Ciro Trabalza: differenze tra le versioni

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*Composto, come dovevasi da chi identificava la mitologia con la poesia e questa con la teologia, e il volgare, pur accettato per necessità pratiche, se non proprio disprezzato, sottoponeva al latino, composto, dico, senza intendimenti né eruditi né letterari, il ''[[Giovanni Boccaccio|Decameron]]'' non parve mai un'opera d'arte all'autor suo, che, difesolo dapprima contro gli attacchi violenti tutt'altro che di critica onde, tra le molte approvazioni, era stato colpito, finì, non veramente col bruciarlo nella meditata distruzione di tutte le sue composizioni italiane, ma certo col lasciarlo abbandonato d'ogni cura paterna e persino con lo sconsigliarne la lettura alle caste famiglie.<ref>Da ''Studi sul Boccaccio. {{small|Preceduti da saggi di storia della critica e stilistica}}'', ''ibid''., Parte seconda, Contributi alla storia della critica, pp. 59-60.</ref>
*Composto, come dovevasi da chi identificava la mitologia con la poesia e questa con la teologia, e il volgare, pur accettato per necessità pratiche, se non proprio disprezzato, sottoponeva al latino, composto, dico, senza intendimenti né eruditi né letterari, il ''[[Giovanni Boccaccio|Decameron]]'' non parve mai un'opera d'arte all'autor suo, che, difesolo dapprima contro gli attacchi violenti tutt'altro che di critica onde, tra le molte approvazioni, era stato colpito, finì, non veramente col bruciarlo nella meditata distruzione di tutte le sue composizioni italiane, ma certo col lasciarlo abbandonato d'ogni cura paterna e persino con lo sconsigliarne la lettura alle caste famiglie.<ref>Da ''Studi sul Boccaccio. {{small|Preceduti da saggi di storia della critica e stilistica}}'', ''ibid''., Parte seconda, Contributi alla storia della critica, pp. 59-60.</ref>

*Il Boccaccio {{NDR|nella sua ''La vita di Dante''}} vede in [[Dante Alighieri|Dante]] un uomo straordinario per la grandezza dell'ingegno e per la smisurata dottrina acquisita con lunghi, pazienti, profondi studi, per l'altissimo valore poetico; un eroe degno d'una statua monumentale per la glorificazione che fece di Firenze, della sua ingrata patria; un eroe che sarebbe in terra divenuto un Iddio, se quant'ebbe impedimenti avesse avuto favori, se quant'ebbe impedimenti avesse avuto agevolezze.<ref>Da ''Studi sul Boccaccio. {{small|Preceduti da saggi di storia della critica e stilistica}}'', ''ibid''., Parte terza, Studi boccacceschi, p. 164.</ref>


==Note==
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Versione delle 16:39, 2 mar 2020

Ciro Trabalza (1871 – 1936), grammatico e critico letterario italiano.

Citazioni di Ciro Trabalza

  • È ben noto il danno che la rettorica formalistica ha arrecato alle nostre scuole; ma più è strana l'inutilità del continuo protestar che s'è fatto e si fa contro di essa da parte di sommi scrittori e di critici ben autorevoli. Le categorie rettoriche seguitano con audace persistenza a tramandarsi d'anno in anno più o meno ammodernate ne' manuali scolastici alle nuove generazioni, rimanendo in molte scuole di composizione italiana il maggior fondamento dell'insegnamento. È fenomeno degno certo di studio e tale da far pensare alla necessità d'una salutare reazione.[1]
  • Composto, come dovevasi da chi identificava la mitologia con la poesia e questa con la teologia, e il volgare, pur accettato per necessità pratiche, se non proprio disprezzato, sottoponeva al latino, composto, dico, senza intendimenti né eruditi né letterari, il Decameron non parve mai un'opera d'arte all'autor suo, che, difesolo dapprima contro gli attacchi violenti tutt'altro che di critica onde, tra le molte approvazioni, era stato colpito, finì, non veramente col bruciarlo nella meditata distruzione di tutte le sue composizioni italiane, ma certo col lasciarlo abbandonato d'ogni cura paterna e persino con lo sconsigliarne la lettura alle caste famiglie.[2]
  • Il Boccaccio [nella sua La vita di Dante] vede in Dante un uomo straordinario per la grandezza dell'ingegno e per la smisurata dottrina acquisita con lunghi, pazienti, profondi studi, per l'altissimo valore poetico; un eroe degno d'una statua monumentale per la glorificazione che fece di Firenze, della sua ingrata patria; un eroe che sarebbe in terra divenuto un Iddio, se quant'ebbe impedimenti avesse avuto favori, se quant'ebbe impedimenti avesse avuto agevolezze.[3]

Note

  1. Da Studi sul Boccaccio. Preceduti da saggi di storia della critica e stilistica, Casa tipografico-editrice S. Lapi, Città di Castello, 1906, Parte prima, L'insegnamento della stilistica, p. 5.
  2. Da Studi sul Boccaccio. Preceduti da saggi di storia della critica e stilistica, ibid., Parte seconda, Contributi alla storia della critica, pp. 59-60.
  3. Da Studi sul Boccaccio. Preceduti da saggi di storia della critica e stilistica, ibid., Parte terza, Studi boccacceschi, p. 164.

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