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Milena Jesenská

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Milena Jesenská

Milena Jesenská (1896 – 1944), giornalista, scrittrice e traduttrice ceca.

Citazioni di Milena Jesenská

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  • [Su Franz Kafka] Alto, magro, il viso aguzzo e spigoloso, bello, malvagio e incredibilmente buono.[1]
  • Ci interesserebbe sapere che cosa è accaduto ai tanti comunisti cechi e ai semplici lavoratori che anni fa sono andati nella Russia sovietica... Forse che alla fine verremo a sapere che la maggior parte di costoro si trova in prigione? Così, e non altrimenti [...] i sovietici trattano quegli individui che sono stati tanto folli da credere che essere comunisti equivalga a trovarsi sotto la protezione sovietica...[2]
  • Dal tempo in cui un atroce destino si è abbattuto sugli ebrei di quasi tutto ii mondo, da quando gli ebrei sono stati sradicati dalla loro terra, da quando è stato loro proibito di lavorare e sono stati privati dell’uguaglianza dei diritti umani, da allora essi vagano nel mondo con paura, dolore e angoscia. Da nessuna parte li aspetta "una nave con otto vele e cinquanta cannoni...". Al contrario, errano di frontiera in frontiera non trovando asilo in nessun luogo; vivono peggio che nel ghetto, perché là erano sì emarginati, ma almeno vivevano tra i loro simili. [3]
  • [Su Franz Kafka] Era troppo perspicace, troppo saggio per poter vivere, troppo debole per lottare, debole come lo sono le creature nobili, belle, che non sono capaci di accettare la lotta contro la loro paura dell' incomprensione, della mancanza di bontà, della menzogna intellettuale.[4]
  • Ripenso alla nostra grande illusione. Nascerà mai il giorno in cui noi tutti, tedeschi, cechi, francesi e russi potremo vivere l'uno accanto all'altro senza farci reciprocamente del male, senza odiarci, senza usarci ingiustizia? Sarà mai possibile che i governi tornino a intendersi come i singoli individui? Cadranno mai le frontiere tra i Paesi, così come dovrebbero cadere nei rapporti tra uomo e uomo? Come sarebbe bello poter ancora vedere quel giorno! [5]

Citazioni su Milena Jesenská

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  • Il 21 ottobre 1940 ricevetti la prima lettera da Milena, un biglietto che di soppiatto mi fu passato in mano sulla strada che traversava il campo. Ci conoscevamo da pochi giorni soltanto. Ma che senso ha parlare di giorni, quando il tempo non si divide più in ore e minuti, ma è scandito dai battiti del cuore? Ci incontrammo nel campo di concentramento femminile di Ravensbrùck. Milena era venuta a conoscenza delle mie tribolazioni da una donna tedesca che era arrivata al campo viaggiando nel suo stesso convoglio. La giornalista Milena Jesenskà voleva parlare con me per sapere se era vero che i sovietici avevano consegnato a Hitler dei militanti antifascisti emigrati in Urss. Mi venne incontro durante la passeggiata delle «nuove arrivate», lungo la stretta via tra il retro delle baracche e l'alto muro del campo sormontato da un filo spinato ad alta tensione, il muro che ci divideva dalla libertà. (Margarete Buber-Neumann)
  • In aprile si ammalò l'altro rene e svanì ogni speranza di salvezza. Nella mia disperazione avrei voluto costringere il Cielo a intervenire, pregai il sole e le stelle, mà invano. Quanto più disperate si facevano le sue condizioni, tanto più fermamente Milena credeva che sarebbe guarita. Solo negli ultimi giorni si rese conto della verità: «Osserva il colore dei miei piedi. Sono i piedi di una moribonda. E queste mani?». Mi porse il palmo delle mani. «Non vedi? Le linee stanno già scomparendo, come accade poco prima della morte...». (Margarete Buber-Neumann)
  • Nel 1937 Milena aveva liquidato senza residui il suo passato comunista e si era liberata da ogni tipo di illusione politica. Riconosceva la minaccia alla libertà da qualunque parte essa venisse e aveva il coraggio di condannare con la stessa energia la dittatura nazista e quella sovietica. Questo atteggiamento la mise in aperta contraddizione con gran parte degli intellettuali praghesi che nel loro marcato antifascismo chiudevano gli occhi dinanzi alla realtà deirUnione Sovietica. Milena faceva spesso previsioni politiche azzeccate. Fin dall'inizio della Seconda Guerra Mondiale confidò agli amici: «Se dovesse liberarci l'Armata Rossa, io sarei costretta a suicidarmi...». (Margarete Buber-Neumann)
  • Quando scoppiò la guerra tra la Germania e la Russia, tutte le prigioniere politiche, e non solo le comuniste, furono prese da ebbrezza filosovietica e si abbandonarono al più grande ottimismo. Non c'era dubbio che l'Armata Rossa avrebbe vinto, che il Reich sarebbe stato distrutto e che in poco tempo sarebbe giunta per noi l'ora della liberazione. Milena non faceva mistero del suo diverso avviso. Resisteva all'entusiasmo generale poiché oltre a pensare senza indulgere a compromessi, non era il tipo da indietreggiare spaventata davanti alla realtà, per dolorosa che fosse. Nella sua lungimiranza politica, Milena predisse che sarebbero accadute cose orribili qualora i russi avessero avessero sopraffatto l'Europa. (Margarete Buber-Neumann)
  • Sono tornata in libertà e ho rispettato il testamento spirituale di Milena, ho scritto il "nostro" libro sui campi di concentramento [Milena. L'amica Di Kafka].Un giorno, poco prima di morire, lei mi disse: «So che almeno tu non mi dimenticherai. Per merito tuo posso continuare a vivere. Tu dirai agli uomini chi ero, sarai il mio giudice clemente...». Queste parole mi hanno dato il coraggio di raccontare la storia della sua vita. (Margarete Buber-Neumann)

Note

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  1. Citato in Melania Mazzucco, Milena, i segreti della Musa di Kafka, rep.repubblica.it, 15 giugno 2018.
  2. Da Margarete Buber-Neumann, Milena. L'amica Di Kafka, traduzione di Caterina Zaccaroni, Adelphi, Milano, 1986, p. 16.
  3. Da Margarete Buber-Neumann, Milena. L'amica Di Kafka, traduzione di Caterina Zaccaroni, Adelphi, Milano, 1986, p. 167.
  4. Dal necrologio; citato in Paolo Di Stefano, Kafka e i sospiri per Milena «Sei il mio sassolino nel mare», Corriere della Sera, 12 agosto 2011.
  5. Da Margarete Buber-Neumann, Milena. L'amica Di Kafka, traduzione di Caterina Zaccaroni, Adelphi, Milano, 1986, p. 201.

Voci correlate

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