Vespasiano Bignami
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Vespasiano Bignami (1841 – 1929), pittore e critico d'arte italiano.
Prefazione a La pittura lombarda nel secolo XIX
[modifica]- Andrea Appiani, che si avvicina ai cinquant'anni, conserva nella sua pittura la reminiscenza delle impressioni giovanili tradotta in una fluidità di pennello, in una gentilezza che gli acquista il nomignolo di pittor delle Grazie. (p. 14)
- Il teatro del mondo è a repertorio inesauribile. Bando alle truccature, alle declamazioni. Arriva la pittura di genere. Fuori d'Italia, verso il 40[1] è già in voga. Qui a Milano si fanno applaudire Ignazio Manzoni, Molteni, Zuccoli e Scattola[2] coi loro primi tentativi; ma vi emerge presto, fra lotte e clamori, Domenico Induno. Quando egli rappresentò – nel quadro La Questua – le dame milanesi che vanno raccogliendo sussidi per le vittime del gennaio 1848[3], il pubblico ne fu commosso e ammirò in lui il cittadino, e insieme l'artista che sentiva il suo tempo e trovava sé stesso nel contatto della vita. (p. 16)
- Si schiude il periodo trionfale dei paesisti. Un lombardo, il milanese Carlo Mancini, anticipa per suo conto questo periodo e senz'altri maestri che sé medesimo e il vero, attinge alla eterna fontana di gioventù: alla Natura, una vigoria meravigliosa. Aiutato da una sensibilità privilegiata, da una mente colta ed argutissima, giunge con assidua lena a inusitate altezze tecniche, a originali penetranti interpretazioni del vero. (pp. 16-17)
- Carlo Mancini è un vivente che si ostina da lunghi anni a passare per morto. Come tale egli non può reagire se io qui parlo, a suo dispetto, di lui, pur tacendo di altri vivi valentissimi che nella pittura di paese illustrarono la regione lombarda e stanno imperterriti allo sbaraglio della critica.
I quadri del nostro Mancini avrebbero detto nella presente esposizione una parola di alto significato, ma non fu possibile vincere il proposito negativo del loro autore. (p. 17)
Il pensiero artistico e la figura umana
[modifica]- Il pensiero artistico si agita fra due poli estremi: l'idea e la realtà.
Accostandosi al polo ideale, l'arte divinizza la forma e, se si spinge troppo in là, si congela nel convenzionalismo. Dirigendosi al polo opposto la sua barca resta prigioniera di altri ghiacci.
Agli idealisti sarà sempre elemento necessario la creatura vivente e sovra tutte le creature, l'uomo. – Ai realisti basteranno le cose. Anche l'uomo sarà per essi una cosa, un motivo pittorico, una nota di colore, una scala metrica per dimostrare l'altezza di un edificio, una macchietta per dare risalto alla vastità del fondo. (p. 166) - Le belle idee sono astrazioni. Le opere d'arte sono cose concrete.
Ogni opera d'arte deve avere una forma: la propria s'intende, non la Forma dogmàtica, con l'iniziale majuscola, che è un mostro favoloso, una chimera. (p. 170) - Lo studio arrobutisce[4] la fantasia.
Simile al vento che spegne la piccola fiamma ma fa divampare l'incendio, lo studio giova a coloro che hanno molta materia da bruciare. Chi teme di sciupare la sua personalità studiando sul serio, ha in testa una magra candela e resterà presto al bujo. (p. 171)
Note
[modifica]Bibliografia
[modifica]- Vespasiano Bignami, Prefazione a La pittura lombarda nel secolo XIX, Tip. Capriolo e Massimino, Milano, 1900.
- Vespasiano Bignami, Il pensiero artistico e la figura umana, Discorso del pittore Vespasiano Bignami Professore di disegno di figura, in Atti della R. Accademia di belle Arti in Milano, Stab. tip. F. Manini-Wiget, Milano 1896.
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