Max Frisch

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Max Frisch

Max Frisch (1911 – 1991), scrittore e architetto svizzero.

Citazioni di Max Frisch[modifica]

  • All'inizio, devo ammetterlo, era divertente. Le mie mani, dicono, sono come una bacchetta del rabdomante; trovano alla fonte del desiderio ciò he il marito in dieci anni non è mai riuscito a trovare.[1][2]
  • Volevamo braccia, sono arrivati uomini.[3]
Man hat Arbeitskräfte gerufen, und es kommen Menschen.

Diario d'antepace[modifica]

  • Chi non si occupa di politica, ha già preso quella decisione politica che voleva risparmiarsi: serve il partito al potere.[2]
  • Colui che è affamato non ha scelta. Il suo spirito non proviene da dove lui vorrebbe, ma viene dalla fame.[2]
  • Tolleranza è sempre indice di potere sicuro; quando si sente in pericolo, nasce sempre la pretesa di essere assoluto; nasce dunque la falsità, il diritto divino del mio privilegio, l'inquisizione.[2]

Homo Faber[modifica]

  • Ogni apparecchio può guastarsi una volta o l'altra; quel che mi innervosisce è di non sapere il perché.
  • Per il solo fatto che parliamo del probabile, anche l'improbabile vi è sempre già incluso, e precisamente in quanto caso limite del possibile, e quando capita che avvenga, questo improbabile, non c'è per noi nessun motivo di meraviglia, di commozione, di mistificazione.
  • Tecnica come trucco [...] per sistemare il mondo così che non dobbiamo viverlo concretamente.
  • Una donna che è capace, prima di vestirsi, di cambiar posto ai fiori nel vaso e intanto di parlare dell'amore e del matrimonio, questo nessun uomo lo sopporta, credo, a meno che non sia un ipocrita.

Stiller[modifica]

  • A Genova splendeva già il sole. Molto stanco, in verità, così che più di tutto avrebbe desiderato sedersi sui gradini come un mendicante, Rolf si trovò sotto i portici della stazione, un signore senza bagaglio, in compenso con un inutile cappotto sul braccio, con la barba lunga anche, guardava il traffico con il suo baccano di clacson, con lo sferragliare dei tram cigolanti nelle fenditure d'ombra di stretti vicoli, con frotte di gente che pareva avere tutta una meta; e questa era dunque Genova. (p. 193; 1980)
  • Passarono con la barca sopra una nave da carico affondata; le lastre di ferro ricoperte di alghe affioravano minacciose da quelle sporche profondità. In lontananza echeggiava il martellare nei cantieri. [...] Di tanto in tanto si udiva l'urlo di una sirena, smorzato dal vento e frantumato dalla eco e non si capiva da dove venisse e perché; nessuna delle grosse navi pareva veramente sul punto di partire. Faceva caldo. Vapori azzurri, puzzolenti incombevano sopra le acque del porto. Soltanto una sudicia barca da pesca passò crepitando e le boe ondeggiarono, le catene ammuffite che si perdevano sinistramente in quella torbida profondità. Passarono così davanti ai moli e ai docks, legno e pietra, tutto annerito di fuliggine e di olio. [...] Qua e là riluceva la pancia di un pesce morto, biancheria di marinai, una voce che cantava nell'interno di una cabina, tutto c'era, quello che un giro del porto può offrire, persino una nave da guerra grigia, con i cannoni incappucciati di tela, montagne di carbone con sopra gabbiani bianchi, in lontananza la città accatastata sul pendio, Genova, già quasi nuovamente irreale... (pp. 194-195; 1980)
  • Proprio le storie che deludono, che non hanno una vera conclusione e quindi non un vero senso, suonano autentiche, aderenti alla vita. (2018)
  • Si può raccontare tutto, all'infuori della propria vita reale; è questa impossibilità che ci condanna a rimanere identici all'immagine che i nostri compagni di viaggio si fanno di noi e ci rimandano. (2018)

Incipit di Barbablù[modifica]

«Conoscete questa cravatta, signor Schaad?»
«Me l'hanno già fatta vedere.»
«È la cravatta che è servita a strangolare la vittima, come sapete.»[4]

Note[modifica]

  1. Da Don Giovanni o l'amore per la geometria.
  2. a b c d Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, Rizzoli, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  3. Prefazione al libro Siamo italiani – Die Italiener. Gespräche mit italienischen Arbeitern in der Schweiz di Alexander J. Seiler, Zürich: EVZ 1965. Als "Überfremdung I" in Max Frisch: Öffentlichkeit als Partner, edition suhrkamp 209 (1967), S. 100. Auch in Berliner Zeitung 8. Jan. 2005
  4. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia[modifica]

  • Max Frisch, Homo Faber, traduzione di A. Rendi, Feltrinelli Editore, 1997.
  • Max Frisch, Stiller, traduzione di Amina Pandolfi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1980.
  • Max Frisch, Stiller, traduzione di Elena Broseghini, Mondadori, Milano, 2018.

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