La foresta pietrificata
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La foresta pietrificata
Humphrey Bogart, Leslie Howard e Bette Davis nel film
Titolo originale |
The Petrified Forest |
---|---|
Lingua originale | inglese |
Paese | Stati Uniti d'America |
Anno | 1936 |
Genere | drammatico |
Regia | Archie Mayo |
Soggetto | Robert E. Sherwood |
Sceneggiatura | Charles Kenyon, Delmer Daves |
Produttore | Hal B. Wallis |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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La foresta pietrificata, film statunitense del 1936 con Leslie Howard e Bette Davis, regia di Archie Mayo.
Frasi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Lei comprende perché c'è tutto questo caos nel mondo oggi? Non lo sa e io sono l'unica persona vivente che glielo può dire. È la natura che si vendica. Ci combatte creando una malattia chiamata nevrosi, offusca la mente del genere umano con l'ansia. Ci vuole dimostrare che non può essere battuta da gente come noi. Ha portato via il mondo agli intellettuali per riconsegnarlo di nuovo alle scimmie. (Alan)
- L'amore invecchia come la speranza: troppo presto. (Alan)
- Ogni donna merita tutto quello che un uomo può darle: angoscia, estasi, fede, gelosia, amore, odio, vita o morte. Ma non capisce che è questo il senso della vita? L'unica cosa che la rende sopportabile. (Alan)
Dialoghi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Alan: Immagino che voglia lavorare nel cinema.
Gabrielle: Neanche per tutto l'oro del mondo. Voglio andare a Bourges.
Alan: Dove?
Gabrielle: A Bourges, in Francia. Forse non mi crederà ma io vengo da quella città.
Alan: Davvero? Allora è francese?
Gabrielle: In parte. Io sono nata a Bourges ma l'ho lasciata prima che sapessi camminare, quindi la conosco soltanto da un libro di cartoline che mi ha mandato mia madre. C'è anche una cattedrale laggiù.
Alan: E sua madre vive là?
Gabrielle: Sì. Papà ci ha portato qui dopo la guerra. Mia madre è rimasta per un paio d'anni, poi ha preferito tornare a Bourges. Da allora non l'ho più vista. Alcuni pensano che sia stata crudele a lasciarmi, ma cos'altro poteva fare? Non aveva soldi per portarmi con sé e non poteva vivere qui. Non la rimprovero per questo. Crede che si sia comportata male?
Alan: Se lei non lo pensa neanch'io lo penso.
Gabrielle: Ecco. Questa... Questa è una fotografia di mia madre prima che si sposasse.
Alan: È molto attraente. E le somiglia anche molto.
Gabrielle: Sul serio? È strano pensare che abbia sposato papà, anche se forse poteva far colpo con quell'uniforme. Mamma mi manda sempre un libro per il mio compleanno. Questo è l'ultimo: sono le poesie di Francis Villon. Le ha lette?
Alan: Sì, certamente.
Gabrielle: Ah, sono molto belle. Mamma mi ha fatto anche una dedica: "A ma chère petite Gabrielle", che vuol dire: "Alla mia cara piccola Gabrielle".
Alan: Oh, davvero. Ha ragione. Per me Gabrielle è un bellissimo nome.
Gabrielle: Già, ma qui è stato subito cambiato in Gaby per intonarsi alla mentalità di questi zotici ignoranti. - Gabrielle: Cosa sta cercando?
Alan: Non lo so. Forse solo qualcosa in cui poter credere, per cui vivere o anche morire, chissà. - Gabrielle: Vuole prendermi in giro?
Alan: Oh no, Gabrielle, io non prendo in giro nessuno. A parte me stesso. - Alan: Il guaio con me, Gabrielle, è che appartengo a una razza in estinzione, a quella degli intellettuali.
Gabrielle: Il che vuol dire che ha cervello.
Alan: Sì, cervello senza obiettivi, rumore senza musica, forma senza sostanza. - Gabrielle: Alan, c'è qualcosa di affascinante in lei.
Alan: Il fascino? È sempre stato controproducente. - Gabrielle: Lei è un uomo eccezionale, Alan. È adorabile.
Alan: Adorabile? È molto meglio che affascinante. - Gabrielle: Lo sai che cos'ha detto?
Boze: Cosa?
Gabrielle: Che combattiamo la natura perché ci sentiamo superiori, ma è proprio qui che ci sbagliamo: dobbiamo riconoscere che la natura non può essere vinta. - Alan: Tu e io siamo gli ultimi fossili dell'individualismo.
Duke: Forse hai ragione, amico.
Alan: Oh, io ho avuto sempre ragione. Ma a che cosa mi è servito?
Duke: Questo lo sai solo tu. - Gabrielle: Qual è la prima cosa che si vede arrivando in Francia?
Alan: Gli agenti della dogana.
Gabrielle: No, non scherzare, cosa si vede?
Alan: Be', i campi, la foresta della Normandia. E poi...
Gabrielle: Cos'altro?
Alan: Poi Parigi. [...]
Gabrielle: Parigi! Dev'essere il posto più bello al mondo per amarsi, non è così, Alan?
Alan: Tutto il mondo è meraviglioso, Gabrielle.
Gabrielle: Anche qui?
Alan: Soprattutto qui, mia cara.
Dentro il tuo campo i semi del mio raccolto prospereranno
e il frutto della mia anima germoglierà di nuovo.
Dio, raccogli la nostra luce e le nostre speranze,
questa è la ragione per cui siamo stati creati.[1] (Gabrielle)
Citazioni su La foresta pietrificata
[modifica]- Il deserto ricostruito in studio fa da sfondo a un dramma psicologico di origine teatrale [...] che introduce nel noir elementi nuovi e offre a Bogart la sua prima interpretazione di successo, nei panni di un gangster antieroe che avrebbe fatto scuola. (Il Mereghetti)
- Il regista Mayo riuscì a mantenere intatte le caratteristiche teatrali dell'opera (il film è tratto dall'omonimo lavoro di Sherwood). Bogart, quasi agli esordi, fu efficacissimo, anche se poi dovette aspettare una decina d'anni per affermarsi del tutto. (il Farinotti)
- L'origine teatrale (Robert E. Sherwood, 1934) si sente: dialoghi letterari e verbosi, staticità dell'azione, recitazione sopra le righe. Ma c'è un fascino innegabile, specialmente per merito di H. Bogart nel suo primo ruolo importante. (il Morandini)
- Mantenendo il film nei binari dello originale scenico (anche gli attori recitarono teatralmente, e tutti con grande bravura: in particolare l'allora quasi esordiente Bogart) il regista Mayo mostrò di voler rispettare l'interesse maggiore del dramma di Sherwood, che era quello di svolgere alcune considerazioni filosofico-moraleggianti sulla vita e sugli uomini: il mezzo cinematografico conferì peraltro un peso e un significato di indubbia suggestione e questa specie di campione sociale isolato del tutto da un mondo che camminava in ben diverse direzioni ed era mosso da tutt'altre forze. (Ugo Casiraghi)
Note
[modifica]- ↑ Cfr. François Villon: «Non perdo nel tuo campo la semente | quando a me il frutto somigliante viene. | Che lo sterri vuol Dio e vi ponga il germe; | e questo è il fine per cui noi s'è insieme».
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