Pietro Selvatico

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Pietro Selvatico Estense (1850 circa)

Pietro Selvatico Estense (1803 – 1880), filosofo, storico dell'arte, architetto e critico d'arte italiano.

Citazioni di Pietro Selvatico[modifica]

  • Il Caravaggio fu in Italia uno dei più illustri propagatori del sistema che prevalse poi nella scuola olandese, sistema che consiste nel trasformare in bellezza d'arte, ciò che è schifoso nella natura. L'elevatezza del pensiero non è il suo fine; sì invece l'imitazione d'ogni naturale qual ch'esso sia. (da Storia estetico-critica delle arti del disegno, 1856; citato in Francesca Marini (a cura di), Caravaggio, 1ª ed., introduzione di Renato Guttuso, Rizzoli/Skira, Milano, 2003. ISBN 8817008087)

Esposizione delle belle arti in Venezia[modifica]

Incipit[modifica]

Torna spiacevole ad ogni amico delle belle arti vedere Venezia, ricca di molti e veramente abili artisti, da parecchi anni mostrare scarsa e povera assai la sua esposizione. Chi di questo fallo doloroso vorrebbe dare colpa alle invidie che dicesi regnino fra i professori dell'arie : chi alla vicinanza di Trieste, la quale si mostra, più assai di Venezia, generosa nello agevolare in ogni maniera gli incomodi e i dispendii agli artisti a che che mandino a quella esposizione le opere loro. Io credo invece che nessuno s'apponga. Parmi, e senza certa trepidazione, che la ragione vera sia la seguente. Pochissimi fra i lavori de' veneti artisti sono allogati da persone dimoranti in Venezia. Perciò, tostochè un dipinto sia compiuto, il commettente lo esige dall'artista, poco curandosi che vada esposto ove egli non può gustare la compiacenza di sentirlo lodalo. L'artista poi dal suo canto non sollecita l'ordinatore a far ciò; giacché pur troppo non ignora che il tenere esposto al pubblico veneziano il suo quadro non gli frutterà molte commissioni in patria. Piuttosto, se brama siagli conceduto dai proprietarii delle opere il permesso di esporre, lo domanda o per la esposizione di Milano o per quella di Trieste, ove sa che se il suo quadro giunga a piacere, guadagnerà senza dubbio commissioni lucrose.

Citazioni[modifica]

  • Avvezzo io da un pezzo a domandare ne' quadri, prima di ogni altra cosa, la perfezione del concetto, confesso con ingenuità che facilmente e volentieri perdonai al Politi le colpe di cui tanti movono sì gran romore: ed invece mi adoperai a riconoscere quanto vi fosse, in questa tavola religiosa, di religiosa espressione.
  • Chi abbia veduta una sola fra le opere del Politi deve accorgersi come egli non cercasse mai, né fra i dipinti giotteschi, né fra quelli dell'Angelico e del Perugino, i tipi e le movenze che si domandano dai religiosi soggetti.
  • Col mutarsi della civiltà si mutano dell'uomo ben altro che le maniere del vivere; si rafforza cioè o si indebolisce la potenza dell'affetto.
  • Date a Politi soggetto che pigli qualità di tutt'altri tipi che i religiosi, e vedrete quanto egli possa.
  • È raro non diventi criterio infallibile di verità quel giudizio che è nello stesso modo espresso dall'ignorante come dall'intelligente.
  • Giovane che anche in sul cominciare tanto può, chiude in sé luminoso avvenire; e tale lo profetiamo pel signor Zona, se egli, come adesso, vorrà seguitare più la verità da lui guardata con occhio tanto sicuro, che non i grandi esemplari, annaspamento ed impaccio alla vista ed al passo di molti.
  • [Su Antonio Zòna] Necessario al pittore storico, quando pure non abbia un nome da dare ai suoi personaggi, di rappresentarli come esseri di una determinata condizione e vissuti all'incirca in un'epoca fissa.
  • Non abbiamo voluto certo rimproverare il bravissimo Zona se trascelse a soggetto un episodio senza nome della peste della città di Jesi; ma ci spiacque che, e nella architettura del campo, e negli abiti delle figure non vi fosse nessun carattere peculiare per creder l'avvenimento accaduto piuttosto ne' secoli mezzani che non ai nostri giorni. Eccetto che in questo non saprei che riprendere in questa veramente toccante scena, in cui primeggia uno di quei buoni cappuccini cui la misericordia è seconda natura. Egli va gettando l'acqua benedetta sopra un povero appestato, che, smunto per la malattia, s'allegra alquanto che i conforti della religione gli preparino le vie del ciclo.
  • [Su Antonio Zòna] Opera da onorare non un giovane che incomincia, ma qualunque provetto che mette già passi arditi nella difficile strada dell'arte.
  • Perché la pittura storica diventi efficace sugli animi, non tanto importa che essa rappresenti fatti storici veri, ma si bene costumi ed affetti veri. Perché non ci tocca profondamente no il sapere che una gloriosa azione fu l'opera di Alessandro, di Tito o di Napoleone, ma il vedere invece effigiato con evidenza uno di quei fatti che onorano il cuore dell'uomo.
  • [Su Antonio Zòna] Se fortuna vorrà concedere a questo giovane vaste commissioni, non andranno molti anni che Venezia e l'arte italiana conteranno fra i loro pittori un valente di più.
  • Se il Politi, potente coloritore come è, si fosse piaciuto di usare nelle drapperie in ombra, velature partecipanti del colore degli oggetti da cui partire doveano i riflessi, avrebbe sentita la necessità di moderare lo sfacciato bagliore de' lumi di quelli, e forse con poca fatica avrebbe fatto tacere i suoi detrattori.

L'arte nella vita degli artisti[modifica]

  • [Michele Sanmicheli] A queste esimie doti dell'animo [amorevolezza, generosità e disinteresse] quelle univa d'un intelletto veramente gagliardo, perocché i suoi lavori lo attestano, a parere dei meglio competenti, l'architetto più ingegnoso del cinquecento classico. Egli fu il primo, e quasi oserei dire il solo, che sapesse far derivare la decorazione degli edifici dal sistema della lor costruttura; e ne trasse da questa egregia massima quelle sue meravigliose porte di città, che appalesano il genio d'un grande artista e la scienza d'un abilissimo costruttore. Così seppe congiungere le due prerogative più difficili a trovarsi unite nell'architetto, l'espressione e la solidità. Laonde se i giovani porranno lo studio sulle austere moli che egli alzò per la sua Verona, ne trarranno ben più profitto che non a misurare gli ordini del Vignola e le facciate del Palladio. (p. 239)
  • [Sofonisba Anguissola] Fornita d'ingegno pronto e di tenacissima volontà, la nostra Sofonisba poté in breve divenir pittrice di tanto merito da guadagnarsi grandissima rinomanza, e non pochi denari, nella pittura de' ritratti. In questo ramo dell'arte ella ottenne presto sì estesa fama, che i principali ricchi d'Italia bramavano venir effigiati dalla sua mano, e i letterati più celebri chiedevano le sembianze di lei, da lei stessa condotte, orgogliosi com'erano di possederne l'amicizia. (p. 361)
  • Recatasi Sofonisba a Madrid nel 1559, e compiuti gli allogamenti onorevoli che le erano stati affidati, ebbe dallo sfarzoso tiranno [Filippo II di Spagna] donativi e pensioni lautissime, le quali se erano degno premio al dilicato pennello di lei, premiavano forse ancor più le industri adulazioni ch'ella sussurrava tutto giorno all'orecchio del feroce Tiberio e della sua infelice compagna. (p. 362)

Sulla architettura e sulla scultura in Venezia[modifica]

  • Nessuno meglio del Sansovino poteva a quei giorni improntar sugli edifizj quelle mutazioni che i tempi domandavano, senza però imbrigliare colla idolatria verso gli antichi ogni lancio del genio. (p. 279)
  • Scultore eccellente prima d'essere architetto, allorché questa sovrana dell'arti studiò, [il Sansovino] trovossi più artista di quello credesse. (p. 279)
  • [Il Sansovino] Vide colla mente gli edifizii prima di affidarli alla carta, ripensò l'ornamento con quelle perfezioni dello scalpello che la sua mano sapeva eseguire: sentì in una parola l'unità nella varietà, senza cui vera architettura non sarà mai. Ricco delle gentili tradizioni del quattrocento, improntò in molte delle opere sue una facilità, una dolcezza, una grazia, un non so che di vivo, di forte, di leggiadro, che solo è possibile ai grandi ingegni fin da prim'anni educati al bello. (p. 279)
  • [Baldassare Longhena] Il Moschini ed il dottissimo cav. Cicogna, che raccolsero le notizie biografiche di quest'uomo, ci narrano, come egli fosse di piccola statura ed andasse sempre vestito a nero: poi ci raccontano, esser egli stato di un carattere dolcissimo per nulla presuntuoso del suo sapere, ed inchinevole ad appigliarsi all'altrui parere, quando lo trovasse preferibile al proprio. Fra le altre aveva l'utile docilità, allorché visitava gli edifizii, che s'andavano alzando coi disegni di lui, di richiedere l'opinione de' capi mastri, e di acconciarvisi di buon animo se la gli paresse migliore della sua; pieghevolezza, a vero dire, singolare in un uomo che nelle opere proprie si mostrò quasi sempre audacissimo sprezzatore d'ogni vincolo imposto dalle classiche convenzioni. (p. 412)
  • [Baldassare Longhena] Le opere prime di lui lasciano vedere un uomo, che rispetta ancora i diritti della linea architettonica, usa gli ordini con qualche temperanza, non piglia il marmo per cera a cui sia permesso dare ogni più stramba forma, non accumula sulle muraglie montagne di goffe sculture, che distruggano ogni riposo, come facevano allora i più.
    Numerose sono le fabbriche di questo ingegnoso architetto; ed io qui ne verrò esaminando le principali, non tanto per adempiere il mio dovere di storico, quanto per far conoscere come questo troppo spregiato artista conoscesse l'effetto della linea meglio assai di parecchii lodatissimi cinquecentisti. (p. 412)

Citazioni su Pietro Selvatico[modifica]

  • Gli errori spacciati dal Selvatico intorno a questa chiesa [la basilica di San Saba di Roma] sono tali che non si soffrirebbero neppure sulla bocca di un maestro di piazza. [...].
    Or come spiegare simili strafalcioni se non ammettendo in quello scrittore la massima delle leggerezze? Come poter credere che egli avesse visitato san Saba prima di stenderne la descrizione e analizzarne le parti? Egli forse non la vide mai, ma si accontentò solo di guardarne le incisioni e leggere gli studi del Lenoir pubblicati nell'opera del Gailhabaud, studi che vacillano assai per mancanza di logica e per ignoranza storica e che il Marchese illustre ebbe il grave torto di far troppo spesso base de' propri, evitando così le noje del viaggiare e sedendo comodamente a tavolino. (Raffaele Cattaneo)
  • Il Selvatico, cercando la cagione principale di tanta decadenza [dell'arte italiana], credé di trovarla nelle Accademie di belle Arti, e nei viziosi insegnamenti che in esse si davano ad una gioventù mal preparata ed illusa sulla sua vocazione. Egli rifece la storia di questi istituti, sorti in Italia quando il genio artistico si spense col tramonto di ogni libertà e di ogni grandezza; e notando come dai Caracci, che ne furono i fondatori, fino a noi, non ne fosse mai uscito un artista sommo, ma uno sciame di mediocri, concluse coll'invocare l'abolizione delle Accademie. (Marco Tabarrini)
  • L'indole focosa e battagliera del Selvatico lo travolse fino da principio in fiere polemiche con quanti contradicevano alle sue idee sull'arte, o ne scrivevano la storia con criteri diversi dai suoi. Anche negli scritti storici e precettivi, egli tanto si infervora in un concetto, che lo ingrandisce nella dimostrazione, ne moltiplica le conseguenze per modo da trovarsi, quasi senza accorgersene, portato fuori del vero. (Marco Tabarrini)

Bibliografia[modifica]

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