David Maria Turoldo

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David Maria (al secolo Giuseppe) Turoldo (1916 – 1992), religioso e poeta italiano.

Citazioni di David Maria Turoldo[modifica]

  • È scontato il fatto che la preghiera fa parte della vita e che rappresenta il punto più alto dell'esistenza. La preghiera è come il mare per il pesce: è la preghiera il mio mare. Preghiera come valore che fonda la mia stessa umanità; preghiera quale perla fra tutte le parole. No, nessuno può vivere senza pregare, neppure l'ateo, perché tutti hanno bisogno l'uno dell'altro. [...] È vero, la preghiera è il momento decisivo dell'esistenza.[1]
  • Fratello ateo, | nobilmente pensoso | alla ricerca di un Dio | che io non so darti, | attraversiamo insieme il deserto. | Di deserto in deserto andiamo oltre | la foresta delle fedi, liberi e nudi | verso il nudo Essere e là, | dove la parola muore, | abbia fine il nostro cammino.[2]
  • Ogni guerra è sempre un atto contro la ragione e il ricorso alla guerra è sempre una sconfitta della ragione. Anzi, io credo che bisognerà cambiare perfino la categoria culturale: non ci saranno più né vittoriosi né vinti, ma saremo tutti sconfitti. Perché, appunto, sarà la forza bruta che vince su qualunque cosa. È tutta l'umanità a perdere. Io, difatti, non sono qui a mettermi contro qualcuno, sono qui a mettermi soltanto in favore della pace, perché solo la pace è il trionfo della ragione.[3]
  • Sempre sul ciglio di due abissi dobbiamo camminare, senza sapere quale seduzione, se del tutto o del nulla, ci abbatterà.[4]

Mie notti con Qohelet[modifica]

  • [...] Qoelet è un «picco» della Bibbia: un libro-vetta; meglio, un libro che ti porta senza rimedi al fondo dell'abisso. Gli abissi non sono che montagne rovesciate, vette che si fanno fondi oscuri del mistero. Tale è il libro di Qohelet: un autore, forse l'unico, che sia fra tutti un vero ateo. (p. 21)
  • Qoelet è [...] uno che combatte dall'interno, a piena carica, quanto ogni pessimista della terra mai si è sognato o si sognerà. Ed è per merito suo che nella Bibbia – il «Grande Libro» [...] anche i più radicali negatori trovano una loro collocazione, una loro ospitale dimora: il vero Dio, l'Ineffabile, cioè il nostro Dio, li accoglierà... (pp. 21-22)
  • Io sono ritornato a Giobbe, perché non posso vivere senza di lui, perché sento che il mio tempo, come ogni tempo, è quello di Giobbe; e che, se ciò non si avverte, è solo per incoscienza o illusione. Io ritorno a lui, perché da lui ricevo l'unica soluzione possibile della mia vita: il diritto a disperare. È di Giobbe la Disperazione come categoria della Ragione, come evento positivo e provvidenziale. E in un certo senso la sua parola è necessaria come quella di Cristo; la sua è la parola della terra, quella di Cristo del Cielo; e per fortuna si richiamavano nello spazio dei secoli, come ora si incrociano e si integrano nella totalità di una medesima Rivelazione, all'infuori della quale non esiste che tenebra. (p. 64)

Non hanno più vino[modifica]

  • Il compito di Maria è di offrire Gesù agli uomini e gli uomini a Gesù; di portarlo nelle case e di assistere con lui alla celebrazione dei nostri amori, e di avvertirlo subito non appena il vino cominci a mancare.
  • La madre [Maria] non discute, il suo verbo è fare, vivere attuando, in perfetta obbedienza e donazione.
  • Non hanno ostacoli le madri, non paura del pericolo, non paura del rischio e del sacrificio: esse fanno, costruiscono in silenzio, giorno per giorno, il grande miracolo dell'amore.
  • Anima mia canta e cammina, | anche tu, oh fedele di chissà quale fede | oppure tu uomo di nessuna fede, | camminiamo insieme | e l'arida valle si metterà a fiorire. | Qualcuno, | colui che tutti cerchiamo, | ci camminerà accanto.

Il mio amico don Milani[modifica]

  • Quando qualche volta mi è capitato di confessarlo, allora veramente ho sentito, per merito di lui, quanto grande e misterioso è questo sacramento della fraternità e del perdono. Cose troppo delicate per dirle in un qualsiasi articolo. Anzi, è questa una delle ragioni per cui io su don Milani ho preferito piuttosto tacere. E però questa volta, davanti a certe manipolazioni e storpiature, il silenzio poteva essere anche una colpa. (Introduzione)[5]
  • l’antico testamento non va disgiunto dal nuovo, quanto la legge non va disgiunta dallo spirito, la giustizia dalla carità. […] È la sua conversione che è la chiave per entrare nel suo segreto.
  • [Don Milani aveva una] Torah e una chiesa osservata e vissuta fino alla scrupolosità; una realtà da mai più abbandonare, costi quel che costi, anche il martirio se necessario. […] Una fede sempre rapportata al povero, basata sullo stesso istinto ebraico, chiamata a farsi corposità, appunto, storia.

Note[modifica]

  1. Da Presentazione, in Ermes Ronchi, Il canto del pane, Edizioni San Paolo, 2006, pp. 5-6.
  2. Citato in Gianfranco Ravasi, Prefazione, in Carlo Maria Martini et al., La preghiera di chi non crede, Oscar Mondadori, Milano, 1995, p. 13. ISBN 88-04-40707-7
  3. Dall'intervista 1991, Prima Guerra del Golfo - Il parere di Norberto Bobbio e David Maria Turoldo, TG3, 0:48, 15 gennaio 1991.
  4. Da Piccola antologia; citato in Le ragioni della speranza, Rai Uno, 12 marzo 2011.
  5. Citato in Francisco Soriano, David Maria Turoldo: il mio amico don Milani, Camillaonline.com, 9 marzo 2024

Bibliografia[modifica]

  • David Maria Turoldo, Mie notti con Qohelet, postfazione di Gianfranco Ravasi, Garzanti, Milano, 1992. ISBN 88-11-64013-X
  • David Maria Turoldo, Non hanno più vino, Queriniana, 1979.

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