Angelo Domenghini

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Angelo Domenghini (a sinistra) in azione con la maglia dell'Inter nel campionato 1966-1967

Angelo Domenghini (1941 – vivente), allenatore di calcio ed ex calciatore italiano.

Citazioni di Angelo Domenghini[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Da bambino] Io facevo diventare matti tutti. A tredici, quattordici anni ero uno senza legge. Ne facevo di tutti i colori, dormivo nelle stalle, fumavo le pagine dei giornali vecchi, andavo a raccogliere le uova nei nidi delle rondini sui cornicioni della chiesa. Rubavo la frutta ai contadini e quelli mi inseguivano fino a casa [...]. "Tuo figlio è un delinquente, un farabutto". E allora i miei mi picchiavano. Mi picchiava mia madre, mi picchiavano le mie sorelle. Giù botte. Andando a letto, io dormivo con mio padre e mia madre. Prendevo subito sonno, ero stanchissimo. Mio padre saliva tardi, io mi svegliavo e lui mi guardava: "Delinquente, tu nella vita non farai niente". E, già che c'era, giù un paio di sberle.[1]
  • [Sugli inizi] Vicino alla chiesa c'era il campo dell'oratorio: giocavo lì. Poi arrivavano i più grandi, quelli che lavoravano e ci mandavano via. Poi una sera sono andato a fare un torneo a sette a Verdello e un prete, don Antonio, mi disse: "Tu vieni a giocare con noi in prima divisione". [...] Così sono diventato giocatore. Senza fare settore giovanile, senza imparare nulla. Ero centravanti, poi mezzala sinistra, poi destra. Mio padre non capiva di calcio, però io sapevo che veniva a vedermi di nascosto.[1]
  • Gli arbitri certamente possono sbagliare ma perché lo fanno sempre quando viene favorita la Juventus? Accade regolarmente tutti gli anni, e poi, i bianconeri hanno anche il coraggio di lamentarsi quando sono loro a subìre un torto...[2]
  • Le accuse di doping? [...] Io, come altri, talvolta ho fatto la cazzata di sciogliere l'aspirina nella Coca-Cola. Il mio doping vero era un altro: i caffè e, soprattutto le sigarette.[3]
  • [Sul campionato di Serie A 1969-1970] La festa in città fu incredibile, non ci si poteva muovere, durò 15 giorni. Fu una riscossa sociale, per Cagliari e i sardi, la dimostrazione che anche lontano dalle metropoli del nord si vinceva lo scudetto.[4]
  • [Parlando dello scudetto del Cagliari] Se non facevano il Sant'Elia, ne vincevamo altri due o tre. All'Amsicora avevamo la gente addosso, dietro la rete, gli avversari soffrivano da matti in questo ambiente. Invece andammo subito in uno stadio con la pista, dove la gente non vede neanche i calciatori nell'area opposta.[4]

«Senza ali se ne va lo spettacolo»

Intervista di Stefano Semeraro, La Stampa, 15 luglio 2002, p. 34

  • Si parla sempre dei soliti due o tre [...], mentre i giocatori medi, quelli che tirano la carretta, sembra che non esistano neppure. Si sono messi d'accordo perché così si vendono più giornali, ma non è vero che è uno solo che ti fa vincere le partite e i campionati. Ci vuole più rispetto per tutti, e più cultura sportiva nel nostro calcio. [«Colpa dei giornalisti?»] Colpa della televisione, dei processi del lunedì, del martedì, del mercoledi, della onnipresente moviola. Apri la televisione e sembra che un fischio dell'arbitro conti più della partita nel suo insieme, è assurdo. La moviola va abolita, perché non crea la cultura sportiva nel tifoso.
  • L'arbitro sbaglia come tutti, e l'attaccante è giusto anche che tenti di ingannarlo, il calcio è sempre stato così. La furberia ci può stare, piuttosto il calcio non si gioca con le mani, in area ormai ci sono delle risse, ci si appende alle maglie. E poi non si punisce chi randella a centrocampo. E se ci scappa qualche ammonizione o il rigore, guarda caso è sempre contro le squadre piccole. Ma anche in questo il calcio è cambiato poco: quando con l'Atalanta si andava a Milano o Torino non ci aspettavamo certo una mano dall'arbitro.
  • [Sul campionato mondiale di calcio 2002] Sono stati i Mondiali più brutti della storia. Però hanno dimostrato che una squadra piccola, ma ben organizzata, può far fuori una grande che pecca di presunzione. Penso alla Corea, o alla Turchia, che ha giocato il miglior calcio del torneo. Ma anche la Spagna, che fa un calcio offensivo. La finale vera è stata Turchia-Brasile, il giocatore che mi è piaciuto di più Raúl: uno che in campo dà tutto.
  • L'ultima cosa di cui ha bisogno il calcio sono le polemiche. Bisogna imparare che nello sport si vince e si perde, e può essere colpa di un palo, di un arbitro, di un allenatore. Bisogna accettarlo. Dovremmo imparare a parlare della partita la domenica e poi a stare un po' più zitti per il resto della settimana, dare meno valore a quello che succede fuori dal campo.
  • [«Il calcio italiano è da buttare?»] È un calcio scadente. Va bene cercare di non prenderle, ma da noi si esagera con il tatticismo. Basta guardare alle sconfitte che rimediamo in Europa. Mica per i complotti o per il poco peso politico: perché giochiamo peggio degli altri. Ma nessuno lo dice.

Note[modifica]

  1. a b Dall'intervista di Germano Bovolenta, Domenghini, sempre all'ala, La Gazzetta dello Sport, 17 aprile 2005.
  2. Da un'intervista a Video Bergamo; citato in Francesco Parrone, Domenghini: "Arbitri? Troppe cose assurde a favore della Juve. E poi...", fcinter1908.it, 8 novembre 2012.
  3. Da un'intervista al Guerin Sportivo; citato in Riccardo Melis, Domenghini: "Doping all'Inter? Non ho visto niente. Herrera...", inter-news.it, 5 aprile 2017.
  4. a b Da un'intervista a Libero; citato in Domenghini: «Se non avessero costruito il Sant’Elia, quel Cagliari avrebbe vinto più scudetti», ilnapolista.it, 10 aprile 2020.

Altri progetti[modifica]