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Libertà dei media in Russia

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Caricatura di Vladimir Putin che imbavaglia i media

Citazioni sulla libertà dei media in Russia.

Citazioni

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  • Dal 24 febbraio [2022] si stima siano stati vietati 2-3mila siti internet e chiuse circa 180 testate, di cui alcune molto autorevoli come Novaya Gazeta e la radio Eco di Mosca; senza contare che i blogger vengono multati, che si rischia il carcere per l'accusa di fake news e che anche Facebook è stato bloccato. (Lev Gudkov)
  • Essere giornalisti di prima linea in Russia vuole dire dover affrontare due prime linee: una è quella della guerra e un’altra quella del sicario che ti aspetta cinicamente con la pistola proprio nell’ascensore del tuo palazzo. (Giorgio Fornoni)
  • Fin dagli esordi del suo primo mandato, Putin comprese che era fondamentale controllare il Quarto potere per riuscire a controllare gli altri tre. Questa lezione fu appresa quando, nell'agosto del 2000, il pasticciato salvataggio dell'equipaggio del sottomarino nucleare Kursk, affondato a causa di un'esplosione durante un'esercitazione nel mare di Barents, scatenò le proteste dell'opinione pubblica. Invece di strigliare i vertici militari o fare pulizia nella nostra pachidermica burocrazia, Putin se la prese con la stampa indipendente. (Garri Kasparov)
  • Giusto l'altro ieri sono state chiuse due delle ultime catene televisive indipendenti. Anche i blog hanno vita grama e se il Cremlino ordina che non si debbano mai usare parole come guerra, invasione, uccisioni di civili, quegli ordini diventano a livello più basso il limite dell'espressione giornalistica e culturale. Non circolano più nemmeno opere di scrittori dissidenti, costretti nell'era sovietica a pubblicare all'estero i loro Samizdat che all'interno delle grandi città passavano di mano in mano. (Paolo Guzzanti)
  • Hanno creato un senso di insicurezza nei giornalisti che fanno il proprio lavoro, persino nei loro stessi pensieri. Io questo fenomeno lo definisco terrore. Perché l'obiettivo principale di qualsiasi terrorista è diffondere la paura. Così il Cremlino e Putin attraverso queste censure sulla guerra, le multe incredibilmente folli e le pene detentive intendono diffondere questa paura. Ecco qual è il senso. (Galina Timčenko)
  • Il Cremlino controlla tutta l’industria dell’informazione direttamente o indirettamente, [...] gli editori sono spesso uomini molto ricchi che gravitano intorno al Cremlino, quindi è chiaro che la stampa non produce notizie contro il governo. (Oleg Kašin)
  • Il dominio della censura diretta e indiretta ha il suo peso, ma pensare che i russi sono quello che gli viene mostrato in tv in fondo è offensivo per loro stessi. Il problema è che i russi vedono in tv quello che vogliono vedere. (Anna Zafesova)
  • Il giornalismo in Russia sta attraversando una valle oscura. Più di cento giornalisti, organi di informazione, difensori dei diritti umani e organizzazioni non governative sono stati recentemente bollati come "agenti stranieri". In Russia questo significa "nemici del popolo". Molti nostri colleghi hanno perso il lavoro. Molti hanno dovuto lasciare il paese. (Dmitrij Muratov)
  • La Russia non è un paese come gli altri. Negli "altri" paesi i giornalisti non vengono sparati al cuore o alla nuca. E se domani ne venisse ammazzato uno, il presidente della Repubblica di quel paese dove è stato commesso l'omicidio non direbbe, come disse Putin dopo la morte della Politkovskaja, che si trattava di "persona senza vero ascolto nella società". (Sandro Viola)
  • Le notizie che provengono sono ogni giorno sempre più inquietanti. Arresti di oppositori e di giornalisti, divieti per i media indipendenti, censura di Internet, brogli elettorali, processi pilotati, aggressioni a militanti pacifisti, emarginazione dei nuovi dissidenti. (Leonardo Coen)
  • Lo spazio di manovra si sta restringendo anche su Internet: l’ente di controllo Roskomnadzor blocca i siti a migliaia, e ci sono già stati precedenti di utenti finiti in tribunale per un repost “estremista” (che può essere anche l’annuncio di una manifestazione non autorizzata dell’opposizione) o una foto su Facebook giudicata «attentato all’ordine costituzionale», come nel caso di una ragazza che si è espressa per il rovesciamento di Putin. (Anna Zafesova)
  • [«Si può affermare che c'è libertà di stampa in Russia?»] No. Per meglio dire, non si può affermare che c'è libertà di espressione. In Russia c'è una potentissima autocensura: quando un redattore si rende conto che su certi argomenti non si può scrivere, perché dopo sorgeranno problemi e perché perderebbe gli introiti pubblicitari che spesso rappresentano una forma di bustarella per giornali e canali televisivi, si arriva alla conclusione che la libertà di espressione non c'è. (Oleg Kašin)
  • [«C'è libertà di espressione in Russia?»] No, non si può parlare di libertà nel ricevere e accedere alle informazioni. Le persone che vogliono sapere qualcosa leggono il Kommersant, le Vedemosti, la Novaya Gazeta, i siti internet Gazeta.ru, il settimanale The New Times e ricevono la foto completa del Paese. Comunque nella carta stampata c’è più libertà che nei media elettronici: in televisione non c’è libertà di parola nel modo più assoluto. Tutta la televisione federale, tutti i canali sono di pura propaganda; una grossa macchina di propaganda. E su internet da noi è diffusissimo il fenomeno del trolling. (Dmitrij Muratov)
  • Putin è un dittatore che controlla i media del suo Paese. E se le cose vanno male, gli basta cambiare argomento. [...] L’ultima volta che la Russia ha invaso l’Ucraina, nel 2014, i suoi media hanno cambiato argomento sulla Siria da un giorno all’altro, e i russi lo hanno seguito. (Timothy Snyder)
  • Quando, in questi tempi di guerra, ci è stata imposta la censura, in un gruppo WhatsApp di giornalisti di cui faccio parte si è iniziato a discutere della situazione e la maggior parte dei direttori ha detto: "Amici, non vogliamo essere multati o perseguitati. Chiamiamola "operazione speciale", siamo troppo preoccupati dei rischi..." E così via. Il senso di questa censura non è solo legato al non uso di quella parola, ma al senso di paura che impedisce di esprimere liberamente le proprie emozioni, i propri pensieri. (Galina Timčenko)
  • Se Putin gode di tanto consenso popolare, perché non ci sono elezioni libere e regolari e una stampa indipendente? Perseguitare blogger e arrestare un manifestante che ne sta in piazza con un cartello anti-Putin non mi pare sia il comportamento tipico di un governante popolare. (Garri Kasparov)
  • Dall’inizio della guerra, in Russia sono stati bloccati praticamente tutti i media indipendenti. La licenza di Novaya Gazeta, dove ho lavorato per 17 anni, è stata ritirata. Molti media e giornalisti sono stati etichettati come “agenti stranieri”. È accaduto poco più di una settimana fa al caporedattore di Novaya Gazeta e premio Nobel Dmitry Muratov. Alcuni media sono stati dichiarati “organizzazioni indesiderabili” e anche collaborare con loro è un reato. Intanto, nuove leggi criminalizzano qualsiasi informazione sulla guerra che contraddica quelle del Ministero della difesa russo. Molti giornalisti sono stati condannati a più di vent’anni di carcere per tradimento. Potremmo dire, insomma, che la professione giornalistica è ormai fuorilegge in Russia.
  • Purtroppo, lo Stato ha ormai un controllo quasi totale sullo spazio mediatico russo. Dall’inizio della guerra sono stati bloccati non solo i media indipendenti, ma anche Instagram, Facebook e Twitter. L’unico ancora libero è YouTube, ma il suo blocco è costantemente in considerazione. La televisione è piena di propaganda aggressiva che giustifica la guerra. Ma lo Stato non può controllare il desiderio di verità della gente.
  • Se avessi saputo che era in corso un’ondata di avvelenamenti di giornalisti russi in Europa, non sarei stata così imprudente. E mi sarei rivolta alla polizia molto prima. Non posso biasimare i medici per il fatto che l’avvelenamento non sia stata la prima diagnosi ipotizzata. Hanno prima escluso le diagnosi più comuni e ciò ha richiesto molto tempo.
  • Il 24 febbraio abbiamo cominciato una guerra in Ucraina e quello che sta accadendo ora dimostra che non c'è assolutamente spazio per libertà d'espressione in Russia. Potevamo esistere prima, anche perdendo i nostri colleghi uccisi dalla guerra ma continuando a lavorare, ora non possiamo più.
  • Non ce n'è più di [media] tradizionali: non c'è più Ekho Moskvy, non ci sono più televisioni libere. Ora non ci saremo neanche noi. Ma esistono forze che continuano a produrre giornalismo indipendente. Cercando modi alternativi di lavorare in questa nuova realtà di stretta censura. Che non durerà solo per il tempo della guerra in Ucraina, ma continuerà anche dopo.
  • Se ci fossero stati più media indipendenti [l'invasione russa dell'Ucraina del 2022] non si sarebbe mai verificata. Perché, per assurdo, le autorità, il Cremlino e Putin avrebbero saputo che l'Ucraina non è certo un Paese che avrebbe dato il benvenuto all'esercito russo. E che l'esercito russo è debole a causa dalla corruzione dilagante. E che tutti i potenti armamenti che sfilavano davanti a Putin e sulla tivù di stato non erano che una bufala. Perché in realtà gli armamenti russi sono di scarsa qualità, e l'esercito è male equipaggiato e ha molti problemi. Si sono fatti un autogol, trasferendo al Cremlino il controllo totale dei media: son rimasti prigionieri di quelle stesse fake news create dalla propaganda di regime.
  • Con Eltsin noi lavoravamo in piena libertà, per questo potevamo informare su quanto avveniva in Cecenia durante la guerra e il risultato è che si arrivò alla decisione politica di fermare la guerra. Eltsin stesso capiva che nel paese esistevano milioni di indigenti che andavano sostenuti, e che senza il sostegno dello Stato non potevano fornire un'istruzione ai propri figli o curarsi della propria salute. Oggi, con Putin, di questo ci si è dimenticati.
  • Le autorità carezzano i media e l'intellighenzia nel senso del pelo e distribuiscono loro allori, premi e altre "carote" per ricompensarli delle loro prese di posizione anticecene e anticaucasiche. E se una personalità, un giornale, un canale televisivo esce dal coro, viene violentemente richiamato all'ordine dal Cremlino, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
  • Lo ammetto. Sono stata picchiata all'inizio della guerra. E anche dopo, in occasione di un arresto e in occasione di un tentativo di fare luce sulle circostanze dell'assassinio di un abitante di Grozny. Sono stata picchiata esclusivamente perché facevo il mio lavoro di giornalista, che consiste nel raccogliere informazioni. E sempre mi veniva contestata la stessa accusa: "Sei dalla loro parte".
  • Mattaccini sono quasi tutti i giornalisti russi dell'ultima generazione e i mass media odierni. Un bel circo di mattaccini e buffoni. Il loro compito è divertire il pubblico, e se proprio devono scrivere di cose serie, l'argomento è uno solo: com'è bella la «verticale del potere» in tutte le sue ipostasi.
  • Nel nostro paese oggi non esiste alcuna televisione indipendente, non esiste alcun talkshow indipendente dove i politici possano discutere dei problemi più importanti. L'ultimo talkshow politico è stato interrotto all'incirca un anno fa, si chiamava Libertà di parola. Putin ha detto di non vederne l'utilità visto che vi si raccoglievano solo i politici falliti. Adesso è stato ripreso e viene trasmesso a Kiev, in Ucraina. Da noi esiste, oltre a un numero assolutamente limitato di quotidiani che non segue la linea ufficiale, una sola stazione radio indipendente al 50 per cento, dove di tanto in tanto si riesce a discutere in diretta di quanto avviene nel paese.
  • Niente potrà togliermi il senso di colpa che ho nei confronti di coloro che hanno sacrificato la vita per il mio lavoro, per la mia resistenza al tipo di giornalismo che si sta instaurando in Russia grazie alla guerra "alla Putin". Parlo di un giornalismo ideologico senza accesso all'informazione, senza incontri né conversazioni con le fonti, senza verifiche dei fatti. Come ad esempio quello dei miei colleghi, che seduti dietro tre barriere di filo spinato nelle basi militari russe, riferiscono a Mosca del "miglioramento quotidiano" dei villaggi ceceni. Quel tipo di lavoro, che io credevo morto insieme al comunismo, da noi è ormai considerato la norma, e inoltre è riconosciuto e lodato dalle autorità. Quanto all'altro tipo di giornalismo, quello che comporta uno sguardo diretto su ciò che succede, non solo viene perseguitato, ma si rischia addirittura la vita. Un salto indietro di dieci anni, dopo la caduta dell'URSS!
  • Dall'inizio dell'operazione militare speciale la vita dei giornalisti indipendenti in Russia è diventata difficile. Per esempio, il 22 aprile Vladimir Kara-Murza, giornalista e politico che supporta il Sergej Magnitskij Act, già avvelenato due volte in precedenza, è tornato in Russia dall'America e al suo arrivo è stato arrestato, proprio in virtù della nuova legge sulle fake news, poiché in America parlava delle vittime tra la popolazione civile ucraina. Ora, in Russia, rischia dieci anni di prigione.
  • Dopo il 24 febbraio, è stata sostanzialmente introdotta la censura militare in Russia. E in poche settimane tutti i media indipendenti sono stati chiusi. Ekho Mosky, Tv Rain e infine Novaja Gazeta hanno ricevuto un avvertimento da Roskomnadzor, l’agenzia statale, che ha avvertito il giornale che sarebbe stato bloccato, cioè sostanzialmente distrutto.
  • La guerra del governo russo contro i giornalisti è iniziata dopo il 2014, dopo l’annessione della Crimea. Prima di allora, il giornalismo in Russia era una professione pericolosa, i giornalist venivano ammazzati: Dmitri Kholodov, Yuri Shchekochikhin, Paul Khlebnikov, Anna Politkovskaja, Alexei Domnikov, Natalya Estemirova. I giornalisti venivano picchiati, la Russia occupava un posto significativo nella classifica dei paesi pericolosi secondo la classifica di “Reporter senza frontiere”.
  • Molti giovani giornalisti, forti e professionali, giornalisti investigativi, militari, che scrivono oggi sul genocidio, sulle violazioni dei diritti umani, come prima di loro Anna Politkovskaja, oggi lottano per la verità e per un futuro migliore per il loro paese, la Russia, come ha fatto l’accademico Andrei Sakharov, e i loro nomi saranno scritti nella storia, come quello di Vasili Grossman.
  • Oggi non possiamo parlare di giornalismo in Russia così come generalmente lo concepiamo. Tutti i media liberi e indipendenti sono stati chiusi o bloccati, etichettati come agenti stranieri: un processo di censura che si è intensificato negli ultimi tre, quattro anni. Poco a poco, il potere russo ha sgretolato l’informazione indipendente, è la morte dei media.
  • Ora tutti i giornalisti russi che coprono gli avvenimenti in Ucraina, poi restano in Occidente: all’inizio di marzo la Duma ha votato la legge sulle “fake news” e dunque qualsiasi informazione sull’Ucraina, sulle vittime civili, sull’esercito russo, è considerata menzoniera e questi giornalisti rischiano da 10 a 15 anni di reclusione.
  • Più di quaranta organi di stampa stranieri e accreditati in Russia sono stati riconosciuti come agenti stranieri, più di cento giornalisti sono stati riconosciuti come agenti stranieri, diverse pubblicazioni indipendenti sono state riconosciute come organizzazioni indesiderabili (e la partecipazione a tali media comporta la reclusione) e bloccate.
  • Bisogna sapere che nei mezzi d'informazione russi esistono quattro tabù da non violare se non si vogliono scatenare le misure punitive del Cremlino: criticare Putin, criticare la guerra in Cecenia, criticare le azioni dei servizi segreti e, infine, criticare la liquidazione, da parte del Cremlino, della libertà di parola.
  • C'era [...] una differenza fondamentale [nell'amministrazione El'cin] rispetto al regime della censura attuale, introdotta da Putin: allora anche nei periodi di massima pressione da parte degli oligarchi che erano contemporaneamente anche i proprietari dei principali mass media, un giornalista che non accettasse la posizione della sua redazione (o dell'oligarca che la sponsorizzava) poteva sempre passare a un'altra, che rispecchiasse di più le sue idee. Adesso questa possibilità non esiste più, semplicemente perché non esiste più nessuna alternativa possibile.
  • Circondandosi soltanto di quei giornalisti che può comprare, Putin ha finito per riprodurre erroneamente in tutto il mondo le regole che esistono nella sua "fortezza" del Cremlino. In realtà, il presidente russo è semplicemente incapace di credere che nei normali Paesi civilizzati i giornalisti siano davvero indipendenti, e che pongano domande diverse da quelle scritte loro sul blocchetto dal suo responsabile dell'uficio-stampa.
  • [«La censura colpisce tutti?»] Direi soprattutto la tv, che attualmente non conta un solo soggetto libero rispetto ai voleri di Putin. [...] Ma anche con la stampa ci sono problemi. Ricordo una volta in cui Putin, davanti a un uditorio completamente imbambolato in una regione del Nord della Russia, si lasciò andare ad alcune esternazioni sul sesso. Disse qualcosa come "il sesso è una perversione da combattere con ogni mezzo". Neanche mezz'ora dopo, tutti i giornalisti del pool avevano ricevuto l'ordine di cancellare quella frase. Non ne è rimasta alcuna traccia, tranne che nel mio libro.
  • I giornalisti occidentali mi chiedono di continuo: «Ma perché il vostro Putin è così terrorizzato dalla stampa libera?».
    Viene subito in mente la risposta più banale: Putin è il miglior frutto del KGB, per il quale un giornalista indipendente, per definizione, non era altro che la "voce del nemico". Non bisogna dimenticare, infatti, che l'uomo ora alla guida dello stato russo è entrato da giovane, per propria scelta consapevole, nel KGB, organo che a quei tempi eliminava fisicamente i dissidenti del Paese.
  • Immagino che anche nel vostro Paese i funzionari dello stato possano compiere qualche abuso nei confronti dei giornalisti. C'è comunque una piccola, sostanziale, differenza: se in un qualsiasi Paese occidentale si sapesse che un politico ha introdotto una censura TOTALE, e ha fatto licenziare un giornalista per motivi politici, credo proprio che sarebbe prontamente rimosso. Del resto in un Paese democratico sarebbe impossibile introdurre una censura totale.
  • In un certo qual modo dovrei sentirmi persino lusingata di essere diventata la prima vittima della censura di Putin in Russia. In fin dei conti è la miglior prova di professionalità per un giornalista: significa che i suoi articoli hanno colpito nel segno. Cominciò, infatti, proprio da me quella catena di fatti che avrebbe in pratica portato alla totale liquidazione da part di Putin di tutti i mezzi d'informazione di massa del Paese: subito dopo il mio mancato accredito al Cremlino, sequestrarono a Gusinskij il canale televisivo non statale NTV, a Berezovskij ORT e TV-6 e infine liquidarono l'ultimo canale "semiliberale" rimasto, TV-S. Senza nominare poi questioni minori come la chiusura della rivista «Itogi» e la liquidazione di «Obscaja Gazeta».
  • Probabilmente non è molto etico per me, seduta così lontano, in un paese europeo civilizzato, dove i diritti umani sono garantiti, dove la libertà di parola e la libertà di stampa sono date per scontate: non sarebbe etico per me criticare quei miei colleghi ancora nella mia terra natale. [...] Ma francamente, penso che quello che sta succedendo lì assomigli meno al giornalismo che a una sorta di harem.

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