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Al Horowitz

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Israel Albert Horowitz, comunemente noto come Al Horowitz (1907 – 1973), scacchista e giornalista statunitense.

I campioni del mondo di scacchi

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Nel pomeriggio dell'11 gennaio 1886, William Steinitz e Johannes Hermann Zukertort si sedettero l'uno di fronte all'altro in una piccola stanza al numero 80 della 5a Strada di New York, per disputare la prima partita del loro tanto lungamente atteso confronto scacchistico; la posta era di duemila dollari per parte ed il campionato del mondo. La somma di quattromila dollari era in palio poiché la sera precedente ognuno dei due giocatori aveva consegnato all'onorevole Charles F. Buck, di New Orleans, Louisiana, la propria metà di tale somma; il titolo di campione del mondo era in palio poiché così affermavano entrambi. Era abbastanza certo che al termine il perdente avrebbe riconosciuto il diritto al titolo da parte del vincitore, ma che il resto del mondo avrebbe fatto altrettanto restava allo stato di ipotesi.

Citazioni

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  • Il familiare detto di Philidor, «Il Pedone è l'anima degli scacchi», è una valida guida alla sua teoria del gioco; egli predicava un lento e prudente sviluppo delle forze, con particolare considerazione per la struttura dei Pedoni, e le partite a lui attribuite mostrano che le sue idee conducevano, nella pratica, ad una manovra posizionale laboriosa e spesso noiosa. (cap. I, p. 8)
  • Nonostante i suoi successi, le teorie di Philidor esercitarono una scarsa influenza immediata; dopo la sua morte, i più noti giocatori adottavano uno stile, direttamente derivante dagli Italiani, imprudente e combinativo. (cap. I, p. 8)
  • Più si conosce Staunton, meno egli piace. Egli iniziò la carriera teatrale, dalla quale evidentemente acquisì un talento istrionico che gli fu di giovamento per il resto della sua vita, ma presto volse la sua attenzione alla critica e divenne una riconosciuta autorità su Shakespeare. Dedicatosi agli scacchi alla relativamente tarda età di trent'anni, divenne rapidamente il maggior giocatore di Londra, e quando nel 1843 sconfisse in un match il francese Saint-Amant[1], poté con qualche diritto affermare di essere il miglior giocatore del mondo. (cap. I, pp. 8-9)
  • Il primo torneo internazionale del 1851 è spesso considerato come l'inizio della storia moderna degli scacchi. Tali classificazioni sono sempre arbitrarie, ed è forse altrettanto accettabile citare un'altra data: 22 giugno 1837, il giorno in cui nacque Paul Morphy. Che la nascita di una persona possa segnare l'inizio di un'era è un termine di paragone della statura dell'uomo, e, sebbene l'intera carriera di Morphy copra appena un decennio e la sua più importante attività soltanto circa due anni, non è certamente esagerato affermare che senza di lui gli scacchi come noi li conosciamo sarebbero stati impensabili. (cap. I, p. 11)
  • Morphy [...] tentò di avviare un'attività nel ramo legale, ma stando a Buck[2]che è stato seguito da tutti gli altri che hanno scritto a proposito di Morphy, nessuno lo prese sul serio; tutti lo consideravano unicamente un grande giocatore di scacchi. Le implicazioni erano ovvie: un individuo che aveva avuto successo in un prestigiosissimo passatempo intellettuale come gli scacchi avrebbe avuto un po' di difficoltà a convincere la gente di essere altrettanto competente in altri campi. (cap. I, p. 18)
  • Abbandonata la concezione degli spericolati attacchi, che era in parte l'eredità lasciata dagli Italiani del XVII secolo, Steinitz divenne l'uomo i cui insegnamenti sui fondamenti del gioco posizionale avrebbero influenzato praticamente tutti i grandi giocatori che sarebbero venuti dopo di lui. (cap. II, p. 26)
  • Una semplice lista dei meriti di Zukertort è sufficiente a comprendere la sua reputazione di uno dei più sorprendenti uomini del XIX secolo: parlava correntemente dodici lingue, scriveva su argomenti tanto diversi tra loro come la teologia, la riforma carceraria e la musica, era uno dei migliori giocatori di whist del suo tempo, ed un eccellente schermidore e tiratore di pistola. Era anche stato soldato; aveva combattuto nell'esercito prussiano in tre guerre, ed aveva ricevuto un totale di nove medaglie al valore. (cap. II, p. 29)
  • Non è probabilmente esagerato affermare che Lasker non ha mai giocato volontariamente in tutta la sua vita la «seconda miglior mossa», ma che ha sempre giocato la mossa che egli riteneva offrisse le migliori possibilità pratiche di successo, anche se il giocarla avesse comportato la necessità di affrontare rischi considerevoli. Gli scacchi, per Lasker, erano innanzi tutto una lotta, ed egli avrebbe spesso deliberatamente reso le cose il più possibile difficili per entrambi, sicuro di essere in grado di controllare le difficoltà successive meglio del suo avversario. In ciò egli è stato seguito da alcuni dei migliori giocatori degli anni '60 e '70, più particolarmente da Mikhail Tal e Bobby Fischer. (cap. III, p. 46)
  • Difficilmente si potrebbero immaginare due avversari e personaggi tra loro contrastanti come Janowsky e Schlechter. Janowsky, russo di nascita, che aveva preso residenza a Parigi, era esile, vivace, attivo e sgargiante, un abituale giocatore d'azzardo, sia sulla scacchiera che in modi più convenzionali (per anni giocò l'annuale torneo di Montecarlo, e restituì sempre il suo premio agli organizzatori tramite il Casinò, a baccarà o alla roulette). Il suo gioco aggressivo faceva di lui ovviamente un beniamino del pubblico. Schlechter, nativo di Vienna, era anch'egli piccolo e minuto, ma estremamente diffidente nella vita e prudente nel gioco. Fu generalmente conosciuto, durante la sua carriera, come un maestro della patta, normalmente soddisfatto di dividere il punto anche con giocatori molto più deboli, ma estremamente difficili da battere. C'era in lui qualcosa di particolarmente viennese, qualcosa di signorile, e la sua grande cavalleria, di vecchio stampo gli procurò il rispetto di tutti coloro che lo conobbero. (cap. III, p. 55)
  • [Aleksandr Aleksandrovič Alechin] Molte persone che lo conobbero scrissero, nei loro ricordi, del suo brio e del suo fascino, del suo talento di conversatore e della sua generale amabilità (tranne, naturalmente, davanti alla scacchiera). C'era, tuttavia, un altro lato della sua personalità che con il passar degli anni, divenne sempre più evidente, e verso la fine lo fece apparire come un personaggio di qualche tenebroso e terribile romanzo russo. (cap. V, p. 79)
  • Difficilmente avrebbe potuto esistere maggiore diversità tra Euwe ed i suoi due immediati predecessori[3]. Uomo modesto, istruito, le sue attività in favore degli scacchi in generale ed in particolare dello scacchismo olandese hanno fornito un incommensurabile contributo alla diffusione del gioco (l'Olanda, nonostante la sua grandezza territoriale, ha ora più giocatori di scacchi di valore di ogni altro Paese dell'Europa Occidentale, in gran parte grazie a lui). (cap. V, p. 90)
  • [Michail Moiseevič Botvinnik] Della sua personalità, [...], può essere detto ben poco. È l'individuo più riservato che abbia mai detenuto il titolo mondiale; non esistono, su di lui, aneddoti degni di nota, sicuramente non ve ne sono di calunniosi. (cap. VI, p. 109)
  • David Bronstejn aveva soltanto ventisette anni quando pattò il suo match [per il campionato del mondo] con Botvinnik[4], ed allora parve certo (se qualcosa di questo tipo può mai apparire certo) che egli, un giorno, sarebbe stato campione del mondo, forse già nel 1954, quando la successiva serie di tornei (già iniziata quando il match del 1951 veniva giocato) fosse culminata in un altro match per il titolo. (cap. VII, p. 121)
  • [David Bronstejn] Tutto quello che gli occorreva, dissero i commentatori, era di lavorare sui finali (l'unica debolezza nella sua armatura che Botvinnik, con accuratissime ricerche, era stato in grado di scoprire), ed egli presto o tardi, avrebbe conquistato il titolo, dominando il mondo scacchistico per un lungo periodo futuro.
    Egli, invece, non fu mai più una seria minaccia alla conquista del titolo mondiale, non giocò mai più un match per il titolo mondiale. (cap. VII, p. 121)
  • [David Bronstejn] Nella sua lunga carriera, egli ha arricchito gli scacchi moderni di tante meravigliose partite (possiede, in un certo senso, l'immaginazione più fertile tra tutti i Grandi Maestri), ma la sua caccia alla corona mondiale è stata contrassegnata da frustrazione e disappunto. (cap. VII, p. 121)

Note

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  1. Pierre Charles Fournier de Saint-Amant (1800–1872), scacchista francese.
  2. C. A. Buck, Paul Morphy. His later life, Will. H. Lyons, Newport, 1902.
  3. I campioni del mondo di scacchi Capablanca e Alechin.
  4. Michail Moiseevič Botvinnik (1911–1995), scacchista sovietico, più volte campione del mondo.

Bibliografia

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  • Al Horowitz, I campioni del mondo di scacchi (The World Chess Championship), traduzione di Rita e Paolo Bagnoli, Mursia, Milano, 1988.

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