Karl-Wilhelm Weeber

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Karl-Wilhelm Weeber nel 2010

Karl-Wilhelm Weeber (1950 – vivente), filologo classico e storico tedesco

Vita quotidiana nell'antica Roma[modifica]

Incipit[modifica]

Cicerone, che attacca con la sua brillante retorica gli avversari politici di fronte al Senato o all'assemblea del popolo; Seneca, che con i suoi aforismi raccomanda una vita fondata sulla filosofia; Cesare, che accompagna al suo genio strategico un congeniale talento scrittorio; Catone il Censore, per finire, il quale sembra incarnare, con il suo ceterum censo[1], la Roma imperiale: sono tutte figure che si associano all'antica Roma, cifre di risultati culturali e politici prestigiosi, nonché fondamenta storico-spirituali della comune tradizione europea, la cui conoscenza potrebbe davvero essere più importante, per l'auspicato processo di integrazione dell'Europa e per la collocazione di questa nel contesto globale, rispetto alla modifica x alla direttiva comunitaria y in materia di birra o di banane. (Premessa)

Citazioni[modifica]

  • Gourmet e gourmand, lusso squisito a tavola e banchetti peccaminosamente eleganti, raffinatezza effettiva o dubbia sino all'uso di emetici: sono queste, grazie a Lucullo, Apicio e Petronio, le più frequenti associazioni che ci si presentano alla mente parlando di "cibo" dei Romani. Tutto ciò, naturalmente non ha niente a che vedere con l'alimentazione quotidiana di gran parte della popolazione, che era invece estremamente frugale e solo di rado andava al di là della mera sussistenza. (Alimentazione di base, p. 32)
  • La rete complessiva degli acquedotti romani misurava oltre 500 chilometri e la quantità dell'acqua potabile che affluiva giorno dopo giorno a Roma ammontava come minimo a 500.000 metri cubi, [...]. Presupponendo realisticamente che la popolazione ammontasse a circa 1 milione di abitanti, ciò comportava statisticamente un'offerta pro-capite di acqua di circa 500 litri, valore che sarà raggiunto nuovamente solo nel XX secolo, e certo non ovunque. (Approvvigionamento idrico, pp. 38-39)
  • Anche se in altre città, l'approvvigionamento idrico non era così ricco come a Roma, in epoca imperiale era comunque dato per scontato che vi fossero acquedotti quasi ovunque. Erano in genere le municipalità a finanziare la dispendiosa costruzione di condutture; spesso vi erano però privati che elargivano somme elevate e si lasciavano erigere dai concittadini monumenti quale ringraziamento per la loro generosità. Anche l'imperatore partecipava in genere sovvenzionando o "donando in toto" un acquedotto. (Approvvigionamento idrico, p. 41)
  • Per quanto riguarda l'igiene dei loro antenati, molti Romani di età imperiale erano dell'opinione che questi progenitori, peraltro tanto ammirati, fossero stati dei veri sporcaccioni (immundissimi): «certo, si lavavano ogni giorno braccia e gambe, ma si facevano un bagno completo solo i giorni di mercato», ovvero ogni nove giorni. (Bagni, p. 56)
  • Nell'antica Roma non esisteva un sistema bancario come il nostro. Si può tuttavia parlare di una sua forma rudimentale, mentre non esistevano titoli, un'organizzazione regolare dei crediti e giroconto.
    Il banchiere romano si chiamava argentarius ("colui che cambia l'argento"), nummularius ("colui che conta – o anche 'verifica' – le monete") o coactor ("esattore"). Per lavorare gli bastava un tavolo o un piccolo locale. A Roma le tabernae dei banchieri si trovavano alla periferia orientale del Foro Romano [...] La presenza di banchieri è attestata da iscrizioni anche nei piccoli centri della campagna italiana e delle province. (Banca, p. 65)
  • [...] nel mondo romano la disoccupazione è stata sempre un fenomeno non irrilevante della vita quotidiana, le cui proporzioni variarono a seconda del tempo, luogo e congiuntura economica, con particolare riferimento agli investimenti pubblici nel settore edilizio. I salariati (mercenarii, operarii) dovevano prevedere sempre una disoccupazione transitoria: nei loro confronti il principio dello hire and fire[2] era applicato con una naturalezza davvero spietata; erano spesso pagati a giornata oppure licenziati "naturalmente" alla conclusione dei lavori. (Disoccupazione, p. 145)
  • Il gentleman inglese che non muove passo senza il suo umbrella probabilmente non sa di servirsi di un oggetto che nell'antica Roma era usato solo dalle donne e soprattutto per proteggersi dal sole, non dalla pioggia: umbella (più raramente umbrella) e umbraculum sono diminutivi di umbra, "ombra". Le signore aristocratiche, orgogliose della loro carnagione chiara, usavano infatti ombrelli colorati per proteggersi dal sole. (Ombrello, p. 291)
  • Gli stabilimenti balneari e termali furono vere e proprie cristallizzazioni della cultura romana del tempo libero. Biglietti d'ingresso a prezzo contenuto e un'ampia offerta di divertimenti attraevano ogni giorno alle terme – aperte per lo più da mezzogiorno a sera – migliaia di Romani. Vi facevano il bagno schiavi e senatori (che tuttavia avevano spesso nelle ville di campagna il loro bagno privato), donne e uomini. (Tempo libero, p. 394)
  • Ciascuno [nelle terme] poteva raggiungere la beatitudine nel modo a lui più confacente. Fare il bagno e la sauna, giocare a palla, curarsi il corpo, mangiare e bere, chiacchierare con gli altri frequentatori delle terme, ascoltare i discorsi, leggere nella biblioteca delle terme, apprezzarne i tesori artistici, mettersi d'accordo per la cena o per un banchetto, o semplicemente girellare per osservare il colorato andirivieni degli altri; chi aveva tempo a sufficienza, si tratteneva parecchie ore in questi centri del tempo libero romano, e a qualcuno piaceva tanto il vino servito nel bar delle terme che le lasciava barcollando. (Tempo libero, p. 394)
  • Se è vero che la cosa più bella della scuola sono le vacanze, gli scolari romani avrebbero dovuto apprezzarle ancor più di quelli contemporanei: i giorni liberi durante un anno scolastico romano erano infatti molti di meno. (Vacanze scolastiche, p. 416)

Note[modifica]

  1. Cfr. Marco Porcio Catone in Plutarco, Vita di Catone: «Ceterum censeo Carthaginem esse delendam» («Per il resto ritengo che Cartagine dev'essere distrutta»), proverbiale esortazione con la quale Catone concludeva ogni suo discorso.
  2. Assumere frequentemente nuovo personale e licenziare quello esistente.

Bibliografia[modifica]

  • Karl-Wilhelm Weeber, Vita quotidiana nell'antica Roma (Alltag im Alten Rom: ein Lexikon), traduzione di Francesca Ricci, Newton Compton editori, Roma, 2007.

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