Arrigo Levi

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Arrigo Levi saluta il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Arrigo Levi (1926 – 2020), giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano.

Citazioni di Arrigo Levi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Salvador Allende] È sovente arguto, talvolta retorico, sempre cortese. Non ha affatto l'aria del fanatico pronto a trascinare il suo popolo in una traumatica rivoluzione. Non sembra neppure il politico "di facciata", destinato a farsi manovrare da persone più forti e dure di lui.[1]
  • Torino ha un'anima complessa. Torino città operaia. Torino città della Fiat. Torino con la tradizione di città capitale. Torino città italiana, anzi romana, ma anche città alpina, che guarda alla Francia e all'Europa. Torino di Gobetti, di Einaudi, di Bobbio, di Gramsci e dell'«Ordine nuovo», Torino comunista e Torino liberale. Torino col suo carattere, la sua sobrietà, la sua serietà, che non si apre e non si dà tanto facilmente, ma che ti accetta quando si convince che impersoni i suoi stessi valori: l'impegno nel lavoro, una forte cultura civica, un senso del dovere che ti compete, per la parte che hai nella vita della città.[2]
  • Fra le varie tesi antireligiose che il professor Piergiorgio Odifreddi, Logico Matematico, proclama nei suoi scritti, a riprova della sua «fierezza di non credere», è difficile trovarne anche una sola che un laico dichiarato come me, che ha più volte spiegato perché non crede in Dio, ma solo nella storia dell'idea di Dio, possa prendere troppo sul serio. [...] Fra tutte le sue idee, quella che riesce realmente inaccettabile per un laico sincero è la convinzione che il dialogo fra credenti e laici sia una cosa totalmente sbagliata, e che sia totalmente contrario alla «logica», e quindi inaccettabile, «riconoscere la ricchezza che a ciascuno può venire dal dialogo fra identità e convinzioni differenti» (come gli suggeriva, col garbo che gli è proprio, padre Enzo Bianchi); mentre per Odifreddi questo dialogo è sconveniente perché la verità «sta da una parte o dall'altra», giacché «quando in una disputa uno ha ragione l'altro ha torto»; e, in particolare, la Scienza ha sempre ragione, e la Religione sempre torto.[3]
  • Quello che la religiosità ebraico-cristiana, con le parole della Torah, dei Profeti e dei Salmi, di Gesù di Nazareth e di Paolo di Tarso, ha insegnato al mondo, è che il primo dovere d'ogni uomo è di amare il prossimo e di non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te; che gli uomini discendono tutti da un solo uomo (Adamo prima, Noè poi), e quindi sono fratelli e soggetti alla stessa legge, noaica prima che mosaica; che la parola di Dio è rivolta a tutti i popoli, e che credere in Dio vuol dire saper scegliere fra il bene e il male, credere nella carità, nella giustizia, nella dignità di tutti gli uomini. Un messaggio grandioso e rivoluzionario, valido anche per chi non crede in Dio, ma soltanto nella storia di Dio come parte essenziale della storia del pensiero umano; un messaggio che, esaltato dalla umanissima, innovatrice predicazione di Gesù, e introdotto da Paolo e dagli apostoli nel mondo greco-romano, ha cambiato radicalmente, e decisamente in meglio, quella che fino ad allora poteva dirsi la civiltà occidentale; e con essa, tutta la storia dell'umanità.[3]
  • Ciò che più importa è l'essere disponibili a riconoscere il seme di verità che si esprime anche nella fede altrui, e l'essere disposti a riesaminare con animo aperto le proprie convinzioni e a rileggere criticamente anche la storia passata dell'istituzione o della fede in cui ci si riconosce.[4]
  • La predicazione religiosa di Giovanni Paolo II per me forse si riassume tutta nelle parole, spesso da lui ripetute: "Non abbiate paura"; ma anche nella sua affermazione, che responsabilizza tutti gli uomini: "In un certo senso si può dirlo: di fronte alla libertà umana Dio ha voluto rendersi "impotente".[4]
  • Non ho mai condiviso le critiche laiciste al fatto che Papa Wojtyla abbia sempre riproposto senza compromessi verità per lui indiscutibili, su questioni (una ne nomino fra tante) come l'aborto.[4]
  • Con buona pace del bosone, che, con questa straordinaria storia del millenario dialogo tra l'uomo e Dio sul pianeta Terra non c'entra proprio per nulla. Preferiremmo soltanto che si smettesse di definire il bosone «particella di Dio». È una definizione che anche a noi laici suona irrispettosa e che può soltanto suscitare confusione. La scienza faccia la sua parte, e lasci che la nostra intensa riflessione sulle sorti dell'umanità, e su Dio, faccia la sua.[5]
  • Del resto, una particella che in qualche modo dava vita e peso a tutte le altre, non doveva per forza avere qualcosa di divino? Non assicurava forse la Bibbia (Genesi, 1) che «in principio Iddio creò il cielo e la terra?». Chi scrisse, nell'antica lingua, Bereshit barà Elohim et hashamaim ve et haaretz, purtroppo non sapeva che avrebbe potuto scrivere, al posto del nome di Elohim, «bosone», o tutt'al più «bosone di Higgs», prevedendo il nome dello scienziato, oggi ancora vivente, che ne scoprì l'esistenza qualche decennio fa.[5]
  • L'Iddio che, forse con un eccesso di entusiasmo, i nostri antenati immaginarono addirittura come «Creatore del cielo e della terra», è comunque cosa nostra: ci è stato compagno di viaggio nel lungo percorso che la nostra specie ha compiuto nel corso di decine di migliaia di anni. È, direi quasi, «cresciuto con noi» (per i credenti in Dio penso che siamo noi a essere cresciuti con Lui).[5]

La DC nell'Italia che cambia[modifica]

  • Meglio avere la coscienza dell'incerto che avere false certezze.

Note[modifica]

  1. Da Intervista con Allende, La Stampa, 5 novembre 1970.
  2. Da La Stampa, 29 novembre 2006.
  3. a b Da Contro gli anatemi religiosi (e atei), La Stampa.it, 13 marzo 2007.
  4. a b c Da Il Papa che per dialogare ripropose sempre la verità, L'Osservatore Romano, 16 ottobre 2008.
  5. a b c Da Il bosone di Higgs non c'entra con dio, Corriere.it, 22 agosto 2012.

Bibliografia[modifica]

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