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Morte di Aleksej Naval'nyj

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Commemorazione improvvisata per Aleksej Naval'nyj, dopo la sua morte, presso il monumento alle vittime della repressione politica a San Pietroburgo, 16 febbraio 2024.

Citazioni sulla morte di Aleksej Naval'nyj.

Citazioni

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  • Alexei Navalny non è morto improvvisamente: è stato assassinato da Vladimir Putin e dal suo regime. Per una persona, però, ci sono dei dubbi. E questa persona è Matteo Salvini, che dice di non sapere nemmeno quello che accade in Italia, figuriamoci se può sapere cosa è successo in Siberia. (Roberto Saviano)
  • È un altro segnale che il regime è sempre più preoccupato, forse persino spaventato. Lo vediamo nel crescente ricorso alla repressione: dopo l'ammutinamento di Prigozhin il governo ha iniziato a perseguitare persino gli stessi turbo-patrioti che sostengono l'invasione. Non sono del tutto convinto che sia arrivato un ordine specifico di uccidere Navalny, soprattutto perché il tempismo è pessimo per il Cremlino. (Mark Galeotti)
  • La morte di Navalny, avvenuta molto tempestivamente, ha sottolineato che in Russia non è rimasto un solo oppositore popolare del regime e che nessuno degli oppositori emigrati all'estero ha una sola possibilità di cambiare la società russa. Inoltre, ora che la maggior parte di questi dissidenti è favorevole alla sconfitta della Russia nella guerra con l'Ucraina, non sono più visti in Russia come semplici fuggitivi, ma come traditori. (Vladislav Inozemcev)
  • La morte di Navalny per la Russia significa che continuerà a sprofondare nell'oscurità dell'autocrazia, che è già molto vicina al totalitarismo. (Vladimir Georgievič Sorokin)
  • La repressione in Russia ha davvero raggiunto una sorta di orribile picco. Ma non credo che uccidere Navalny abbia direttamente a che fare con la volontà di aumentarla ancora. Piuttosto, l'obiettivo è schiacciare le generazioni giovani e relativamente giovani. È una specie di gioco tra vecchi, quello del regime. Per il quale conta solo il passato remoto. Vige una consapevole gerontocrazia in cui il dissidente ammazzato e la gente della sua età dovevano essere umiliati. E la generazione successiva è stata mandata in guerra ad essere traumatizzata. Penso che questa sia una parte molto importante del metodo di Putin per restare al potere. (Timothy Snyder)
  • La teoria è che Putin abbia lavorato allo scambio, i governi si siano accordati e poi abbia ucciso Navalny per dare un messaggio: "Guardate, avete accettato uno scambio. Ma ora Navalny è morto. Quindi ho altri americani, altri prigionieri politici. Che ne dite di fare uno scambio con loro?". (Sergej Gurijev)
  • Navalny è solo l'ultimo di una lista che va da Anna Politkovskaya a Boris Nemtsov, e scusate se addebito agli sgherri di Putin anche l'assassinio del reporter di Radio Radicale Antonio Russo nel 2000 in Georgia. Forza, dunque, concediamo una via d'uscita onorevole al guappo del mandamento del Cremlino, non umiliamo il rapitore di bambini ucraini, non turbiamo il macellaio di arabi nonché sodale di Hamas, non offendiamo il diffusore seriale di caos nel mondo libero, non indispettiamo il finanziatore di ogni movimento fascista europeo e occidentale, non insolentiamo l'alleato degli ayatollah iraniani che uccidono le ragazze che si sciolgono i capelli, non facciamo irritare l'imperialista che cancella gli omosessuali nel suo paese e bombarda i civili in Ucraina nel tentativo di ripetere un genocidio culturale già riuscito ai suoi predecessori. (Christian Rocca)
  • Navalny è stato punito con la morte proprio perché il suo consenso aveva iniziato ad attecchire al di fuori della classe media moscovita. (Mark Galeotti)
  • Per quanto riguarda Navalny, sì, è morto, e questo è sempre un evento triste. Ma abbiamo altri casi di persone morte in carcere: non succede anche negli Stati Uniti? Succede, e con una certa frequenza. (Vladimir Putin)
  • Perché se era così insignificante, è stato ucciso? A una prima superficiale lettura la morte nelle carceri russe del suo oppositore più importante può sembrare dannosa, per la figura di Putin. Ma chi conosce le dinamiche del regime putiniano sa leggere i messaggi che sta inviando. [...] il messaggio è "Nessuno può opporsi al governo Russo. Ogni voce contro sarà colpita". (Roberto Saviano)
  • Putin ha ucciso Navalny e molto probabilmente non dovrà confrontarsi con mobilitazioni e proteste popolari di rilievo né in Russia né nella diaspora occidentale. In Russia si fa così, si uccidono, si cancellano, si invadono i dissidenti. (Christian Rocca)
  • Qualche giorno prima che Navalny morisse, alcuni dei miei colleghi, persone che non sono nel governo, hanno detto che c'era l'idea di scambiare Navalny per delle persone nelle prigioni dei paesi occidentali. Non mi crederete, ma non ho nemmeno lasciato finire l’uomo che me ne ha parlato e ho risposto: “Sono d’accordo”. Purtroppo però è successo quello che è successo, e non ci si può far niente. (Vladimir Putin)
  • Qualunque sia la causa della morte, è stato vittima di una brutale repressione politica. Le condizioni della sua detenzione non sono state altro che una forma di tortura fisica e psicologica. (Grigorij Javlinskij)
  • Sono stato in chiesa, ho pregato e ho prenotato una preghiera funebre per 40 giorni per lui. Ma non sarei andato. C'è una mia dichiarazione: ho espresso le mie condoglianze. Credo che la sua morte sia una tragedia. Non credo che l'abbiano ucciso appositamente, ma il sistema penitenziario russo è terribile e la sua morte è stata un risultato di questo sistema. Ma politicamente non avevamo nulla in comune. È stato a Jabloko otto anni. Abbiamo avuto dissidi molto pesanti. Ma non ne parlerò perché non è opportuno parlare male dei morti. (Grigorij Javlinskij)
La tomba di Aleksej Naval'nyj al cimitero Borisov di Mosca, 15 marzo 2024: «Tra 15mila e 30mila persone sono andate ai funerali o a portare un fiore sulla tomba. Non hanno solo partecipato al lutto ma hanno anche e soprattutto protestato. Però si tratta sempre di una cerchia ridotta di persone [...], rimangono quei pochi che non hanno avuto paura a uscire per strada». (Lev Gudkov)
  • Tra 15mila e 30mila persone sono andate ai funerali o a portare un fiore sulla tomba. Non hanno solo partecipato al lutto ma hanno anche e soprattutto protestato. Però si tratta sempre di una cerchia ridotta di persone, rispetto ai 15 milioni di abitanti di Mosca. Erano in tanti. Ma se guardiamo le cose dall'alto, rimangono quei pochi che non hanno avuto paura a uscire per strada. (Lev Gudkov)
  • Vladimir Putin è personalmente responsabile della morte di Aleksej Navalny. Perché Aleksej era il suo prigioniero personale. E solo su suo ordine personale potevano agire gli avvelenatori del Secondo servizio dell'Fsb, investigatori, pubblici ministeri e giudici che sbrigavano fascicoli giudiziari e sentenze; alti gradi carcerari che creavano condizioni da tortura. (Vladimir Kara-Murza)
  • Basta guardare quante persone che, con coraggio, hanno portato fiori in memoria di Navalny rischiando il carcere. Al contrario, ai funerali dei sostenitori della guerra non si è presentato nessuno. E nessuno ha manifestato contro l'arresto del radicale Igor Girkin, famoso per l'invasione del Donbass nel 2014, in carcere per avere criticato Putin di essere stato troppo debole contro l'Ucraina.
  • Non sono sicuro che sia stato tecnicamente ucciso. Potrebbe essere morto a causa delle condizioni a cui era sottoposto per tre anni e nonostante le quali ha sorprendentemente conservato il suo buon umore e il suo senso dell'umorismo.
  • Se Navalny è stato ucciso, allora Putin potrebbe aver voluto assicurarsi che non ci siano elementi in grado di disturbare l'opinione pubblica prima delle elezioni. Ma non credo più che Navalny fosse davvero una spina nel fianco di Putin. Era il più forte e il più brillante, ma non era il solo. Basti pensare a Vladimir Kara-Murza e Ilya Yashin.
  • Il funerale di Navalny è stato un momento molto negativo [per Putin], perché pensava di avere il controllo assoluto delle emozioni, e invece ha dimostrato che l'insoddisfazione è potenzialmente gigantesca.
  • Il servizio carcerario russo sostiene che Navalny ha perso coscienza dopo una camminata e non ha potuto essere rianimato, nonostante i migliori sforzi degli operatori sanitari del pronto soccorso. Ma il giorno precedente Navalny non sembrava "indisposto", quando aveva preso parte a procedimenti on line del tribunale, o nel giorno precedente, quando venne visitato dal suo avvocato. Questo non significa che la morte di Navalny sia stata certamente un colpo diretto, ordinato dallo stesso Putin; la vita al Lupo Polare distruggerebbe la salute di chiunque. Ma, direttamente o indirettamente, è stato Putin ad assassinare Navalny.
  • La prigione nella quale è morto Navalny è particolarmente brutale. Soprannominata "Lupo Polare", è un freddo gulag glaciale per criminali violenti. Ma Navalny – un avvocato e un blogger contro la corruzione – non era conosciuto per violenza. Nel 2013, egli stava respingendo accuse inventate di appropriazione indebita, e le condanne che lo spedirono al Lupo Polare nel 2021 erano per violazioni della libertà condizionale, frode e oltraggio alla Corte. Mentre era in prigione, egli ha accumulato ulteriori condanne per accuse fabbricate, compreso il sostegno dell’estremismo.
  • Non so se l'ordine sia venuto da Putin, ma il suo trattamento era una condanna a morte e il Cremlino è colpevole. Ora Navalny è un martire, ma Putin lo ha tolto di mezzo, chiarendo che non tollera opposizione.
  • Ci sarà un'altra occasione per la Russia prima o poi, e un'altra ancora se la sbaglieranno di nuovo. E un giorno ci saranno statue di Alexei Navalny a Mosca.
  • Non c'è motivo di dubitare che sia stato ucciso su ordine di Putin. In Russia non succede nulla di così importante senza l'ordine di Putin.
  • Non importa se Navalny sia morto per avvelenamento, per i postumi di un pestaggio o per malnutrizione ed esposizione. Se Putin non lo avesse voluto morto, sarebbe ancora vivo. QED [Quod erat demonstrandum, come volevasi dimostrare].
  • È un tragico fallimento del piano di Navalny di cambiare la Russia con il suo volontario ritorno in patria, facendo affidamento sullo stato di diritto e sulla personale abnegazione. Il sacrificio è avvenuto, ma dubito che raggiungerà i suoi obiettivi politici o mistici.
  • Non credo che ci sia stato un piano a lungo termine per far diventare l’eroe un martire. È stata una decisone presa ad hoc, quella di torturarlo a morte in una prigione ad alta sicurezza ed alta segretezza nell’artico. Una decisione a cui corrisponde un fallimento su diversi fronti.
  • Non è una coincidenza che il leader più capace dell’opposizione anti putinista sia morto proprio quando la guerra russo-ucraina è a un punto di svolta e la politica americana è in subbuglio.
  • È accaduta una tragedia, ma la storia della Russia ne ha viste tante. E continuo a pensare che la sua naturale evoluzione sia nella direzione di una normale democrazia, e non in quella dell'arcaica dittatura che vediamo oggi all'opera. E l'esempio di Navalny resterà di grande importanza. In molti saranno influenzati dalla sua forza morale, nel futuro: i russi cercheranno di essere un po' più coraggiosi e un po' più forti.
  • Il sistema diventerà più crudele, scorrerà ancora più sangue di prima, ci sarà sempre maggior repressione. [...] Ora Putin può infischiarsene di tutto, non gli importa più di cosa si pensi in Occidente delle sue azioni.
  • Le condizioni carcerarie lo stavano comunque uccidendo ed è chiaro che il governo è il responsabile della sua morte.
  • Non so se la sua morte sia stata determinata da un atto criminale, compiuto da persone dei servizi di sicurezza, se sia stata ordinata direttamente dal Cremlino o sia stata provocata dalle condizioni in cui era detenuto ormai da tempo il leader dell’opposizione e dalle torture che aveva subito. Se è stato un omicidio, è stato ordinato perché Putin temeva che Navalny potesse influenzare il processo elettorale, dando vita a qualche protesta molto visibile ai seggi.
  • Poteva essere il nostro Nelson Mandela: mezza vita in carcere, e poi la luce del Sudafrica. Poteva. Ma il governo russo se n’è accorto per tempo. Non so se fosse credente, ma è stato un santo. È morto per le sue idee.
  • Se fossi papa, gli darei il cappello del santo, perché è morto per ciò in cui ha creduto: credeva nella Russia e nei russi.

Citazioni in ordine temporale.

  • L’uomo che è morto ieri in Siberia era un vigoroso quarantenne, tenace, intelligente, colto e che non si è mai fatto spaventare, sapendo che la sua esecuzione era certamente già decisa, come quelle dei suoi predecessori, fra cui Alexander Litvinenko per l’uccisione del quale il Procuratore Sir Robert Owen emise un verdetto di colpevolezza personale per Vladimir Putin. Il suo regime da 24 anni non prevede altro che elezioni plebiscitarie senza avversari, salvo quelli fantoccio autorizzati da una cosiddetta Commissione elettorale.
  • La sua figura assunse un aspetto carismatico della speranza liberal democratica sulla scia delle speranze aperte dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
    Durò poco: sull’unico vero dissidente si abbatterono processi penali che, mantenendolo in stato di accusa, gli impedirono progressivamente di parlare, mostrarsi, scrivere, esserci. Ma aveva allevato molti discepoli ancora vivi e attivi anche se nel terrore.
  • In tutte le città russe sono nati dei banchetti e memoriali con le foto di Navalny, dove la gente lascia pochi fiori sapendo che ogni ora la polizia li confisca e li porta via. Ma c’è un memoriale a Mosca, dedicato alle vittime dello stalinismo, dove la polizia non può portare via i fiori. Ed è diventato la meta di tutti i dissidenti e di tutti coloro che cominciano a organizzare punti riunione che non diano pretesti alla polizia.
  • Qualcosa di inaspettato ma già maturo sta accadendo in Russia dopo la morte di Navalny: le tensioni crescono nelle piazze e davanti ai cinema in cui si proietta il film "Il maestro Margherita" tratto dal romanzo di Bulgakov, che si svolge in una Mosca di fantasmi del periodo iniziale della censura e della persecuzione degli intellettuali negli anni Trenta. I putiniani hanno fortemente protestato riguardo la possibilità di proiettare nelle sale cinematografiche un film sull’assolutismo di cento anni fa che sembra identico a quello di oggi. La gente si insulta davanti ai cinema, dove scoppiano tafferugli promossi dalla stessa polizia che ferma picchia, arresta, sequestra mazzi di fiori e sorveglia chiunque esprima dubbi sulla guerra o addirittura porti un segnale giallo e azzurro, i colori della bandiera ucraina, sia per strada che negli show televisivi in cui viene massacrata ogni opinione scettica – per non dire apertamente critica – sulla guerra. Il partito dei favorevoli alla guerra vede nell’effetto causato dalle manifestazioni per Navalny un indizio antipatriottico, da cui ne sono seguiti molti tafferugli scatenati da agenti provocatori. Tafferugli a cui sono sempre succeduti interventi della polizia, sia a Mosca che a San Pietroburgo. Come effetto collaterale è stata emessa una direttiva che vieta ai mutilati di guerra circolare nelle aree del centro con le carrozzine per non aizzare l’opinione pubblica.

Citazioni in ordine temporale.

  • Per me non ci sono dubbi: cosa è successo a Navalny? Non ho dubbi che sia stato assassinato. Per tre anni Alexei è stato sotto il controllo delle forze di sicurezza, che nel 2020 avevano già organizzato un attentato non riuscito alla sua vita. Ora l'hanno portato a termine. Per me non ci sono dubbi: chi lo ha ucciso? Non ho dubbi che sia stato Putin. È un criminale di guerra. Navalny era il suo principale avversario in Russia ed era odiato al Cremlino. Putin aveva sia il movente che l'opportunità. Sono convinto che abbia ordinato il suo assassinio.
  • So come la propaganda di stato inizierà a manipolare l'opinione pubblica. Diranno che la morte di Navalny è svantaggiosa per il presidente, che sarebbe stato illogico ucciderlo un mese prima delle elezioni, che Putin è concentrato sulla politica globale e non ha tempo di pensare a un condannato... Sono tutte sciocchezze, da respingere. Dopo l'avvelenamento di Alexei nel 2020, la propaganda ha difeso Putin con l'argomento "se avesse voluto ucciderlo, lo avrebbe ucciso". Esattamente così. Voleva, e l'ha fatto. E non solo ha ucciso, ma lo ha ucciso in modo provocatorio. Alla vigilia delle elezioni, in modo che nessuno potesse dubitare del coinvolgimento di Putin.
  • Per tre anni nella colonia è stato tormentato con celle di punizione e torturato affinché chiedesse pietà. Non ha funzionato e quindi è stato privato della sua vita.

Citazioni in ordine temporale.

Julija Naval'naja riceve le condoglianze del presidente statunitense Joe Biden a San Francisco, 22 febbraio 2024: «Putin ha ammazzato il padre dei miei figli, mi ha tolto la cosa più cara [...]. Non solo: Putin ha tolto Navalny a voi. [...] assieme a lui ha voluto uccidere le nostre speranze, la nostra libertà, il nostro futuro, ha voluto distruggere la migliore prova che la Russia può essere diversa».
  • Putin ha ammazzato il padre dei miei figli, mi ha tolto la cosa più cara, la persona più vicina ed amata. Non solo: Putin ha tolto Navalny a voi. Da qualche parte nella colonia oltre il Circolo polare artico, nel perenne inverno, Putin ha ammazzato non solo l'uomo, Aleksej Navalny, ma assieme a lui ha voluto uccidere le nostre speranze, la nostra libertà, il nostro futuro, ha voluto distruggere la migliore prova che la Russia può essere diversa, che siamo forti e intrepidi, che crediamo, lottiamo e vogliamo vivere in modo diverso.
  • Aleksej è morto nella colonia dopo tre anni di sofferenze e torture. Non stava scontando la sua pena come fanno gli altri detenuti, ma veniva torturato, tenuto in carcere di rigore, in una scatola di cemento armato. Immaginatevi soltanto questo: è una stanza di 6-7 metri quadrati, dove non c'è niente salvo uno sgabello, un lavandino, un buco nel pavimento al posto del bagno e un letto che viene attaccato al muro per impedire di sdraiarsi. Un bicchiere, un libro e una spazzola da denti. Non c'è di più, non c'è nient'altro. E così è stato per centinaia di giorni. Lui veniva maltrattato, separato dal mondo, non gli davano la penna né la carta per scrivere una lettera a me o ai nostri figli, lo affamavano da tre anni.
  • Era impossibile sottomettere mio marito e proprio per questo Putin l'ha ammazzato in modo vergognoso e codardo, senza mai decidere di guardarlo negli occhi o semplicemente citare il suo nome. E nello stesso modo infame e codardo ora nascondono il suo corpo, non lo fanno vedere a sua madre, non glielo concedono e mentono in modo meschino aspettando che spariscano le tracce del nuovo Novichok di Putin.
  • Il giorno in cui è iniziato questo processo la Russia e il mondo sono stati scossi dallo spaventoso annuncio della morte di Aleksej Naval'nyj. Anche io ne sono rimasto scosso. Ho anche pensato di rinunciare alla mia ultima dichiarazione: cosa dichiarare oggi, mentre tutti noi non ci siamo ancora ripresi dallo shock provocato dalla notizia? Ma poi ho pensato che sono tutti anelli della stessa catena: la morte o, più esattamente, l'assassinio di Aleksej, le rappresaglie giudiziarie contro altre persone che criticano il regime, me compreso, il soffocamento della libertà nel paese, l'invasione dell'Ucraina da parte dell'esercito della Federazione Russa. E ho deciso di parlare comunque.
  • L'assassinio comprende dapprima un doppio tentativo di avvelenarlo, poi un arresto assolutamente illegale, una condanna altrettanto illegale e infine un'uccisione lunga, protratta, metodica, fatta di celle di isolamento al gelo. Se mette insieme tutto questo, avrà la risposta che cerca: è certamente un assassinio.
  • Negli ultimi giorni hanno fermato, sanzionato e addirittura incarcerato alcune persone solo perché sono andate a rendere omaggio accanto ai monumenti dedicati alle vittime delle repressioni politiche ad Aleksej Naval'nyj, assassinato, un uomo straordinario, coraggioso, onesto, che in condizioni incredibilmente difficili, create proprio per lui, non ha perso l'ottimismo e la fede nel futuro del nostro paese. Perché, sì, è stato un assassinio, a prescindere dalle circostanze specifiche della morte.
  • Che fossero centinaia, o mille, o duemila, o più, i cittadini russi che si sono messi in fila per il suo funerale, tutte, tutti, dal primo all'ultimo, sapevano perfettamente che cosa facevano, a quale rischio. Hanno scandito il suo nome, si sono mostrati alle telecamere, hanno esibito i documenti, si sono fatti intervistare – soprattutto le donne. Una sola si è mostrata magnificamente sicura di una personale immunità. Alla domanda rivolta a tutte, "Ha paura?", ha risposto quasi ridendo: "Io ho un'età in cui non si ha più paura di niente".
  • Navalny sapeva quello che faceva. Le migliaia di fedeli alla sua memoria e a se stessi che oggi – anche grazie alle televisioni internazionali, sia pure bendate, e ai diplomatici di paesi liberi – l'hanno salutato, lo sapevano a loro volta, e l'hanno fatto sapere ai tanti che rimpiangono o rimpiangeranno di non esserci stati.
  • Non penso che Navalny fosse perdutamente dedito al martirio, e non confidasse al contrario in una propria forza. [...] Io credo che Navalny abbia saputo quello che faceva. E che la sua sfida e la sua ironia lo dimostrassero. Stava alzando il proprio prezzo.

Citazioni in ordine temporale.

  • È accaduto. Vladimir Putin si è spinto fino alla linea che molti credevano non avrebbe osato superare. Alexey Navalny è morto nel carcere polare in qui era stato mandato per vent'anni, è stato ucciso, se non direttamente dai suoi carcerieri - forse non sapremo mai le circostanze del decesso – dalle torture cui era stato sottoposto, in un girone costruito tutto per lui dell'inferno del Gulag russo.
  • La morte di Alexey Navalny segna un punto di non ritorno: non è stato ucciso soltanto un uomo, un politico, un dissidente, ma l'unica voce che parlava di un futuro possibile, della «splendida Russia del futuro», opposta all'esaltazione del più macabro passato russo.
  • Perfino all'epoca comunista, Brezhnev e Andropov sapevano che alcuni nemici del regime – Sakharov, Solzhenitsyn, Sharansky – erano intoccabili, che ucciderli in carcere avrebbe portato un danno reputazionale che l'Unione Sovietica non voleva subire, ansiosa di presentarsi come uno Stato civile, pacifico ed evoluto. Putin e i suoi uomini non vogliono avere una reputazione, almeno non di quel tipo: preferiscono che di loro si sappia che non hanno pietà, che non scendono a compromessi, che i loro nemici verranno «ammazzati anche nel cesso».
  • È un messaggio funesto per tutti gli oppositori in carcere: se è stato ucciso il dissidente più celebre della Russia, conosciuto in tutto il mondo, vincitore del premio Sakharov dell'Unione Europea e dell'Oscar per il documentario che racconta il suo calvario, osservato speciale di governi e ong internazionali, non c'è nessuna speranza per i suoi seguaci, per gli attivisti comuni, per i dissidenti meno in vista. La Russia non teme nulla e non si ferma di fronte a nulla, è questo che Putin vuole far sapere a tutto il mondo. Il Cremlino non esita a uccidere l'altra Russia: non vuole che ci sia un Mandela, un Walesa, un Havel russo, un volto e un nome che testimoni l'alternativa, e che possa un giorno fare da garante alla transizione dalla dittatura verso la democrazia.
  • La domanda "perché Aleksej Naval'nyj è tornato in Russia?", a farsi arrestare, a morire in carcere, continua a venire fatta da molti, in Russia e all'estero, da chi lo seguiva da anni e da chi scopre il suo messaggio soltanto dopo la sua morte. La risposta è semplice: perché era un politico, e sapeva che il diritto a diventare un leader e un modello non si guadagna nei salotti degli intellettuali liberali europei, ma nelle piazze, nelle aule del tribunale, dietro le sbarre.
  • La disperazione – come di-sperazione, assenza di speranza nel suo significato più letterale – dell'opposizione russa è travolgente, e mostra una profonda sfiducia in se stessi: già il fatto che per milioni di persone la speranza era rappresentata da un uomo isolato in un carcere di massima sicurezza, e non viceversa, offre una misura della condizione devastata e devastante della protesta.
  • A uccidere Naval'nyj è stato Putin. Ma a permettergli di farlo sono stati quelli che "tutti capiscono tutto", quelli che "non mi interesso di politica", quelli che "tanto da noi non dipende nulla", quelli che "tengo famiglia", "devo pagare il mutuo" e "mica vado in piazza a rischiare l'arresto per quelli lì che tanto sono tutti uguali". A ogni azione corrisponde una reazione, una legge che in politica vale anche per l'assenza di un'azione. A ogni passaggio della drammatica storia di Naval'nyj, e della tragica discesa della Russia nella dittatura, qualche migliaio in più in piazza, qualche punto percentuale in più alle elezioni, qualche sussulto di protesta più intenso avrebbe fatto la differenza, come aveva fatto la differenza la folla che nel 2013 aveva invaso il centro di Mosca un'ora dopo la prima condanna di Aleksej al carcere, costringendo il Cremlino a commutargli la sentenza in condizionale, il mattino dopo.

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