Gianfranco Miglio

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Gianfranco Miglio negli anni '60

Gianfranco Miglio (1918 – 2001), giurista, politologo e politico italiano.

Citazioni di Gianfranco Miglio[modifica]

  • Che la politica sia maligna, per un machiavelliano come io sono, è del tutto normale. Soltanto gli spiriti deboli credono che la politica sia il luogo della collaborazione. La politica è il regno della sopraffazione. Ma la politica così concepita può stare in piedi solo se ha delle regole spietate di selezione interna: cioe' se la competizione è effettivamente aperta e c'è un continuo ricambio. Laddove, invece, i sistemi degenerano e la politica si riduce a gestione del potere di posizione, allora la situazione diventa pericolosa perché provoca reazioni assai violente. Come il caso italiano insegna.[1]
  • Dai tempi di Machiavelli – anzi, da quelli di Tucidide – è sempre toccato a coloro che scrutano per mestiere la natura della politica – anche ai più umili artigiani di questa professione – il duro privilegio di chiamare le cose con il loro nome e di aiutare gli uomini a non confondere la realtà effettuale con i propri sogni.[2]
  • Dal confine alpino al crinale dell'appennino tosco-emiliano l'Italia transpadana e cispadana ha una sua specifica ragion d'essere, una sua fisionomia economica produttiva storica e perfino linguistica da richiedere, per il suo pieno sviluppo, anche a beneficio dell'intera nazione, una sua posizione esatta e spiccata in seno all'Italia che sta nascendo. L'unità d'Italia non potrà essere fatta che su altre basi [...] La Liguria, il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia e le Tre Venezie, ossia tutta l'Italia settentrionale nel suo insieme costituisce un'armonica unità geografica, economica, etnica e spirituale, ben degna di governare se stessa.[3]
  • Gli omosessuali sono degli ammalati: è un forma di malattia largamente diffusa, di tipo genetico, e non possono essere considerati normali.[1]
  • I centralisti s'illudono se pensano che anche il federalismo diventerà come la "dittatura del proletariato", perché il federalismo s'imporrà. Anche se la Lega dovesse scomparire. Anche se non ci fosse più chi vi sta parlando. Per forza delle cose.[4]
  • Il linciaggio è la forma di giustizia nel senso più alto della parola. C'è la giustizia dei legulei, che è il modo di imbrogliare il prossimo, e c'è la giustizia popolare che si esprime nei moti rivoluzionari. Quando il sistema non garantisce più la giustizia, è il popolo che si appropria del diritto di punire. Il linciaggio è un fatto estremo e riprovevole, per etica e stile.[5]
  • Io sono per il mantenimento anche della mafia e della 'ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos'è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un'assurdità. C'è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate.[6]
  • La miseria e la grandezza dello Stato moderno si gioca, in larga parte, nella perenne contesa fra lo Stato che cerca di spremere i cittadini per avere le risorse di cui ha bisogno, e questi che gli resistono, o che almeno cercano di difendersi.[7]
  • La radice della vocazione «a-politica» (o anti-politica) dei lombardi va ricercata proprio nel cosmopolitismo congenito dell'operatore economico: non è per caso se, mentre gli abitanti delle varie parti d'Italia, quando risiedono all'estero, costituiscono nostalgiche «famiglie regionali», si cercherebbe invano invece anche una sola «famiglia lombarda».[8]
  • La storia insegna che i prìncipi di tutti i tempi non hanno mai perso l'occasione di impiccare gli oppositori parlamentari, e questi ultimi di tagliare la testa al principe; né occorre molto ingegno per scorgere la stessa vicenda nelle esperienze politiche dei nostri giorni. La conflittualità "totale" è l'essenza stessa della politica, e sonnecchia anche nel profondo dei più sofisticati e "garantisti" fra i sistemi istituzionali.[9]
  • Le Costituzioni "libere" più rispettate sono quelle dei paesi nei quali elevato è il numero dei cittadini che disertano le urne, perché convinti che la sfera del "privato" – da cui dipendono i loro interessi individuali – è intangibile dalle iniziative del potere.[10]
  • Le ideologie sono la maschera con cui si fa la politica, per celarne le asprezze e inseguire il consenso.[11]
  • Non è certo una preferenza filosofica, o ideologica, che mi spinge a cercare soluzioni di tipo federale alla crisi del nostro Paese, ma la semplice constatazione che il centralismo, in Italia, ha giocato tutte le proprie carte e ha perso la partita.[12]
  • Qualcuno, considerando il fenomeno crescente delle «leghe» locali, immagina che, nella futura Europa «delle regioni», potrebbe trovar posto una Padania organizzata e raccolta intorno ai lombardi, e «federata» con le altre parti d'Italia. È un sogno affascinante.[13]
  • [Su Umberto Bossi] Se gli dicessero che, per entrare nella stanza dei bottoni, deve travestirsi da donna, correrebbe a infilarsi la gonna e a darsi il belletto. (10 agosto 1994[14])
  • Bossi è un incolto, buffone, arrogante, isterico, arabo levantino mentitore, lo schiaccerò come una sogliola. Se mi si ripresenta lo caccio a pedate nel sedere. (18 maggio 1994[14])
  • [Su Umberto Bossi] Un botolo ringhioso attaccato ai pantaloni di Berlusconi.[14]
  • Un partito, infatti, per me non è molto diversi da una cosca mafiosa anche se è fatto di santi, perché implica, a un certo punto, un rapporto di omertà [15]
  • La lotta per il potere è essenziale nella dinamica politica. Vedremo che l'elemento ideologico è solo la copertura di quella che è la realtà e cioè questa lotta. [16]

L'asino di Buridano[modifica]

  • È tutta un'epoca della storia ‪europea‬ quella che si chiude, con il suo meccanismo istituzionale, rivolto a rendere forzatamente omogenee le popolazioni ed i loro peculiari costumi, in un quadro giuridico "jus publicum europeaum" finalizzato alla guerra ed all'imperialismo. (dalla prefazione)
  • Nel secondo dopoguerra [lo Stato Italiano] ha adottato una costituzione repubblicana, che tuttavia è risultata inadatta a risolvere i gravi problemi ereditati dal momento, e sopra tutto dalle modalità, della presunta "unificazione nazionale".
  • Soprattutto perché, implicato in quegli abusi [bancari], e largamente con i suoi familiari, fu il siciliano Francesco Crispi, il quale represse con durezza estrema la contemporanea rivolta dei "fasci" sviluppatasi nella sua isola, è soltanto la sconfitta di Adua gli impedì di seppellire il regime parlamentare trent'anni prima di Mussolini. (da Gli scandali bancari)
  • Il secondo dopoguerra esordisce con l'abolizione referendaria della monarchia e la convocazione di un'Assemblea costituente. Il Nord votò a maggioranza per la Repubblica; le province del Sud invece votarono massicciamente per il mantenimento della Monarchia, rivelando in tal modo quale fosse ancora il sistema di vincoli economici e sociali che legava il Mezzogiorno al passato. (da L'assemblea costituente e Alcide de Gasperi)
  • Politicamente le Regioni sono diventate la "scala", con cui amministratori spregiudicati danno l'assalto ai centri di potere governamentale: una via privilegiata, non per contestare il potere centrale, ma per diventare "parlamentari" e "fare carriera politica". Naturalmente questi personaggi "regionali" distribuiscono risorse a se stessi ed alle clientele personali e di partito (o di corrente). (da Le Regioni)
  • Il "federalismo" è diventato una parola d'ordine, per quanti vagamente si attendono dall'avvenire un sistema di governo opposto a quello vigente: più rispettoso delle scelte dei cittadini, più libero dalle incrostazioni della corruzione, meno autoritario e più soggetti al controllo degli amministrati, più imparziale ed attento alle regole del diritto. (da Una 'ragnatela' sul paese)
  • Per arrivare alla (relativa) indipendenza dei popoli del Nord, si offrono oggi due vie disponibili: quella dell'insurrezione (secessione), e l'altra della conquista democratica del controllo dei collegi rappresentativi dei cittadini (Consigli comunali, Regionali, eccetera). (da Due negazioni opposte e il destino degli italiani)
  • I nostri connazionali non possono tornare indietro, ed 'affondare', tutti insieme, in un Mediterraneo abitato da popoli tagliati fuori dall'economia veramente competitiva, e intrisi da miserevoli paghe pubbliche. Ma non vogliono neanche rischiare di fare la rivoluzione, per la loro pusillanimità. (da Due negazioni opposte e il destino degli italiani)
  • Fermo restando che gli italiani non credono più a "grandi" mutamenti istituzionali, si dovrebbe cominciare con riforme modeste; le quali, a loro volta, rendono poi indispensabili altri cambiamenti, che alla fine approdano ad un ordinamento complessivo abbastanza nuovo ed organico.

Il "clientelismo". Uno "statuto" per il Sud[modifica]

  • Il rilancio, alla grande, dei comportamenti "mafiosi" è avvenuto all'epoca e nel quadro dello sbarco degli eserciti alleati in Sicilia e nel Meridione, durante la fase finale della seconda guerra mondiale: quando i capi-mafia, già trapiantati oltreoceano, si offrirono come tramite prezioso, per facilitare infiltrazione degli invasori fra i traballanti difensori del fronte meridionale.
  • Abolire la "mafia" e la "camorra" è oggettivamente impossibile, finché nell'opinione pubblica sarà diffusa la concezione del carattere "personale" del potere [...]; soltanto un mutamento della struttura sociale in queste regioni potrebbe produrre una variazione del panorama ideologico imperante: ma si tratta di un mutamento secolare, o al più da attendersi entro un cinquantennio.
  • È una scelta coraggiosa, ma questa di uno statuto ad hoc per le regioni del Sud è la sola in grado di trasformare "mafia" e "camorra" in istituzioni tollerabili.

Guerra, pace, diritto[modifica]

  • Finché infatti la frazione al potere resiste, gli altri sono degli 'insorti' e la guerra ('civile') da loro provocata è illegittima per definizione. Ma se gli 'insorti' prevalgono, e quindi tolgono ai titolari del potere 'legale' il monopolio effettuale della forza, allora lo scettro della 'legalità' passa ai vincitori e la guerra da loro suscitata diventa 'giusta' per definizione.
  • [sulla guerra] Lo status belli è assenza di limiti circa l'uso dei mezzi atti a distruggere o asservire il nemico.
  • Nel secondo Dopoguerra il panorama risulta interamente cambiato; ormai sintesi politiche veramente "sovrane" sono soltanto le superpotenze; tutte le altre esercitano una sovranità limitata "di fatto" sempre, e talvolta anche di diritto, perché appartengono ciascuna all'area imperiale di questa o di quella superpotenza.

Citazioni su Gianfranco Miglio[modifica]

  • [Nel 1994] Vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché non gli han dato la poltrona. (Umberto Bossi)

Note[modifica]

  1. a b Dall'intervista Miglio: «la politica è sopraffazione», La Stampa, 15 marzo 1993, p. 5.
  2. Da Le trasformazioni dell'attuale regime politico, discorso letto l'8 dicembre 1964 durante la cerimonia inaugurale dell'anno accademico, in Annuario dell'Università Cattolica, anno accademico 1964-1965, Milano, Vita e Pensiero, 1965, p. 84.
  3. Da Il Cisalpino, 22 luglio 1945.
  4. Durante il Congresso Federale della Lega Nord a Bologna, 1994; trascritto in Leganordmariano.com.
  5. Dall'intervista di Gianluigi Da Rold,Linciaggio è bello, sentenzia Miglio, Corriere della Sera, 11 marzo 1993, p. 3.
  6. Dall'intervista di Stefano Lorenzetto «Non mi fecero ministro perché avrei distrutto la Repubblica», il Giornale, 20 marzo 1999.
  7. Da Lezioni di politica, vol. I., Il Mulino, Bologna, 2011, p. 263.
  8. Da Io, Bossi e la Lega, Mondadori, 1994.
  9. Da Utopia e realtà nella Costituzione. Tre schede ed una considerazione generale in AA.VV., La Costituzione italiana. Il disegno originario e la realtà attuale, Giuffré, Milano, 1980, pp. 249-262.
  10. Da Una Repubblica migliore per gli italiani, Giuffré, Milano, 1983, p. 4.
  11. Da Lezioni di politica vol. I., Il Mulino, Bologna, 2011, pp. 345-346.
  12. Da Gianfranco Miglio e Augusto Barbera, Federalismo e Secessione – Un dialogo, febbraio 1997, Arnoldo Editore.
  13. Da Vocazione e destino dei Lombardi, 1989.
  14. a b c Citato in Marco Travaglio, Miglio col bene che ti voglio, Espresso.Repubblica.it 24 aprile 2009.
  15. Da Io, Bossi e la Lega, editore Mondadori, 1994
  16. Da lezioni di politica, editore Il Mulino, 1994

Bibliografia[modifica]

  • Gianfranco Miglio, L'asino di Buridano, Neri Pozza Editore, 1999.
  • Gianfranco Miglio, Guerra, pace, diritto, La Scuola Editore, 2016

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