Luigi Tansillo: differenze tra le versioni

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''Le lagrime di s. Pietro''
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*Il Tansillo, vissuto da fanciullo a corte, aveva conservato il pudore; cosa difficile sempre, difficilissima e quasi impossibile in quell'età di poeti cortigiani e scrocconi. Ed è bello il vedere il nostro poeta resistere alle tentazioni, ed ai suggerimenti di quello [[Pietro Aretino|Pietro Bacci]], che i contemporanei non si vergognarono di chiamare il divino; e di scusarsi quasi del non sapersi acconciare alla turpe usanza della scrocconeria. ([[Francesco Fiorentino]])
*Il Tansillo, vissuto da fanciullo a corte, aveva conservato il pudore; cosa difficile sempre, difficilissima e quasi impossibile in quell'età di poeti cortigiani e scrocconi. Ed è bello il vedere il nostro poeta resistere alle tentazioni, ed ai suggerimenti di quello [[Pietro Aretino|Pietro Bacci]], che i contemporanei non si vergognarono di chiamare il divino; e di scusarsi quasi del non sapersi acconciare alla turpe usanza della scrocconeria. ([[Francesco Fiorentino]])


==''Le lagrime di s. Pietro''==
===[[Incipit]]===
''E lagrime, i sospiri e le querele, | Che da gli occhi, e dal petto uscir di Piero, | Dappoi che al suo Signore poco fedele | S'avvide essersi mostro, e troppo fiero, | Io narro, acciò ch'el mio fallir crudele | Più sovente mi rieda nel pensiero; | E rimembrando quel, ch'io sempre fui | Piango le colpe mie col pianto altrui''.
===Citazioni===
*''Gran Duce, che con lingua, e con man vaglia, | E abbia incontro essercito possente, | II giorno destinato alla battaglia | Non usò mai tant'arte con sua gente; | Perche l'ingegne avverse ardita assaglia, | Perché aspiri alla vittoria ardente | Come'l Signor, più giorni anzi che pera, | Cercò disporre, e inanimir sua schiera''. (22, Canto primo)
*''Farete con le lingue maggior frutto | Voi sulla terra, che non fece il Sóle | Unqua co i raggi; e si vedrà per tutto | Non men l'opre ammirar, che le parole. | Oserete partirvi il mondo tutto | Tra voi poveri miei, sì come suole | Vil famiglia partir picciol terreno, | Dappoi che il vecchio padre venne meno''. (32, Canto primo)

==Bibliografia==
*Luigi Tansillo, ''Le lagrime di s. Pietro'', con note di [[Lucrezia Marinella]], [[Tommaso Costo]] e [[Barezzo Barezzi]], Francesco Piacentini, Venezia 1738.
==Altri progetti==
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Versione delle 00:29, 19 ago 2010

Luigi Tansillo (1510 – 1568), poeta italiano.

  • Amor m'impenna l'ale, e tanto in alto | Le spiega l'animoso mio pensiero, | Che d' ora in ora sormontando, spero | Alle porte del ciel far nuovo assalto. | Temo qualor più guardo il vol tropp'alto, | Ond'ei mi sgrida e mi promette altero | Che se del nobil corso io cado e pero, | L'onor fia eterno, se mortale il salto. (da I due pellegrini, citato in Luigi Settembrini, Lezioni di letteratura italiana, vol. 2, Stabilimento Tipografico Ghio, Napoli 1868)
  • Che fòra il veder Napoli coi fonti, | così nel sommo suo come nel basso! | Altro saria, ch'aver | marchesi e conti! (da Il podere)
  • Gonvien che sia del ceppó chi è del ramo. (citato da Scipione Maffei in prefazione a Teatro del signor marchese Scipione Maffei, Alberto Tumermani Librajo, 1730)
  • I ricchi, qualor vonno, | e con la vigilanza e con la borza, | ogni aspro scoglio fertile far ponno. | Onde tastar bisogna oltre la scorza | il terren ch'a veder voi sete addutto; | che sia | buon per natura e non per forza: | e quando anco sia tal, che per far frutto | non richieda molto oro, opra e fatica; | e questa parte grava a par del tutto. (da Il podere)
  • Ogni uom tre luoghi di fuggir si studi, | che son dannosi e disagiati et egri: | l'Acerra e Fuoragrotta e le Paludi. | Per quella polve e quegli orror sì negri, | s'io avessi ver' Cuma il mio podere, | io starei a non irvi gli anni integri. | Oltre ai danni ch'egli han da le galere, | i cui spirti dannati, a suon di ferro, | a sradicar le selve vanno a schiere; | svellon gli arbusti, non che l'orno e 'l cerro. | Sto talor nel balcon, sento le torme: | per non vedergli, o mi fo indietro, o 'l serro. (da Il podere)
  • Chi lascia il sentier vecchio, e il novo piglia, | (Dice il proverbio) se talor ritrova | Quel ch'ei non cerca non è maraviglia. (da Poesie edite ed inedite di Luigi Tansillo, Editore Domenico Morano, Napoli)
  • Non è vostro, ma mio, credo, il difetto; | Che quando in prosa la mercé chiedea, | Non seppi esprimer bene il mio concetto. | S'io non seppi narrar quel ch'io volea, | A cui toccava il fatto, in che manera | Né voi né altri intender mi potea? (da Poesie edite ed inedite di Luigi Tansillo, p. VIII, Editore Domenico Morano, Napoli)
  • Quante ceneri e polvi giaccion, forse, | per queste glebe seminate e sparse, | ch'eran donne leggiadre; ed, al fin corse, | fûr da la terra sfatte e dal foco arse; | e la lor fama qualche tempo corse | e in molte ragion vaga sì sparse; | ch'or, da le zappe vòlte e da aratri, | da figlie d'uom son fatte d'erbe matri! (da Quante ceneri e polvi...; citato in I capolavori della poesia italiana, a cura di Guido Davico Bonino, CDE, 1972)
  • Quanto io ami Venosa; e quanto mentono coloro, che hanno detto talvolta, ch'io neghi lei patria mia, ed altre cose più maligne, e massimamente ora di fresco, per rubare e diminuire il premio e la lode, che merito ed attendo di questo servizio. (da una lettera al Magistrato di Venosa, citato in Francesco Fiorentino, Poesie edite ed inedite di Luigi Tansillo, Editore Domenico Morano, Napoli )
  • Mio Padre a Nola, io a Venosa nacqui, | L'una origin mi diè, l'altra la cuna, | E che ne' versi miei talor non tacqui. | È nobil patria l'una e l'altra; e l'una | E l'altra un tempo fu possente e grande; | Ma così regge il mondo la fortuna. (citato in Carlo Antonio de Rosa), Ritratti poetici di uomini di lettere del regno di Napoli, stamperia e cartiera del Fibreno, Napoli 1834)

Citazioni su Luigi Tansillo

  • Il Tansillo, vissuto da fanciullo a corte, aveva conservato il pudore; cosa difficile sempre, difficilissima e quasi impossibile in quell'età di poeti cortigiani e scrocconi. Ed è bello il vedere il nostro poeta resistere alle tentazioni, ed ai suggerimenti di quello Pietro Bacci, che i contemporanei non si vergognarono di chiamare il divino; e di scusarsi quasi del non sapersi acconciare alla turpe usanza della scrocconeria. (Francesco Fiorentino)

Le lagrime di s. Pietro

Incipit

E lagrime, i sospiri e le querele, | Che da gli occhi, e dal petto uscir di Piero, | Dappoi che al suo Signore poco fedele | S'avvide essersi mostro, e troppo fiero, | Io narro, acciò ch'el mio fallir crudele | Più sovente mi rieda nel pensiero; | E rimembrando quel, ch'io sempre fui | Piango le colpe mie col pianto altrui.

Citazioni

  • Gran Duce, che con lingua, e con man vaglia, | E abbia incontro essercito possente, | II giorno destinato alla battaglia | Non usò mai tant'arte con sua gente; | Perche l'ingegne avverse ardita assaglia, | Perché aspiri alla vittoria ardente | Come'l Signor, più giorni anzi che pera, | Cercò disporre, e inanimir sua schiera. (22, Canto primo)
  • Farete con le lingue maggior frutto | Voi sulla terra, che non fece il Sóle | Unqua co i raggi; e si vedrà per tutto | Non men l'opre ammirar, che le parole. | Oserete partirvi il mondo tutto | Tra voi poveri miei, sì come suole | Vil famiglia partir picciol terreno, | Dappoi che il vecchio padre venne meno. (32, Canto primo)

Bibliografia

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