Adriana Zarri

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Adriana Zarri (1919 – 2010), teologa, scrittrice e giornalista italiana.

Citazioni di Adriana Zarri[modifica]

  • Dio mi sta bene, e anche la patria e la famiglia; ma il trilogismo Dio-Patria-Famiglia non mi sta più bene. Dico no a quel dio usato come cemento nazionale, a quella patria spesso usata per distruggere altre patrie, a quella famiglia chiusa nel proprio egoismo di sangue. Non mi riconosco tra quei cittadini ligi e osservanti che vanno in chiesa senza fede, che esaltano la famiglia senza amore, che osannano alla patria senza senso civico.[1]
  • Quella dell'eremita è solitudine, non isolamento. E il silenzio contemplativo è denso di parole e di presenze. L'eremita è un uomo tra gli uomini e la solitudine consente un emergere tutto particolare del male del mondo che, in prospettiva, può venire analizzato con maggiore lucidità e combattuto con una contestazione interiore. La preghiera è la contestazione più profonda di questo mondo utilitario in quanto mette in crisi il modello antropoculturale che lo esprime.[2]
  • In ognuno di noi c'è una valenza monastica. L'eremita è chi fa emergere questa valenza sulle altre componenti. Un eremo non è un guscio di lumaca in cui ci si rinchiude, ma è solo la scelta di vivere la fraternità in solitudine. L'isolamento è un tagliarsi fuori, la solitudine è un vivere dentro. L'isolamento è una solitudine vuota, invece la solitudine è piena, cordiale, calda, percorsa da voci e animata da presenze. Questa solitudine è la forma eremitica dell'incontro. E il calore umano si ravviva continuamente.[2]

Tutto è grazia. L'ultima intervista

Domenico Budaci, Il Fatto Quotidiano, 14 maggio 2011, ripubblicato in padrebergamaschi.eu.

  • Ti dirò che io mi confesso di rado (un paio di volte all'anno sì e no). C'erano dei santi che si confessavano tutti i giorni. Ce n'era uno che si confessava due volte al giorno. Credo che questo sia una stortura.
  • [Sul peccato] Fuori dalla Chiesa lo chiamano colpa, reato. Non vedo cosa cambia. Al di fuori della Chiesa non ha questa valenza di rottura di un rapporto con Dio, ma di un rapporto con una società. C'è lo stesso il senso del disordine.
  • All'interno della Chiesa evidentemente c'è un malcostume dei peccati sopravvalutati e dei peccati sottovalutati. Mentre facciamo un dramma dei peccati sessuali, per esempio, non parliamo mai dei furti, della corruzione o delle tasse. Io non ho mai sentito in predica una condanna per chi non paga le tasse...
  • C'è da dire che certe cose che noi consideriamo peccaminose una volta non lo erano. Una volta la Chiesa non condannava la schiavitù, per esempio (vedi san Paolo, la lettera a Filemone). C'è poi il peccato come rottura di donazione, di comunione. Il peccato è andare contro Dio e contro il volere di Dio, ma a me non piace questa parola. Meglio contro l'amore.

Note[modifica]

  1. In Servizio della parola, n. 186, marzo 1987. Citato in [1]
  2. a b Da Erba della mia erba, Cittadella, Assisi. Citato in Manuel Cifone, Il valore della solitudine, Albatros, Roma, 2017, p. 250. ISBN 978-88-567-8436-7

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