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Georges Simenon

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Georges Simenon nel 1965

Georges Joseph Christian Simenon (1903 – 1989), scrittore belga di lingua francese.

Citazioni di Georges Simenon

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  • Bisogna credere per forza che l'uomo abbia voluto vivere in società, dato che la società esiste; però, da quando esiste, l'uomo usa buona parte della sua energia e della sua astuzia per lottare contro di essa.[1]
  • Con gli anni Maigret ha imparato che non si ammazza senza un motivo, anzi sen­za un serio motivo. E anche ammesso che l'omicidio fosse opera di un folle o di una folle, si trattava comunque di una persona in carne e ossa, che faceva parte dell'ambiente della vitti­ma.[2]
  • Da lei emanava quello che i cineasti americani chiamano sex-appeal. Perché una donna può essere bella ma non seducente, mentre altre dalle sembianze meno perfette risvegliano il de­siderio o un senso di romantica nostalgia.[3]
  • Dentro di sé la chiama­va 'la teoria della crepa'. In ogni malfattore, in ogni delinquente c'è un uomo. Ma c'è anche e soprattutto un giocatore, un avversario: ed è questo che la polizia tende a vedere in lui, è questo che, in generale, affronta. La lotta viene ingaggiata su dati più o meno oggettivi, come ogni problema a una o più incognite che la ra­gione si sforza di risolvere. Maigret agiva come gli altri. Ma lui cercava, aspettava, spiava soprat­tutto la 'crepa'. Il momento in cui, in altri ter­mini, dietro il giocatore appare l'uomo.[4]
  • È così difficile, a New York, riusci­re a capire da dove vengano le persone![5]
  • Gli pareva che in tutto il mondo non ci fossero che due tipi di uomini, quelli che chinano la testa e gli altri. Già da bambino la pensava in questi termini, anche se allora usava un'immagine infantile: c'è chi sculaccia e chi viene sculacciato.[6]
  • I fatti possono concedersi il lusso di essere – o di sembrare – complicati. Gli uomini, invece, sono più semplici di quanto ci si immagini.[5]
  • La verità non sembra mai vera.[7]
  • Scrivere non è una professione, ma una vocazione di infelicità.
Writing is not a profession but a vocation of unhappiness.[8]
  • Sempre, in tutta la mia vita, ho avuto grande curiosità per ogni cosa, non solo per l'uomo, che ho guardato vivere ai quattro angoli della terra, o per la donna, che ho inseguito quasi dolorosamente tanto era forte, e spesso lancinante, il bisogno di fondermi con lei; ero curioso del mare e della terra, che rispetto come un credente rispetta e venera il suo dio, curioso degli alberi, dei più minuscoli insetti, della più piccola creatura vivente, ancora informe, che si trova nell'aria o nell'acqua.[9]
  • Si è pronti a tutto, ma non alle bizzar­rie della realtà.[10]

Hôtel del ritorno alla natura

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Chi dei due era arrivato lì per primo? E perché scegliere proprio quel posto, anziché un altro? Che cosa aveva di diverso dal terreno circostante? Difficile dirlo; eppure la sterpaglia era meno folta, per quanto riguarda il terreno, e si capiva che era là, e non altrove, che bisognava fermarsi.
I due uomini, che in quel momento ignoravano l'uno la presenza dell'altro, guardavano nella stessa direzione, verso il mare inondato di sole su cui sembravano invischiate le vele di una goletta. Poi ci fu quel fremito che annuncia il risveglio di un dormiente, o il pigro stirarsi di un animale, ed entrambi smisero nello stesso istante di fissare il mare e si voltarono.

Nella cabina c'erano dei fiori; la porta si richiuse non appena Rita si fu seduta sulla sua cuccetta.
Alle dieci meno un quarto i giornalisti presero d'assalto la scaletta, ma il comandante vigilava personalmente.
«Rita Ehrlich? Mai sentita!» rispondeva.
E quando protestavano, il comandante scoppiava in una lunga risata.
A mezzogiorno, mentre il cargo scendeva il fiume, preparò la tavola della piccola sala da pranzo in cui per settimane, fino ad Amburgo, avrebbe consumato i suoi pasti solo con Rita.
Quel giorno lei non si svegliò prima di sera e rifiutò di uscire dalla cabina, dove rimase sdraiata a occhi aperti, a guardare il grosso occhio rotondo dell'oblò argenteo come una luna.

La camera azzurra

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«Ti ho fatto male?»
«No».
«Ce l'hai con me?»
«No».
Era vero. In quel momento tutto era vero, perché viveva ogni cosa così come veniva, senza chiedersi niente, senza cercare di capire, senza neppure sospettare che un giorno ci sarebbe stato qualcosa da capire.

Citazioni

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  • La camera era azzurra, di un azzurro – aveva notato un giorno – simile a quello della liscivia. Un azzurro che lo riportava all'infanzia, ai sacchetti di tela grezza pieni di polvere colorata che sua madre diluiva nella tinozza del bucato prima di risciacquare la biancheria e stenderla sull'erba scintillante del prato. A quel tempo lui doveva avere cinque o sei anni, e si chiedeva come mai una polverina azzurra potesse ridare il bianco ai tessuti. Gli sembrava un miracolo. (p. 10)
  • «Alla fine ha deciso che, nei giovedì in cui poteva raggiungermi all'albergo, avrebbe steso un asciugamani alla finestra». La finestra della camera da letto in cui lei e Nicolas dormivano insieme! Era una delle tre finestre, col davanzale sporgente, che si aprivano sopra il negozio. (p. 54)
  • Con quei capelli biondi, il colorito pallido, i lineamenti delicati, la gente tendeva a trovare in lei qualcosa di angelico. Invece amava i sapori forti, le aringhe affumicate, le insalate condite con aglio e aceto in abbondanza, i formaggi fermentati. Quando lavorava nell'orto non era difficile sorprenderla a sgranocchiare una grossa cipolla cruda. (pp. 79-80)
  • «Ti piacerebbe passare con me il resto della tua vita?». Chissà che cosa sarebbe successo se il treno non avesse fischiato, come per lanciargli un avvertimento, mentre lei, con la sua voce un po' roca, diceva: «Dimmi, Tony. Se io mi ritrovassi libera...». Era arrivato al punto di detestare le parole! (pp. 94-95)

Infine, il presidente pronunciò il verdetto. Pena di morte per entrambi gli imputati, commutata, su istanza della giuria, nei lavori forzati a vita.
Nel tumulto che seguì, mentre il pubblico si alzava tutto insieme, anche Andrée si levò in piedi e si rivolse lentamente verso Tony.
Questa volta lui fu incapace di girare la testa dall'altra parte, tanto il suo volto lo affascinava. Mai, neppure nei momenti in cui i loro corpi erano stati più uniti, l'aveva trovata così bella, così raggiante. Mai aveva visto sulla sua bocca carnosa un sorriso che esprimesse così intensamente il trionfo dell'amore. Mai, con un solo sguardo, si era impossessata di lui in modo così totale.
«Lo vedi, Tony,» gli gridò «non ci hanno separati!».

Lettera al mio giudice

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Dottor Ernest Coméliau,
Giudice istruttore,
23 bis, rue de Seine
Parigi (VIe)

Signor giudice,
vorrei tanto che un uomo, un uomo solo, mi capisse. E desidererei che quell'uomo fosse lei.
Durante le settimane dell'istruttoria abbiamo passato lunghe ore insieme: ma allora era troppo presto. Lei era un giudice, il mio giudice, e io avrei fatto la figura di chi cerca di scolparsi. Adesso sa che non si tratta di questo, vero?

Citazioni

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  • Lei ha paura proprio di quello che è capitato a me. Ha paura di se stesso, di una certa vertigine che potrebbe coglierla, paura di una nausea che sente crescere in sé, lenta e inesorabile come una malattia. Siamo quasi uguali, signor giudice. E allora, se io ho avuto il coraggio di andare fino in fondo, perché lei non dovrebbe avere quello di capirmi? (p. 15)
  • Mio padre beveva, signor giudice. In tutte le famiglie c'è chi lo fa, no? Nel mio caso si trattava di mio padre. Beveva alle fiere, beveva nelle fattorie e all'osteria, beveva in casa. Stava ad aspettare i passanti sulla soglia, così aveva una scusa per portarli a bere giù in cantina. (p. 34)
  • Non le dirò che quelli che bevono sono i migliori, ma le dirò che se non altro hanno intravisto qualcosa che non potevano raggiungere, qualcosa che desideravano tanto da star male: forse era quello che mio padre e io fissavano la sera che eravamo seduti sotto il covone, con le pupille che riflettevano il cielo slavato. (p. 38)
  • Ma Dio, com'è assurdo dover adoperare parole che per tanto tempo sono servite ad esprimere delle banalità! (p. 115)
  • Non facevamo progetti per l'avvenire. Non basta questo a dimostrare che eravamo felici? (p. 184)

Lo stesso giorno in cui questa lettera perveniva al giudice istruttore Ernest Coméliau, rue de Seine 23 bis, Parigi, i giornali annunciavano che il dottor Charles Alavoine, nato a Bourgneuf in Vandea, si era ucciso in circostanze poco chiare nell'infermeria del carcere.

«Per riguardo verso il suo passato e la sua professione, tenuto conto della sua calma e di quella che il direttore sanitario dell'istituto di pena chiama la sua serenità, veniva lasciato a volte solo per qualche minuto nell'infermeria, dove stava seguendo una cura.
«Per questo motivo ha potuto accedere all'armadietto delle sostanze tossiche e avvelenarsi.
«È stata aperta un'inchiesta.
15 dicembre 1946».

Maigret e il pazzo di Bergerac

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Avvenne tutto per puro caso! Il giorno prima Maigret non sapeva che avrebbe intrapreso un viaggio. Eppure si era in quella stagione in cui Parigi cominciava a pesargli: un mese di marzo effervescente, che profumava di primavera, con un sole chiaro, penetrante, già tiepido.
La signora Maigret si era recata per un paio di settimane in Alsazia da sua sorella che aspettava un bambino.
Martedì mattina, dunque, il commissario ricevette una lettera da un collega della Polizia giudiziaria che era andato in pensione un paio d'anni prima e si era stabilito in Dordogne.
"...e soprattutto, se un vento propizio ti dovesse condurre in questa regione, ti raccomando di venire a trascorrere alcuni giorni da me. Ho una vecchia domestica che è contenta solo se ho degli ospiti. E poi comincia la stagione del salmone..."

«Quanto a me, è ora che torni a Parigi. Le mie vacanze sono finite...»
Fece un passo verso la scrivania e tese la mano.
«Addio, signor procuratore.»
E siccome il suo interlocutore si precipitava verso la mano tesa con una riconoscenza che minacciava di aprirsi in un diluvio di parole, tagliò corto:
«Senza rancore!»
Uscì, dopo aver seguito il cameriere in gilé a righe, tornò sulla piazza inondata di sole, raggiunse non senza fatica l'Hôtel d'Angleterre e, appena entrato, disse al padrone:
«E finalmente per pranzo oggi vorrei pasticcio di fegato d'oca e tartufi... Poi il conto... Ci togliamo dai piedi!»

Incipit di alcune opere

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Bergelon

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Non c'era bisogno di essere medici per fare quella diagnosi: Bergelon aveva la nausea.[11]

Il cane giallo

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Venerdì 7 novembre. Concarneau è deserta. L'orologio luminoso della città vecchia, tra i bastioni, segna le undici meno cinque.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Il ranch della giumenta perduta

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Non si era svegliato di cattivo umore. Non era allegro, certo, né particolarmente di buonumore. Sapeva che era martedì, perché era il giorno in cui andava a Tucson. Là avrebbe incontrato Mrs Clum, che lui chiamava Peggy, e questa era già una prospettiva piacevole, anche se avessero dovuto litigare tutto il tempo. Altra prospettiva piacevole era, il martedì, non doversi radere e non doversi occupare del bestiame sin dalle prime luci dell'alba.

L'uomo che guardava passare i treni

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Per quel che riguarda personalmente Kees Popinga, si deve convenire che alle otto di sera c'era ancora tempo, perché ad ogni buon conto il suo destino non era segnato.

La finestra dei Rouet

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Da dietro la parete giunse il suono invadente e volgare di una sveglia, e Dominique sobbalzò come se la suoneria — ma che aspettavano a farla smettere! — dovesse svegliare lei, alle tre del pomeriggio. Provò un senso di vergogna. Perché? Quel rumore sgraziato le suscitava solo ricordi dolorosi, spiacevoli, malattie, incombenze che la costringevano ad alzarsi nel cuore della notte o all'alba, ma lei non stava dormendo, non si era nemmeno assopita. Neanche per un momento la sua mano aveva smesso di cucire; a dire il vero, un attimo prima era come un cavallo da circo che, lasciato da solo a eseguire un esercizio, ha continuato a girare in tondo e, sentendo la voce di un intruso, ha un sussulto e si ferma di botto.

La neve era sporca

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Senza un avvenimento fortuito il gesto di Frank Friedmaier avrebbe avuto quella notte un'importanza relativa.[11]

Le campane di Bicêtre

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Le otto di sera. Per milioni di uomini, ciascuno nella sua casa, nel piccolo mondo che si è creato o di cui è ostaggio, sta volgendo al termine, fredda e nebbiosa, una precisa giornata, quella di mercoledì 3 febbraio.
Per René Maugras non c'è né ora né giorno, e solo più tardi la questione del tempo trascorso lo assillerà. Per il momento è ancora in fondo a una voragine scura come gli abissi dell'oceano, privo di contatti con il mondo esterno. Eppure, senza che ne sia cosciente, il suo braccio destro comincia ad agitarsi in modo spasmodico mentre la guancia si gonfia comicamente ogni volta che, respirando, butta fuori l'aria.

Maigret al night club

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All'agente Jussiaume, che ogni sera alla stessa ora prestava servizio notturno nei medesimi paraggi, quell'andirivieni era diventato ormai così familiare ch'egli ne prendeva nota macchinalmente, press'a poco come chi abitando vicino a una stazione ferroviaria registra gli arrivi e le partenze dei treni.[11]

Maigret e l'affare Nahour

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Era l'una di notte e Maigret, in sogno, stava difendendosi da qualcuno che l'aveva assalito alle spalle. In realtà era la signora Maigret che cercava di svegliarlo: «Jules!... Il telefono...»[12]

Citazioni su Georges Simenon

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  • Sfidò il francese Eugène Delacroix a chi ne faceva di più, uno i libri e l'altro i quadri. Scrisse 431 romanzi, fra cui 103 inchieste del commissario Maigret, molti con il suo e alcuni con i dodici nomi di un altro. Il catalogo è questo. E questo il metodo: il cartello Non disturbare appeso alla porta, una scatola di matite appuntite sullo scrittoio. Finite le matite, finito il romanzo. Ottanta pagine al giorno, settanta parole al minuto. Andò di fretta, forse per deridere l'idiozia della perfezione. Scrisse di uomini sconfitti, che facilmente si trasformano in assassini. Scrisse per riparare destini irreparabili. (Eugenio Baroncelli)

Note

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  1. Da Il grande Bob; citato in Elena Spagnol, Citazioni, Garzanti, 2003.
  2. Da Maigret e i vecchi signori. Citato in Roberto Iasoni, Maigret: una pipa, una vecchia stufa e la bellezza delle Halles a primavera, corriere.it, 24 giugno 2009.
  3. Da Il crocevia delle tre vedove. Citato in Roberto Iasoni.
  4. Da Pietr il Lettone. Citato in Roberto Iasoni
  5. a b Da Maigret a New York. Citato in Roberto Iasoni.
  6. Da L'orologiaio di Everton, Adelphi, 2005.
  7. Da Le memorie di Maigret, traduzione di Marco Bevilacqua, Adelphi, 2002.
  8. Dall'intervista di Carvel Collins, The Art of Fiction No. 9, The Paris Review, n. 9, estate 1955.
  9. Da Memorie intime, traduzione di Laura Frausin Guarino, Adelphi, 2003, p. 51.
  10. Da La casa del giudice. Citato in Roberto Iasoni.
  11. a b c Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  12. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia

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  • Georges Simenon, Il ranch della giumenta perduta, traduzione di Alessandra Berello, Adelphi, 2010. ISBN 9788845924576
  • Georges Simenon, Hôtel del ritorno alla natura (Ceux de la soif, 1938), traduzione di Giandonato Crico, Adelphi, Milano, 1989. ISBN 8845907066
  • Georges Simenon, La camera azzurra, traduzione di Marina Di Leo, Adelphi, 2003. ISBN 88-459-1786-X
  • Georges Simenon, La finestra dei Rouet, traduzione di F. Di Lella e M. L. Vanorio, Adelphi, 2009. ISBN 9788845923975
  • Georges Simenon, Le campane di Bicêtre, traduzione di Guarino L. Frausin, Adelphi, 2009. ISBN 9788845923517
  • Georges Simenon, Lettera al mio giudice (Lettre à mon juge, 1951), traduzione di Dario Mazzone, Adelphi, Milano, 1990. ISBN 8845907848
  • Georges Simenon, Maigret e il pazzo di Bergerac (Le fou de Bergerac, 1932), traduzione di Rosalba Buccianti, Mondadori, Milano, 1989.

Filmografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Opere

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