Pellegrino Artusi

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Statua di Pellegrino Artusi al cimitero di San Miniato al Monte

Pellegrino Artusi (1820 – 1911), critico letterario e scrittore italiano.

Citazioni di Pellegrino Artusi[modifica]

Citato in Geminello Alvi, Pellegrino Artusi, il rivoluzionario del tortellino, Corriere della Sera, 15 luglio 2004, p. 37
  • Quando m'accorsi della mia nessuna cultura mi rivolsi al maestro Buscaroli, che mi erudì anche nel galateo di Melchiorre Gioia. Imparai a memoria l'Inferno e il Purgatorio di Dante Alighieri.
  • Ereditai dalla natura istinti erotici quasi infrenabili per i quali quasi non mi rovinai la salute e il resto. Non fosse stato per la mia mamma, donna caritatevole che appena vide che la servetta di casa cominciava a ingrossarsi spese molto per accomodare la cosa.
  • La gran timidezza è stata l'incubo della mia vita: non mi dichiarai. Allora in sette giorni e per sette scudi i vetturini vi portavano dalla Romagna a Roma e di qui ai tempi di Pio IX viaggiai fino a Napoli, dov'è un'infima plebe che non si cura del domani. Là era cosa molto caratteristica vedere nei mercati «una gran caldaja di maccheroni bollenti». Lusingato dalla rinomanza di quel cibo non vedevo l'ora di mangiarli; «ma fui deluso dal loro modo di condirli con molto pepe e cacio piccante». Meglio i tortellini e il lesso rifatto.
  • Senza darmi a speculazioni azzardose, mi arricchii col commercio serico, e mi presi una amica. Ma dovetti guardarmi dalla servitù di canaglie che mi rubavano anche le posate d'argento. La cameriera e il cuoco di Bologna e la governante lunatica che tenni per diciassette anni a freno solo a forza di cazzotti.
  • Se avete dei tartufi che abbiano profumo chiudeteli in una scatola di latta e d'altro con una o due uova fresche. Lasciate così un paio di giorni... mangiatele alla coque.

La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene[modifica]

Incipit[modifica]

La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria.
Diffidate dei libri che trattano di quest'arte; sono la maggior parte fallaci o incomprensibili, specialmente quelli italiani; meno peggio i francesi; al più al più tanto dagli uni che dagli altri, potrete attingere qualche nozione utile quando l'arte la conoscete.
Se non si ha la pretesa di diventare un cuoco di baldacchino, non credo sia necessario, per riuscire, di nascere con una cazzeruola in capo; basta la passione, molta attenzione e l'avvezzarsi precisi: poi scegliete sempre per materia prima roba della più fine, ché questa vi farà figurare.

Citazioni[modifica]

  • Il miglior maestro è la pratica sotto un esercente capace. (Prefazione)
  • Amo il bello ed il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio. Amen. (Prefazione)
  • Due sono le funzioni principali della vita: la nutrizione e la propagazione della specie. (L'autore a chi legge)
  • Il mondo ipocrita non vuoi dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio. (Frustata)
  • Una volta si diceva che la minestra era la biada dell'uomo. (Minestre)
  • Il troppo salato è il peggior difetto delle vivande. (Umidi; 255, Fricandò)
  • Non crediate che io abbia la pretensione d'insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare cominciando dal ciuco, il quale fu forse il primo a darne il modello al genere umano. (Umidi; 314, Polpette)
  • La gran questione dei Bianchi e dei Neri che fece seguito a quella dei Guelfi e dei Ghibellini e che desolò per tanto tempo l'Italia, minaccia di riaccendersi a proposito dei tartufi, ma consolatevi, lettori miei, che questa volta non ci sarà spargimento di sangue; i partigiani dei bianchi e dei neri, di cui ora si tratta, sono di natura molto più benevola di quei feroci d'allora. Io mi schiero dalla parte dei bianchi e dico e sostengo che il tartufo nero è il peggiore di tutti; gli altri non sono del mio avviso e sentenziano che il nero è più odoroso e il bianco è di sapore più delicato: ma non riflettono che i neri perdono presto l'odore. I bianchi di Piemonte sono da tutti riconosciuti pregevoli, e i bianchi di Romagna, che nascono in terreno sabbioso, benché sappiano d'aglio, hanno molto profumo. (Erbaggi e legumi; 408, Tartufi alla bolognese, crudi, ecc.)
  • A tutti è nota la natura calida di questo cibo, quindi mi astengo dal parlarne perché potrei dirne delle graziose. Pare che i tartufi venissero per la prima volta conosciuti in Francia nel Périgord sotto Carlo V. Io li ho conservati a lungo nel seguente modo, ma non sempre mi è riuscito: tagliati a fette sottili, asciugati al fuoco, conditi con sale e pepe, coperti d'olio e messi al fuoco per far loro alzare il bollore. Da crudi si usa tenerli fra il riso per comunicare a questo il loro profumo. (Erbaggi e legumi; 408, Tartufi alla bolognese, crudi, ecc.)
  • Se questo prezioso frutto della famiglia delle solanacee (Solarium Lycopersicum), originario dell'America meridionale, fosse più raro, costerebbe quanto e più dei tartufi. Il suo sugo si marita con tante vivande e fa ad esse così ottima compagnia, che merita conto di spendere qualche fatica per ottenere una buona conserva. (Conserve; 542, Conserva di pomodoro senza sale)
  • [Sullo strudel] Non vi sgomentate se questo dolce vi pare un intruglio nella sua composizione e se dopo cotto vi sembrerà qualche cosa di brutto come un'enorme sanguisuga, o un informe serpentaccio, perché poi al gusto vi piacerà. (Pasticceria; 559, Strudel)
  • [Sul babà] Questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscir bene richiede pazienza ed attenzione. (Pasticceria; 565, Babà)
  • Quando il Babà è sformato, se è ben cotto, deve avere il colore della corteccia del pane [...]. (Pasticceria; 565, Babà)
  • Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell'inferno. (Pasticceria; 622, Fave alla romana o dei morti)

Bibliografia[modifica]

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