Federigo Argentieri

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Federigo Argentieri, storico italiano.

Citazioni di Federigo Argentieri[modifica]

I falsi miti della storia ucraina

Socialnews.it, 15 giugno 2014

  • Le origini dell'attuale crisi ucraina sono in parte molto lontane nel tempo ed in parte più recenti. Tra quelle lontane spicca la questione della lingua: l'Ucraino è diverso dal Russo, ma i Russi non sono mai riusciti a farsene una ragione. Non si tratta di una diversità più o meno fittizia e artificiosa, come quella tra il Serbo, il Croato, il Bosniaco e il Montenegrino, nella sostanza varianti della stessa lingua. Sono proprio diverse, pur essendovi, naturalmente, una certa affinità. Contiguo a questo, vi è il problema ancora aperto del riconoscimento, da parte russa, che l'Ucraina non solo ha acquisito una statalità indipendente, ma che gode, almeno sulla carta, anche del diritto all'autodeterminazione, a prescindere dal fatto che sul suo territorio viva una cospicua minoranza di etnia russa ed un'ancor più numerosa comunità russofona, sebbene di etnia ucraina.
  • Sul ruolo svolto dall'Ucraina durante la Seconda guerra mondiale vigono [...] una confusione assoluta ed una mancanza di distinzioni che generano vere e proprie falsità. Nel chiamare "fascisti" e "nazisti" TUTTI i manifestanti di Majdan che a febbraio hanno rovesciato Janukovic, la Russia di Putin ha riesumato una semplificazione ideologica tipica dell'URSS, ripresa con zelo in molte parti d'Europa, Italia compresa. Diciamo che non è certo un segreto per nessuno che i vari Pravi sektor nutrano idee di estrema destra, che si siano organizzati anche dal punto di vista paramilitare e che abbiano partecipato attivamente agli eventi degli ultimi sei mesi, anche con ronde e spedizioni punitive in varie parti del Paese. Ma sostenere che tutti i manifestanti fossero di destra e, soprattutto, che questo li unisca idealmente alle infamie commesse dagli Ucraini nella Seconda guerra mondiale è una falsificazione degna del miglior KGB, dal quale, peraltro, il Presidente russo proviene. A Majdan c'erano moltissime tendenze e organizzazioni del più vario orientamento, dalle donne di Femen ai gruppi religiosi, dai movimenti gay agli ecologisti. Definirli tutti di destra equivale a definire di destra il movimento che rovesciò il comunismo in Cecoslovacchia nel novembre del 1989, cosa che nessuno ha mai seriamente osato fare.
  • Per quanto riguarda la Seconda guerra mondiale, si tende a confondere tre aspetti assai diversi fra loro: l'UPA, l'esercito indipendentista ucraino che si batté contro URSS e Germania (così come fecero l'AK in Polonia e i Fratelli del bosco nei Paesi baltici, fino a dopo la morte di Stalin); la Divisione Galizia, formata nell'aprile del 1943 come parte delle SS, che combatté principalmente contro l'Armata Rossa, ma intervenne anche per reprimere le forze partigiane in Slovacchia e in Jugoslavia; infine i collaborazionisti veri e propri, i quali – come in tutti i Paesi d'Europa, dico tutti – si arruolarono come volontari nelle forze di polizia incaricate di sterminare gli Ebrei e chiunque si opponesse alla Germania. Fare un calderone di tutti e tre ammonta, ancora una volta, ad echeggiare l'ineffabile propaganda sovietica (ripresa in pieno da Putin), per la quale l'unico Ucraino buono è quello che riconosce di essere parte inscindibile della Russia. Tutti gli altri sono "fascisti".
  • La domanda sorge spontanea: qualcuno ha mai indagato sui movimenti neonazisti in Russia e sulle coperture di cui godono da parte del regime?
    Oppure, vogliamo parlare della Cecenia, dove una tentata secessione molto più limitata territorialmente di quella del Donbass è stata annientata col ferro e col fuoco? Vogliamo parlare dell'ucraina Anna Mazepa Politkovskaya, uccisa a colpi d'arma da fuoco nell'androne di casa per aver denunciato quanto sopra? Se ne vogliamo parlare, allora trarremo l'ovvia conclusione che l'estrema destra minaccia l'Ucraina non più di quanto minacci la Russia, la Norvegia, la Grecia, la Svezia, per non parlare della Francia.

L'Ucraina e il "fasciocomunismo", ovvero gli amici italiani di Putin e del neoimperialismo russo, parte 1 e 2

libertates.com, 6 luglio 2015 – 7 febbraio 2016

  • A vent'anni dall'indipendenza ucraina, proclamata il 24 agosto 1991 e che fu uno dei fattori più importanti del disfacimento dell'URSS, e all'indomani della conclusione dello scandaloso processo a Yuliya Tymoshenko, è legittimo porsi la domanda: perché e con quale diritto l'Italia politica ha trattato questo importante stato europeo come un'espressione geografica, e continua imperterrita a farlo? [...] La risposta è: la politica italiana, nella sua quasi totalità, è vittima di una sudditanza a Mosca, le cui origini risalgono ai primordi del potere sovietico, all'amicizia e stima che regnavano tra Lenin e Mussolini, entrambi ex sovversivi socialisti, anche dopo la marcia su Roma, e che continuarono per almeno un decennio dopo la morte del capo bolscevico nel 1924.
  • [...] ci fu sempre chi parteggiava per Mosca, anche nel periodo più duro della guerra fredda, quando la politica dei governi centristi era risolutamente ostile all'URSS. I rapporti non sono mai stati normali nel senso di una regolare relazione diplomatica, politica, culturale e commerciale perché in Italia è sempre esistito, con posizioni influenti, chi è andato molto oltre facendosi carico, in parte o in tutto, delle sempre vive ambizioni imperiali russe, giustificandole e approvandole.
  • È noto che in Russia ancor oggi l'idea stessa di un'Ucraina indipendente è totalmente indigesta al potere in tutte le sue versioni: ebbene, Roma si fa carico più di ogni altra capitale di questa angustia e si adopera con zelo per non alimentarla, ignorando caparbiamente Kiev (anzi: Kyïv, nella versione più corretta). Con Berlusconi al governo, lo zelo aumenta al punto che anche Varsavia viene presa con le molle da Roma, sapendo quanto è facile urtare la suscettibilità russa attraverso i polacchi.
  • [Sulla rivoluzione arancione] Il silenzio glaciale con cui l'Italia politica accolse quell'evento storico, l'assoluta negligenza sconfinante nel disprezzo con cui Yushchenko fu ignorato per tutto il quinquennio del suo potere (anche da Prodi e D'Alema, al governo nel 2006-08) hanno dell'inspiegabile, né serve a comprenderli il discorso delle forniture di gas russo e quant'altro. Per intenderci, basti dire che non si sono mai registrate battute cretine di Berlusconi su Yuliya Tymoshenko, l'altra figura di rilevo della rivoluzione arancione e più volte primo ministro; che la stessa non è mai stata invitata in Italia, né Berlusconi ha mai messo piede a Kiev, mentre Prodi ci si è recato solo in quanto presidente della commissione europea.
  • [Sull'Holodomor] [...] oggi infatti Mosca ammette il genocidio dei contadini, anche se si rifiuta ancora di riconoscere che vi fu una specificità ucraina, ossia che nell'ambito di un'offensiva spietata per il controllo delle campagne l'Ucraina fu la parte dell'URSS maggiormente colpita anche negli altri due pilastri dell'identità nazionale, ossia gli intellettuali e la Chiesa.
  • [...] si può dire che in un anno e mezzo di potere Yanukovich si è dimostrato più indipendente da Mosca di quanto chiunque potesse sospettare, il che naturalmente non lo esime dal compiere errori madornali. Il processo e la condanna della Tymoshenko sono ovviamente motivati dal desiderio di eliminare un personaggio carismatico e molto valido dalle prossime competizioni elettorali.
  • Dall'UKIP di Farrage alla Lega di Salvini, passando per il FN di Marine Le Pen e l'ungherese Jobbik, i partiti del populismo europeo hanno più o meno tutti riconosciuto, o meglio non negato, i loro legami di vario tipo con il Cremlino: meno chiara è la situazione per quanto riguarda intellettuali, giornalisti, diplomatici e altri. Da quando Putin ha preso a pretesto la cosiddetta Euromajdan – ovvero, le manifestazioni di piazza organizzate dalla società civile ucraina a partire dal novembre 2013 in appoggio alla firma di un accordo di associazione all'UE – per scatenare un'aggressione armata in piena regola contro Kyïv, i flussi finanziari sono sicuramente aumentati e hanno portato a risultati straordinariamente visibili, almeno in Italia.
  • Per carità di patria, è meglio calare un velo pietoso sugli anziani e patetici chansonniers recatisi in entusiasta pellegrinaggio in Crimea non appena avvenuta l'annessione del tutto illegale alla Federazione russa: da Riccardo Fogli dei Pooh ad Al Bano fino allo stesso Berlusconi, stavolta privo del fido Apicella ma in grado tuttavia di compiere una performance memorabile quanto irritante.
  • Al Bano e Fogli sono delle grandi star in Russia, Berlusconi è inquietantemente legato a Putin da un rapporto strettissimo e nessuno dei tre soffre di ristrettezze economiche. Naturalmente il loro comportamento resta ingiustificabile, se non altro dal punto di vista del rispetto per le perdite umane e per il principio di autodeterminazione e sovranità nazionale. A questo proposito, Al Bano addirittura teorizzava una somiglianza tra Crimea e Istria: non sapeva che l'Istria non è più italiana o proponeva di riannetterla?
  • Nella prima [categoria di sostenitori della Russia sotto Vladimir Putin in Italia] troviamo delle vere e proprie orde, che – come in quasi tutti i blog, del resto – si nascondono dietro uno pseudonimo e profferiscono enormità a non finire, ma in modo talmente martellante e organizzato da soffocare ogni tentativo di ragionare. Esempio: un quotidiano sobrio e pacato, "Il Sole 24 ore", pubblica nella sua versione online un breve articolo del tutto neutro sulla terribile vicenda del volo MH17 schiantatosi nel Donbass perché colpito da un missile? Se si va ai commenti all'articolo, si trovano tali spropositi emessi con tale violenza da rimanere stupefatti, a meno di non rendersi conto che è tutto preordinato e organizzato.
    Gli "urlatori" sono invece coloro che escono allo scoperto, con nome e cognome, pubblicando per lo più instant books contenenti cose per la maggior parte appena appena meno insensate delle precedenti: ma comunque offensive verso la verità storica e la realtà dei fatti ed echeggianti in tutto e per tutto le versioni ufficiali russe, a cominciare dalle leggende sul "nazismo" degli ucraini, i quali non sono certo stati, né sono, quantitativamente o qualitativamente più nazisti di tutti gli altri popoli europei, da Svezia e Norvegia a Italia e Grecia, o dall'Irlanda alla Romania. Il dissennato mantra di questi libelli parla ossessivamente di un "golpe" portato a termine dai "nazisti" a Kiev con la regia di Bruxelles e Washington, senza preoccuparsi minimamente di replicare alle numerose obiezioni avanzate nei confronti di questa ed altre assurdità; e i loro autori si rifanno indifferentemente all'estrema sinistra e all'estrema destra, in questo ultimo caso solitamente sostituendo i "nazisti" con "l'ebraismo internazionale" (sic), con tanti saluti a qualunque residuo di raziocinio.
    Il terzo gruppo di fans della Russia è composto dai "pensosi", che sono per lo più bravi a nascondere i loro intenti assai basici dietro a ragionamenti colti, citazioni appropriate e così via, con un'accesa preferenza per Henry Kissinger, considerato a ragione come il principale esponente del "realismo" nelle relazioni internazionali, al punto da essere reputato, in un famoso pamphlet del defunto Christopher Hitchens, un autentico criminale di guerra.

La «primavera di Praga», una lezione per l'Europa di oggi

Sulla primavera di Praga, Corriere.it, 16 agosto 2016

  • È probabile che il termine Primavera di Praga sia pressoché sconosciuto a chi ha meno di cinquant'anni, a meno che non si tratti di persone professionalmente impegnate nello studio della storia o della politica internazionale; ed è altrettanto probabile che nella Repubblica ceca e nella Slovacchia di oggi il 21 agosto — data della fine (nel 1968) di quella esperienza, causata dall'invasione armata da parte di cinque paesi guidati dall'URSS — sarà ricordato svogliatamente e soltanto come la fine di un'illusione ingenua, per non dire stupida.
  • A Mosca si sa bene che negli anni elettorali i presidenti americani sono «anatre zoppe»: sia l'invasione della Cecoslovacchia che quella dell'Ungheria nel 1956 avvennero in prossimità di tali elezioni, e la pressione militare di questi giorni sull'Ucraina fa presagire un déjà vu che anche nelle modalità aggressive e menzognere ricorda i peggiori aspetti della cosiddetta «dottrina Brezhnev», pilastro dell'imperialismo sovietico.
  • Il cosiddetto «socialismo dal volto umano» della Primavera di Praga conteneva ideali che sarebbero molto utili all'Europa di oggi: se il continente fosse realmente unito e solidale, potrebbe avere forza sufficiente sia per opporsi alle ricorrenti tentazioni unilateraliste americane e all'endemico imperialismo moscovita, che per combattere il terrorismo favorendo contemporaneamente soluzioni di pace e di integrazione rispettose di ogni identità.

L'Ucraina, ricordando Budapest e Praga

Intervista di Annalisa Bottani sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Ytali.com, 15 giugno 2022

  • [Sulla Primavera di Praga] Quella della Cecoslovacchia fu una vera e propria invasione effettuata da parte di cinque membri del Patto di Varsavia, ossia Urss, Polonia, Ungheria, Germania Est (che diede un supporto logistico all’invasione, ma, comunque, vi partecipò) e Bulgaria, che addirittura aveva raggiunto le coste ucraine per poi infiltrarsi nel Paese attraverso la frontiera con la Slovacchia.
  • [Sulla rivoluzione ungherese del 1956] Per quanto riguarda i partiti comunisti occidentali, fu un disastro. Furono tutti favorevoli all’intervento sovietico, ma furono costretti ad affrontare una grave fase di crisi. Il partito comunista italiano perse figure di spicco, di fatto o di diritto, tra i quali Giuseppe Di Vittorio, Celeste Negarville (che era un dirigente storico del Pci dalla fondazione, torinese di origine operaia, ossia la crème de la crème dell’identità del partito comunista) e Antonio Giolitti, nipote di Giovanni Giolitti. Tre personaggi piuttosto importanti, tutti e tre assolutamente in disaccordo con Togliatti che, tuttavia, non subì conseguenze elettorali per questo, ma sicuramente ne ebbe in termini identitari.
  • I russi lavorano sui tempi lunghi e, secondo Putin e la sua cerchia ristretta, il loro destino o è imperiale o non è: la Russia non può non essere imperiale e, quindi, non può non dominare su una molteplicità di nazioni, in qualunque forma, quella zarista, quella sovietica o quella post zarista e post sovietica attuale, non ha importanza. I Gorbačëv, gli El'cin, Andrei Kozyrev, ottima persona e ministro degli Esteri di Eltsin, Anatoly Chubais sono figure di minoranza, come lo sono coloro che stanno all'opposizione, da Garry Kasparov ad Alexei Navalny, a Boris Nemtsov che sono stati "eliminati" in un modo o nell'altro, a favore della lobby imperiale, perché avevano una visione diversa. Adesso si gioca una partita fondamentale. Io credo, infatti, che molti abbiano capito che ciò che afferma l'Ucraina è vero: qui non si tratta di negoziare e aspettare che passi la buriana. Qui si tratta di fermare l'espansionismo russo perché la Russia è capacissima di prendersela con i Paesi Baltici, con la Polonia, usando l'avamposto belaruso.
  • Putin è l'erede legittimo della tradizione zarista e di quella sovietica, della tradizione imperiale in versione zarista e sovietica, una sintesi delle due, "stracciona" per usare un termine dell'imperialismo italiano. È una sintesi micidiale dal punto di vista della distruttività (distruttività anche un po' "a casaccio").
  • La Russia ha un problema con l'identità ucraina che non aveva con quella cecoslovacca o con quella ungherese. Non riconosce, infatti, l'Ucraina come identità culturale separata – un problema serio e, nel contempo, un limite enorme – e ritiene che gli ucraini siano dei "burini". Non riconosce, invece, che l'Ucraina è l'erede legittima della Rus' di Kyiv, quella stessa Rus' che non era a Mosca, ma appunto a Kyiv, città fondata nel 482, sei anni dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Per la fondazione di Mosca bisognerà attendere ancora mezzo millennio. Sono elementi che fanno annaspare i russi e che i russi stessi vogliono mettere a tacere. In realtà, l'Ucraina è riuscita in trent'anni a sviluppare una memoria storica, una società civile e un'identità robusta, come dimostra la sua resistenza, e su questo la Russia si sta impantanando.
  • Non so se l'Ucraina riuscirà a vincere: vincere significa espellere la Russia da tutto il suo territorio, prendendo in considerazione i confini antecedenti al 2014. Non so se questo sarà possibile, ma bisogna, comunque, sconfiggere l'invasore e, dunque, fa bene l'Occidente a vedere in tale aspetto una questione importante di principio per la salvaguardia dei valori dell'Unione europea, degli Stati Uniti e della solidarietà euroatlantica. Mai transigere, dunque. Naturalmente questo rende la situazione molto diversa da quanto non fosse a Budapest e Praga. Però vi sono delle analogie. La diversità sta nella solidarietà fattiva dell'Occidente con l'Ucraina, mentre la medesima solidarietà non si è manifestata né nel 1956 né nel 1968. Ed è una differenza fondamentale.
  • Vorrei sottolineare che, mentre esistono chiaramente, sulla base dell'eredità, rispettivamente, di Roma e Bisanzio, un'Europa occidentale e un'Europa orientale, l'Europa centrale ha caratteristiche dell'una e dell'altra. La struttura sociale è dell'Europa orientale, ma la società civile e la religione sono dell'Europa occidentale. La religione si differenzia per il fatto che il cristianesimo occidentale promuove la società civile, mentre, invece, il cristianesimo ortodosso unisce lo Stato in quanto l'impero è sopravvissuto a Bisanzio, non a Roma, per altri mille anni.
  • Per quanto concerne la Nato, non è vero che quest'ultima circonda la Russia. Dei ventiduemila chilometri di perimetro ve ne sono solo cinquecento di frontiera con la Nato, ossia un quarantaquattresimo della frontiera russa "confina" con la Nato. Se entrasse la Finlandia, si passerebbe a duemila chilometri, ossia un undicesimo. Tali discorsi sono completamente insensati. E poi ricordiamo che la Nato non è un'organizzazione aggressiva: è vero che è intervenuta in Bosnia contro la Serbia e il Montenegro, ossia la piccola Jugoslavia, e in Afghanistan, ma sempre con pieno mandato Onu. Un elemento che il Patto di Varsavia non aveva quando è intervenuto in Ungheria e in Cecoslovacchia. Tutta la narrativa sulla Nato che si espande a est e la posizione contraria di Putin è basata sulla propaganda, sull'ideologia e sulla giustificazione delle posizioni moscovite. Oltretutto l'Ucraina non era, nel modo più assoluto, in procinto di entrare nella Nato. Nel 2008 si era diffusa una diceria che riportava l'intenzione di Bush di garantire subito l'adesione dell'Ucraina e della Georgia, senza neanche sentire i dirigenti dei due Paesi. Per cui la questione della Nato non ha alcun tipo di fondamento ed è la narrativa tipica di alcuni circoli cosiddetti "progressisti occidentali" che per fortuna sembrano essere stati messi in minoranza.
  • È necessario evidenziare che le radici della destra in Ucraina sono legittime. Parliamo, infatti, di un Paese che è stato massacrato dai comunisti moscoviti, che si chiamassero Stalin, Kaganovič, Molotov o altri. Dunque, una volta riconquistata la libertà, è normale che la destra abbia sviluppato un approccio fortemente anticomunista.
  • Per quanto riguarda il nazismo, anche in Ucraina, tra il 1941 e il 1943, si è verificato il fenomeno del collaborazionismo, come nel resto d'Europa ove, però, è spesso durato più a lungo. Di certo non in misura proporzionalmente maggiore. Basti pensare a Vichy, alla Norvegia con Vidkun Quisling o alla Repubblica di Salò. Vi è stato ovunque.
  • Nel corso di un viaggio scolastico a Leopoli nel 2018 incontrammo uno dei capi del battaglione Azov. Durante la conversazione disse che il battaglione non chiedeva affiliazione politica, sicuramente non apprezzava i simboli nazisti, le croci uncinate e, se qualcuno le esibiva, anche tatuati sul braccio, era espulso. Poi permane la libertà di pensiero. Al battaglione interessano le persone capaci di combattere. L'ossessione russa per il battaglione Azov, il nazismo e la denazificazione dell'Ucraina è una follia furiosa e isterica.
  • Il paragone con la ex Jugoslavia è legittimo. Io ritengo che gli ucraini debbano sapere che la Croazia, durante la guerra, per riprendersi la Krajina, ossia l'equivalente del Donbas, una regione con una forte minoranza serba, ma situata in Croazia, fu costretta ad attendere quattro anni prima di riconquistare tutto il territorio. E, dunque, bisogna forse attrezzarsi per tempi lunghi. Però Milošević è finito all'Aja (sarebbe stato condannato se non avesse avuto un infarto letale), mentre Karadžić e Mladić sono stati condannati. Dunque, l'auspicio è che finisca nel medesimo modo in quanto la dinamica è la stessa. Ovviamente Milošević, non avendo armi nucleari, era più vulnerabile, però fu spodestato dal popolo serbo e non dalla Nato, perse le elezioni dopo la guerra in Kosovo. Dunque, l'auspicio è che accada la stessa cosa. Sarà difficile, ma speriamo che succeda.
  • Non posso fare previsioni per il futuro. Mi auguro vivamente che Putin, Lavrov e Peskov, i tre odiosi capi di questa cricca, finiscano tutti quanti davanti a un tribunale. Naturalmente è più un augurio che una previsione, ma la speranza è l'ultima a morire. Sarebbe una fine giusta per le atrocità che hanno compiuto, così come giusta è stata la fine di Milošević e dei suoi.

"La Russia dica addio al sogno dell'impero", ci dice lo storico Federigo Argentieri

Intervista di Francesco Palmieri sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Ilfoglio.it, 1 aprile 2023

  • L'influenza russa [in Italia] è presente in modo trasversale non solo nei partiti ma nei sindacati, nei poteri locali e nelle università, insomma nella società civile. E non ne sono immuni alcuni gangli dello Stato, fortunatamente in misura non allarmante, ma c'è chi è più leale verso Mosca che verso l'Occidente. [...] L'origine è duplice: in primo luogo come residuo del periodo sovietico, quando si proiettava sul Pci e la Cgil malgrado gli sforzi di Berlinguer e Lama, poi di Trentin, per recidere i legami con Mosca. In secondo luogo è effetto della campagna acquisti che Putin avviò nel primo decennio di questo secolo ed è continuata, reclutando sponde fra i nuovi partiti in Italia come in Francia, Gran Bretagna, Svezia, Spagna e Germania, per non parlare dell'Ungheria. Nel nostro Paese ha incontrato favori fra la Lega e i 5 Stelle, ma anche nell'estrema destra ed estrema sinistra.
  • [«È davvero convinto che la Russia abbia perso la partita?»] Lo stallo a Bachmut, lo scarso controllo persino delle quattro regioni annesse, l’affidamento a truppe mercenarie, la necessità di nuovi reclutamenti, il lancio di missili a casaccio sono sintomi evidenti. Pure se per ipotesi disgraziatissima gli ucraini perdessero territori, non mollerebbero, alimentando la guerriglia partigiana. Ma Zelenskyj si sta muovendo in modo sagace, credo abbia assimilato Sun Tzu e von Clausewitz. Inoltre mostra grande capacità mediatica.
  • Se i russi impiegassero un'arma nucleare tattica sarebbe una ulteriore, ignobile violazione del Memorandum di Budapest e credo che in quel caso la Nato abbia un piano di annientamento, con armi convenzionali, del loro potenziale bellico.
  • Bisogna che a Mosca si rassegnino a trovare un'identità di Stato nazione, abbandonando velleità disastrose. L'Ucraina nel trentennio di indipendenza ha sviluppato istituzioni civili democratiche decorose e aveva optato per la Ue dieci anni fa.
  • Se Putin avesse agito nel 2017, avrebbe avuto quattro anni per chiudere l'operazione. Forse s'è mosso dopo perché pensava di arrivare a Kyiv in pochi giorni. Un altro clamoroso sbaglio.

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