergere su questi nuovi elementi la nuova attenzione, difenderli, fortificarli, farne il principio di una nuova volontà e di un nuovo indirizzo della vita. Questo potere è il potere dell'intelligenza o meglio della ragione [...]. (p. 84)
  • Terza dote deve essere la praticità: senza escludere il progresso ed il perfezionamento, esso deve contenere un programma attuabile, senza sforzi eccessivi: del resto a che servirebbe il proporsi delle norme di un'altissima perfezione se esse debbono restare allo stato di pii desideri?
    La seconda legge

    Possiamo quindi formulare questo precetto:
    Procura, per mezzo di una seria riflessione sulla vita e sui suoi compiti, di tracciare a te medesimo una legge ideale della condotta che si estenda a tutta la tua vita. Esprimila in un piccolo numero di massime, chiare, semplici, pratiche. (p. 91)
  • Il primo atto di chi è deciso a rinnovare la propria volontà e la propria vita non sarà quindi un semplice proposito pratico che rimarrebbe allo stato di sterile velleità, ma un rinnovamento di tutto il proprio pensiero per mezzo della riflessione. Egli dovrà chiamare a raccolta le sue esperienze, le sue convinzioni, le sue aspirazioni e stendere col loro aiuto una specie di confessione intima che sia una professione di fede e ad un tempo un codice della condotta. (p. 93)
  • Ma perché questo orientamento iniziale non si perda nell'infinito numero delle vane velleità, è necessario che esso venga mantenuto nella coscienza, esercitato, messo in rapporto con tutte le nostre attività: questa è l'opera della meditazione. (p. 93)
  • Possiamo perciò formulare la nostra quinta ed ultima legge nel modo che segue:
    Per rendere più facile e più sicura la subordinazione della tua vita ai tuoi fini supremi, associa i tuoi sforzi a quelli di coloro che percorrono la stessa via, ma ricordando sempre che l'associazione è mezzo, non fine, e che non deve soffocare ciò che vi è in te di più sacro, la libera volontà della tua personalità morale. (p. 110)

Pietà verso gli animali[modifica]

  • Negli animali non soltanto l'attività, ma gli stessi atteggiamenti, i gesti, la fisionomia tradiscono l'espressione di una vita interiore: una vita forse estremamente diversa e lontana dalla nostra, ma in ogni modo ha anch'essa il carattere della coscienza e non può essere ridotta ad un semplice meccanismo fisiologico.
  • Anche l'uomo ha i suoi istinti: quanta parte della vita umana è retta da questi meccanismi! La ricerca dell'ornamento, il culto della moda, per esempio sono atti istintivi: sono meccanismi coscienti, che l'individuo segue senza capire il fine al quale sono indirizzati. Quindi anche l'uomo è un essere istintivo. D'altra parte l'animale non è puramente istintivo, la sua vita non è un semplice meccanismo d'istinti. [...] Resta sempre un elemento di spontaneità. [...] Ogni animale ha in maggiore o minor misura una certa spontaneità, un'intelligenza individuale, che del resto è stata l'origine prima degli istinti stessi.
  • L'animale ha un principio di senso del dovere e di moralità: bisogna essere volontariamente ciechi per non vederlo. Vi sono innumerevoli esempi, riferiti da osservatori imparziali e perspicaci, che mostrano come vi siano animali capaci di affetti famigliari, di amicizia, di dedizione completa al gruppo di cui fanno parte: e questi sono fatti, che hanno innegabilmente un carattere ed un valore morale.
  • Anche gli animali sono capaci di moralità, di affetto, di riconoscenza: anch'essi godono e soffrono ed esprimono coi mezzi più suggestivi i sentimenti che essi provano: il dolore delle bestie perseguitate a morte, delle madri ferite che supplicano per i loro figli, ha qualche cosa di umano.
  • Gli animali partecipano dunque dell'intelligenza e della ragione, ossia della natura umana: sono esseri affini a noi e il presentimento pietoso non ci inganna quando nei loro occhi leggiamo l'unità profonda che ad essi ci lega.
  • Non vi è nulla che gridi così altamente contro la bontà e la giustizia divina come il dolore animale.
  • Noi diciamo di non conoscere, perché da ogni parte la verità ultima ci sfugge: e nondimeno sentiamo che il processo del conoscere non è un tentativo irragionevole e disperato, ma un tendere infinito, che ha la sua ragione nei compiti più gravi della nostra natura. Ogni grado del conoscere non è per sé, ma per elevarci verso un grado più alto: e questa elevazione è possibile solo per una trasformazione di tutto l'essere nostro. Il conoscere non è solo un processo quantitativo di accrescimento, ma una continua trasformazione del soggetto stesso: come la fenice, il conoscere arde, traducendosi in una nuova personalità ed in una nuova vita, da cui continuamente risorge rinnovato ed elevato.

Explicit[modifica]

Giova perciò sperare che, quando penetrerà in noi un più vero concetto della natura dell'animale e dei suoi rapporti con noi, esso aprirà anche al nostro occhio spirituale un regno dello spirito più vasto che il regno umano: allora gli uomini riconosceranno che vi è fra tutte le creature un rapporto ed un'obbligazione vicendevole ed estenderanno, senza sforzo, a tutti gli esseri viventi quei sensi di carità e di giustizia, che ora considerano come dovuti soltanto agli uomini.

Appendice: Brevi epitaffi per i miei gatti[modifica]

  • 6 gennaio 1904: È morta la povera gattina nera, la compagna delle triste sere e della povera mia vita. Perché l'ho pianta amaramente tutta la sera? Perché la vista di questo piccolo e caro essere immobile per sempre mi commuove e mi addolora nel più profondo dell'animo? Nella sua morte io ho pianto la gran morte di tutte le cose, dell'amore, della speranza, degli affetti più cari. Nella perdita amara io ho sentito l'amarezza irreparabile di tutte le perdite, la rivolta disperata ed inutile contro il destino che spegne successivamente intorno a noi tutto ciò che è più intensamente nostro, tutto ciò che è parte di noi. Rassegnati! E questa parola vuol dire rinuncia! Rassegnati a morire in tutto ciò che ami e preparati a soffrire le estreme amarezze!
  • 5 giugno 1910: Ho attraversato una breve malattia. Nel mese passato ho perduto il mio povero Grisetto, il povero gatto grigio che io amavo come una persona. Ne ho pianto: e una notte l'ho veduto in sogno, l'ho abbracciato e baciato come per separarmene per sempre. Ora di questi giorni che mi trovo qui a Spineto sento una profonda amarezza di non averlo più qui a rallegrarmi con la sua compagnia e la sua tenerezza: come mi è tutto più triste! Non era che un povero gatto: ma questo piccolo essere che io amavo e che mi amava qual posto aveva nella mia vita! Ora io scrivo qui il suo nome per rileggere poi altre volte in avvenire, quando il dolore più cocente sarà passato, queste righe e ricordarmi di lui come d'un piccolo amico la cui scomparsa è stata una solitudine di più, una tristezza irrimediabile di più nella mia povera vita.
  • 1920: Nella notte dall'8 a 9 giugno è morto annegato nel pozzo il povero Minolino la cui povera anima mi era tanto cara. Ma anch'egli viva nella memoria di Dio! Le sue spoglie sono sepolte sotto la magnolia dove andava sempre da vivo.
  • 7 novembre 1926: È morto il povero vecchio gatto Pasqualino che da quasi vent'anni mi teneva compagnia. Negli ultimi mesi era diventato cieco. Non lo dimenticherò mai: dov'è ora la piccola e fedele anima sua? Essa non si è staccata che ora per la morte. Le sue spoglie giacciono sotto la magnolia piccola. Mio povero e caro amico!
  • 5 dicembre: È morta la gattina grigia di malattia. Era così giovane, graziosa e gentile. Anch'essa è nel passato che non torna! È sepolta vicino a Pasqualino.
  • Oggi domenica 23 gennaio 1932 alle 14:30 è morta la povera micina bionda e nera alla quale mi ero tanto affezionato. Ricorderai sempre il suo musino innocente, i suoi occhi semplici e buoni che mi guardavano con meraviglia ingenua quando io la guardavo con tenerezza. Essi mi hanno lasciato un ricordo, un desiderio e un rimpianto di purezza e di bontà. Anch'essa vivrà in Dio! E non ho trovato al dolore cocente altro conforto che il pensiero che fra non molti anni giacerò anch'io in pace dove essa è ora, sotto l'erba verde. È sepolta a nord della magnolia. Addio cara, cara anima!
  • 26 maggio 1935: Questa notte verso le 3 è morta, dopo 15 giorni di malattia, la povera gattina grigia. Era il povero essere caro che mi seguiva per la vigna, che mi faceva compagnia, qui sulla poltrona, nello studio, per lunghe ore. Nei suoi occhi io riposavo i miei, nel suo essere caro io sentivo un conforto, come in nessun essere umano. Ed ora anche tu mi sei tolto e riposerai sotto la magnolia, non lungi dal luogo dove io verrò a riposare fra non molto. Che io ti ritrovi nel seno di Dio! Io non dimenticherò mai la tua figura e sentirò sempre che mi manchi. Che Dio benedica l'essere tuo che si è levato verso di me pieno d'affetto! Che tu sia sempre unita, nel ricordo e nella vita in Dio, con me, anima cara!
  • 27 febbraio 1938: Di questi giorni è sparito il povero Morin, il gatto nero che ti voleva tanto bene. Ricordatelo sempre! Ricorda anche insieme a lui il povero tuo gatto dal muso bianco e nero sparito poco tempo prima. Care, care ombre!

Ragione e fede[modifica]

  • A differenza di altre grandi religioni, la chiesa cattolica ha contro di sé un'esecrabile colpa: le mani sue grondano di sangue di migliaia e migliaia di innocenti: la ferocia con cui essa ha tormentato e soppresso i suoi avversari è senza pari nella storia. (p. 27)
  • La potenza della chiesa cattolica è la potenza di fatto di un'organizzazione gerarchica, la quale si attribuisce un'autorità assoluta: essa non ha bisogno di prove. (p. 30)
  • La posizione autoritaria della chiesa cattolica offre l'affermazione di una dottrina che non soffre discussioni, l'appoggio di una tradizione secolare e d'una moltitudine di credenti, il conforto delle pratiche e dei riti, concede un'indulgenza sapiente, promette riposo e sicurezza: quale meraviglia che le turbe si gettino nelle sue braccia? (p. 31)

Incipit de La libertà[modifica]

Il problema della libertà umana non è un problema psicologico. Sebbene esso si connetta con lo studio della volontà e la sua soluzione si richiami in apparenza alla osservazione interiore, esso si intreccia in modo indissolubile con le questioni metafisiche più profonde e non è se non un momento particolare di un problema più vasto che si estende a tutta la realtà. Come può infatti l'attività dell'uomo venir divelta dal divenire della realtà universale di cui l'essere suo fa parte? L'attività delle cose obbedisce a leggi che vengono generalmente considerate come determinazioni invariabili rette dal principio generale della causalità: e l'uomo appartiene, almeno per il suo essere fisico, a questa connessione naturale.

[Piero Martinetti, La libertà, Libreria editrice lombarda, Milano, 1928.]

Citazioni su Piero Martinetti[modifica]

  • Paragonando il rifiuto delle religioni positive da parte del Croce e del Gentile con quello di Martinetti, Bobbio ha osservato come i primi due le negassero sul piano teorico per ammetterle sul piano pratico (forme mitiche adatte agli indotti; la religione non vera, ma utile), laddove Martinetti, pur considerando la religione fondamentalmente vera, la condannava proprio per i suoi adattamenti a una pretesa funzione sociale («un sistema di verità che debbono essere liberate da pratiche superstiziose che le corrompono»). (Eugenio Garin)
  • Piero Martinetti non ha mai militato nell'antifascismo, il suo era un antifascismo radicale di per sé, in ragione della sua individuale, intima risposta all'imperativo categorico; lo presero a casa di Solari, il maestro di Bobbio, nella grande retata di Giustizia e Libertà del '35, il capolavoro delatorio di Pitigrilli, assieme a Einaudi, Pavese, Bobbio, Mila, Antonicelli e gli altri, ma gli fecero fare un po' di galera per puro gusto sadico, era evidente anche all'Ovra che era comunque altrove, anche rispetto a Giustizia e Libertà. Sì, era altrove, ma intanto lui non ha giurato, "giurare per me era tanto impossibile quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento". (Maurizio Maggiani)

Note[modifica]

  1. Da Introduzione alla metafisica, p. 107.
  2. Da La dottrina della libertà in Spinoza, in La religione di Spinoza, p. 29.
  3. Da Kant, Bocca, Torino, 1946, pp. 258-260; citato in Aldo Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano, 1966, pp. 236-237.
  4. Pronunciata più volte, compreso il giorno del suo arresto, il 15 maggio 1935, secondo la testimonianza della moglie di Gioele Solari. Cfr. Angelo Paviolo, Piero Martinetti aneddotico. L'uomo, il filosofo, la sua terra, Le Château Edizioni, Aosta, p. 62.
  5. Da Le memorie di Alfredo Loisy, estratto dalla «Rivista di Filosofia», anno XXIV, n. 1, Tipografia G. Biancardi, Lodi (Milano), [1933?], p. 35.
  6. Da Filosofia morale di Nicolai Hartmann, Estratto dalla «Rivista di Filosofia» - N. 1 Gennaio Marzo 1935, Milano, p. 37.
  7. Da Le memorie di Alfredo Loisy, ibidem, p. 35.
  8. Da Scritti di metafisica e di filosofia della religione, volume I, Milano, 1976.
  9. Da Problemi religiosi nella filosofia di B. Spinoza, in La religione di Spinoza, pp. 160-161.
  10. Da Scritti di metafisica e di filosofia della religione, Edizioni di comunità, 1976, vol. I, p. 181.

Bibliografia[modifica]

  • Piero Martinetti, Breviario Spirituale, ISIS, 1923.
  • Piero Martinetti, L'educazione della volontà, a cura di Domenico Curtotti, Edizioni Clandestine, Marina di Massa, 2006.
  • Piero Martinetti, La religione di Spinoza, a cura di Amedeo Vigorelli, Edizioni Ghibli, Milano, 2002.
  • Piero Martinetti, Pietà verso gli animali, Nugae – Il Nuovo Melangolo, Genova, 1999.
  • Piero Martinetti, Ragione e fede, Guida, Napoli, 1972.

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