Lev Gudkov
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Lev Gudkov (1946 – vivente), sociologo russo.
Intervista di Roj Aleksandrovič Medvedev, 4 marzo 2015; citato in Culturacattolica.it, 26 marzo 2015.
- Certamente le simpatie in favore di Stalin sono rudimenti del periodo sovietico: per lungo tempo si conservarono nelle zone periferiche: in gruppi di persone anziane, poco istruite, in località agricole, nelle piccole città. Ma con l'avvento di Putin tutto è cambiato.
- Ci sono due correlazioni [con l'odierna venerazione di Stalin]: persone che sono culturalmente elevate che hanno bisogno di una ideologia che sostenga l'attuale corso tradizionalistico, un certo tradizionalismo artificiale, e ciò che è rimasto di una coscienza passata di pensionati sopravvissuti. C'è ancora un'altra mentalità che a me sembra legata all'idea del paternalismo statale e all'idea della piena irresponsabilità del potere di fronte alla società. Si tratta del fatto che il regime afferma l'idea dei valori primitivi come primari ai valori della persona. E questa posizione si accompagna sempre con l'idea della violenza.
- [«Esiste una certa correlazione allo stalinismo nel sostenere l'occupazione della Crimea?»] Non diretta. Ma attraverso il concetto della grande potenza, dell'impero, del grande passato glorioso, la pretesa che la Russia non si limita a difendere i russi orientali, ma intende occupare anche quei territori che storicamente le appartenevano. La cosa principale è l'antioccidentalismo.
Intervista sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Fanpage.it, 4 maggio 2022.
- La situazione è diversa da quella vista nel 2014 con l'annessione della Crimea. Al contrario di allora, oggi non osserviamo alcun entusiasmo. Piuttosto, un miscuglio di sentimenti: da un lato c'è soddisfazione e orgoglio perché la Russia – spiega la narrativa del regime – sta combattendo per liberare il mondo dal “nazismo ucraino”; dall'altro lato, vediamo agire disperazione, depressione, orrore, vergogna, shock per ciò che sta accadendo.
- Il sostegno a Putin aumenta ogni volta che la Russia inizia una guerra. È stato così per la seconda guerra cecena, la guerra in Georgia, l'annessione della Crimea. Ed è così anche oggi.
- La Russia subirà un ritardo di dieci anni nel suo sviluppo economico. Se non ci sarà un finale ancora più drammatico. I russi non hanno ancora capito quanto costerà loro questa guerra. Sia in termini economici che in termini politici.
- Quello del sovetsky chelovek (uomo sovietico) è un modello complesso, ma la sua caratteristica principale è di aver imparato ad adattarsi a uno stato repressivo. Pertanto, l'attuale inasprimento della politica repressiva e il rafforzamento delle strutture di potere lo stanno rianimando. Complice un'istruzione pubblica mai riformata, le nuove generazioni sviluppano le stesse capacità di adattamento alla repressione dell'Homo sovieticus. Tutte le abitudini tipiche di un'esistenza in una società chiusa si stanno oggi attivando, in parte sotto l'influenza della propaganda, in parte per la cultura politica di tipo sovietico che Putin vuol restaurare.
- La presunta minaccia proveniente dall'Occidente è sentita come una minaccia alla cultura, ai valori e all'esistenza materiale della Russia. Inoltre c'è un forte risentimento, verso l'Occidente. Perché per i russi resta ancora un ideale irraggiungibile. Un modello dove c'è libertà, democrazia, un alto tenore di vita. Nonostante la narrativa anti-occidentale, la percezione resta questa. E per screditare i valori occidentali, la propaganda ribalta i fatti. Spiega che l'Occidente cerca di distruggere, umiliare e indebolire la Russia. E che l'Occidente ha provocato la guerra in Ucraina. Senza questo fattore di minaccia per l'esistenza della Russia, l'intero sistema repressivo non funzionerebbe.
Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Agi.it, 26 luglio 2022.
- [Sulla libertà dei media in Russia] Dal 24 febbraio si stima siano stati vietati 2-3mila siti internet e chiuse circa 180 testate, di cui alcune molto autorevoli come Novaya Gazeta e la radio Eco di Mosca; senza contare che i blogger vengono multati, che si rischia il carcere per l'accusa di fake news e che anche Facebook è stato bloccato.
- La maggior parte degli intervistati non capisce nemmeno la domanda sulle responsabilità come popolo per quanto sta accadendo. [...] In media solo il 10% avverte un problema di coscienza: è il tradizionale atteggiamento sovietico di esprimere un'approvazione semplicemente dimostrativa verso il potere, senza poi volerne rispondere o partecipare. È il comportamento caratteristico di una società in condizioni di regime totalitario, una complicità passiva coi crimini dello Stato.
- La propaganda ha passato tre fasi: denazificazione, liberazione del Donbass e poi quella attuale, secondo cui la Russia è stata costretta ad agire per la sua salvezza, perché la Nato avrebbe comunque usato i fascisti ucraini per colpirla.
- Il tema del fascismo, unito a quello della minaccia esterna dell'Occidente, è un argomento molto forte sui cui in Russia è praticamente impossible discutere, perché metterebbe in discussione la stessa identità nazionale.
- La retorica della lotta al nazismo è stata usata in Urss fin dagli Anni '30 per marchiare tutti i critici dell'Unione sovietica, indipendentemente dal partito o dal campo ideologico a cui appartenessero. È l'etichetta che indica il nemico assoluto, un potente mezzo per disumanizzare l'avversario, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale. Definendo fascista un soggetto, non è più necessario fornire prove o argomentazioni e, inoltre, verso il soggetto a cui viene associato questo stigma è impossibile nutrire empatia o compassione. Questa è una parte molto importante su cui gioca la propaganda, oltre al lavoro per mettere a tacere qualsiasi pensiero autorevole contrario alla guerra, che oggi in Russia di fatto non esiste.
Intervista di Rosalba Castelletti sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Repubblica.it, 13 settembre 2022.
- Come dissi già una volta, per nascondere la propria opinione, bisognerebbe averne una. Chi sostiene che i sondaggi non rappresentano la realtà, fa come lo struzzo. Non vuole riconoscere quanto sia serio il problema.
- Il 24 febbraio sarà stato un evento inaspettato per osservatori internazionali e circoli liberali russi, ma non per la coscienza di massa. La propaganda anti-ucraina era iniziata già nel 2004, dopo la "prima Majdan", quando Kiev iniziò ad auspicare l'adesione a Ue e Nato. Ma il salto di qualità si è avuto nel 2013-14 con la seconda Majdan.
- La propaganda ha cambiato tono drasticamente facendo leva su tre tesi. La prima: il golpe promosso dagli Usa a Kiev e i rischi per gli ucraini russofoni. La seconda: l'arrivo al potere dei nazisti. E, infine, la Russia come grande potenza. Adottare il linguaggio della Seconda Guerra Mondiale ha annullato ogni empatia nei confronti degli ucraini perché la lotta al nazismo è uno dei momenti centrali dell'identità russa. Tutto questo ha provocato un'euforia sciovinista che, con l'annessione della Crimea, ha fatto impennare il gradimento di Putin. In quel momento il cosiddetto "progetto Novorossija", il tentativo di annettere il Donbass e muoversi fino a Odessa, però è fallito. Ma la propaganda si è militarizzata. Quando il 24 febbraio è iniziata quella che è stata chiamata ipocritamente "operazione militare speciale", per la stragrande maggioranza della popolazione si è trattato de la logica fase finale di quello che veniva preparato da anni.
- Provare umori contro l'operazione vorrebbe dire entrare in conflitto con lo Stato. Non si tratta di "paura", come affermano diversi politologi liberali. Il fatto è che la gente si identifica in un modo o nell'altro con lo Stato perché non ha autorità morali alternative dal momento che opposizione e stampa sono state distrutte. E non vuole perdere questo legame.
- Per i russi l'Ucraina è soltanto uno strumento dell'Occidente che vuole distruggere o, quantomeno, indebolire la Russia.
- Il problema è che non ci sono più né opposizione, né media indipendenti che possano [trasformare il malcontento russo] in azione politica. [...] Oltre che della repressione, va tenuto conto dell'emigrazione di diversi intellettuali e oppositori. Le loro voci che arrivano su Facebook dall'estero non fanno più presa.
Intervista di Riccardo Amati sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, Fanpage.it, 11 febbraio 2023.
- La deriva è decisamente totalitaria. E la popolazione si è adeguata. Il regime è diventato più repressivo, ha allargato il suo controllo su aree che prima non rientravano nella competenza dello Stato. Sta rapidamente rafforzando il dominio sull'istruzione, sui media e su internet. Sono stati bloccati oltre 250 siti di notizie. Mentre è in atto una vera e propria aggressione contro chi critica la guerra contro l'Ucraina.
- La gente è ben cosciente che la guerra lampo sognata da Putin è fallita. Ha paura che il conflitto continui a lungo, si allarghi e raggiunga il territorio russo. Con le conseguenti distruzioni e un sempre maggior numero di vittime. Si teme che alla fine ci sia un intervento diretto della Nato e degli Stati Uniti, con una escalation fino all'utilizzo delle armi nucleari.
- C'è una diffusa sensazione di aver la coscienza sporca, di esser coinvolti in una brutta cosa. Ma c'è anche il rifiuto di sentirsi responsabili delle decisioni prese dalle autorità. Le si approvano solo passivamente. Tutti uniti intorno al regime. Conviene così.
- Non c'è compassione nei confronti degli ucraini. Nemmeno odio, nonostante la propaganda lo fomenti senza sosta. La società russa è diventata amorale. La responsabilità civile è estremamente debole, così come la comprensione dei crimini commessi dal regime. I russi non vogliono questa guerra. Ma obbediscono, dicono che è giusta e vanno a uccidere i loro vicini di casa. Senza provare odio.
- Il cittadino tipico dell'era di Putin è simile a quello dei tempi sovietici ma più cinico. Utilizza le stesse capacità di adattamento al totalitarismo usate dal suo predecessore. Ma siccome non ci sono più i defizit, l'"Homo Putinus" è relativamente soddisfatto del suo tenore di vita e non vuole perdere quel che ha. È cinico, appunto. Ogni visione del futuro è sparita. Quando c'era l'Unione Sovietica, le persone avevano un'esistenza pacifica e potevano immaginare un futuro radioso. Questo, almeno, prometteva lo Stato. Lo Stato di oggi non promette nulla. Certamente non la pace.
Intervista di Riccardo Amati sulla morte di Aleksej Naval'nyj, Fanpage.it, 5 marzo 2024.
- Tra 15mila e 30mila persone sono andate ai funerali o a portare un fiore sulla tomba. Non hanno solo partecipato al lutto ma hanno anche e soprattutto protestato. Però si tratta sempre di una cerchia ridotta di persone, rispetto ai 15 milioni di abitanti di Mosca. Erano in tanti. Ma se guardiamo le cose dall'alto, rimangono quei pochi che non hanno avuto paura a uscire per strada.
- I prigionieri politici sono ormai di più di quanti fossero nell'Unione Sovietica di Brezhnev. Vige il terrore. Il governo agisce scientemente per spaventare la popolazione. E la propensione a protestare, o anche solo a dire la propria, è fortemente diminuita.
- Bisogna tener presente che la società è divisa, riguardo al giudizio su Navalny. Soprattutto in una città come Mosca. Una parte è completamente soggiogata dall'ideologia imperialista e sostiene la guerra e il regime. L'altra fazione è pacifista e vicina alle idee di Navalny. Non è certo la fazione maggioritaria. Ed è nel mirino della repressione.
- [Sulle elezioni presidenziali in Russia del 2024] Non ci saranno risultati veri. Queste elezioni sono un esercizio di manipolazione dell'opinione pubblica. Mica vere elezioni. Putin prenderà tra il 70 e il 75%. Vuol dire che ufficialmente il sostegno alla “operazione militare speciale in Ucraina” sarà assicurato da tre quarti della popolazione o quasi.
- [Sulle elezioni presidenziali in Russia del 2024] Chi è contro Putin non andrà a votare. Ma anche sotto questo aspetto i dati verranno addomesticati. L'affluenza ufficiale risulterà senz'altro molto superiore a quella reale. La vittoria di Putin dovrà essere un trionfo totale. Dovrà dimostrare che il presidente ha dalla sua parte tutta la popolazione. E sarà così. O almeno così ci diranno in tivù.
- La Russia di allora era sotto un regime autoritario. Quella di oggi è sotto un regime ormai quasi del tutto totalitario. È un regime che si fonda sul terrore politico per far paura ai cittadini ed evitare che protestino. E che si affida alla censura totale. Anche su internet. I russi non possono più scrivere le loro opinioni sui social. Altrimenti rischiano la galera. Soprattutto, non possiamo più dire alcunché se non in linea con la politica del Cremlino. E poi c'è stata l'emigrazione di centinaia di migliaia di dissidenti. No, nella Russia di oggi non sono pensabili le proteste di 12 anni fa. Nei regimi totalitari non si può protestare.
Intervista di Giancarlo Bosetti e Alessandra Tommasi, Fanpage.it, 16 febbraio 2024.
- Secondo me il sostegno nominale a Putin è cresciuto negli ultimi mesi e tutto ciò è legato alla censura totale in vigore, alla propaganda, all’isolamento di gran parte della popolazione, che non riesce a ricevere certe informazioni perché censurate e perché quelle che vengono dai media esteri, ad esempio, non arrivano più perché vietate.
- Se guardiamo al nostro ultimo sondaggio, il 71 per cento dei russi sostiene il conflitto. Però stiamo anche assistendo alla crescita di chi vuole la fine della guerra, circa il 57 per cento degli intervistati. Quando però andiamo ad analizzare le condizioni secondo cui dovrebbe terminare, i colloqui di pace e le trattative, la maggior parte delle persone insiste sul fatto che vorrebbe una resa dell’Ucraina, che la Russia mantenesse i territori occupati, ma anche che Kiev non entrasse nella Nato e un cambio dei vertici del Paese. Tutte condizioni che rendono i negoziati impossibili. Il 34 per cento dei russi vorrebbe invece che la guerra continuasse fino alla vittoria di Mosca.
- Sono circa 860 le denunce relative alla legge sulle fake news e a quella sulla diffamazione dell’esercito russo. Ci sono poi norme sempre più rigide: negli ultimi tempi è stata entrata in vigore una legge che comporta la confisca di beni per chi esprime idee e pubblica dati diversi da quelli dalla propaganda sull’andamento della guerra e sul comportamento dell’esercito russo – ritenuti fake dalla propaganda stessa. Tutto ciò crea un’atmosfera di forte paura e di consenso, ma è un consenso obbligato. E non fa altro che rafforzare l’atmosfera di apatia e rassegnazione che c’è al momento.
- Si stima che un 2 per cento degli alti rappresentanti del potere venga arrestato ogni anno. Se li andiamo a sommare negli anni, arriviamo a circa un 10-12 per cento. Tutto questo prova che Putin vuole imporre una certa disciplina nel sistema che ha creato.
- In due anni di guerra i redditi nominali della popolazione sono aumentati di circa il 20 per cento, perché c’è stato un forte commercio dal punto di vista bellico. Allo stesso tempo però, l’inflazione mangia parte di questi redditi. Il punto è che la popolazione ha comunque l’impressione che ci sia una sorta di stabilità, che le cose vadano bene.
- [«Che impatto hanno avuto le sanzioni finora?»] Hanno sicuramente avuto un impatto più diretto sui ceti più alti o medio-alti della popolazione. Che sono più informati, più inseriti nel mercato e hanno delle esigenze di consumo più spiccate rispetto alla massa, che invece non ne sente molto l’effetto perché consuma prodotti nazionali e i prezzi dei prodotti russi non sono cambiati così tanto. [...] Gli effetti delle sanzioni si iniziano a sentire a lungo termine dopo due, tre anni perché si cominciano a percepire i limiti nella produzione di certi prodotti e le forniture dall’estero non arrivano più. È il caso dei pezzi di ricambio dall’Occidente, delle materie prime e così via.
- La televisione è la fonte principale di informazione, fonte di un solo tipo di informazione: come sparano i missili russi, quanti successi ha portato avanti l’esercito. Ascoltiamo tutto il tempo notizie su quanti nazisti, quanti ucraini, quanti terroristi sono stati uccisi; quanti aerei, quanti carri armati distrutti e così via. E i numeri che ci propongono sono addirittura superiori a quelli di cui l’Ucraina dispone. Queste informazioni non solo sono distorte, ma vengono ripetute in continuazione.
- La gente sa che le autorità mentono, che dosano le informazioni o le utilizzano per scopi demagogici. Ma ritiene anche debbano fare così, perché le persone non vogliono sentire nulla che diverga dalle loro percezioni, dalla loro identità collettiva. La critica dell’opposizione e i tentativi di fornire prove documentali sugli eventi, in particolare sui crimini dell’esercito russo così si bloccano nelle loro coscienze, perché si crea un divario: da un lato, la maggior parte delle persone ammette che tutto ciò sia possibile, dall’altro pensa che sia giusto negarlo, perché è in linea con la politica ufficiale delle autorità.
- La situazione si può cambiare solo in questo modo: se avviene un attacco ucraino che porterà alla sconfitta sul campo dell’esercito russo. Solo questo potrebbe davvero colpire la legittimità di Putin e creare una vera e propria crisi nella politica interna, perché in questo modo salterebbe l’autorità di Putin come capo militare e capo politico. Allo stesso tempo i timori di un contrattacco ucraino si sono indeboliti e la guerra viene interpretata ora come una guerra per arrivare all’esaurimento di tutte le forze ucraine. Ma tutto questo non arriverà in tempi brevi. La gente però non se ne accorge.
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