Pietro Verri

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Pietro Verri

Pietro Verri (1728 – 1797), filosofo, economista, storico e scrittore italiano.

Citazioni di Pietro Verri[modifica]

  • [...] conviene che l'uomo impari a saper vivere con sé stesso; poiché altro non è la debolezza dell'animo che l'opinione d'aver bisogno degli uomini; e chi sa esser bene con sé stesso, non può avere forte opinione di questo bisogno.[1]
  • Dovere e Onore sono due parole che hanno radici nel regno della opinione. Cambiate la opinione, e non avrete più Armate.[2]
  • Il fine dunque del patto sociale è il ben essere di ciascuno che concorre a formare la società, il che si risolve nella felicità pubblica o sia la maggiore felicità possibile divisa colla maggiore uguaglianza possibile.[3]
  • Gli uomini di lettere hanno maggiore influenza nel destino delle generazioni venture, di quanto ne abbiano gli stessi Monarchi sugli uomini viventi. Spargono i primi semi de' lor pensamenti; semi tardi bensì a produrre, ma che nella gioventù s'innestano; e l'uomo di lettere determina le opinioni del secolo che vien dopo di lui.[4]
  • Il dolore precede ogni piacere ed è il principio motore dell'uomo.[5]
  • Il gran Galileo, l'onore della patria nostra, il gran precursore di Newton, quello di cui sarà glorioso il nome insino che gli uomini conserveranno l'usanza del pensare, quello perfine, le di cui sventure saranno una macchia, ed un obbrobrio eterno per il secolo in cui visse.[6]
  • Il popolo conobbe che gli Ecclesiastici non erano sempre i maestri disinteressati della verità. Si passò poscia ad esaminare le arti, colle quali avevano ammassate le ricchezze; si svelò il fanatismo delle Crociate, la opinione del prossimo fine del mondo, la tariffa penitenziale convertita in denaro, l'esenzione de' pesi pubblici per i fondi ecclesiastici, per cui molte donazioni si fecero, ritenendo a titolo di livello nella famiglia i poderi donati e diventati esenti; l'opinione di ottenere la felicità dopo la morte a chiunque lasciasse il suo agli ecclesiastici.[7]
  • Il vivere è noioso, o si viva co' superiori, ovvero cogli inferiori. La uguaglianza è la sola che ammette società, gioia, cordialità.[8]
  • Mi pare impossibile, che l'usanza di tormentare privatamente nel carcere per avere la verità possa reggere per lungo tempo ancora, dopoché si dimostra che molti e molti innocenti si sono condannati al supplizio per la tortura [...].[9]
  • [...] posti due uomini nelle stesse circostanze, dando ad uno di essi una mente che ragioni, e dando all'altro della debolezza d'animo e della imbecillità, il primo domerà molti più ostacoli che non farà il secondo; e finirà il primo per adottarsi un sistema assai più agiato e tranquillo di quello che non farà il secondo, al quale converrà passar la vita edificando ordigni, che ad ogni tratto crolleranno, e l'obbligheranno a ritornare da capo. Che se pur l'imbecille, per qualche rara combinazione, verrà dalla mano d'un protettore cavato dal labirinto per cui va errando, e posto in più luminosa comparsa, io dico che male della Fortuna di esso si giudica da chi lo vede di lontano; e che se la Fortuna dee misurarsi dal numero dei beni che ciascun gode, probabilmente colui anche in quello stato deve dirsi abbandonato dalla Fortuna, tanto ei stesso si troverà per tutto il corso della vita straniero nella situazione in cui è riposto, e timoroso e ansante incessantemente di perderla.[10]

Meditazioni sulla economia politica[modifica]

  • Il bisogno, cioè la sensazione del dolore, è il pungolo col quale la natura scuote l'uomo, e lo desta da quell'indolente stato di vegetazione, in cui senza questo giacerebbe. (cap. I)
  • Il valore è una parola che indica la stima che fanno gli uomini d'una cosa; ma ogni uomo avendo le sue opinioni e i suoi bisogni isolati in una società ancor rozza, sarà variabilissima la idea del valore, la quale non si rende universale se non introdotta che sia la corrispondenza fra società e società, ed incessantemente mantenuta. (cap. I)
  • Il denaro è la merce universale: cioè a dire è quella merce la quale per la universale sua accettazione, per il poco volume che ne rende facile il trasporto, per la comoda divisibilità, e per la incorruttibilità sua è universalmente ricevuta in iscambio di ogni merce particolare. (cap. II)
  • Il disordine medesimo di consumare più che non si riproduce è uno sprone a maggiormente riprodurre. (cap. III)
  • Prima dell'invenzione del denaro non potevano aversi le idee di compratore, e di venditore, ma soltanto di proponente, e di aderente al cambio. (cap. IV)
  • Quali sono dunque gli elementi che formano il prezzo? Non è certamente la sola utilità che lo costituisca. Per convincerci di questo, basta il riflettere che l'acqua, l'aria, e la luce del sole non hanno prezzo alcuno, eppure niun'altra cosa ci è più utile, anzi necessaria quanto lo sono queste. (cap. IV)
  • Il prezzo delle cose vien formato da due principi riuniti, bisogno, e rarità. (cap. IV)
  • L'accrescimento dell'annua riproduzione debb'essere lo scopo della Economia politica: questo non può ottenersi se non col facile e pronto sfogo di tutta la porzione eccedente i bisogni interni dello Stato. (cap. V)
  • Nella troppa disuguaglianza delle fortune, egualmente che nella perfetta eguaglianza, l'annua riproduzione si restringe al puro necessario, e l'industria s'annienta, poiché il popolo cade nel letargo. (cap. VI)
  • I mezzi per isminuzzare e dividere i patrimonj troppo ammassati, e far circolare i beni di fortuna sopra un maggior numero di uomini, non possono mai essere mezzi diretti, poiché sarebbe questo un attentato contro la proprietà, che è la base della giustizia in ogni società incivilita. (cap. VI)

Incipit di alcune opere[modifica]

Cronaca di Cola de li Piccirilli[modifica]

Chissa Cronaca aggio scritta de mea propia manu e pe' meo propio devertimiento io Cola da li Picirilli l'anno dello Signore mille setteciento e sessanta tre: né me curo che alcuno la legga o che sea de gusto ad alcuno; ben sapiendo che le guste son varj e che massimamente in Melano dove pe' malora mia songo costretto de restare, le cervielli della gente sono assae diviersi dallo mio. Quello che so pe' scrivere in chissa Cronaca so' appunto le coglionerie che aggio veduto capetare in chissa nobule Metropole entro lo brieve spazio d'un anno.

Diario militare[modifica]

Vienna, 14 maggio, 1759.

Eccomi giunto. Ma quanta diversità dal correre la posta tranquillamente al camino, e coll'itinerario in mano, dire domani al tal sito, posdomani comodamente al tal altro. Sedendo al fuoco agiatamente, da Milano a Vienna vi si passa in sei o sette giorni. Io però nel Tirolo, nella Stiria e Carinzia, ho incontrato delle difficoltà che sulla carta non erano scritte. La mattina al fare del giorno 5 di questo mese m'avete veduto partire; ora vi dico, che non ho potuto giungere a Vienna se non ieri, cioè il nono giorno, e vi sarei giunto assai più tardi, se non avessi sacrificato quattro notti. La sera del 5 dormii a Brescia, viaggiai tutto il giorno 6 e la notte, e dormii la sera del 7 a Bolzano. La mattina del giorno 8 partii, viaggiai di seguito tutta la notte e tutto il giorno 9, e la sera dormii a Lienz.

Discorso sull'indole del piacere e del dolore[modifica]

La sensibilità dell'uomo, il grande arcano, al quale è stata ridotta come a generale principio ogni azione della fisica sopra di noi, si divide, e scompone in due elementi, e sono amor del piacere e fuga del dolore: tale almeno è la comune opinione degli uomini pensatori e maestri. Ognuno conosce e sente quanta influenza abbiano il piacere e il dolore nel determinare le azioni umane; la speranza, il desiderio, il bisogno del primo; il timore, lo spavento, l'orrore del secondo, danno il moto a tutte le nostre passioni. Tutti gli amatori delle belle arti sanno, che il loro scopo parimente è il piacere, col quale allettano altrui a ben accogliere e l'utile, e il vero. I tentativi adunque destinati a conoscerne l'indole, a illuminare questi primordiali oggetti, sono meritevoli di qualche attenzione.

Osservazioni sulla tortura[modifica]

Fra i molti uomini d'ingegno e di cuore, i quali hanno scritto contro la pratica criminale della tortura e contro l'insidioso raggiro de' processi che secretamente si fanno nel carcere, non ve n'è alcuno il quale abbia fatto colpo sull'animo dei giudici; e quindi poco o nessuno effetto hanno essi prodotto. Partono essi per lo più da sublimi principj di legislazione riserbati alla cognizione di alcuni pochi pensatori profondi, e ragionando sorpassano la comune capacità; quindi le menti degli uomini altro non ne concepiscono se non un mormorìo confuso, e se ne sdegnano e rimproverano il genio di novità, la ignoranza della pratica, la vanità di voler fare il bello spirito, onde rifugiandosi alla sempre venerata tradizione de' secoli, anche più fortemente si attaccano ed affezionano alla pratica tramandataci dai maggiori.

Storia di Milano[modifica]

L'origine di una città antica si perde comunemente nella oscurità de' tempi favolosi, e ascende sino a que' rimoti secoli dai quali a noi non è trapassato monumento alcuno, e perciò debbono considerarsi come secoli isolati e inaccessibili alla nostra curiosità. Tale si è la fondazione della città di Milano, di cui Plinio, Giustino e Livio fanno menzione, con autorità però sempre dubbia; perché trattasi di un avvenimento accaduto più secoli prima che questi autori scrivessero, e presso di un popolo che probabilmente ignorava persino l'arte della scrittura con cui passare a' posteri la notizia de' fatti. Conviene però queste opinioni conoscerle, e brevemente esaminarle, per separare dalla massa delle tradizioni quella porzione che sia più credibile.

Citazioni su Pietro Verri[modifica]

  • L'ordine la chiarezza, la forza de' raziocini e l'insinuantesi fluidità del suo stile trovansi nelle Osservazioni sulla Tortura in un grado eminente. Non temo di incontrar la taccia di esagerato, se dico che quest'opera mostra più che ogni altra qual grand'uomo era Verri. (Pietro Custodi)

Note[modifica]

  1. Da Pensieri sulla solitudine, in Scritti vari, ordinati da Giulio Carcano, vol. II, Felice Le Monnier, Firenze, 1834, p. 161.
  2. Da Delle nozioni tendenti alla pubblica felicità, a cura di Gennaro Barbarisi, Salerno editrice, 1994, p. 76.
  3. Da Meditazioni sulla felicità, 1765, p. 33.
  4. Da Memorie appartenenti alla vita ed agli studj del signor don Paolo Frisi, Giuseppe Marelli, Milano, 1797, p. 17.
  5. Da Discorso sull'indole del piacere e del dolore, cap. XI, in Del piacere e del dolore ed altri scritti di filosofia ed economia, a cura di Renzo De Felice, Feltrinelli Editore, Milano, 1964.
  6. Da Pensieri sullo spirito della letteratura in Italia, in «Il Caffè», 1764; citato in Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. I, Le origini del Risorgimento 1700-1815, Universale economica, Giangiacomo Feltrinelli editore, Milano, 1992, pp. 71-72.
  7. Da Delle nozioni tendenti alla pubblica felicità, Dialogo terzo, a cura di Gennaro Barbarisi, Salerno editrice, 1994, p. 82.
  8. Da Lettera del filosofo NN. al monarca NN., in Scritti vari, 2 voll., ordinati da Giulio Carcano, Felice Le Monnier, Firenze, 1834, appendice al vol. II, p. 104.
  9. Da Sulla tortura, cap. XVI, Giovanni Silvestri, Milano, 1843, p. 60.
  10. Da Della Fortuna, in Scritti vari: di Pietro Verri ordinati da Giulio Carcano e preceduti da un saggio civile sopra l'autore per Vincenzo Salvagnoli, Felice Le Monnier, Firenze, 1854, vol. II, pp. 151-152.

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]