Ercole Patti

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Ercole Patti

Ercole Patti (1904 – 1976), scrittore italiano.

Citazioni di Ercole Patti[modifica]

  • Se non ci fossero le ragazze la vita sarebbe orribile, squallida, insopportabile.[1]
  • [Su Fuga a due voci] Una trovata spiritosa ha tolto a questo film quell'inevitabile aria gratuita e convenzionale che hanno quasi tutti i film imbastiti intorno ad un cantante [...] è reso con vena fluida e piccante e recitato con appropriata animazione da tutti gli interpreti. Il baritono Bechi oltre ad avere una magnifica voce ha un viso e una recitazione assai cordiali. Irasema Dilian fresca e arguta. Aroldo Tieri in grande forma è assai divertente nei panni di un geloso nervosissimo innamorato [...].[2]

Diario siciliano[modifica]

Incipit[modifica]

Gennaio 1970
Una mattina verso la fine di ottobre, dopo tanti anni che non c'era più stato, il barone X tornò nella sua vecchia casa di campagna alle pendici dell'Etna. Era una grande villa costruita da un suo trisavolo verso la fine del Settecento. Il parco intorno era molto vasto; dopo gli alberi di alto fusto, olmi e querce antichissimi inframmezzati da qualche olivo e noce che sorgevano intorno alla villa, si stendevano i boschi, di proprietà dello stesso barone X; vecchi e grandi castagneti che non erano stati più tagliati da oltre cinquanta anni e che mandavano un'ombra fitta nel sottobosco in quella stagione popolato di funghi di tutte le qualità, in massima parte eccellenti da mangiare.

Citazioni[modifica]

  • Appena emergo e alzo la maschera la prima cosa che vedo al di sopra degli scogli è l'Etna che oggi è nitidissima azzurrognola nel cielo sereno.

Gli ospiti di quel castello[modifica]

Incipit[modifica]

Un mattino di novembre del 1928 in una pensione romana dalle parti di piazza Quadrata. La figlia della padrona, che sta stirando biancheria in una stanzetta accanto alla cucina, canta: «Lola, cosa impari a scuola — dopo la spagnola, viene il charleston... charleston...». Il canto è alternato ai tonfi del ferro sul tavolo e allo stridio dei tram che girano attorno alla piazza che ha al centro una piccola aiuola da parecchi anni scomparsa.

Citazioni[modifica]

Ho ventitré anni, i miei sensi vibrano a molte altre sensazioni visive olfattive tattili sonore. La possibilità di avere queste sensazioni è segno che si è del tutto vitali. Quando questi sensi si velano e cominciano a diventare un po' sordi è la fine che inizia, la vita prende un'altra piega che per certi versi può essere anche più interessante; è il cervello che entra in funzione e allora tutto si svolge in una specie di continuo rimpianto spesso non confessato per certe cose, certi rumori odori fruscii e sensazioni tattili che non torneranno più. Si possono fare delle scoperte bellissime, delle letture illuminanti ma il vero senso, il sapore della vita è passato per sempre e ci si è incamminati su un'altra strada che può anche essere lunghissima piena di onori e di successi che in fondo come meta sicura ha la morte. (p. 13)

Un lungo viaggio lontano[modifica]

Incipit[modifica]

In questi ultimi giorni di navigazione, a trentasei ore da Yokohama, il Pacifico ha la morbidezza carezzevole di una seta giapponese. I vulcani e gli scogli del Giappone sorgono dal mare ripidi e acuti con una coroncina di fumo spumoso attorno al cucuzzolo. Il paesaggio è rigorosamente giapponese come un ventaglio. La luna la sera sorge dal mare, straordinariamente limpida, in un cielo artificiale che fa pensare alla enorme distanza che ci divide dal nostro cielo. Ad un tratto una mattina, all'alba, una leggera striscia di terra che si intravede nella nebbiolina. Yokohama. Il Giappone.

Citazioni[modifica]

  • Tutto in Giappone è inquadrato, prestabilito, previsto. Ogni cosa si svolge secondo il programma precedentemente e minuziosamente elaborato. Le città sono suddivise in zone e quartieri in ognuno dei quali si va a fare una data cosa. Si cercano delle distrazioni? C'è il quartiere dei divertimenti costruito appositamente dove sono ammucchiati cinema, teatri, sale da gioco, caffè. (p. 22-23)
  • Le geishe si ordinano nei ristoranti assieme alle vivande e ai liquori. Un risotto, un pesce crudo, del saké e delle geishe. (p. 33)
  • Il rumore degli zoccoli è la nota dominante del Giappone come il gridacchiare dei corvi è la nota dominante dell'India. (p. 36)
  • Cedere il posto ad una signora in Giappone provocherebbe uno scandalo. La donna è un essere inferiore: lo scopo della sua vita è unicamente quello di servire e rendere la vita degli uomini più comoda. (p. 37)
  • La forza principale del Giappone sta nelle sue donne, uniche al mondo. Sono le donne che, col sacrificio della loro vita, rinunziano a tutto, alleggeriscono l'esistenza e danno la serenità e la forza agli uomini. (p. 38)
  • Il giapponese, caschi il mondo, non perde mai la calma. (p. 38)
  • Il Giappone è terribile: ti piega ai suoi voleri e ti impone le sue usanze senza che tu te ne accorga. (p. 45)
  • Il giorno in cui tutte le giapponesi adotteranno il costume europeo il Giappone offrirà l'aspetto di una grande potenza composta unicamente di fantesche in abito domenicale. (p. 50)
  • Il Giappone dei templi buddisti e scintoisti, delle casette di cartone, della lacca, delle sete lavorate, dei giardinetti lillipuziani, delle pettinature monumentali, il Giappone da operetta, il Giappone del karakiri, a Kioto continua a vivere più vitale che mai. (p. 76)
  • Com'è noto, in Giappone, il Yoshivara è una istituzione nazionale, riconosciuta dallo stato, protetta e vigilata dalle autorità. Le strade di questi vasti quartieri dell'amore mercenario sono luminose ed appariscenti, e non hanno quell'aria equivoca e clandestina che sogliono avere in tutte le altre parti del mondo. (p. 81)
  • Per dire di sì gli indiani scuotono la testa esattamente come noi quando vogliamo dire di no. È questa una delle più nette differenze che dividono l'Oriente dall'Occidente. (p. 167)
  • Si leva intorno un urlio possente che sale, a ondate, verso il cielo. "Mahatma! Mahatma!" si sente urlare selvaggiamente con un accento disperato come di belve ferite a morte. Visi trasfigurati si fanno strada tra la calca. Intorno sono bocche rosse spalancate e vibranti, balenio di occhiali e di denti insanguinati dal betel. Mahatma! Non si riesce a capire che cosa voglia tutta questa folla cenciosa, che cosa invochi con tanta selvaggia esaltazione. Non è un uomo che si aspetta ma sembra che questa moltitudine di duecentomila persone sia in attesa di un fenomeno soprannaturale. Che cosa si aspettano dal Mahatma? [...] Ad un tratto la folla oscilla paurosamente. Un urlo spaventoso sale al cielo. Arriva il Mahatma.
    Prima che possa rendermi conto di quanto accade mi sento sollevato e trascinato. Un'automobile interamente ricoperta di gente mi arriva quasi addosso fendendo la folla. In mezzo sta Gandhi, seduto. (p. 170)

Incipit di Un bellissimo novembre[modifica]

Quella storia era cominciata per caso un pomeriggio del mese di marzo in una casa di via Montesano a Catania nell'anno 1925. Era in corso una di quelle riunioni familiari nelle quali sorelle, cognate, cugini, nipoti e amici dopo di aver sbrigato le loro piccole commissioni nei negozi di via Etnea passavano a fare quattro chiacchiere prima di rincasare, da una signora che viveva col marito e la madre vecchia in un appartamentino con due balconi su quella picoola traversa. Di scorcio si vedeva un tratto della via Etnea e la facciata della chiesa dei Minoriti. Il salottino dove se ne stavano seduti in circolo gli ospiti e le padrone di casa era piuttosto piccolo pieno di poltroncine, divani liberty e sedie imbottite. Quando il numero dei visitatori aumentava, e la cosa accadeva spesso, si doveva ricorrere ad altri sgabelli e divanetti che venivano trascinati dalle stanze vicine; in questi casi il salottino era pieno come un uovo e gli ospiti davano l'impressione che fossero ammucchiati uno sull'altro. Quella volta era per l'appunto una di queste giornate di affollamento. Oltre alle cognate della padrona di casa, due delle quali accompagnate dai rispettivi mariti, c'erano due zie venute dalla provincia e sul più bello era arrivata un'amica con la sorella più giovane e col figlio sedicenne Nino. Ci fu un rimescolio di sedie, una poltroncina di vimini che stava nel corridoio venne introdotta a fatica nel salottino e sopra rannicchiato nell'angolo più remoto e buio vi prese posto il ragazzo accanto alla zia Cettina sorella della madre.

Citazioni su Ercole Patti[modifica]

  • L'ispirazione spesso sembra morderlo come una tarantola, scuoterlo da un sonno atavico e in quei momenti è impossibile scrivere meglio di lui, con più scaltra misura, con gusto più perfetto. (Eugenio Montale)

Bibliografia[modifica]

  • Ercole Patti, Diario siciliano, Bompiani, Milano, 1971.
  • Ercole Patti, Gli ospiti di quel castello, Mondadori, Milano, 1974.
  • Ercole Patti, Un bellissimo novembre , Bompiani, Milano, 1967.
  • Ercole Patti, Un lungo viaggio lontano, Bompiani, Milano, 1975.

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]

  1. Da Quartieri alti, Mondadori, 1973.
  2. Da Il Popolo di Roma, 31 marzo 1943; citato in Roberto Chiti e Enrico Lancia, Dizionario del cinema italiano: i film, Gremese Editore, Roma, 2005, p. 155. ISBN 88-8440-351-0