Peter Handke

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Peter Handke
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la letteratura (2019)

Peter Handke (1942 – vivente), scrittore, drammaturgo, saggista, poeta, reporter di viaggio, sceneggiatore e regista austriaco.

Citazioni di Peter Handke[modifica]

  • Il nesso è possibile. Ogni singolo istante della mia vita combacia con ogni altro – senza anelli di congiunzione. Un legame immediato esiste; basta che io lo liberi nella fantasia.[1]
  • [...] per me la Jugoslavia era l'Europa. Io ci andavo, anche a piedi, non solo in autobus o in macchina o in aeroplano. La Jugoslavia, per quanto frammentata sia potuta essere, era il modello per l'Europa del futuro. Non l'Europa come è adesso, la nostra Europa in un certo senso artificiale, con le sue zone di libero scambio, ma un posto in cui nazionalità diverse vivono mischiate l'una con l'altra, specialmente come facevano i giovani in Jugoslavia, anche dopo la morte di Tito. Ecco, penso che quella sia l'Europa, per come io la vorrei. Perciò, in me l'immagine dell'Europa è stata distrutta con la distruzione della Jugoslavia.[2]
HANDKE Don Chisciotte ci salverà, Corriere della sera, 3 marzo 2002
  • [Riferito a La perdita dell' immagine] In realtà la mia storia è molto più erotica del Don Chisciotte. Qui ho usato Cervantes come un catalizzatore. A reazione avvenuta il catalizzatore andrebbe tolto, io invece lo lascio: Don Chisciotte resta. Lo lascio per riconoscenza, come omaggio. Anche lui alla fine vive la perdita dell'immagine e muore.
  • La mia scrittura è un movimento che si ramifica lentamente e continuamente in maniera uniforme come nel romanzo psicologico di Dostoevskij, senza psicologia però, ma con una tensione continua.
  • La letteratura normale è solo mondo esteriore, la poesia è solo mondo interiore. Nel mio modo di scrivere ci sono entrambe le cose. Io sono un epico lirico. È una cosa che non faccio soltanto io: raccontare, inventare, riflettere lo stato del mondo. Ma se non avesse a che fare con me stesso, con i miei sogni, con il mio tempo sarebbe come quella di Eco e non sarebbe letteratura. Una narrazione che non passa attraverso l'io dell'autore non è letteratura ma solo un semplice prodotto.
  • Tutti dovrebbero leggere Ivo Andric. È un autore grandissimo, più grande di Thomas Mann, perché il suo narrare è dettato dalla pietas e dal ritmo artistico. Thomas Mann è solo ritmo artistico.

Il peso del mondo[modifica]

  • De-pensarsi... finché non vi sia più nulla di sé e tutto si perda nel vento e nel sole, nulla, tranne un piccolo punto di dolore.
  • Il mito di Narciso: come se non fosse proprio la lunga e attenta contemplazione della propria immagine allo specchio a darci la forza e la schiettezza per osservare a lungo gli altri.
  • L'elemento del ridicolo nella sessualità: utilizzare una tecnica.
  • Mai cercare paragoni! Essi vengono vissuti.
  • Non c'è bisogno di mandare a memoria le frasi: esse anzi possono essere tranquillamente dimenticate, il bello è che ciò nonostante rimangono in testa.
  • Pian piano il silenzio esterno della sera si tramuta nell'interiore calore del corpo.
  • Tanto estraneo può diventare solo ciò che si ama alla follia.

Incipit di alcune opere[modifica]

In una notte buia uscii dalla mia casa silenziosa[modifica]

Al tempo in cui si svolge questa storia, Taxham era quasi dimenticato. La maggior parte degli abitanti della vicina Salisburgo non avrebbero saputo dire dove si trovava quel posto. Per molti, già il nome suonava straniero. Taxham? Birmingham? Nottingham? In effetti la prima squadra di calcio dopo la guerra si era chiamata "Taxham Forrest", fino a quando, dopo la promozione dall'ultima serie, venne ribattezzata e poi addirittura denominata, in seguito a ulteriori promozioni avvenute nel corso degli anni, "FC Salzburg" (anche se ormai potrebbe essere retrocessa pure di nome). Certo, la gente del centro di Salisburgo vedeva passare non pochi autobus con la scritta TAXHAM, né più pieni né più vuoti degli altri, ma quasi nessuno della città era mai salito su uno di quegli autobus.

Lento ritorno a casa[modifica]

Sorger era sopravvissuto ad alcune persone che gli erano divenute vicine e non sentiva più nostalgia, ma spesso una voglia disinteressata di esistere e a volte un bisogno di salvezza, ormai animalesco, che premeva sulle palpebre. Da un lato capace di una quieta armonia, che si trasmetteva anche ad altri come una forza serena, e di nuovo troppo facile preda della strapotenza dei fatti, conobbe lo smarrimento, volle la responsabilità e fu pervaso dalla ricerca di forme, dalla loro distinzione e descrizione, ben oltre il paesaggio dove ("sul campo", "sul terreno") questa attività spesso martoriante, poi di nuovo divertente, solo con fortuna trionfante, era la sua professione.

La donna mancina[modifica]

Aveva trent'anni e viveva in un quartiere residenziale di bungalow che terrazzava il pendio meridionale di un monte non alto, giusto al di sopra dei fumi di una grande città. Aveva i capelli castani e degli occhi grigi che anche quando non guardava nessuno talvolta si riempivano di luce, senza che per questo il suo viso avesse a mutare. In un tardo pomeriggio d'inverno era seduta nella luce gialla che veniva da fuori, davanti alla finestra del vasto soggiorno, alla macchina da cucire elettrica, con accanto il figlio di otto anni, che faceva un tema per la scuola. Una delle due pareti lunghe dell'ambiente era costituita da un'unica vetrata di là della quale c'era una terrazza tenuta a prato, un albero di Natale gettato via e il muro senza finestre della casa attigua. Il bambino, seduto a un tavolo di legno scuro, era curvo sul quaderno e faceva scricchiolare il pennino e sporgeva la lingua lambendosi le labbra. Di tanto in tanto si fermava, guardava fuori della vetrata per poi riprendere con maggior zelo; oppure lanciava un'occhiata alla madre che, sebbene guardasse altrove, se ne accorgeva e la ricambiava. La donna era sposata col direttore vendite della filiale locale di una ditta di porcellane nota in tutta Europa, e quella sera egli sarebbe tornato da un viaggio d'affari in Scandinavia, durato varie settimane. La famiglia non era ricca, ma viveva agiatamente, senza dover pensare al denaro; il bungalow l'avevano in affitto, poiché l'uomo poteva essere trasferito da un momento all'altro.

Storia della matita[modifica]

L'esploratore disse: tutto il mondo è geograficamente esplorato.[3]

Note[modifica]

  1. Sorger, da Lento ritorno a casa.
  2. Dall'intervista di Martin Lettmayer, traduzione a cura del Coordinamento Romano per la Jugoslavia, cnj.it, 1997.
  3. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Peter Handke, Il peso del mondo, traduzione di R. Precht, Guanda.
  • Peter Handke, In una notte buia uscii dalla mia casa silenziosa, traduzione di Rolando Zorzi, Garzanti.
  • Peter Handke, Lento ritorno a casa, traduzione di Rolando Zorzi, Garzanti, Milano, 1986.
  • Peter Handke, La donna mancina, traduzione di Anna Maria Carpi, Collana "Gli elefanti", Garzanti Libri, 1986. ISBN 88-11-66838-7

Filmografia[modifica]

Sceneggiatore[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]