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Tartufo

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Tartufi neri

Citazioni sul tartufo.

  • Brutto, davvero, brutto di fuori; ma buono di dentro come i tartufi. (Anton Giulio Barrili)
  • Credono molti, ch'io mi dia a mangiare | quanti tartufi mena l'orto mio, | e che di quì si generi il disio, | ch'io mai non farei altro che ficcare. (Niccolò Franco)
  • De' tartufi. Per la qual cosa altro di questi non dirò, ma mi verrò a ragionare de' tartufi come di frutto speziale d'alcune contrade della nostra Italia. Dico pertanto che questo frutto è (secondo il parere de' simplicista) un fongo che nasce sotterra, né mai a luce viene e ivi sicuro si sta, se i di lui golosi, od i cupidi del denaio che ne guadagnano, nol cavino, il che a due maniere si fa: l'uno è quando la terra si trova scoperta di neve, su la superficie della quale nasce un'erba molto minuta al color giallo tirante, molto bene da que' contadini conosciuta; e quivi, cavando un palmo o poco più, si trova simil frutto. [...] L'altra maniera poi trovarlo è per mezzo del lordo porco, al quale fuor di modo piace, e col suo aguto odorato conosce ove nascosto si stia. (Giacomo Castelvetro)
  • Essərə tutta vocchə cum'u scorfənə.[1] (modo di dire tarantino)
  • – Fermati, o Polinico. Sai tu che effetti fa amore?
    – Che? bestia!
    – Quelli del tartufo, che a' giovani fa rizzar la ventura e a' vecchi tirar coregge. (Bernardo Dovizi da Bibbiena)
  • Il dono de i tartufi è suto di piacere e di maraviglia. Mi son compiaciuto ne la lor bellezza e maravigliato del vedergli ne la stagione che gli riarde. Certo, non si vantino quegli di Norcia né de l'Aquila di esser migliori. Ma s'io vi dicesse come mi hanno onorato una cenetta che a punto la sera che me gli mandaste dava a non so che Signoria, vi verrebbe voglia di essermi largo d'altrettanti acciò che invitandola una altra volta, io mi acquistassi nome di gran maestro. (Pietro Aretino)
  • Pensare che non si sa il nome del primo maiale che scoprì un tartufo. (Edmond e Jules de Goncourt)
  • Quelle cose che spuzzano ma che costano. (Alfredo Panzini)
  • A tutti è nota la natura calida di questo cibo, quindi mi astengo dal parlarne perché potrei dirne delle graziose. Pare che i tartufi venissero per la prima volta conosciuti in Francia nel Périgord sotto Carlo V. Io li ho conservati a lungo nel seguente modo, ma non sempre mi è riuscito: tagliati a fette sottili, asciugati al fuoco, conditi con sale e pepe, coperti d'olio e messi al fuoco per far loro alzare il bollore. Da crudi si usa tenerli fra il riso per comunicare a questo il loro profumo.
  • La gran questione dei Bianchi e dei Neri che fece seguito a quella dei Guelfi e dei Ghibellini e che desolò per tanto tempo l'Italia, minaccia di riaccendersi a proposito dei tartufi, ma consolatevi, lettori miei, che questa volta non ci sarà spargimento di sangue; i partigiani dei bianchi e dei neri, di cui ora si tratta, sono di natura molto più benevola di quei feroci d'allora. Io mi schiero dalla parte dei bianchi e dico e sostengo che il tartufo nero è il peggiore di tutti; gli altri non sono del mio avviso e sentenziano che il nero è più odoroso e il bianco è di sapore più delicato: ma non riflettono che i neri perdono presto l'odore. I bianchi di Piemonte sono da tutti riconosciuti pregevoli, e i bianchi di Romagna, che nascono in terreno sabbioso, benché sappiano d'aglio, hanno molto profumo.
  • Se avete dei tartufi che abbiano profumo chiudeteli in una scatola di latta e d'altro con una o due uova fresche. Lasciate così un paio di giorni... mangiatele alla coque.

Note

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  1. «Essere tutta bocca come il tartufo.»

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