Renato Mucci

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Renato Mucci

Renato Mucci (1893 – 1976), giornalista e traduttore italiano.

Citazioni di Renato Mucci[modifica]

  • Campane d'Assisi, campane, campane! | Per ogni dove: campane! Siete tante e di così vario suono, | da far rassomigliare il paese a un gran campanile | orizzontalmente disteso ai piedi del Subasio. | Siete la mistica antica voce d'Assisi | che canta ancor oggi, come mille anni fa, | verso il cielo stupefatto di turchino, | verso quel cielo che ognuno s'attende debba, | da un momento all'altro, squarciarsi e rivelare, | nel fragor delle luci, le cose mirabili del Paradiso. | Non so i vostri nomi, e di molte di voi | ignoro anche la chiesa, che dà ricetto ai vostri lunghi voli, | offrendovi l'invisibile asilo del campanile. | Talvolta mi soffermo da un'altura, a guardare, | per scoprire dove siete nascoste; | e per quanto faccia, non riesco che a distinguere | i vostri suoni, ma non vi so trovare. | E mentre il sistema dei tetti vibra | come il coverchio d'una cassa armonica, | se fisso un campanile, lo vedo vuoto, | quasi una gabbia senza gli uccellini. | La vostra voce mi è divenuta tanto familiare | che mi vien fatto d'individuarvi nel rombo, | come se riconoscessi la forma e la materia | che la mia immaginazione ha dato ad ognuna di voi, | come se sorprendessi nell'aria la figura caratteristica | che il suono di ognuna di voi disegna. (da Campane d'Assisi, in Natura morta, Gobetti, Torino, 1925, p. 72)
  • Il caso, questo nemico dello scienziato e dell'uomo di azione, è anche il naturale nemico del poeta, che deve concepire il proprio oggetto lirico puro da qualsiasi scoria arbitraria, fortuita, impensata.[1]
  • [Su Marcel Proust] La Memoria involontaria, secondo l'Autore, a differenza di quella volontaria, è lo unico strumento atto a farci conoscere la verità dell'Essere, a darcene la palpitante autenticità; essa presuppone, naturalmente, il suo opposto: l'Oblio, il quale ci ha sottratto il ricordo e lo ha nascosto in un luogo inviolato, nell'inconscio, ov'esso conserva la propria integrità e freschezza; tal genere di memoria, operante fuor del regno dell'intelletto, fuor della sfera della ragione, restituirà netto ed intatto il ricordo alla nostra coscienza, per l'effetto di un prodigio analogico.[2]
  • La nota che più facilmente può rilevare anche lo psicologo meno provveduto, è la serietà di Palazzeschi: una serietà senza mai broncio, anzi sempre disposta a un'accoglienza amabile, raramente interrotta tuttavia non diciamo dal riso, ma neppure da un sorriso il quale, se appare, subito tende a trasformarsi in una smorfia amara.[3]
  • La traduzione è indubbiamente – direi addirittura: inevitabilmente – una manifestazione di gusto, come tutto ciò ch'è Spirito, a cominciare dal linguaggio. Non mi domandi: In qual misura perché, e Lei lo sa benissimo, nei fatti spirituali non è mai questione di quantità, ma di qualità.[4]
  • Leggiamo nel «391», massimo organo del Movimento Dada, questi due innocenti avvisi. «Je cherche un ami serieux». Jean Cocteau parisien. «Je cherche un ami pas serieux». Francis Marseillais. Alla calata dei dadaisti che si annuncia prossima in Italia, vuol dire che cammineremo per istrada con le spalle al muro![5]
  • Originalità delle idee, e fedeltà alle proprie idee, han fatto di Giovanni Gentile il più filosofo dei filosofi dell'età nostra, talché, per trovare altro nome che possa stargli a fianco, in quanto a purezza, convien ricorrere a quello di Spinoza.[6]
  • Palazzeschi vuol solo smaltire tutto l'amaro ch'ha nel sangue [...] e lo smaltisce servendosi di quel mezzo assai consono alla sua natura ch'è [...] l'ironia. Non l'ironia platonica, né l'aristotelica, né quella dei manuali di retorica sorella del sarcasmo, ma, se mai dei romantici tedeschi, consistente in un distacco tra spirito e realtà, tra l'uomo e l'opera, tra l'atto e il fatto; l'ironia che dà luogo ad una tipica figura fenomenologica della cosienza umana: la anima bella. La quale, titubante nel momento in cui dal pensiero si dovrebbe passare all'azione, come se in tale passaggio il pensiero subisse uno scadimento e una contaminazione ad opera dell'azione, ha trovato poche incarnazioni: dallo shakespeariano Amleto all'ellenico Hölderlin.[3]
  • Sodoma e Gomorra è destinato ad acuire l'interesse e la curiosità del lettore della Recherche qui giunto, giacché [...] è in questa parte del romanzo che Proust, dopo aver narrato l'obbrobrioso incontro del gilettajo Iupien col barone Charlus – incontro che gli rivela anche troppo crudamente le ragioni delle anomalie dell'eccezionale personaggio – dipinge il vasto affresco dei viziosi contro natura. Ma, dalla orrenda rappresentazione di una corruzione generale, da cui non si salvano neppure le fanciulle in fiore, neppure Albertine, la piccola amica del protagonista Marcel, sbocciano le umanissime pagine teorizzanti le Intermittenze di cuore che, associate alla teoria della memoria involontaria, formano il caposaldo della dottrina psicologica proustiana.[7]

Poesie[modifica]

  • Il Tempo non abitua | a questa dura prigionia del corpo! | Solo nel sonno liberat me Dominus | è allora che dal fianco mi spicco | e sul madido sudario, | sorridendo abbandono | la tramortita spoglia. | Nei prati dell'asfòdelo | mansueti brucavano liocorni. | Ma quando fra le tempia ricongiunte | folgora crudo il risveglio, | dentro la cella di calce e sangue | torno a ridurmi cattivo. | Servo, diffido, osservo. | E guardo al fianco, in attesa | dell'ultimo volo. (da Canto Spirituale[8])
  • Morte, sorella mia | nata il giorno ch'io nacqui, | remota e accanto mi sei | come un miraggio. | Lampada fu il tuo volto alla mia culla. | Sulla tua veste d'ombra | quante notti dormii. | Lieve mi condurrai | tenendomi per mano | lungo l'aria serena di luna | fino al grande diorama. (da Alla Morte[9])
  • [Tempo] [...] uno stillicidio di minuti | eguali scialbi muti | raccolti da una fredda estatica urna | nell'aula taciturna. (da Tempo[10])

Prose[modifica]

  • Languidi giorni d'autunno. Perché nelle lamine d'oro che svolgete all'occaso ci par di rivedere l'immagine delle persone care che ci hanno lasciato, e non torneranno mai più? [...] Terzo tempo nella sinfonia delle stagioni, Autunno. Noi vorremmo che tu non passassi, che non cedessi il passo a quella che verrà dopo di te. [...] Ma presto volgerai. Le due vecchine, che nel cupo silenzio della sera all'ombra del viale quasi deserto tesson parole al telaio della saggezza, sono l'annuncio del nero inverno. (da L'Autunno[11])
  • Le nebbie vaganti al mattino sullo specchio dell'acqua, l'acqua limpida occhieggiata dal sole al meriggio, la luce dei fanali riverberata a vortice sull'acqua, mi danno la fonda tristezza degli anni di scuola, il giubilo d'un giorno di festa, il sapor delle lacrime provocate da chissà qual dolore vesperale. (da Il Fiume[12])
  • Se tendiamo l'orecchio verso i ruderi d'Ostia, non ci par d'ascoltare, lontano e rotto dai singulti, l'umanissimo pianto d'Agostino che, dinanzi le spoglie di Monica, lamenta il gran bene per sempre perduto? Ora il sole è maturo. E folgorante spicca a mezzo dell'etra a custodire, sotto un monte di vivida luce, l'idea della Chiesa di Roma, dell'Impero di Roma. (da Il Mare[12])

Note[modifica]

  1. Citato in Giuseppe Appella, Forma 1 e i poeti, Insulaeuropea.eu.
  2. Da La conclusione del grande romanzo di Proust: Il tempo ritrovato, Il Popolo, 19 gennaio 1952, p. 3.
  3. a b Da Il bestiario di Palazzeschi, Il Popolo, 13 febbraio 1952
  4. Dall'intervista di Luigi De Nardis, Renato Mucci: È un atto di modestia e d'altruismo, La Fiera Letteraria, anno VI, n. 32, 12 agosto 1951, p. 3.
  5. Da Cronache letterarie, Cronache d'attualità, anno V, gennaio 1921, p. 47.
  6. Da Giovanni Gentile: Opera Omnia, La Fiera Letteraria, anno VI, n. 26, 01 luglio 1951, p. 3.
  7. Da Storia di un'ardua traduzione: Proust in italiano, La Fiera Letteraria, anno V, n. 30, 22 luglio 1950, p. 4.
  8. Citato in Umberto A. Padovani, Recensioni, Aevum, anno 13, fasc. 4, ottobre-dicembre 1939, pp. 645-46.
  9. Citato in Poesie di Renato Mucci, Corriere della Sera, 12 marzo 1939, p. 3.
  10. Citato in Umberto A. Padovani, Recensioni, Aevum, anno 13, fasc. 4, ottobre-dicembre 1939, p. 646.
  11. Citato in Umberto A. Padovani, Recensioni, Aevum, anno 16, fasc. 2/4, aprile-dicembre 1942, p. 169.
  12. a b Citato in Umberto A. Padovani, Recensioni, Aevum, anno 16, fasc. 2/4, aprile-dicembre 1942, p. 170.

Bibliografia[modifica]

  • Renato Mucci, Poesie, Venezia, Edizioni del Cavallino, 1938.
  • Renato Mucci, Prose, con cinque disegni di Franco Gentilini, Venezia, Edizioni del Cavallino, 1941.

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