Rivoluzione ungherese del 1956

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Un carro armato sovietico T-34/85 distrutto a Budapest

Citazioni sulla rivoluzione ungherese del 1956.

Citazioni[modifica]

  • Che cosa sia stato in Ungheria il 1956 che io non chiamai mai controrivoluzione ma che ancora adesso non mi sento di definire rivoluzione nazionale è un problema che non considero ancora risolto né dagli storici né dai politici. (Gian Carlo Pajetta)
  • È evidente che il governo magiaro non è un governo libero, ma un governo che è stato imposto con la forza. Se nel corso di dieci anni non è stato possibile convertire il popolo ungherese alle idee sovietiche, ciò sta a dimostrare che siamo di fronte a un fallimento. Io non ho dubbi sul fatto che il popolo ungherese è destinato a trionfare in questa sua lotta per la libertà. (Jawaharlal Nehru)
  • I tre esponenti comunisti romeni che parteciparono a quell'incontro segreto del 1956 con Nikita Kruscev e Georgy Malenkov, incitarono unanimamente a un pronto e deciso intervento militare contro il governo di Imre Nagy. Seppi più tardi da Gheorghiu-Dej che Ceausescu aveva sostenuto calorosamente l'intervento militare, e che aveva reso noto con enfasi che la Romania aveva già cominciato a fornire armi e informazioni alle forze di sicurezza ungheresi di alcune delle zone di frontiera tra i due paesi, a fini di autodifesa contro il «virus controrivoluzionario». Da parte loro, Kruscev e Malenkov dissero ripetutamente che non bisognava internazionalizzare la crisi ungherese coinvolgendo altre truppe oltre quelle sovietiche che già stazionavano in Ungheria in applicazione degli accordi di Potsdam. (Ion Mihai Pacepa)
  • [Vittorio Mangili] Ne ha combinate di tutti i colori. Ha fatto perfino il portaordini dei patrioti, a bordo di una delle loro automobili di collegamento. (Indro Montanelli)
  • Per i più piccini. Un topo, caduto in una trappola, si dibatteva furiosamente: «Niente equivoci,» disse il topo a quelli che stavano a guardarlo «io non mi batto contro la trappola, che va benissimo, ma per la cattiva qualità del formaggio». Questa la tesi che i comunisti ci hanno offerto per spiegare la rivoluzione ungherese, informandoci che hanno già provveduto a migliorare la qualità del formaggio e a rinforzare la trappola. (Ennio Flaiano)
  • Per quanto riguarda i partiti comunisti occidentali, fu un disastro. Furono tutti favorevoli all'intervento sovietico, ma furono costretti ad affrontare una grave fase di crisi. Il partito comunista italiano perse figure di spicco, di fatto o di diritto, tra i quali Giuseppe Di Vittorio, Celeste Negarville (che era un dirigente storico del Pci dalla fondazione, torinese di origine operaia, ossia la crème de la crème dell’identità del partito comunista) e Antonio Giolitti, nipote di Giovanni Giolitti. Tre personaggi piuttosto importanti, tutti e tre assolutamente in disaccordo con Togliatti che, tuttavia, non subì conseguenze elettorali per questo, ma sicuramente ne ebbe in termini identitari. (Federigo Argentieri)
  • Secondo noi, la controrivoluzione in Ungheria fu principalmente opera dei titini. Gli imperialisti americani avevano, in primo luogo in Tito e nei rinnegati di Belgrado, la migliore arma per scalzare la democrazia popolare in Ungheria. (Enver Hoxha)
  • Sessant'anni fa, il 23 ottobre 1956, l'Ungheria intera, compresi moltissimi comunisti, si ribellò unita contro la dittatura. Oggi manca quel coraggio. (Ágnes Heller)

Nikita Sergeevič Chruščёv[modifica]

  • Agli attivisti del partito e in particolare ai membri della polizia politica veniva data la caccia per le strade. I comitati di partito e le organizzazioni della polizia politica venivano fatti a pezzi. Si assassinava la gente impiccandola per i piedi ai lampioni. Si commettevano atrocità di ogni genere. In un primo tempo al movimento controrivoluzionario parteciparono soprattutto ragazzi. Erano bene armati perché avevano saccheggiato magazzini militari e depositi di munizioni. Poi ad essi si unirono reparti militari e nelle strade di Budapest cominciarono gli scontri. Alcuni reparti militari si impadronirono di pezzi d'artiglieria, per lo più cannoni antiaerei, e aprirono il fuoco sulla città. A Budapest cominciarono a tornare gli emigrati politici che erano stati costretti a fuggire dopo la sconfitta di Hitler e l'instaurazione del regime socialista. I paesi della NATO cominciavano già a mettere il naso nella faccenda. Versavano olio sul fuoco della guerra civile nella speranza che fosse rovesciato il governo rivoluzionario, liquidate le conquiste della rivoluzione e restaurato il capitalismo.
  • Aiutando il popolo ungherese a schiacciare l'insurrezione controrivoluzionaria impedimmo al nemico di incrinare l'unità dell'intero campo socialista, messa a dura prova durante gli avvenimenti d'Ungheria. Sapevamo che aiutando l'Ungheria a reprimere l'insurrezione e a liquidare il più rapidamente possibile le sue conseguenze aiutavamo anche tutti gli altri paesi del campo socialista. L'aiuto che prestammo al popolo ungherese per soffocare la controrivoluzione fu unanimemente approvato dai lavoratori dei paesi socialisti e dai progressisti di tutto il mondo.
  • Dinanzi a noi stava una scelta cruciale: dovevamo far rientrare le nostre truppe nella capitale e schiacciare la rivolta, o dovevamo stare a vedere se le forze progressiste ungheresi sarebbero riuscite a liberarsi da sole sventando la controrivoluzione? Se decidevamo per quest'ultima linea di condotta, c'era il pericolo di un temporaneo prevalere della controrivoluzione, il che avrebbe provocato lo spargimento di molto sangue proletario. Inoltre, se la controrivoluzione avesse vinto e la NATO avesse messo radici nel cuore del campo socialista, una seria minaccia si sarebbe profilata per la Cecoslovacchia, la Jugoslavia e la Romania, per non parlare dell'Unione Sovietica.

Milovan Gilas[modifica]

  • I cambiamenti che hanno avuto luogo in Polonia significano il trionfo del comunismo nazionale - cosa che, in forma diversa, abbiamo già visto prodursi in Jugoslavia. Il sollevamento d'Ungheria è di tutt'altro significato: è un fenomeno nuovo che, forse, non riveste significato meno grande della Rivoluzione francese o della Rivoluzione russa.
  • L'esperienza jugoslava sembra provare che il comunismo nazionale è incapace di trascendere le frontiere del comunismo, in modo da istituire delle riforme capaci di trasformare uno Stato comunista e di condurlo gradualmente verso la libertà. Questa esperienza sembra dimostrare che il comunismo nazionale non può non fare nient'altro che rompere con Mosca e, seguendo modalità e stile nazionale propri, costruire in fondo un sistema comunista identico al modello. Cionostante, nulla sarebbe più falso che ritenere che l'esperienza jugoslavia possa essere ripetuta in qualunque paese dell'Europa dell'Est.
  • Nessuno può predire con esattezza dove si fermerà Mosca. Per il momento, l'Urss fa il doppio gioco: riconosce a fior di labbra il comunismo nazionale, ma ne mina le fondamenta, non potendo rinunciare alla sua egemonia imperialista. Naturalmente, essa in modo menzognero intitola il suo intervento e le sue pressioni come «aiuto» al comunismo e «misure di sicurezza» verso le nazioni soggette. Ma ciò non è che secondario per Mosca. La sua politica nei confronti delle nazioni comuniste riflette chiaramente una volontà di resistere al crollo dell'impero russo, di mantenere il ruolo dirigente del comunismo sovietico - questa volontà è perfettamente dimostrata dai mezzi di cui fa uso per servirsi del comunismo nazionale come di una maschera per il suo espansionismo imperialista.
  • Se la rivoluzione ungherese avesse potuto non solo instaurare un regime democratico, ma anche preservare la nazionalizzazione dell'industria pesante e del credito, avrebbe esercitato una terribile influenza su tutti i paesi comunisti, compresa l'Urss. Avrebbe dimostrato non solo che il totalitarismo non è necessario per proteggere la classe operaia dallo sfruttamento (vale a dire per «costruire il socialismo») ma anche che non è che una scusa che permette lo sfruttamento della classe operaia da parte della burocrazia e di una nuova classe dirigente. Mosca, dunque, ha combattuto la rivoluzione ungherese, tanto per ragioni riguardanti la politica estera, che altre riguardanti la politica interna. Proprio come la rivolta jugoslava aveva rivelato l'imperialismo esercitato da Mosca verso i paesi comunisti, così la rivoluzione ungherese rivela che il regime sovietico, a casa sua, altro non è che una dominazione totalitaria esercitata da una nuova classe di sfruttatori, la burocrazia del partito.

Paolo Guzzanti[modifica]

  • Coloro che erano adolescenti nel 1956 furono marchiati a fuoco per quel che videro (la televisione in Italia era ancora una straordinaria novità) seguendo la disperata ed eroica sorte della rivoluzione ungherese, schiacciata nel sangue dall'Armata Rossa anche a causa di un intervento molto deciso del segretario comunista Palmiro Togliatti in un momento in cui il Politburo del partito comunista sovietico era diviso sul da farsi. Ma Togliatti, ex numero due del Komintern, fu deciso e determinante nella volontà di intervenire militarmente: la rivolta di Budapest di operai e studenti andava classificata come fascista e spazzata via con i carri armati. In Italia gli uomini della sinistra, non solo socialisti, favorevoli alla repressione sovietica a Budapest furono da allora chiamati "carristi". Ma chi era giovane nel 1956 fu obbligato a fare i conti con quelle giornate e quelle emozioni così violente e così chiare: si poteva essere comunisti, volere il socialismo e chiedere l'intervento dei carri armati contro studenti e operai?
  • L'Ungheria segnò la [...] mia generazione come il morso di un cane rabbioso, e quella rabbia contro il comunismo russo non ci abbandonò mai perché mai ci abbandonarono le immagini dei combattenti in impermeabile e cappello floscio, il bavero alzato, il mitra a tracolla, la sigaretta fra le labbra come tanti Humphrey Bogart nelle strade di Budapest, rispondere al fuoco dei carri armati russi fra i tram rovesciati, e morire un dopo l'altro.
  • La rivolta fu repressa nel sangue dai carri armati sovietici sotto l'occhio della televisione che portava per la prima volta le immagini della strage nelle case di tutto il mondo. Abbiamo saputo in seguito che, essendo Krusciov molto esitante, la decisione di invadere e reprimere fu presa per l'insistenza del segretario del Pci italiano Palmiro Togliatti e di quello comunista cinese, Mao Zedong. Da allora in Italia con il termine "carristi" furono indicati tutti coloro che approvavano l'intervento dei carri armati russi. I carri armati non invadevano mai ma venivano in soccorso del comunismo sovietico attaccato da oscure forze reazionarie sempre in combutta con gli Stati Uniti e la Cia per una provocazione della Nato.

János Kádár[modifica]

  • Conoscevamo meglio di ogni altro le forze contro cui dovevamo lottare. Queste forze non volevano solo rovesciare l'ordine sociale esistente in Ungheria. La loro vittoria avrebbe forse potuto significare, a breve scadenza, una guerra con i paesi vicini. Bisogna vedere la situazione in tutti i suoi aspetti. Nei paesi vicini vivono gruppi etnici e si trovano dei territori che erano appartenut alla Ungheria in un passato più o meno lontano. I controrivoluzionari non avevano solo delle rivendicazioni verso dei paesi lontani, ma anche verso questi paesi confinanti. Sarebbe così potuta nascere una di quelle guerre che ora si usa definire conflitti localizzati.
  • Desidero [...] rilevare che gli organi statali hanno arrestato almeno 2500 persone che potevano cadere sotto la legge marziale. Di queste, solo 200, meno di un decimo, sono state deferite alla Corte marziale. Della quarantina che sono state condannate a morte ne sono state giustiziate poco più di venti. Noi non pensiamo che tutti coloro che per timore, stupidità o rancore si sono rifiutati di consegnare le armi nel periodo prefisso debbano venire condannati alle pene più severe.
  • Nei giorni in cui la controrivoluzione stava per prevalere, gli occidentali promisero o fecero intendere che avrebbero inviato grandi aiuti alla Ungheria. Poi la situazione cambiò e naturalmente cambiarono anche le promesse di aiuto.
  • Nel periodo più critico, dal 23 ottobre al 10 novembre dello scorso anno, erano presenti in Ungheria circa 800 giornalisti stranieri, oltre a tutte le rappresentanza diplomatiche. Non è avvenuto nulla che tutti noi abbiano visto o saputo, non c'era niente da esaminare o da osservare.
  • Sebbene in occidente si sia sempre pensato che dopo la sconfitta della controrivoluzione sarebbe seguita una reppressione in massa, ciò non è avvenuto. A nessuno è stata e sarà attribuita la responsabilità di avere partecipato in quel periodo a qualche sfilata o manifestazione, purché non abbia commesso dei gravi fatti controrivoluzionari.

Imre Nagy[modifica]

  • Diversi decreti governativi hanno suscitato il dolore e la vergogna del popolo ungherese, hanno eccitato le passioni ed hanno fatto scorrere il sangue di migliaia di persone. Uno di questi decreti è stato quello che proclamava la legge marziale nei confronti dei combattenti della libertà, l'altro quello che chiedeva l'intervento delle truppe sovietiche. Consci di tutte le nostre responsabilità, noi dichiariamo dinanzi alla storia che il presidente del Consiglio Nagy non era al correnti di questi due decreti e non li ha firmati.
  • È chiaro che che gli elementi controrivoluzionari si sono sforzati di profittare anche di questa insurrezione, contro il popolo e contro la democrazia popolare. È inconfutabile anche il fatto che questo movimento è stato generato da un possente sforzo per la democrazia e la giustizia, che ha unito tutto il popolo. Questo movimento si è posto come fine la conquista dell'indipendenza e della sovranità del nostro popolo.
  • Popolo ungherese! Nella scorsa settimana, si sono diffusi, con una tragica velocità, sanguinosi avvenimenti, in conseguenza dei tragici errori e dei delitti dell'ultimo decennio. Essi hanno trovato il loro epilogo negli avvenimenti di cui siamo stati testimoni coi nostri propri occhi. Nell'ultimo millennio circa, il destino non ha risparmiato il nostro popolo da duri colpi, ma scosse simili a quelle che abbiamo vissuto questi giorni, la nostra patria forse non le aveva mai viste.

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