Tecnica

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La tecnica nella preparazione di un dolce

Citazioni sulla tecnica.

Citazioni[modifica]

  • Abbagliato dalle possibilità della Tecnica, l'ho servita negli anni decisivi della mia esistenza. Ora, al termine di questa mia esistenza, essa, la Tecnica, trova davanti a sé il Dubbio. (Albert Speer)
  • Il tecnico è prima di tutto un uomo; prima delle esigenze tecniche ci sono le esigenze umane: cioè fame di verità, di bellezza e d'amore che tutta la tecnica e i suoi vantaggi materiali non potranno mai soddisfare. (Carlo Gnocchi)
  • L'essenza della tecnica viene a giorno con estrema lentezza. Questo giorno è la notte del mondo, mistificato in giorno tecnico. Si tratta del giorno più corto di tutti. Con esso si leva la minaccia di un unico interminabile inverno. (Martin Heidegger)
  • L'etica, di fronte alla tecnica, diventa pat-etica: non si è mai visto che un'impotenza sia in grado di arrestare una potenza. Il problema è: non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato, ma che cosa la tecnica può fare di noi. (Umberto Galimberti)
  • La parola «tecnica» deriva dal termine greco di techne, che fa riferimento al "saper fare", ossia alla capacità pratica di operare per raggiungere un dato scopo, basata sulla conoscenza ed esperienza del modo in cui è possibile raggiungerlo. (Ana Millán Gasca)
  • La scienza e la tecnica, preziose risorse dell'uomo quando si pongono al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano. (Donum vitae)
  • La tecnica c'è sempre stata, solo i più non hanno studiato abbastanza per saperlo. (Gottfried Benn)
  • La tecnica precede nella storia la nascita della scienza. (Ana Millán Gasca)
  • La tecnologia si sta affrancando dalla scienza e il mare che da sempre divide il dire dal fare oggi si naviga all'incontrario, nel senso che è molto più semplice fare che dire, cioè capire e spiegare. (Giuseppe O. Longo)
  • Mentre le scoperte della scienza, pur grandissime, possono non avere immediate ripercussioni sullo stile di vita e sul quotidiano, è proprio della tecnica apportare subito qualche pratico sconvolgimento, considerato di solito positivamente. La scienza modifica sempre le idee (della stessa scienza o della cultura), mentre la tecnica ha su di esse scarso rilievo e per lo più solo indirettamente attraverso il sovvertimento dei processi di esistenza ordinari. (Vittorino Andreoli)
  • Ogni tecnica ha in sé qualcosa che ispira forza e sicurezza nell'ambito del suo dominio. (Epitteto)
  • Sembra quasi una perfida vendetta della natura contro l'uomo: tutte le conquiste della tecnica, con la quale egli si è impadronito dei suoi più segreti poteri, servono in pari tempo a turbarne l'anima. La tecnica ha gettato su di noi la più tremenda maledizione, impedendoci di sfuggire al presente anche per un momento solo. Le generazioni passate, in epoche di catastrofi, avevano la possibilità di rifugiarsi nella solitudine; a noi fu riservato invece di dovere apprendere e condividere ogni evento nella stessa ora, nello stesso minuto, dovunque esso si verifichi nella sfera terrestre. Per quanto m'allontanassi dall'Europa, il mio destino mi seguiva. (Stefan Zweig)
  • Tempo d'inisidie: soprattutto insidie di una tecnica spietata nell'imporre nuove dimensioni alla vita e al pensiero. Gli scrittori non si arrenderanno: e qualunque sia il futuro destino dell'epoca «atomica», sapranno essere custodi della parola. (Carlo Martini)
  • [La tecnica moderna] Una scheggia distaccatasi dalla nostra cultura sul finire del XVII secolo. (Arnold J. Toynbee)
  • Uno dei mali della nostra epoca consiste nel fatto che l'evoluzione del pensiero non riesce a stare al passo con la tecnica, con la conseguenza che le capacità aumentano, ma la saggezza svanisce. (Bertrand Russell)
  • Vi è il rischio di una sorta di blocco del pensiero, della voglia e della capacità di dare risposte sociali a fenomeni sociali, con un affidarsi cieco al ready made, alle soluzioni già pronte e offerte con larghe promesse da un arsenale tecnologico sempre più ricco. (Stefano Rodotà)

Ernst Jünger[modifica]

  • Abbiamo attinto, nell'attrezzarci, un livello tale che è sufficiente ormai pensare a una minima modifica dell'apparato strumentale perché emerga che la nostra tecnica non è soltanto un mondo di astrazioni, ma anche immediata realtà dello spirito della terra. Eccoci al cordone ombelicale. La tecnica è proiezione dello spirito, come l'ascia di pietra fu proiezione del pugno.
  • La tecnica è la magica danza che il mondo contemporaneo balla. Possiamo partecipare alle vibrazioni e alle oscillazioni di quest'ultimo soltanto se capiamo la tecnica. Altrimenti restiamo esclusi dal gioco.
  • Tecnica e natura non sono in contraddizione – se così le intendessimo, ciò sarebbe un sintomo di disordine presente nella vita. L'uomo che tenta di scusare la propria incapacità addebitandola ai propri mezzi senz'anima, somiglia al millepiedi della favola, condannato all'immobilità perché troppo occupato a contare i propri arti.

Friedrich Georg Jünger[modifica]

  • Incontriamo spesso l'idea che le sofferenze e i sacrifici accettati per il progresso tecnico, alla fine verranno ricompensati. Tuttavia simili teorie di soddisfazione, proprie dell'homo "religiosus", non hanno niente a che fare con la tecnica. Non l'inizio ma la fine porta il peso.
  • Ogni forma di razionalizzazione è la conseguenza di una carenza. La costruzione e la strutturazione dell'apparato tecnico non sono solo il risultato di un anelito di potenza della tecnica, ma anche la conseguenza di una condizione di bisogno. Perciò la condizione umana correlata alla nostra tecnica è il pauperismo che non si vince con sforzi tecnici.
  • Pensare socialmente oggi significa solo tenere alta la fede nell'apparato e nell'organizzazione. È la genuflessione che l'uomo compie davanti all'ideologia del progresso tecnico.
  • Poiché il potenziale tecnico decide dell'attualità in caso di guerra, a ben guardare esso non è altro che armamento. Ora il progresso tecnico si strappa quella maschera economica che portava agli inizi dell'organizzazione tecnica. Il processo lavorativo tecnico diventa d'armamento, sempre più chiaramente indirizzato alla guerra.

Emanuele Severino[modifica]

  • Ci si può proporre di controllare, modificare, produrre, distruggere le cose del mondo, solo se si ha fede che esse divengano, cioè possano sciogliere il loro legame con l'essere e col niente, possano essere e non essere. Solo se si crede che le cose siano flessibili, oscillanti tra l'essere e il niente, ci si può proporre di fletterle e di controllare la loro oscillazione. Se la volontà di potenza è la volontà di dominare il mondo, la forma originaria della volontà di potenza è appunto la fede nell'esistenza del dominabile, cioè la fede nell'esistenza del divenire. La civiltà della tecnica è la forma più rigorosa di questa fede.
  • La civiltà della tecnica è ciò che chiamo "la forma più rigorosa della Follia estrema". Ancora più sottovoce: la Follia estrema è credere nel carattere effimero, temporale, contingente, casuale, dell'uomo e della realtà: è la convinzione che ogni cosa venga dal nulla e vi ritorni. Però la difesa suprema dall'angoscia suscitata da questa convinzione – la difesa che nella tradizione è costituita, in ultimo, da Dio – è diventata la tecnica. Ovunque, la tecnica sta diventando la forma più radicale di salvezza, che oggi ha soppiantato qualsiasi altra forma di rimedio contro la morte.
  • La forma più rigorosa di follia oggi è la tecnica: viviamo il tempo del passaggio dalla tradizione a questo nuovo dio. La globalizzazione autentica non è quella economica, è quella tecnica. Commettiamo l'errore di credere che capitalismo e tecnica siano la stessa cosa: no, hanno scopi diversi. Il capitalismo ambisce all'incremento infinito del profitto privato, la tecnica all'incremento infinito della capacità di realizzare scopi, ovvero della potenza. La tecnica ucciderà la democrazia, a partire dagli Stati più deboli come l'Italia. Tale processo poi investirà anche Usa, Russia e Cina. Gli Stati Uniti a un certo punto prevarranno, ma non in quanto nazione, bensì come gestori primari della potenza tecnologica. Ora fatichiamo a comprenderlo, perché ci troviamo in un tempo intermedio. Siamo come il trapezista che ha lasciato un attrezzo (la tradizione) e non si è ancora aggrappato all'altro (la tecnologia, il nuovo dio). Siamo sospesi nel vuoto e ci sembra di essere sperduti.
  • La tecnica tende a entrare in simbiosi con gli ultimi duecento anni di pensiero filosofico che spingono verso la luce il loro terribile spirito di distruzione del passato, mostrando che il passato non può più avere diritto di contrapporsi al processo che lo toglie di mezzo. La tecnica autenticamente potente e vincente è strettamente unita al messaggio sapienziale, filosofico, terribile e distruttivo della "morte di Dio". "Se Dio è morto, allora tutto è permesso", diceva Dostoevskij. Ma non è così: se Dio è morto non c'è il caos, perché la potenza stabilisce la gerarchia in cui le potenze più deboli sono subordinate a quelle più forti. Si va cioè verso un tempo in cui la potenza maggiore, quella tecnico-filosofica, va subordinando a sé, gerarchizzandole, tutte le altre forme di potenza del passato (anche la potenza dell'islam, dunque).
  • Quando sussiste una situazione conflittuale – cristianesimo contro democrazia e capitalismo; ieri, capitalismo contro comunismo – alimentata non solo a parole ma anche a fatti, con la forma maggiore di potenza a disposizione, cioè la tecnica guidata dalla scienza moderna, allora si mette in moto un meccanismo inesorabile. Il meccanismo cioè per il quale ogni forza ha interesse a che lo strumento di cui essa si serve per realizzare i propri scopi specifici funzioni in modo ottimale; sicché quando tale forza si mette in questa direzione, in cui essa ha tutto l'interesse a far prevalere il proprio scopo – chiamiamolo "ideologico" senza dare a questa parola un significato negativo – e quindi a far funzionare in modo ottimale il proprio strumento, allora si produce un ribaltamento decisivo – o per lo meno una forte tendenza al ribaltamento – per cui lo strumento con cui si tenta di realizzare il proprio scopo diventa così indispensabile da divenire esso lo scopo di quelle forze, che pertanto diventano esse qualcosa di strumentale. [...] Se il meccanismo è questo, per cui le forze che si servono della tecnica tendono a dare tale un'importanza tale allo strumento di cui si servono da farlo diventare addirittura lo scopo, rinunciando progressivamente a parti più o meno determinanti del proprio scopo originario, allora si può pensare che abbia a prodursi un processo in cui non sarà più l'Occidente – il capitalismo, il comunismo, l'islam – a servirsi della tecnica, ma sarà la tecnica a servirsi dell'Occidente; un processo che coinvolgerà anche aggregati sociali come l'islam o la Cina.

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