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Jacob Levi Moreno

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Jacob Levi Moreno

Jacob Levi Moreno (1889 – 1974), psichiatra rumeno.

Citazioni di Jacob Levi Moreno

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  • Ebbene, dottor Freud, io comincio dove lei finisce. Lei incontra le persone nel setting artificiale del suo ufficio. Io le incontro nelle strade e nelle loro case, nel loro ambiente. Lei analizza i loro sogni. Io do loro il coraggio di sognare ancora. Lei le analizza e le scompone. Io consento loro di agire i loro ruoli conflittuali e le aiuto a comporre le parti separate.[1]
  • Ho cercato di fare mediante la sociometria ciò che la religione senza la scienza non è riuscita a fare in passato e ciò che la scienza senza la religione non è riuscita a fare nella Russia Sovietica.[2]
  • La spontaneità e la creatività non sono affatto processi identici e neppure sono simili. Esse rappresentano categorie ben distinte quantunque, da un punto di vista strategico, siano strettamente legate l'una all'altra.[3]
  • Un incontro di due
    occhi negli occhi, volto nel volto.
    E quando tu sarai vicino
    io coglierò i tuoi occhi
    e li metterò al posto dei miei
    e tu coglierai i miei occhi
    e li metterai al posto dei tuoi,
    allora io ti guarderò coi tuoi occhi
    e tu mi guarderai coi miei.
    [4]

Le parole del Padre

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  • Ho udito qualcuno dire:
    Dio è morto?
    Ma come potrei essere morto
    se ancora devo nascere?
    Ho udito qualcuno dire:
    Dio è nato?
    Ma come potrei essere nato essendo l'immortale
    L'uomo è una facile preda,
    facile da uccidere,
    facile da ingannare.
  • Negare l'esistenza a un uomo
    è negare l'esistenza a me.
  • Se un uomo
    volgendosi verso il proprio cuore
    non è onesto con se stesso,
    se non crede
    che i suoi atti influenzino
    il corso del mondo,
    come può, allora, egli credere
    che sua moglie sia onesta
    con se stessa?
    come può credere
    che i suoi genitori,
    i suoi fratelli e sorelle,
    i suoi vicini,
    i suoi amici,
    i suoi nemici,
    siano onesti con se stessi?
    E se non è onesto
    con se stesso
    come può credere in me?

Manuale di psicodramma, n.1 - Il teatro come terapia

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  • Il palcoscenico è uno strumento essenziale, indispensabile alla forma ideale e concreta dello psicodramma. E' indispensabile quanto il regista, i soggetti, gli Io ausiliari e il pubblico. (p.333)
  • Il sociodramma ha due radici: socius, che significa associato, l'altro individuo, e drama che significa azione. Sociodramma indicherebbe azione a favore dell'altro individuo [...] il vero soggetto del sociodramma è il gruppo [...] il gruppo nel sociodramma corrisponde all'individuo dello psicodramma. (p.418)
  • [Sul modello di Beacon (N. Y.) del Teatro di psicodramma, 1936] Il teatro è lungo circa 21 metri e largo circa 9 metri e mezzo. Ha un'altezza di circa 12 metri. Il palcoscenico occupa quasi metà del teatro. E' formato da tre piattaforme a cerchi concentrici. La più larga, circa 5 metri di diametro, poi una con un diametro inferiore di circa mezzo metro e, in alto, la piattaforma principale che ha un diametro di circa 3 metri e mezzo. La balconata, più o meno tre metri al di sopra del palcoscenico, è lunga quanto la larghezza del teatro e, a partire dalla parte frontale, si estende per un metro fino a una linea sopra il margine esterno del palcoscenico. [...] Ci sono due gruppi di luci: uno sopra e quasi di fronte alla balconata e uno sopra e di fronte al palcoscenico superiore. (p.334)
  • [Sul modello viennese del Teatro di psicodramma, 1924] Questo modello rappresenta un teatro senza auditorium. L'intero teatro è occupato dal palcoscenico principale al centro, con vari livelli che mettono in rilievo la dimensione verticale e numerosi palcoscenici laterali distribuiti un po' dovunque in posizioni strategiche, in modo che gli attori-spettatori seduti lateralmente possano salirci ed entrare in azione. (p.334)
  • [Sul modello di Teatro di Psicodramma del St. Elizabeth Hospital, 1940] Tre piattaforme montate circolarmente, di vari diametri. formano le principali aree di azione. La superficie superiore del livello si trova a mezzo metro dal pavimento, con gradini che misurano 25 - 20 - 35 centimetri man mano che salgono [...] Un'altra caratteristica del disegno di questo tipo di teatro è l'equidistanza tra spettatori e attori. Il palcoscenico si spinge in fuori, fino alla platea rendendo il pubblico parte integrante dell'esperienza messa in scena. Il pubblico simbolizza il mondo e di solito comprende i reali membri dell'atomo sociale del paziente-attore e le persone da lui scelte per recitare la loro parte. (p.336)

Manuale di psicodramma, n.3 - Tecniche di regia psicodrammatica

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  • All'epoca in cui conobbi Freud (1912) ero contrario alla psicoanalisi. La rifiutavo perché aveva sostituito al mistero dell'esistenza uno schema di transazioni irreali, promettendo al paziente l'autorealizzazione, ma in realtà privandolo della possibilità di trovare la propria essenza nella vita stessa. Proposi pertanto di sostituire alla psicoanalisi lo psicodramma. (p.44)
  • Anche quando viene data un'interpretazione, l'azione è primaria. Non può esservi interpretazione senza precedente azione. (p.267)
  • Il protagonista non deve essere mai lasciato con l'impressione di essere l'unico del gruppo ad aver vissuto il suo tipo di problema. (p.268)
  • Il riscaldamento allo psicodramma può avvenire in modo diverso da cultura a cultura e si possono dover apportare adeguati cambiamenti nell'applicazione del metodo. (p.268)
  • Il sociodramma ha due radici: socius, che significa associato, l'altro individuo, e drama che significa azione. Sociodramma indicherebbe azione a favore dell'altro individuo [...] il vero soggetto del sociodramma è il gruppo [...] il gruppo nel sociodramma corrisponde all'individuo dello psicodramma. (p.336 e p.418)
  • Il soggetto o paziente agisce nel "qui ed ora" a prescindere da quando sia avvenuto o possa avvenire l'episodio reale, passato, presente o futuro o da quando sia stato fantasticato l'episodio immaginato, o da quando sia avvenuta la situazione cruciale a partire dalla quale è nata la messa in scena attuale. (p.264)
  • Il teatro per lo psicodramma non è in sé un edificio particolare, è un'estensione dell'edificio principale stesso. Questa disposizione è un duplicato simbolico del fondamentale, perenne retroterra psicologico dell'uomo. A partire dall'infanzia in poi esso è suddiviso dalle dimensioni della realtà e della fantasia. (p.213)
  • L'interpretazione e l'insight in psicodramma sono di natura diversa che nella psicoterapia di tipo verbale. (p.267)
  • L'interpretazione può essere discussa, rifiutata o del tutto inefficace. L'azione parla da sola. Inoltre l'interpretazione è colorata dall'orientamento del singolo terapeuta. Così, un freudiano interpreterà da un punto di vista diverso da quello di un adleriano, uno junghiano, un seguace della Horney, e così via. Ma questo non cambia in alcun modo il valore della rappresentazione stessa. Non fa altro che porre l'interpretazione ad un rango di importanza secondario. Talvolta, effettivamente l'interpretazione analitica potrebbe anche essere distruttiva più che terapeutica; può darsi che il paziente abbia bisogno, più che di analisi, di identificazione emotiva. (p.268)
  • Lo psicodramma è tanto un metodo di educazione all'autocontrollo quanto un metodo di espressione libera. (p.266)

Il Profeta dello Psicodramma

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  • Lo psicodramma della mia vita ha preceduto lo psicodramma come metodo. Fui il primo paziente della terapia psicodrammatica, protagonista e regista allo stesso tempo.
  • I miei occhi sono azzurri. mi dicevano che erano grandi, sorridenti, pieni di gentilezza e amore. Guardandomi negli occhi, la gente sentiva che potevo entrare nella loro mente.
  • Avevo l'idea fissa che un singolo individuo non avesse alcuna autorità, che dovesse diventare una voce in un gruppo da cui originare il nuovo Vangelo. Pertanto andai alla ricerca di amici, di seguaci, di gente buona. La mia era la nuova religione dell'essere, dell'autoperfezione, dell'aiuto e della guarigione, perché aiutare era più importante del parlare.
  • Indossavo un mantello verde scuro che mi arrivava quasi alle caviglie. Tutti cominciarono a identificarlo come, il mantello del profeta. Lo portavo estate e inverno, forse con l'intenzione di rendermi facilmente identificabile, come un attore che indossa sempre lo stesso costume ad ogni performance.

Citazioni su Jacob Levi Moreno

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  • [Intervistando la moglie, Zerka Toeman Moreno] È vero che Moreno pensava di essere l'autore della terza rivoluzione psichiatrica dopo Pinel e Freud? [...] Come mai lo psicodramma che è nato dalla ricerca della spontaneità, ha finito per richiedere un training così specializzato per la formazione dei suoi esperti? È così difficile la spontaneità? (Fernanda Pivano)
  • A Beacon venni a sapere di questi giochi di ruolo dove lo psichiatra e i suoi attori ausiliari diventavano i personaggi della famiglia e del romanzo familiare del paziente ma anche degli animali, dei draghi e i diavoli delle fantasie. [...] Una paziente schizofrenica, che in seguito alla morte per incidente del suo bambino era convinta di vivere all'inferno e non parlava più, non comunicava più, venne portata al Teatro del dottor Moreno quando sembrò irrecuperabile. Moreno glielo mise in scena nel suo teatrino di Beacon, l'inferno del delirio, e chiese a un attore di gettare tra le luci rosse del palcoscenico un cuscino, parlandogli come fosse il bambino della paziente condannato alle fiamme per l'eternità. Così la donna urlò e si alzò in piedi per interrompere il gioco e pianse e lottò e lentamente ritrovò prima la parola poi la ragione. (Fernanda Pivano)
  • Così racconta Jacob Moreno, l'inventore della sociometria ossia di un sistema facile e divertente per indicare con linee e frecce colorate quali sono le nostre relazioni con gli altri, chi ci vuole bene, chi noi vogliamo bene; con quali amici siamo a nostro agio, quali persone ci stanno antipatiche: Io stavo al centro, spesso mi spostavo dai piedi dell'albero magari andandomi a mettere più in alto, su di un ramo: i ragazzi formavano un cerchio, al di là del primo cerchio se ne formava un secondo e poi un altro ed un altro ancora: il cielo formava il confine. Chi vuole saperne di più sulla sociometria può leggere il famoso libro scritto da J. L. Moreno Who Shall Survive (Principi di Sociometria). (Domenico De Masi)
  • [Al teatro di psicodramma di New York] Alcuni tra noi cominciano a provare curiosità e a interessarsi di quel che sta succedendo sulla pedana: un vecchio con la ragazza, un dottor Moreno prestigiatore e mago che incanta voluttuosamente una sirena meravigliosa, un corpo spagnolo della decadenza europea alle prese con un corpo americano di perfetta e prorompente prestanza, un animo complicatamente sensuale in lotta con un animo puritano innocentemente.
  • Come era bravo Moreno in quegli anni, parlo degli anni Sessanta, stando al botteghino e raccogliendo i tre dollari di entrata per il servizio psicodrammatico notturno, assieme alla moglie; era dolce, spagnolesco, infantile, un po' abbondante di pancia, ma l'occhio gli usciva acuto e vivido; sua moglie, in nero, un po' rude e severa, stava già ai lati del palco nudo, con le seggiole e il tavolo, in attesa di entrare in scena, e di reggere l'azione.
  • Il pensiero di fondo è di seducente semplicità: la nostra vita individuale è indissolubilmente legata al comportamento del gruppo; l'intreccio di relazioni all’interno del gruppo quale viviamo, dalla famiglia al gruppo professionale, determina il nostro sviluppo e la nostra salute. Giocare ci guarisce. Occorre solo essere capaci di giocare. Questo è l'insegnamento di Jacob Levy Moreno.
  • Moreno ne Il teatro della spontaneità in effetti mescolava i suoi mitici ricordi di animazione nei parchi di Vienna, con prostitute e bambini, su alcune disposizioni di gioco drammatico spontaneo su tecniche e modalità fuori campo, e così attirava e si faceva odiare per la sua diretta partecipazione e per la sua oggettiva esperienza.
  • Moreno si batte per il non-prodotto (il suo amore per l’abbozzo e per il momento) sia come stesura letteraria del testo, sia come ambientazione scenografica, sia come accantonamento del professionismo interpretativo. Tutta l’opera, nella sua interezza, lo status nascendi prende forma sotto i nostri occhi, in una sequenza che è il rovesciamento di tutto ciò che avevamo visto finora: la genesi dell’idea, la concezione e la progettazione della scena, la distribuzione dei ruoli e la metamorfosi dell’attore.
  • In Francia e in Italia Moreno è, da sempre, un po' misconosciuto.
  • La terapia attraverso il teatro e un ruolo appreso non costituiscono per Moreno lo psicodramma.
  • Moreno è il primo ad aver osservato che il terapeuta è membro del gruppo, come gli altri partecipanti, sebbene con un ruolo diverso, che partecipa a modo suo al gruppo e in una certa maniera ne trae beneficio anche lui.
  • Moreno definisce spesso il tele come una reciproca comunicazione, aperta, reale, comprensiva del transfert e dell’empatia e che sarebbe fattore di coesione dei gruppi. Lo avvicina alla sua teoria dell’Incontro, del co-conscio di gruppo, del co-inconscio e dell’espansività affettiva; pertanto può essere positivo o negativo.
  • Moreno si dice certo che ciascun uomo rechi in sé una facoltà creatrice, che può essere portata alla luce: lo psicodrammatista sarà, come Socrate, una balia, una levatrice.
  • Non vogliamo discutere se Moreno fosse a sua insaputa pirandelliano o se Pirandello sia stato influenzato da Moreno. “A ciascuno la sua verità”. “Come tu mi vedi, come tu mi vuoi” è la dialettica dell’incontro, che persino un bambino, un malato o un adulto un po’ fragile possono comprendere, tramite l’azione e l’interazione, con tutte le modificazioni profonde e durature che ne conseguono.
  • Per Moreno, come per Freud, l'uomo nasce incompiuto. Necessita di una matrice sociale e di ego ausiliari (madre, famiglia, amici, gruppo, società, terapeuta o consulente) per nascere come uomo.
  • Secondo Moreno, è durante il rovesciamento dei ruoli che avviene l'incontro, quando si vede con gli occhi e si parla con la bocca dell'Altro, avvertendone il mondo interiore, al suo posto.
  • L'esigenza di una indagine genetica che riveli la radice intersoggettiva della nevrosi, reagendo al pericolo solipsistico della psicoanalisi, rimane, l'aspetto più interessante e valido della ricerca moreniana. [...] L'intersoggettività che Moreno vuol rivendicare in sede diagnostica e in sede terapeutica, si rivela come una intersoggettività astratta, o come diremmo in linguaggio fenomenologico, non fondata.
  • La soggettività concreta deve poter usare le sue tecniche espressive nella loro totalità: il gesto, la parola, il movimento corporeo sono gli strumenti adeguati per tale procedimento terapeutico. Il corpo è considerato da Moreno come un organe d'expression, porteur d'intentions.
  • L'individuo, la cui caratteristica di fondo è per Moreno costituita dalla spontaneità-creatività, si allinea nel ruolo: nel momento in cui si apre un conflitto, più o meno consapevole tra soggetto e ruolo, tra individuo e modello già dato, sorge la malattia, l'ansia, la nevrosi.

Note

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  1. Dall'Autobiografia; citato in Giovanni Boria, Psicoterapia psicodrammatica, Franco Angeli, 2005, p. 302.
  2. Who Shall Survive?, p.19
  3. Who Shall Survive?, p.53.
  4. Da Motto, in Invito a un Incontro, 1914; citato in Giovanni Boria, Lo psicodramma classico, Franco Angeli, 2000.

Bibliografia

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  • Jacob Levi Moreno, Le parole del padre (1923) tr.it. di Joe Quercia, Phasar Edizioni, Firenze, 2014, ISBN-13: 978-8863582505
  • Jacob Levi Moreno con Zerka Toeman Moreno, Manuale di psicodramma, n.3 (1969) - Tecniche di regia psicodrammatica (1969), ed. it. di Ottavio Rosati, Roma, 1987, ISBN-13: 978-8834008935
  • Jacob Levi Moreno, Manuale di psicodramma, n.1 - Il teatro come terapia, ed. it. di Ottavio Rosati, Roma, 1985, ISBN 978-88-340-0840-9
  • Jacob Levi Moreno, Who Shall Survive? (1953) Principi di sociometria, psicoterapia e sociodramma, a cura di Maurizio Gasseau, Di Renzo, Roma, 2007, ISBN-10: 8883231589
  • Jacob Levi Moreno, Il profeta dello psicodramma, a cura di Ottavio Rosati, Di Renzo ed. Roma, 2002, EAN:9788883230448

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