Maria Stepanova
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Maria Mikhailovna Stepanova (1972 – vivente), scrittrice russa.
Citazioni di Maria Stepanova
[modifica]- Dopotutto l'immagine rende la storia non necessaria, ed è curioso che proprio il nuovo secolo ne abbia fatto la forma privilegiata di racconto. Qui tuttavia qualche stranezza c'è. Priva di testo l'immagine risulta astratta: una meditazione sui cliché. Tutte le immagini di guerra sono identiche se togli la firma [...] ci troviamo di fronte a un inferno che per così dire non ha differenze, buchi, che può scatenarsi ovunque. Ma sono identiche anche le foto dei bambini (sorriso, orsetto, vestitino), le foto di moda (sfondo monocromatico, scatto dal basso, braccia spalancate), le vecchie foto (baffi, bottoni, occhi; sbuffi, cappellino, labbra). Il messaggio della foto è semplice: non narra, ma elenca. Dell'Iliade resta una lista di navi.[1]
- Già da tempo, la cultura vive un'unica vita comune, ed è impossibile rinchiuderla dentro le cornici nazionali, fare in modo che i russi scrivano solo di russi, i polacchi di polacchi, i francesi di francesi e così via. Non si può comprendere il XX secolo e le persone che lo hanno attraversato se non si tiene conto della contemporaneità del tutto, dell'invisibile e enorme sistema di conformità che ha interessato tutto e tutti. Mi piacerebbe pensare che il mio libro [Memoria della memoria] possa costituire un possibile territorio per mostrare questa contemporaneità. Non ho mai creduto nell'esistenza dell'enigmatica anima russa e nemmeno nel fatto che la nostra sofferenza, il nostro trauma collettivo, il nostro modo di pensare sia diverso da quello di tutti gli altri, per cui per capirlo lo si deve analizzare al di fuori del contesto generale, servendosi di strumenti speciali.[2]
- [Su Winfried Sebald] Il sentimento di fratellanza di fronte a una sorte comune, come in una città assediata o su una nave che affonda, rende il suo metodo universale, totalizzante. Non ci sarà alcun miracolo, tutto ciò che è davanti a noi, noi stessi inclusi, si accinge [...] a sparire e non ci vorrà molto. Dunque non serve scegliere, e ogni cosa, ogni sorte, ogni persona e ogni insegna merita di essere ricordata, di scintillare ancora nella luce prima del buio finale.[1]
- [...] la peculiarità della poesia è quella di convincersi della propria impossibilità: morire insieme a ogni poeta e risorgere e rinascere di nuovo a ogni nuova pratica poetica. [...] solo la parola, solo la lingua sono in grado di seppellirsi e di piangere la propria morte. Il pianto funebre è una funzione naturale della poesia, i primi versi che furono scritti erano epitaffi. La continuità nel tempo dei versi fa risuonare la parola umana, la fa durare a lungo, addirittura per secoli dopo che il corpo dell'autore, e persino il suo nome, hanno cessato di esistere. Non so se ci sia, in questa situazione, più disperazione o più speranza.[2]
- [Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022] Natura morta. Questa guerra sbagliata su un territorio straniero, con i suoi crimini e le sue vittime (sono già a milioni, se parliamo non solo dei morti, ma anche di coloro che sono stati feriti, che sono rimasti senza casa, senza i parenti, senza un futuro), viene condotta dall'aggressore secondo i canoni di una creazione artistica, il cinema o un libro, dove gli avvenimenti vengono decisi da colui che li crea. Solo che si tratta di un libro che viene scritto da un pessimo autore — pessimo in entrambi i sensi — perché solo una persona cattiva oltre che uno scrittore da strapazzo può infischiarsene del tutto dei suoi eroi. Gli è indifferente se vivranno o moriranno, per lui non è importante quello che vogliono o di cosa hanno bisogno, e non è assolutamente disposto a riconoscere loro alcuna libertà. L'unica cosa che lo preoccupa sono il diritto d'autore, l'affermazione della sua volontà personale e la possibilità di controllo sul testo e sugli avvenimenti. È esattamente di questo — l'affermazione della sua volontà personale, il tentativo di riscrivere la storia dell'Ucraina e dell'Europa, di cambiare il nostro presente e di predeterminare il futuro — che si sta occupando Vladimir Putin. Egli sta tentando di trascinare l'Ucraina, la Russia, l'Europa, il mondo (e tutti coloro che scorrono incessantemente l'elenco dei notiziari) in questa narrazione orrenda che lui stesso ha scritto. Fa assegnamento sul fatto che in questo libro noi esisteremo, vuole essere il nostro autore, il nostro sceneggiatore, colui che sa come cambiare la nostra vita al meglio. Come ci riesca, lo sappiamo bene. Possiamo affermare che tale è la vera essenza di una qualsiasi dittatura e la logica di un qualsiasi dittatore: l'affermazione di un solipsismo personale, lo sguardo su un mondo vivo e abitato come fosse una natura morta, su piatti inermi disposti sulla tavola, che non grideranno se verranno rotti. Mi sembra però che qui si tratti di un caso particolare: dietro il movimento dei reparti militari russi c'è il terrore reale dinanzi all'esistenza dell'Altro e la brama sfrenata di schiacciare sotto di sé questo Altro, di trasformarlo, assimilarlo, attribuirselo, fagocitarlo, divorarlo.[3]
Intervista di Viviana Mazza, corriere.it, 1 marzo 2022.
- Putin non è la Russia. Quasi il 50% dei russi non appoggia la guerra in Ucraina, secondo i sociologi. E in un Paese con 70 anni di storia di repressione in cui le persone non hanno un gran desiderio di parlare apertamente, se te lo dicono vuol dire che sono pronti a rischiare per farlo. Non voglio dire che c'è un'altra Russia, una Russia non putiniana, ma che Putin non è affatto la Russia. Noi non siamo nemici naturali degli ucraini, possiamo vivere e coesistere nel mutuo rispetto, nel mutuo interesse, a volte nel mutuo amore. Quel che è accaduto getterà un'ombra per decenni. Capisco che chiunque sia russo o parli il russo verrà ritenuto responsabile, ma non è una questione di cittadinanza o di lingua, è che c'è un Paese preso in ostaggio, dove la gente viene incarcerata, torturata e ora costretta a invadere un altro Paese. Ed è insopportabile. Ma non si può fare a meno di provare vergogna per quello che è successo, perché usano il tuo nome.
- [...] penso che le persone che guidano la Russia facciano di tutto per tenere i loro cittadini nel passato, in modo che non ci sia bisogno di nessuna idea nazionale (e nessuna idea in generale), al di là della credenza profonda nel passato come un modo migliore di vivere. Non è specificato quale parte del passato cerchino di riprodurre; è più che altro un umore, un mix eclettico. A volte corteggiano i giornali degli Anni 30 o 70, a volte Putin parla dell'eredità dell'Urss come se gli appartenesse, a volte parla del periodo comunista di Lenin come se lo disprezzasse e non fosse lui stesso una diretta conseguenza di quanto accadde nel 1917. È una visione del passato russo in cui nessun problema viene mai dall'interno ma tutti arrivano per influenza negativa dell'Occidente, e i russi sono qualcosa di permeabile, amorfo e manipolabile, suscettibile all'influenza esterna. Quindi bisogna chiudere il Paese e riportare in vita un regime che somiglia a una citazione sbagliata di un qualche testo dimenticato.
- L'invasione dell'Ucraina è significativamente e volutamente arcaica. Non è una guerra combattuta con i mezzi del XXI secolo. I bombardamenti di Kiev e le battaglie con i tank sembrano una citazione a sproposito, una messa in scena di una visione della Seconda guerra mondiale che forse era nella mente del giovane Putin e che ora sta riproducendo su larga scala. Come se le persone reali fossero soldatini di latta in un gioco di guerra da tavolo. È quel che succede quando una persona rimpiazza la vita con l'arte.
- [Sulle proteste in Russia del 2011-2013] Ricordo che Mosca era stata ripulita dai manifestanti nella primavera del 2012, e c'era un video di Putin in piedi, nel buio, che piangeva. Vedevi le lacrime. Citava la famosa poesia Borodino di Mikhail Lermontov, che descrive la battaglia contro l'invasione francese: "Moriremo difendendo Mosca". Ma Putin parlava dei suoi stessi cittadini di Mosca, pensava di doversi difendere da loro. Credo che questo sia stato l'inizio. Penso che Putin veda la popolazione russa e anche gli altri Paesi come privi di azione: se fai qualcosa, se dai voce ad una opinione, vuol dire che qualcuno ti sta pagando e ti sta usando per raggiungere un obiettivo; nessuno dice mai quello che pensa e devi sempre cercare un significato nascosto e trovare il vero responsabile. C'è sempre una ricerca di agenti stranieri inesistenti, di un nemico interno immaginario in cui nemmeno loro credono.
- C'è un rituale di sottomissione nelle prigioni russe chiamato opuskanie (letteralmente «mettere una persona sotto»): è uno stupro di gruppo da parte di altri detenuti con il permesso verbale o non verbale delle guardie; a volte viene usato come minaccia, quando il prigioniero disobbedisce. Chi è sottomesso così diventa un intoccabile, che nessuno vuole avvicinare, altrimenti viene equiparato a lui. Putin sembra voler sottoporre l'intera Ucraina a un bizzarro rituale di pubblica umiliazione: "denazificando", demilitarizzando, riducendola a una non entità, un pezzo di terra con delle anime, e questo non è un atto politico ma rientra nel puro reame dei simboli e delle proiezioni. Ma c'è un'altra possibilità: forse Putin è pragmatico. Forse l'Occidente pensa di preoccuparlo con le sanzioni, ma è proprio ciò che vuole: usare le sanzioni come pretesto per rompere i legami col mondo
Intervista di Flavio Villani, cultweek.com, 6 febbraio 2023.
- La vergogna non appartiene solo all'Unione Sovietica o al blocco di Varsavia, la vergogna si porta con sé, è formativa. A volte è il primo momento in cui improvvisamente ci vediamo dall'esterno.
- [...] nella storia di qualsiasi potenza coloniale o postcoloniale come la Russia ci sono lingue che sono state soppresse o ignorate. È ora di ascoltarle. Se le nostre regole linguistiche sono considerate opprimenti devono essere modificate: è un modo per gli ucraini e i bielorussi di rivendicare se stessi e per noi è un'opportunità per cambiarci.
- I nazisti sono durati dodici anni, l'Unione Sovietica settanta. In Germania potevi essere carnefice, vittima o spettatore passivo. Nessun'altra possibilità. Per ogni persona che partecipava, il ruolo era chiaramente definito, ma durante i settant'anni di Unione Sovietica si passava da un ruolo all'altro: potevi essere carnefice, poi vittima, poi spettatore passivo e poi di nuovo carnefice e di nuovo vittima. Questa giostra di ruoli ha finito per rendere tutte le persone simultaneamente vittime e carnefici. Per questo noi russi siamo ambigui riguardo alla storia: tutti sono stati coinvolti in questo vergognoso processo di uccidere l'altro e salvare se stessi. La storia russa è un territorio di fantasmi che non se ne vanno.
- Abbiamo questa sensazione speciale per la Grande guerra patriottica, perché è l'unico punto della nostra storia in cui tutti o quasi sono d'accordo: è stato terribile, è stato incredibilmente difficile e abbiamo vinto e abbiamo aiutato salvare il mondo. Questa narrazione è l'unica che definisce la nazione russa e lo Stato russo, ma ora viene abusata da Putin, che usa l'immagine della Grande guerra patriottica come fondamento della sua agenda.
- La Grande guerra patriottica è stata presentata dai media statali come una narrazione di gloriosa vittoria, non di sofferenza, resistenza e poi vittoria. La parte tragica, quella della sofferenza e della sconfitta, è stata soppressa e la parte della vittoria e dell'ingresso nelle città straniere è stata gonfiata come un pallone.
- [Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022] Ciò che Putin vuole è trascinarci tutti indietro nel XX secolo. È spaventoso come questo tentativo di far tornare indietro l'orologio funzioni, perché la guerra in Ucraina, in un certo senso, ci ha portato a rivivere nel XX secolo. Dobbiamo resistere non solo sostenendo l'Ucraina, ma anche moralmente, per non ricadere in questo modello di pensiero arcaico e barbaro.
- Il russo è pieno fino all'orlo di piccoli modi di dire, di minuscole metafore belliche, come "urrà" che originariamente era un grido di battaglia. Le usiamo ignorando totalmente questo significato nascosto, che crediamo scomparso da secoli, ma è come camminare su un campo minato, la bomba può esplodere o no. Questo vale non solo per il russo, ma ogni lingua con una lunga storia ha quest'attenzione per la distruzione, per l'aggressione e la violenza.
- Putin è arrivato al potere dieci anni dopo il collasso dell'Unione sovietica, alla fine degli anni Novanta. Non era detto che sarebbe finita così. Se c'è stato un momento in cui qualcosa poteva essere cambiato, è stato proprio negli anni Novanta, ma non abbiamo sfruttato la nostra occasione. L'errore che abbiamo commesso è stato quello di non parlare gli uni con gli altri, di non riconoscerci gli uni gli altri ed è finito per diventare terreno fertile per la polarizzazione che ha permesso a Putin di andare avanti per più di vent'anni. Quello che sa fare benissimo è polarizzare le persone alienate facendole abusare l'una dell'altra: gli occidentalizzati da una parte e le persone normali dall'altra, i provinciali ignoranti e le élites di Mosca e San Pietroburgo. Queste definizioni non funzionano, non spiegano tutto, non tengono tutto, ma la polarizzazione, questa immagine di due strati sociali che abusano costantemente l'uno dell'altro e che è pura invenzione, ha avuto e ha ancora successo.
- In Russia "nazista" significa semplicemente "cattivo" e non contiene nessun riferimento alla shoah o al nazionalismo. Ai tempi sovietici tutto era bianco o nero e chiaramente definito. Quando si giocava in cortile, si giocava alla guerra: c'erano "noi" e i fascisti. Nella mente russa, il nazismo è qualcosa di totalmente indefinito associato al male. Non si tratta di scelte politiche, i nazisti sono semplicemente i "cattivi". Questo rende le cose più facili, perché quando chiami qualcuno nazista non hai bisogno di dimostrare il tuo punto, lo dici e basta.
- [Sulla delimitazione nazionale nell'Unione Sovietica] Nell'Unione Sovietica le nazionalità non russe erano riconosciute, mentre quella russa si confondeva con l'Unione sovietica. Cosa ti definisce russo? Come dovresti descriverti se sei così grande e se sei ovunque? Non hai idea, nessuna spiegazione e nessuna voglia di essere russo. Ti era permesso essere ucraino, tataro o bielorusso, ma in un modo altamente ideologico e paralizzato. Quello che ti definiva russo non è mai stato chiarito. Le altre nazionalità si definiscono localmente usando la Russia come esempio negativo. Vogliono essere il più diverse possibile da noi. Noi non abbiamo nessun esempio, negativo o positivo. È difficile rinnegare noi stessi, scappare da noi stessi. Questo è un problema enorme: morale, geografico, storico, filosofico. Non c'è da stupirsi che in Russia la società civile non funzioni.
Note
[modifica]- ↑ a b Da Memoria della memoria, traduzione di Emanuela Bonacorsi, Bompiani, Milano, 2020. ISBN 978-88-452-9985-8. Citato in Maria Ercolani, Marija Stepanova, memoria della memoria, doppiozero.com, 24 giugno 2020.
- ↑ a b Dall'intervista di Claudia Scandura, Marija Stepanova, recitativi di ombre rinate, ilmanifesto.it, 23 febbraio 2020.
- ↑ Da «I nazisti a Kiev? Sì, siamo noi russi», Corriere della Sera, 18 marzo 2022, p. 20.
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