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George Gaylord Simpson

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.

George Gaylord Simpson (1902 – 1984), paleontologo statunitense.

Evoluzione una visione del mondo

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Si è detto spesso che Darwin ha cambiato il mondo. Meno spesso è stato chiarito quale sia stato esattamente questo cambiamento. Darwin non fece – e torna a suo onore – nessuna delle scoperte che ci hanno portato a quel pericolo di distruzione fisica che ci sovrasta. La maggior parte della nostra tecnologia, se non completamente, sarebbe la stessa anche se il lavoro di Darwin non fosse stato compiuto, da lui o da chiunque altro. Senza dubbio, in questo caso noi avremmo ancora gli ingorghi del traffico, i film dell'orrore, la gomma da masticare e le altre manifestazioni evidenti di un'alta civilizzazione. Gli accessori della civiltà, tuttavia, sono superficiali. L'influenza di Darwin, e più ampiamente del concetto di evoluzione, ha avuto effetti ben più profondi: ci ha letteralmente condotto in un mondo diverso.

Citazioni

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  • L'unico guaio del neo-lamarckismo in tutti i suoi vari aspetti, sia pure seducenti, è che non è vero. Adesso che comprendiamo il meccanismo dell'eredità, cosa che Darwin non poteva conoscere, sappiamo con certezza che i caratteri acquisiti non possono essere ereditari nel modo che quella teoria pretendeva, e questo è tutto. (parte prima, cap. I, p. 26)
  • I vitalisti sostengono che la vita è un'essenza o un principio a sé stante, assente nella materia non vivente, non riducibile all'azione di fattori unicamente materiali. Di solito essi rilevano una direzione o una manifesta finalità nello sviluppo e nelle attività degli esseri viventi e concludono che l'essenza vitale, non materiale, insita in essi, ha un'influenza determinante per l'evoluzione. I finalisti sostengono che la storia evolutiva della vita ha un modello preordinato globale che, almeno fino alla comparsa dell'uomo, aveva un preciso scopo diretto verso un obiettivo o fine futuro. Non c'è assolutamente nessuna necessità logica per porre insieme il vitalismo con il finalismo, ma le loro idee sono affini, non fosse altro che perché ambedue sono fino a un certo punto teorie non naturalistiche, e sotto questo profilo non materialistiche. Più spesso di quanto non si creda i finalisti sono vitalisti e i vitalisti sono finalisti. (parte prima, cap. I, p. 30)
  • L'opposizione all'insegnamento dell'evoluzione viene giustificata, naturalmente, quasi sempre con una ragione religiosa. Può essere che di solito ciò costituisca il vero motivo, ma io penso che spesso sia una maschera, forse inconscia, per nascondere l'antintellettualismo o l'antiscienticismo. È piuttosto strano che molto comunemente ci si opponga all'insegnamento dell'evoluzione col pretesto della religione anche in comunità religiose che di fatto non avversano né proibiscono ufficialmente tale insegnamento. Infatti molte scuole parrocchiali cattoliche sono antievoluzioniste, mentre l'evoluzione è accettabile secondo il dogma cattolico romano e viene insegnata senza ambiguità in molte università cattoliche. (parte prima, cap. II, p. 42)
  • La costante della vita di Lamarck fu la tristezza. La storia delle sue idee e della sua reputazione è ironica, a volte in modo così singolare da diventare quasi comica. In vita non è che gli fossero mancati i riconoscimenti. [...]. Ma egli veniva onorato per quelle che secondo lui erano le cose sbagliate (per i lavori di classificazione di piante ed animali, soprattutto), che egli considerava, se non assolutamente banali, almeno solo marginali rispetto al reale scopo della sua vita. Svolse un lavoro prodigioso in chimica, in geologia, in meteorologia, botanica, zoologia, fisiologia e psicologia. Per lui quegli studi non erano né slegati né disorganici. Riguardavano tutti uno stesso argomento: una visione totale del mondo, una filosofia cosmica che unificasse tutti i fenomeni. Ai suoi giorni, come ancora oggi, quello scopo era in larga misura frainteso e ciò che veniva compreso era rifiutato. (parte prima, cap. III, p. 49)
  • Lamarck visse fino ad un'età molto avanzata, indebolito, cieco e dimenticato. Non fondò alcuna scuola e non lasciò dietro di sé alcun vero discepolo. Qualcuno rese un omaggio verbale alla sua memoria, ma nessuno raccolse il problema che egli aveva posto, e i più lo ripudiarono interamente, o, peggio, passarono sotto silenzio l'intera sua fatica teoretica e filosofica. (parte prima, cap. III, p. 49)
  • Darwin non era affatto un filosofo. Egli sembra non essere stato affatto consapevole che il suo modo di considerare oggettivamente i fatti della vita recasse implicite delle premesse filosofiche. Egli non aveva nessuna concezione del mondo, nessuna ontologia cosmica, o piuttosto egli prese per buona quella che aveva, senza sottoporla ad una analisi introspettiva. (parte prima, cap. III, p. 55)
  • Parlare di «leggi della storia» vuol dire o fraintendere l'essenza della storia o usare la parola «leggi» in senso improprio, cioè di solito per descrizioni generalizzate piuttosto che per la formulazione di relazioni intrinseche. (parte seconda, cap. VII, p. 124)
  • La teoria uniformista è stata a lungo considerata come un principio fondamentale e talvolta addirittura una legge della scienza storica e uno dei più importanti contributi recati dalla geologia alla scienza e alla filosofia. In una forma o nell'altra, permea comunque il pensiero storico in misura tale da esserne spesso un presupposto scontato. (parte seconda, cap. VII, p. 124)
  • Comunemente la [teoria uniformista] si definisce come il principio secondo il quale il presente è la chiave per intendere il passato. (parte seconda, cap. VII, p. 124)
  • Oggi come oggi sembra strano che gente di studio abbia potuto discutere se le specie possono estinguersi o no. Thomas Jefferson su fondamenti religiosi e Lamarck con argomentazioni più scientifiche si trovarono d'accordo sul fatto che processi di estinzione non fossero avvenuti, proprio mentre Cuvier stava dimostrando esattamente il contrario. (parte terza, cap. VIII, p. 144)
  • Il conflitto tra scienza e religione ha un'unica e semplice causa: la designazione di una determinata concezione del mondo materiale, che è aperto alla ricerca scientifica, come religiosamente canonica. Questa è una ragione di conflitto anche quando avvenga che religione e scienza siano in accordo riguardo ai fatti materiali. Il canone religioso – se definito secondo l'accezione corrente – richiede un'accettazione assoluta non soggetta a prove o verifiche. La scienza necessariamente rifiuta la certezza religiosa e predica l'accettazione basata su prove obbiettive e sulla possibilità di una continua verifica. (parte terza, cap. XI, p. 197)
  • È un dato di fatto che la maggioranza delle religioni dogmatiche hanno mostrato un talento perverso nell'imboccare la strada sbagliata nei confronti della maggior parte delle concezioni più importanti dell'universo materiale, dalla struttura del sistema solare all'origine dell'uomo. Il risultato è stato una costante inquietudine per molti secoli, e questa inquietudine continuerà fintanto che i canoni religiosi assumano posizioni di pregiudizio in merito alle questioni scientifiche. (parte terza, cap. XI, pp. 197-198)
  • Nel nome di Teilhard si costituiscono delle associazioni e vi sono tutti i segni che si vada sviluppando un culto religioso con Teilhard come santone o come profeta, per non usare parole più forti. Questo è in parte dovuto al ricordo che egli ha lasciato come uomo, poiché era estremamente attraente, con una personalità incredibilmente affabile e brillante, unita ad una affascinante umiltà su qualsiasi argomento, salvo uno. Eppure il culto di Teilhard viene sempre più abbracciato da gente che non ha conosciuto l'uomo, per cui sembra che il suo misticismo eserciti un grande fascino su quegli spiriti che nelle circostanze attuali sono pieni di speranza. (parte terza, cap. XI, p. 206)
  • Una delle asserzioni fondamentali di Teilhard è che tutti i fenomeni devono essere considerati nel quadro di uno sviluppo dinamico, cioè, con terminologia evolutiva, collocati nel rapporto spazio-tempo. [...]. Su questa base, irreprensibile in se stessa, egli riconsidera brevemente l'evoluzione del cosmo ed alla fine quella degli organismi e dell'uomo. Non gli interessano i dettagli ma i lineamenti più ampi della storia man mano che avanza. Questi sono fissati in uno stile spesso deliziosamente poetico, ma talvolta sintatticamente fin troppo complesso e spesso oscuramente metaforico. (parte terza, cap. XI, p. 207)
  • L'investigazione razionale, vale a dire scientifica, dell'universo rivela le sue meraviglie come nessuna introspezione o rivelazione potrebbe fare. Noi stessi siamo davvero tali da suscitare timore e meraviglia e altrettanto lo è un'allodola, un ranuncolo e persino un granello di sabbia. Nessun poeta e nessun profeta ha mai contemplato prodigi così profondi come quelli che si rivelano allo scienziato. Pochi possono essere così ottusi da non reagire alla conoscenza materiale di questo nostro mondo con un senso di timore reverenziale che merita di essere definito religioso. (parte terza, cap. XI, p. 213)
  • La testimonianza fossile mostra assai chiaramente che non esiste una linea principale che conduce regolarmente, e con meta prefissa, dal protozoo all'uomo. Al contrario vi è stato un diramarsi continuo estremamente intricato e di qualunque ramo si segua il corso troviamo reiterati cambi sia nell'intensità che nella direzione dell'evoluzione. L'uomo è l'estremità di un ultimo ramoscello. La mosca domestica, la pulce del cane, il melo, e milioni di altri generi di organismi, sono altrettante estremità di altrettanti ramoscelli. (parte quarta, cap. XIII, p. 240)

L'uomo è una specie animale unica e splendida. La specie si è originata mediante l'evoluzione, sta ancora attivamente evolvendosi e continuerà ad evolversi. L'evoluzione futura potrebbe innalzare l'uomo verso vette superbe quali finora si sono appena intraviste, ma non lo farà automaticamente. Per quanto si possa prevedere oggi, una regressione evolutiva è probabile nel nostro futuro almeno quanto lo è un ulteriore progresso. Il solo modo per assicurare un futuro evolutivo di progresso per l'umanità è che l'uomo stesso dia una mano a questo processo. Benché sia necessario acquistare ancora tanto sapere, è indiscutibilmente possibile per l'uomo controllare la propria evoluzione (entro certi limiti) lungo delle linee che possono essere auspicabili. Ma la grande influenza delle istituzioni e del pensiero corrente più diffuso è contraria anche al semplice tentativo di esercitare tale controllo. Se una speranza esiste, è questa: che ci possa essere un sempre maggior numero di persone che affrontino il dilemma con coraggio e con lealtà cerchino una via d'uscita.

Bibliografia

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  • G. G. Simpson, Evoluzione una visione del mondo (This View of Life. The World of an Evolution), traduzione di Giuliana Galli Soria, Sansoni, Firenze, 1972.

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