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Vittorio Spinazzola

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Vittorio Spinazzola (1930 – 2020), professore universitario, saggista e critico letterario italiano.

Citazioni di Vittorio Spinazzola

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  • La dolce vita è anzitutto il film di una crisi, la crisi del personalismo cristiano del regista; scomparsa è la speranza, scomparsa la fede; il film termina come era iniziato [...]. La dolce vita è l'attesa dell'alba di un giorno ancora ignoto, e un viaggio nella notte, durante il sonno della ragione, attraverso una civiltà corrotta e putrescente nella quale tutto crolla di schianto, valori autentici e falsi miti, tradizioni secolari e convinzioni nate appena ieri. (da Nuova Generazione, Milano, 21 febbraio 1960[1])
  • [...] la letteratura non si può considerarla fatta soltanto dei libri che piacciono ai letterati, ai laureati in lettere. Perché c'è dell'altro, al là di questo orto più o meno concluso. E quelli senza laurea che cosa sono? Non esistono, sono da considerare inesistenti? A me sembra sciocco, mi sembra un umanesimo retrivo e autolesionista quello che non si rende conto che letteratura sono anche i prodotti che non interessano ai lettori con la laurea in lettere. [...] d'altronde sono cose ovvie, che dovrebbero essere ovvie: si studia un determinato oggetto anche se l'oggetto a te non piace per niente, ci mancherebbe altro. E d'altronde, i prodotti che piacciono ai molti, proprio e solo per questo sono oggetti particolarmente importanti e degni di attenzione. Naturalmente, con quel tanto di umiltà che non si può non avere quando ci si accosta a prodotti che a te critico colto non interessano per niente [...] se ci accosta a questi prodotti, popolari si diceva ieri, di consumo, di intrattenimento... è già una bella conquista parlare di intrattenimento e non di consumo, è già un po' più di rispetto, per questi prodotti e per chi li consuma. Il fatto semplice che un gran numero di miei connazionali, di miei concittadini ne faccia uso per soddisfare le esigenze del loro immaginario non può non rendere importante cercare di capire come sono strutturati.[2]
  • La puzza al naso di molti universitari nei confronti della grande letteratura di consumo è insensata: sarebbe come se uno storico non studiasse fenomeni storici come il fascismo e il nazismo perché sono brutti e cattivi, non ha il minimo senso. In questo Gramsci mi ha aperto un campo che quasi nessuno esplorava, un campo di studi più che legittimo e più che utile.[3]
  • Otto e mezzo è egualmente composto da una serie di affreschi: ma dedicati all'esistenza intima, non alla vita sociale. Lungi dal trarne vantaggio, la raffigurazione del protagonista soffre di sensibili squilibri; l'opera, apparentemente più fusa, tende in realtà alla dispersione, annoverando splendidi frammenti accanto a scene di scarsa necessità. Per ricomporla ad unità al regista non resta che ricorrere al colpo di scena: ripone via in fretta l'inquietante armamentario appena sciorinato e intona un allegro girotondo scacciapensieri. (da Film 1964, Feltrinelli, Milano, 1964, p. 36[4])
  • Proprio il 1949 è infatti l'anno di Catene, il film con cui Matarazzo aprì un nuovo periodo nella storia del cinema popolare italiano [...]. Richiamarsi a Rossellini, De Sica, Visconti può apparire blasfemo. Nondimeno Catene si riallaccia, a suo modo, all'insegnamento neorealista: segna il momento della massima fortuna popolare di moduli espressivi illustrati dalla scuola gloriosa. (da Cinema e pubblico: lo spettacolo filmico in Italia 1945-1965[5])

Dalla narrativa d'appendice al premio Nobel

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In un'opera giovanile, la Deledda definisce Eugenio Sue "quel gran romanziere glorioso o infame, secondo i gusti, ma certo molto atto a commuovere l'anima poetica di un'ardente fanciulla". Queste parole illuminano efficacemente il clima in cui si svolse la sua formazione. Grazia nacque a Nuoro nel 1871, da famiglia benestante. Le elementari furono le sole scuole che frequentò regolarmente. In seguito si abbandonò a una congerie di letture, acavallando Dumas, Balzac, Byron, Sue, Scott, e la Invernizio. La precoce vocazione di scrittrice si alimentò dunque di un disordinato ultraromanticismo, incline ai vividi contrasti di colori e linee, al fervore e all'enfasi dell'orchestrazione melodrammatica.

Citazioni

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  • Gli eroi della Deledda non hanno mai alcun tratto superomistico: la passione da cui sono sospinti non conosce i compiacimenti orgogliosi che esaltano sopra se stesse le creature dannunziane. (p. 9)
  • Il metodo narrativo della Deledda consiste in una adesione immediata ala realtà vitale, sentita come luogo di un eterno contrasto fra opposte forze, che ponendo a prova tutte le doti dell'uomo ne impegnano e ne realizzano al più alto grado l'umanità. (p. 10)
  • Il vitalismo della Deledda ha una sostanza tormentosamente antiidillica che induce la scrittrice ad affaticarsi di romanzo in romanzo sui termini di una contraddizione destinata a rimanere insolubile, in quanto non illuminata da una organica concezione ideologica o fideistica. (p. 10)
  • Il senso della miglior narrativa deleddiana sta proprio nella sua irrisolutezza, poiché da essa nasce la forza drammatica degli episodi in cui la crisi delle coscienze esplode, portando finalmente in luce l'unico principio etico cui vada riconosciuto un valore integralmente positivo: il sacrificio di sé. (p. 10)

Incipit di alcune opere

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Il libro per tutti: saggio sui "Promessi Sposi"

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Come in ogni opera d'arte, anche nei Promessi sposi la tensione che porta a sintesi i materiali espressivi viene contrastata internamente dalla presenza di fattori ineliminabili che, pur avendo collaborato alla genesi del libro, non partecipano sino in fondo alla logica unitaria del suo sviluppo e ne contraddicono lo sforzo di conclusione totalizzante. La coerenza delle strutture artistiche appare quindi come un processo dinamico piuttosto che un dato finitamente statico: è verificabile nella direttrice che ha informato il lavoro, non nella sempre imperfetta coerenza dei risultati. Il problema compositivo che l'autore ha affrontato non trova mai, insomma, strumenti interamente adeguati a risolverlo; ché anzi, quanto piú esaltante è l'impegno di consapevolezza posto nella realizzazione, tanto maggior consistenza assumono gli elementi che ne turbano la sintassi organizzativa.

Il romanzo antistorico

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I Viceré, I vecchi e i giovani, Il Gattopardo costruiscono una sorta di caso letterario plurimo, fascinoso e sconcertante. Di solito, un'opera viene presa a modello da altri scrittori, della stessa età o di epoche successive, in quanto ha ottenuto successo. Qui invece ci troviamo di fronte a una serie di romanzi palesemente imparentati fra loro, ma senza che il primo e nemmeno il secondo abbiano incontrato fortuna, tutt'altro. Il libro di De Roberto, apparso nel 1894, è stato pressoché ignorato per oltre mezzo secolo. Quello di Pirandello, edito in volume nel 1913, è stato considerato a lungo come una delle prove meno significative di un autore, che pure era assurto a fama mondiale. Solo Lampedusa ha sollevato subito, nel 1957, quasi per compenso, un dibattito critico sostenuto, e ha raggiunto un consenso di pubblico sterminato: in sede postuma peraltro, dopo aver rischiato di non essere neanche pubblicato, e sulla scorta di circostanze esterne eccezionalmente favorevoli.

Pinocchio & C,

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Prodotto tipico della modernità, la narrativa per ragazzi è fondata sulla combinazione inedita di due fattori costitutivi. Il primo consiste nell'impostare il racconto su un protagonista d'età infantile, prepuberale. Il secondo sta nella scelta di rivolgersi a un pubblico di suoi coetanei. Questo rapporto di identità anagrafica tra personaggi e lettori rappresenta il fulcro decisivo per le fortune del nuovo genere letterario, che si istituzionalizza in Italia durante gli ultimi decenni dell'Ottocento. Padri fondatori, ovviamente, Collodi e De Amicis.

Note

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  1. Citato in Claudio G. Fava, I film di Federico Fellini, Volume 1 di Effetto cinema, Gremese Editore, 1995, p. 95. ISBN 88-7605-931-8
  2. Da Conversazione con Vittorio Spinazzola, a cura di Elisa Gambaro e Stefania Sini, Enthymema, n. 6, 2012, p. 215; riportato in researchgate.net.
  3. Da Conversazione con Vittorio Spinazzola, p. 213; riportato in researchgate.net.
  4. Citato in Claudio G. Fava, I film di Federico Fellini, Volume 1 di Effetto cinema, Gremese Editore, 1995, p. 108. ISBN 88-7605-931-8
  5. Citato in Catene, cinematografo.it.

Bibliografia

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Altri progetti

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