Eugenio Dupré Theseider: differenze tra le versioni

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*Effettivamente la figura di fra Dolcino si trova sulla linea di confine tra verità storica e proliferazione leggendaria.<br>Anzi, non solo di leggenda si tratta, ma addirittura di agiografia e di mito, ché non da ora egli è stato assunto come simbolo ed esempio di lotta di classe, o, quanto meno, di lotta fra il libero pensiero e un non ben precisato oscurantismo, secondo ben noti e frusti schemi di polemica; egli è stato e vien tuttora usato come una sorta di «falso scopo», per battere ben altri obbiettivi, il che non ha nulla a che vedere con le esigenze della verità storica.<ref>Da
*Effettivamente la figura di fra Dolcino si trova sulla linea di confine tra verità storica e proliferazione leggendaria.<br>Anzi, non solo di leggenda si tratta, ma addirittura di agiografia e di mito, ché non da ora egli è stato assunto come simbolo ed esempio di lotta di classe, o, quanto meno, di lotta fra il libero pensiero e un non ben precisato oscurantismo, secondo ben noti e frusti schemi di polemica; egli è stato e vien tuttora usato come una sorta di «falso scopo», per battere ben altri obbiettivi, il che non ha nulla a che vedere con le esigenze della verità storica.<ref>Da
''[https://archive.org/details/bollettinodellas1041soci/page/n8/mode/1up Fra Dolcino: storia e mito]'', in ''Bollettino della Società di studi valdesi'', dicembre 1958, p. 5.</ref>
''[https://archive.org/details/bollettinodellas1041soci/page/n8/mode/1up Fra Dolcino: storia e mito]'', in ''Bollettino della Società di studi valdesi'', dicembre 1958, p. 5.</ref>

*Ne era oratore {{NDR|di una delegazione inviata ad Avignone presso papa Clemente VI}} un oscuro scrivano, tale Nicola di Lorenzo, detto al modo dialettale [[Cola di Rienzo]], che, davanti al papa e al consesso dei cardinali, ripeté anch'egli il fervido appello per il ritorno a Roma e per la concessione del Giubileo, ed in più portò al papa le lamentele del popolo di Roma contro i baroni, «derobbatori de strada», e causa principale per cui la città giaceva desolata.<ref>Da ''I papi di Avignone e la questione romana'', cap. I, p. 89.</ref>


*Sul conto di [[Fra Dolcino|Dolcino]] come persona non sappiamo quasi nulla. Le poche notizie biografiche che ci dà Benvenuto da Imola non convincono troppo, ma non abbiamo altro. Tutto lo fa credere persona di una certa cultura. Conosceva certamente gli scritti di Gioacchino da Fiore o a lui attribuiti, e forse anche quelli di Gerardo da Borgo S. Donnino e di Pietro di Giovanni Olivi, suoi contemporanei. Doveva avere una discreta conoscenza della S. Scrittura e anche della storia della Chiesa: affermava di essere mandato da Dio a spiegare quei testi e interpretare quelle vicende, nonché a profetare le future.<ref>Da
*Sul conto di [[Fra Dolcino|Dolcino]] come persona non sappiamo quasi nulla. Le poche notizie biografiche che ci dà Benvenuto da Imola non convincono troppo, ma non abbiamo altro. Tutto lo fa credere persona di una certa cultura. Conosceva certamente gli scritti di Gioacchino da Fiore o a lui attribuiti, e forse anche quelli di Gerardo da Borgo S. Donnino e di Pietro di Giovanni Olivi, suoi contemporanei. Doveva avere una discreta conoscenza della S. Scrittura e anche della storia della Chiesa: affermava di essere mandato da Dio a spiegare quei testi e interpretare quelle vicende, nonché a profetare le future.<ref>Da

Versione delle 08:59, 18 ago 2020

Eugenio Guarniero Dupré Theseider (1898 – 1975), storico italiano.

Citazioni di Eugenio Dupré Theseider

  • Effettivamente la figura di fra Dolcino si trova sulla linea di confine tra verità storica e proliferazione leggendaria.
    Anzi, non solo di leggenda si tratta, ma addirittura di agiografia e di mito, ché non da ora egli è stato assunto come simbolo ed esempio di lotta di classe, o, quanto meno, di lotta fra il libero pensiero e un non ben precisato oscurantismo, secondo ben noti e frusti schemi di polemica; egli è stato e vien tuttora usato come una sorta di «falso scopo», per battere ben altri obbiettivi, il che non ha nulla a che vedere con le esigenze della verità storica.[1]
  • Ne era oratore [di una delegazione inviata ad Avignone presso papa Clemente VI] un oscuro scrivano, tale Nicola di Lorenzo, detto al modo dialettale Cola di Rienzo, che, davanti al papa e al consesso dei cardinali, ripeté anch'egli il fervido appello per il ritorno a Roma e per la concessione del Giubileo, ed in più portò al papa le lamentele del popolo di Roma contro i baroni, «derobbatori de strada», e causa principale per cui la città giaceva desolata.[2]
  • Sul conto di Dolcino come persona non sappiamo quasi nulla. Le poche notizie biografiche che ci dà Benvenuto da Imola non convincono troppo, ma non abbiamo altro. Tutto lo fa credere persona di una certa cultura. Conosceva certamente gli scritti di Gioacchino da Fiore o a lui attribuiti, e forse anche quelli di Gerardo da Borgo S. Donnino e di Pietro di Giovanni Olivi, suoi contemporanei. Doveva avere una discreta conoscenza della S. Scrittura e anche della storia della Chiesa: affermava di essere mandato da Dio a spiegare quei testi e interpretare quelle vicende, nonché a profetare le future.[3]

Note

  1. Da Fra Dolcino: storia e mito, in Bollettino della Società di studi valdesi, dicembre 1958, p. 5.
  2. Da I papi di Avignone e la questione romana, cap. I, p. 89.
  3. Da Fra Dolcino: storia e mito, in Bollettino della Società di studi valdesi, dicembre 1958, p. 15.

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